Fortemente voluto da Confagricoltura Torino, il convegno dal titolo “La razza Piemontese: dono della natura, non del laboratorio” organizzato nell’ambito della 23ª edizione di “Cavour, Carne di razza Piemontese” ha riscosso notevole successo di partecipanti con più di 60 presenze. In un momento storico particolarmente difficile per il settore zootecnico da carne, era importante riunire intorno a un tavolo tutti gli attori della filiera ponendo l’accento sulla razza Piemontese e le problematiche che attanagliano o potrebbero riguardare l’intero comparto in un futuro più o meno prossimo.
Dopo il benvenuto del sindaco di Cavour, Sergio Paschetta, che ricorda ai presenti: “coltivazione della frutta e allevamento da carne sono da sempre dominanti a Cavour e nei comuni circostanti”, l’introduzione ai lavori vede succedersi i saluti di Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, Tommaso Visca, presidente di Confagricoltura Torino, e Roberto Ballario, responsabile di zona della nostra Associazione. Interviene per un saluto Martin Manni, responsabile staff Agricoltura di Crédit Agricole, istituto bancario che vanta una convenzione a livello nazionale con Confagricoltura.
Gli interventi tecnici vedono, in un primo tempo, succedersi Paolo Rossetto (dirigente servizio veterinario Area B dell’ASL To 3) e Luca Varetto (agronomo, referente scientifico Coalvi). La prima relazione offre, oltre alla storia della Piemontese e della sottorazza della coscia o della doppia groppa, tutta una serie di dati tra cui si evidenzia che in Piemonte al 31/12/2022 dei 790.497 capi bovini allevati, 314.141 sono di Piemontese. Rossetto sottolinea le innegabili qualità della carne della Piemontese tra cui “il 50% in meno di grasso, l’ottima resa alla macellazione e la modesta infiltrazione di tessuto connettivo”. Il tecnico Coalvi relaziona sulla sostenibilità degli allevamenti di bovini di carne piemontesi e riporta tutta una serie di risposte ai detrattori dell’attività zootecnica: “Le aziende Coalvi si distinguono per un’elevata dotazione di terreno. Questo comporta due grossi vantaggi; da un punto di vista economico, emerge una preziosa autosufficienza nell’approvvigionamento dei foraggi e dei cereali che servono all’allevamento. Da un punto di vista ambientale, l’elevata dotazione fondiaria porta ad avere un basso carico di animali e questo scongiura qualsiasi rischio di inquinamento derivato dallo smaltimento dei reflui che, anzi, costituiscono una risorsa preziosa per la fertilizzazione dei campi.” E poi, aggiunge Varetto: “I bovini (indipendentemente dalla razza) emettono anidride carbonica, ma questa non rimane in atmosfera perché viene assorbita dalle colture vegetali che, grazie alla fotosintesi, la convertono in carboidrati. Quegli stessi vegetali vengono ingeriti dai bovini, per cui l’anidride che questi producono ritorna loro sotto forma di alimento creando un ciclo equilibrato. Nel ciclo dell’anidride carbonica, che è comune a qualsiasi allevamento di ruminanti, le aziende Coalvi fanno qualcosa in più. Grazie all’esubero di terreno di cui dispongono e grazie alla notevole estensione di prati stabili e pascoli, la CO2 captata dalla vegetazione riesce a essere superiore a quella emessa dagli animali.” Un ultimo capitolo è dedicato all’acqua e, anche qui, vale l’invito a interpretare correttamente i dati. L’acqua che la produzione di carne è accusata di consumare, è essenzialmente quella assorbita dalle colture foraggere di cui il bovino si nutre. Quasi il 90% di quest’acqua, però, è derivata dalle precipitazioni il cui utilizzo non può essere visto come un consumo a scapito di altre attività…”
Lorenzo Lavarino (presidente Associazione Provinciale Macellai di Torino) e Maurizio Arosio (presidente Federazione Nazionale Macellai) mettono in risalto l’importanza dell’avere riunita tutta la filiera a un tavolo di lavoro. Se deplorano la diminuzione delle botteghe di macellerie a scapito della GDO, d’altro canto sottolineano il grande lavoro svolto da Coalvi e dalle associazioni di categoria, Confagricoltura in primis, per garantire la qualità a tutti gli stadi dall’alimentazione fino alla macellazione.
Chiude gli interventi degli ospiti Chicco Genovesio (Presidente Nazionale CNA Ristorazione e Regionale CNA Alimentare) ma anche ristoratore a Cavour, ricordando quante siano le eccellenze agroalimentari della nostra regione e tra queste, indubbiamente, la carne che vanta notevole fama a livello nazionale e internazionale.
Il presidente di Confagricoltura Torino, Tommaso Visca, conclude riprendendo quanto detto più volte nella mattinata di lavori, prima dal presidente regionale e poi dal moderatore, Alessandro Felis: “le problematiche che affliggono il comparto zootecnico della carne sono tante, il cibo prodotto in laboratorio potrebbe esserlo in futuro, attualmente si è ancora in una fase sperimentale che non preoccupa più di tanto i nostri allevatori ma che non va comunque sottovalutata. Come ha detto nel saluto introduttivo il presidente di Confagricoltura Piemonte, siamo aperti all’innovazione ma quando questa non comporti stravolgimenti del nostro essere, delle nostre tradizioni e quindi delle nostre attività.”
Gabriele Busso, vice-direttore di Confagricoltura Torino ricorda che troppo spesso Bruxelles impone misure poco attinenti alla realtà del mondo agricolo e, invitati a riflettere da Varetto, i relatori concordano comunque che il cibo prodotto in laboratorio non può essere definito “carne”, attenendosi semplicemente alla definizione della medesima.
In estrema sintesi dai vari interventi che hanno abbozzato il problema del cibo prodotto in laboratorio, emerge una posizione cauta, prudente e di attenta sorveglianza di quanto avverrà in futuro. I dati a disposizione sono ancora pochi e non significativi per potere, all’ora attuale, condurre una crociata contro questo percorso che si sta delineando nel mondo. Cautela ma fermezza nel ribadire quanto sappiamo di potere affermare: la bontà, la qualità e la sicurezza della nostra carne in tutto il percorso di filiera. Appena sarà possibile, con dati concreti alla mano, si potranno esprimere pareri sia sulle caratteristiche organolettiche dei prodotti moltiplicati e sviluppati in laboratorio sia su eventuali rischi per la salute del consumatore.
Chiude la sessione di lavori Maria Luisa Cerale, direttore di Confagricoltura Torino presentando l’ “apericarne” organizzato con la collaborazione dei ristoranti La Nicchia e Locanda La Posta di Cavour e i vini de La Rivà di Bricherasio dell’associato Luca Trombotto. Blanchet e Pinerolese Barbera accompagnano egregiamente le due interpretazioni della battuta al coltello (carne offerta da Coalvi) e due specialità “povere” ottenute dal quinto quarto: l’insalata di erbera (esofago) e la testina in cassetta. E le specialità dolci a base di mele della Pasticceria Villosio sono l’ideale trait d’union con TuttoMele con cui già diamo appuntamento per il prossimo autunno.