L’annata agraria 2022, secondo il bilancio tracciato da Confagricoltura Piemonte in occasione della tradizionale conferenza stampa di fine campagna, sarà ricordata principalmente per lo straordinario andamento climatico, caratterizzato da una perdurante assenza di piogge che ha sottoposto a un pesante stress e tutte le coltivazioni, causando una sensibile riduzione della produzione di mais, prative e foraggere. Hanno tenuto meglio le produzioni cerealicole invernali, quali grano e orzo; leggermente in calo, ma non in modo significativo, i raccolti di frutta, nocciole e uva, che hanno fatto registrare livelli qualitativi buoni, con punte di eccellenza.
“Gli effetti del cambiamento climatico – dice Federico Spanna Settore fitosanitario Regione Piemonte – mai come quest’anno si sono manifestati sul territorio padano, ed in particolare su quello piemontese, con grande intensità e persistenza. Siccità estrema e temperature elevate sono i due elementi che hanno dominato uno scenario meteorologico che ha ben pochi riscontri nel passato e che non accenna a rientrare in parametri più ordinari neanche nella stagione autunnale”.
Le quotazioni di quasi tutte le produzioni agricole, in particolare dei cereali e del riso, hanno fatto registrare aumenti significativi, ma nel contempo i rincari dei costi dei mezzi tecnici e dell’energia, quali corrente elettrica, gas e carburanti, sono stati particolarmente pesanti.
“Il bilancio complessivo – dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte – è positivo, ma il futuro è incerto per quanto riguarda la tenuta dei prezzi agricoli all’origine. L’aumento dei costi energetici preoccupa le imprese, soprattutto quelle zootecniche, che a fronte dei rincari dei mangimi e dei foraggi e di un modesto aumento del valore delle produzioni di carne e latte non riescono più a far quadrare i conti”.
Timori anche per i bilanci delle imprese frutticole, con i costi di produzione che superano i prezzi dei prodotti all’origine e gli oneri di frigoconservazione in continuo aumento.
Ancora in calo le imprese agricole, che negli ultimi cinque anni hanno fatto registrare una contrazione delle attività di circa il 13%, passando da 46.667 unità del 2018 a 40.866 di quest’anno; di conseguenza è aumentata la superficie media aziendale, che ora si assesta a 22,5 ettari.
Crescono invece gli addetti agricoli, che a giugno di quest’anno erano 81mila, con un netto incremento rispetto ai 63mila medi del 2021, in controtendenza rispetto al dato nazionale che vede gli occupati del settore primario in diminuzione. Stabile il numero dei giovani agricoltori: nel 2021 i giovani sotto i 41 anni di età rappresentavano il 13,7% del totale dei titolari delle imprese agricole, mentre quest’anno sono il 14% (6.041 aziende).
“Continuano purtroppo a essere irrisolti i problemi dell’eccessiva proliferazione dei selvatici – aggiunge Enrico Allasia – ai quali si è aggiunta la peste suina africana: l’epidemia, fortunatamente confinata per il momento, preoccupa le imprese suinicole, che vedono il loro futuro incerto. Alle istituzioni chiediamo una presa di posizione forte, che ci rassicuri sull’effettiva volontà di contrastare l’abnorme diffusione dei cinghiali”.
La nuova politica agricola comunitaria, che impone vincoli ambientali sempre più stringenti, il conflitto russo ucraino, l’aumento dei costi produttivi e il peso degli oneri energetici in forte aumento, gli aumenti del costo del gasolio, dei fertilizzanti e delle materie prime mettono in difficoltà il settore primario piemontese, caratterizzato da produzioni di qualità che richiedono importanti apporti di manodopera.
“Con il miglioramento delle produzioni, l’innovazione tecnologica e la ricerca di nuovi mercati – conclude Allasia – le imprese agricole piemontesi si stanno impegnando ogni giorno per contrastare questa congiuntura sfavorevole. Alla politica regionale chiediamo interventi rapidi, procedure snelle e un contributo coordinato per la valorizzazione delle nostre produzioni, per consentirci di superare la crisi nell’interesse dell’agricoltura e del territorio”.
“L’agricoltura oggi si trova ad affrontare sfide molto serie per le quali servono strumenti nuovi – sottolinea Lella Bassignana Presidente AGRIPIEMONTEFORM, ente per la formazione professionale (che ha elaborato i dati dell’annata agraria) e direttore di Confagricoltura di Piemonte – La popolazione del pianeta è in aumento, mentre la terra coltivabile diminuisce a causa della cementificazione e i cambiamenti climatici riducono le produttività e le rese.
Negli ultimi decenni le politiche europee hanno chiesto agli agricoltori di produrre di meno: oggi dobbiamo tornare a produrre di più: siamo il primo settore dell’economia del Paese e dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterlo fare con politiche che incentivino la produzione nel rispetto della salute del consumatore e dell’ambiente.
Il mondo agricolo ha bisogno di:
investire in ricerca (Enti di ricerca, Università, aziende) per varietà resistenti alla siccità e alle fitopatologie promuovendo nuove forme di miglioramento genetico;
avviare velocemente la fase operativa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per una rete idraulica in grado di rispondere ai cambiamenti climatici, per incrementare la percentuale di acqua piovana che oggi riusciamo a trattenere in bacini con funzioni di riserva idrica e limitare le perdite dei canali;
potenziare percorsi di formazione per la qualificazione e la specializzazione del personale e corsi di aggiornamento per dirigenti agricoli”.
“Le Tecniche di Evoluzione Assistita, e in particolare l’editing del genoma – afferma nella sua relazione il Prof. Andrea Moglia – Dipartimento DISAFA Università di Torino – offrono straordinarie opportunità per l’agricoltura italiana nell’ottica di sviluppare strategie di miglioramento genetico al servizio di una produzione sostenibile in un contesto di cambiamenti climatici”.