Via libera, ieri a Bruxelles, a una proposta di regolamento che consente agli Stati membri di utilizzare, per la gestione dell’emergenza Coronavirus, le risorse finanziarie non ancora impegnate nell’ambito del Fondo europeo per lo sviluppo rurale.
“Prendiamo atto della decisione, ma la nostra posizione non cambia. La risposta della UE per limitare le conseguenze economiche della pandemia sul settore agricolo resta vistosamente inadeguata – commenta il presidente della Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – Ringraziamo il Parlamento europeo per il lavoro svolto al fine di migliorare il progetto iniziale della Commissione, ma dobbiamo rilevare che le risorse finanziarie restano invariate. Non sono stati mobilitati fondi aggiuntivi. All’atto pratico, è stata data agli Stati membri la facoltà di modificare la destinazione di fondi già messi a disposizione dall’Unione”.
Stando alle cifre diffuse dall’Europarlamento, in Italia potranno essere nel complesso riassegnati circa 420 milioni di euro. Una somma insufficiente, basti ricordare – per esempio – che solo per gli aiuti al reddito degli agricoltori gli Stati Uniti hanno disposto uno stanziamento straordinario di 16 miliardi di dollari.
C’è poi un altro aspetto da sottolineare. Non potranno, di fatto, beneficiare del nuovo regolamento varato a Bruxelles le imprese agricole localizzate nelle regioni che hanno impegnato puntualmente i fondi per lo sviluppo rurale. E, quindi, non ci sono risorse finanziarie da rimodulare. E’ una situazione che lascia perplessi, perché sarebbe penalizzata l’efficienza amministrativa.
“Da parte nostra, continueremo a premere sulle Istituzioni dell’Unione per aumentare i fondi della Ue per l’emergenza Coronavirus che restano fermi a circa 80 milioni di euro” – conclude Giansanti.
Nonostante la fine del lockdown, la riapertura delle frontiere e del canale HoReCa, l’impatto economico della pandemia continuerà a farsi sentire almeno fino alla fine dell’anno. Ecco perché va rafforzata l’azione in chiave europea in termini di risorse e strumenti. Il ricorso agli aiuti pubblici differenziati a livello nazionale, se prolungato nel tempo, contrasta con i principi del mercato unico.