Nati mortalità delle imprese artigiane piemontesi

Le imprese artigiane rappresentano una parte importante del tessuto produttivo regionale e nazionale. Le quasi 115mila aziende presenti sul territorio piemontese costituiscono il 27,1% delle imprese totali della regione. La presenza artigiana risulta tradizionalmente più forte in Piemonte rispetto alla media delle altre regioni italiane: a livello nazionale, infatti, l’artigianato raccoglie solo il 21,3% delle realtà imprenditoriali.

Dall’analisi dei dati del Registro imprese delle Camere di commercio piemontesi, emerge come nell’anno appena concluso il tessuto artigiano abbia registrato un risultato piatto in termini di nati-mortalità. Le imprese artigiane nate sul territorio piemontese nel corso del 2023 sono state 7.96324 in meno rispetto al 2022 (-0,3%). Nello stesso periodo sono 7.982 le realtà che hanno cessato la propria attività (valutate al netto delle cancellazioni d’ufficio), 475 in più rispetto all’anno precedente (+6,3%). Il saldo tra i due flussi appare, così, negativo per 19 unità (nel 2022 il saldo era risultato positivo per 480 unità), dinamica che porta a 114.767 lo stock di imprese artigiane complessivamente registrate a fine dicembre 2023 presso il Registro imprese delle Camere di commercio piemontesi.

La sintesi tra il tasso di natalità (pari al 6,91%) e quello di mortalità (pari al 6,93%) si traduce così in un tasso di crescita prossimo allo zero, pari a -0,02%. La dinamica registrata dal tessuto artigiano locale appare, così, peggiore sia rispetto a quella messa a segno dal sistema imprenditoriale piemontese nel suo complesso (+0,14%), sia rispetto a quella registrata dall’artigianato a livello nazionale (+0,35%).

“Il tessuto artigiano piemontese sta mostrando, negli anni, un costante assottigliamento: un andamento più marcato per le imprese più piccole e meno strutturate e quindi più fragili. Il risultato del 2023 è spento e senza slancioIl sostegno a queste realtà dovrebbe essere prioritario, attraverso politiche di agevolazione e incentivi economici che permettano loro di crescere e investire nelle proprie attività. Da sempre il sistema camerale piemontese è impegnato nella promozione e nella valorizzazione dell’artigianato piemontese, soprattutto con servizi di accompagnamento all’imprenditorialità: microcredito, sburocratizzazione e digitalizzazione” dichiara Gian Paolo Coscia, Presidente Unioncamere Piemonte.

Concentrando l’attenzione su un’analisi di più lungo periodo emerge come il tessuto artigiano regionale abbia subito una progressiva erosione passando dalle circa 130mila unità del 2013 alle circa 115mila attuali. Solo nel 2021, grazie alla ripresa delle attività post periodo pandemico, si era evidenziata un’inversione di tendenza, che però non ha purtroppo trovato continuità nel biennio successivo.

Il 79,6% delle realtà artigiane con sede in Piemonte è una ditta individuale, il 13,7% una società di persone, il 6,6% una società di capitale, solo lo 0,1% delle imprese sono costituite con una forma giuridica diversa dalle precedenti. La crescita nulla realizzata dal tessuto artigiano nel suo complesso nel corso del 2023 rappresenta la sintesi di dinamiche fortemente differenziate a seconda della natura giuridica: la dinamica è stata positiva per le società di capitale (+2,63%) e le altre forme (+5,19%), prossima allo zero per le ditte individuali (+0,21%), negativa, invece, per le società di persone (-2,52%).

A livello settoriale la prima realtà per numerosità si conferma, anche nel 2023, quella edile, con il 42,6% delle realtà artigiane piemontesi. Questo settore, così rilevante per il comparto, ha fornito anche in questa annualità un contributo positivo all’andamento segnato dall’artigianato in Piemonte, realizzando una crescita dello 0,92%.

Solo l’agricoltura, settore che assorbe però solo lo 0,7% delle realtà artigiane locali, chiude l’anno con un risultato migliore rispetto a quello delle costruzioni, realizzando una crescita dell’1,97%. Appare positiva anche la dinamica del commercio (+0,33%).

Gli altri servizi manifestano una crescita nulla (-0,09%), mentre sono negativi i risultati messi a segno dall’industria in senso stretto (-1,65%) e dal turismo (-2,48%).

A livello territoriale, la distribuzione delle imprese artigiane è analoga a quella del tessuto imprenditoriale nel suo complesso. Poco più di un’impresa artigiana su due ha sede, infatti, nel capoluogo regionale, cui seguono Cuneo (14,9%), Alessandria (8,9%) e Novara (7,6%). Quanto al peso esercitato dal tessuto artigiano, le realtà del Verbano C.O. (32,2%), Novara (29,9%), Vercelli (28,6%) e Biella (28,0%) registrano un’incidenza delle imprese artigiane sul totale superiore alla media regionale (27,1%).

Analizzando, infine, la dinamica esibita nel corso del 2023 dalle diverse realtà provinciali, si segnala una crescita della base imprenditoriale artigiana per Cuneo (+0,76%), Asti (+0,28%) e Torino (+0,16%). Alessandria (-0,31%), Verbania (-0,42%), Vercelli (-0,70%) e Novara (-0,79%) scontano flessioni contenute, mentre Biella registra una diminuzione più marcata (-2,48%).




Bandi strategici per l’agricoltura, Confagricoltura Piemonte: “Necessaria una sospensione”

Il 23 gennaio scorso, su sollecitazioni di Confagricoltura Piemonte e di altre Organizzazioni agricole, la Regione Piemonte con il Settore Agricoltura, ha convocato un incontro tecnico, in videoconferenza, per fornire alcuni chiarimenti in merito ai bandi dello Sviluppo rurale 2023 – 2027, riservati ai giovani agricoltori e ai piani di miglioramento per il settore primario.

In primo luogo, il bando aperto l’11 dicembre 2023 senza una consultazione preventiva del testo, ha richiesto, fin da subito, più interventi sulle funzionalità dell’applicativo fino alla prima decade di gennaio” evidenzia il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia una volta raccolte specifiche informazioni dai tecnici delle sedi territoriali piemontesi.

 

Nonostante ci siano stati forniti alcuni chiarimenti in uno specifico incontro tecnico, due aspetti rimangono problematici e da superare con soluzioni diverse da quelle prospettate dagli uffici assessorili” sottolinea Allasia.

Il primo è legato all’insediamento del giovane nei tre mesi successivi alla presentazione della domanda di sostegno. La procedura individuata, diversa da quella che è stata adottata nelle programmazioni precedenti, non prevede più la costituzione di un fascicolo temporaneo in cui inserire terreni e allevamenti provenienti dall’azienda cedente o dalle aziende cedenti. Pertanto, il giovane che si insedia nei 90 giorni successivi, presenta una domanda di sostegno priva o quasi della produzione standard e ciò comporta l’impossibilità di acquisire i 3 punti di priorità relativi al principio di selezione P05 – Dimensione economica dell’operazione, discriminando di fatto il suo progetto rispetto agli altri in quanto acquisirà una posizione in graduatoria più bassa e quindi, con ogni probabilità, non finanziabile.

 

L’altro elemento molto critico è, invece, costituito dal fatto che, contrariamente a quanto avveniva in passato, la cessione dell’azienda tra famigliari nella misura del 30% al giovane (il 70% rimane al cedente per evitare eccessivo frazionamento) si applica esclusivamente nel caso in cui avvenga tra padre e figlio ed è invece impedito con gli altri gradi di parentela.

Si tratta di un limite che, in numerosi casi, impedisce la costituzione di nuove aziende da parte dei giovani” precisa il presidente della Federazione degli imprenditori agricoli piemontesi che prosegue sottolineando come un altro limite molto restrittivo sia quello che impedisce, per un’erronea interpretazione, di accedere ai sostegni previsti dagli interventi strutturali agli allevamenti in soccida.

Anche su questo aspetto vogliamo un chiarimento” afferma Allasia che conclude invitando la Regione a verificare se sia possibile sospendere temporaneamente il bando in attesa che, tramite apposite riunioni con le Organizzazioni agricole, si riescano a ridefinire in modo diverso questi aspetti, essenziali per la buona riuscita del bando, tenendo anche conto che sarebbe quanto mai opportuno prevedere una congrua proroga dell’attuale scadenza, fissata al 14 marzo prossimo.




Qualità dell’aria, primo Tavolo tecnico regionale, Confagricoltura Piemonte: “Buon punto di partenza”

Il Piano stralcio agricoltura per la qualità dell’aria è stato trattato questa mattina nel primo Tavolo tecnico convocato dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte.

Nei giorni scorsi, infatti, era stato accolto lo stimolo di Confagricoltura Piemonte di istituire e convocare nel breve un tavolo tecnico che, analogamente a quanto già avviene per l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici con il Comitato nitrati, analizzi le numerose problematiche tecnico-gestionali e concordi indicazioni operative omogenee per tutti i soggetti coinvolti.

“Non possiamo che essere soddisfatti – ha commentato Enrico Allasia presidente di Confagricoltura Piemonte – che la nostra regione si sia resa conto dell’importanza di attivare questo gruppo di lavoro, il cui primo compito sarà quello di affrontare le due criticità più urgenti relative al Piano per la qualità dell’aria: la gestione delle coperture dei cumuli di letame e la chiusura dei vasconi di stoccaggio dei liquami, e poi periodicamente per superare le criticità che, via via, si presenteranno”.

All’incontro hanno partecipato, oltre ai funzionari dei settori agricoltura e ambiente della Regione, anche esperti dell’Università di Torino che, grazie alle loro specifiche competenze in materia, potranno contribuire ad individuare soluzioni, alternative o complementari a quelle previste dal Piano, più flessibili e adatte alle singole realtà aziendali, sempre nel rispetto degli obbiettivi globali di riduzione previsti dalla direttiva europea.




Liste d’attesa, 25 milioni di euro nel Bilancio

Come verranno utilizzati i 25 milioni messi a Bilancio per combattere le liste d’attesa in ambito sanitario: questo uno dei punti del dibattito, aperto in prima Commissione presieduta da Carlo Riva Vercellotti. Diego Sarno (Pd) ha chiesto all’assessore Andrea Tronzano le modalità di spesa della cifra, annunciata oggi ai commissari, nell’aprire la discussione generale sul Bilancio di previsione 24-26.

Per questo motivo, s’è concordato, sarà convocata una Commissione sanità, al fine di illustrare nel dettaglio le azioni che la Giunta intende intraprendere in tema liste d’attesa. In generale, l’assessore ha spiegato che tra le priorità della manovra “abbiamo le borse di studio, che vogliamo coprire al 100 per cento, quindi ci sarà l’integrazione. Poi, appunto, 25 milioni sulle liste d’attesa, senza dimenticare il leasing del nuovo palazzo della Regione, che diventerà mutuo, ma che per il 2024 ammonta a 7,2 milioni”.

Come termine ultimo per l’approvazione del Bilancio, è stato dato quello della fine di marzo, “perché poi ci saranno le elezioni e l’attività del Consiglio sarà sospesa”, ha ricordato Tronzano, che comunque è in attesa dell’accordo con il Governo per i fondi Fsc, “che potrebbero essere di 20-25 milioni. Prima di tale accordo è difficile presentare il maxiemendamento finale”.

Sul testo, già oggi ci sono 52 emendamenti, tutti presentati dal Pd, che insistono sull’articolo 2, “motivo per cui per ora è inutile iniziare a votare l’articolato”, ha considerato il presidente Riva Vercellotti. Del resto, gli interventi di opposizione, con Giorgio Bertola (Ev), Francesca Frediani (Up), Silvana Accossato (Luv) hanno sottolineato come sia opportuno attendere il maxiemendamento per avere una visione complessiva del provvedimento. Tronzano non ha potuto dare tempi certi in tal senso, “in attesa appunto che si perfezioni l’accordo con il governo”.

Intanto sono stati definiti i relatori del Bilancio in Aula, con Alessandra Biletta (Fi) per la maggioranza, Frediani Raffaele Gallo (Pd) per l’opposizione.




Nasce il centro studi e ricerca sul cibo sostenibile

Oggi, lunedì 22 gennaio, alle ore 11.00, presso l’Aula Magna della Cavallerizza Reale (via Verdi 9, Torino), è stato presentato alla stampa il nuovo Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile, realizzato da Università di TorinoPolitecnico di TorinoUniversità del Piemonte Orientale e Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Sono intervenuti Stefano Geuna, Rettore Università di Torino, Guido Saracco, Rettore Politecnico di Torino, Gian Carlo Avanzi, Rettore Università del Piemonte Orientale, Bartolomeo Biolatti, Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Cristina Prandi, Vice-Rettrice per la ricerca delle scienze naturali e agrarie dell’Università di Torino. Per l’occasione è stato lanciato un appello di Carlo Petrini per un nuovo sistema educativo alimentare da sottoscrivere in maniera individuale e collettiva (QUI IL TESTO DELL’APPELLO).

 

Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile, che avrà sede a Pollenzo presso l’Università di Scienze Gastronomiche e Carlo Petrini come Presidente, rappresenterà un polo di ricerche e di studi sul cibo come bene complessivo, connesso all’ecologia, all’agricoltura e al consumo sostenibili, all’educazione sensoriale, agli stili di vita consapevoli, al benessere del vivente, all’economia circolare, alle politiche alimentari, all’innovazione non solo tecnologica ma anche concettuale e di modello, con l’obiettivo di attrarre finanziamenti per linee di ricerca applicata e processi di sviluppo di prototipi, e di diventare un punto di riferimento internazionale sul tema.

Il Sistema Universitario Piemontese, per le caratteristiche differenti e complementari dei quattro Atenei, è in grado di garantire un solido capitale di conoscenze, competenze, infrastrutture di ricerca avanzate, oltre a una rete di collaborazioni con enti e istituzioni nazionali e internazionali non profit, di ricerca e formazione, e associazioni di cittadini. Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile sarà un luogo di incontro e di coordinamento, dove nasceranno e da dove partiranno i progetti collaborativi, implementati e realizzati nei laboratori specialistici di UnitoPolitoUniUPO e UniSG, secondo una logica di laboratorio diffuso che sfrutta e valorizza le infrastrutture di eccellenza già presenti nelle sedi degli Atenei piemontesi.

Il nuovo centro si occuperà anche di formazione e terza missione, con una funzione di supporto alle iniziative culturali e turistiche di promozione del territorio e di promozione di una coscienza individuale e collettiva sul tema del futuro della vita umana sul pianeta. Si svilupperà, grazie alla rete di ricercatori, studiosi, studenti, istituzioni e stakeholder che ne saranno parte attiva, lungo due assi tematici principali, che saranno approcciati trasversalmente, in un’ottica completamente interdisciplinare: quella della salute e del benessere e quello della società e della comunità. Questo significherà non soltanto attivare ricerca e formazione, ma anche promuovere e sostenere incubatori creativi e start-up per studenti o alumni delle Università che intendono sperimentare nuove vie imprenditoriali per il futuro della buona alimentazione del pianeta, così da incentivare la nascita di imprese che abbiano al centro un nuovo modello di produzione, distribuzione e consumo del cibo.

Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile intende portare avanti un’azione forte di sensibilizzazione delle istituzioni pubbliche affinché l’educazione alimentare e, più in generale, l’educazione a stili di vita consapevoli e sostenibili, entrino in maniera organica nei curricula della scuola primaria e secondaria. La transizione ecologica non può prescindere dalla formazione delle generazioni più giovani fin dai primi anni del proprio percorso formativo. Per realizzare questo obiettivo, oltre che un’azione di advocacy forte nelle sedi istituzionali e decisionali, sarà altresì necessario immaginare strumenti di formazione degli insegnanti e degli operatori dell’educazione primaria, al fine di promuovere un ambiente educativo capace di fronteggiare le enormi sfide della contemporaneità. L’approccio olistico e transdisciplinare del Centro sarà strumento di innovazione al cuore stesso del sistema scolastico italiano ed europeo.

“Il nuovo Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile, realizzato in sinergia con tutti gli atenei piemontesi – dichiara Stefano Geuna, Rettore dell’Università di Torino – è un’importante risorsa multidisciplinare per affrontare le sfide globali che il sistema del cibo pone in questi anni. Aumento della popolazione mondiale, malnutrizione, cambiamento climatico, scarsità d’acqua e desertificazione del suolo sono solo alcune delle principali sfide che l’essere umano dovrà affrontare nel prossimo futuro. La sostenibilità si è imposta come un obiettivo inderogabile e i moderni sistemi di produzione alimentare devono essere progettati per tenere in considerazione questo aspetto. L’Università di Torino metterà a disposizione del Centro tutte le sue competenze tecnico-scientifiche, socio-politiche e giuridiche utili ad affrontare correttamente la complessità dello scenario attuale, così da promuovere ricerca ed innovazione in ambito alimentare e contribuire alla creazione di un ecosistema territoriale capace di condurre progetti strategici e attrarre finanziamenti pubblici e privati”.


“Siamo felici 
– aggiunge il Rettore del Politecnico, Guido Saracco – che questo importante progetto sia giunto a compimento, perché comprende tutti i valori che fondano e guidano la nostra attività di ricerca. Siamo certi di poter dare un contributo importante e siamo felici di poter collaborare con tutti gli atenei piemontesi per valorizzare le eccellenze del nostro territorio e contribuire a diffondere un’attenzione sempre più diffusa sul cibo sano e sostenibile”.

 

“L’Università del Piemonte Orientale – sottolinea Gian Carlo Avanzi, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale – dedica da anni un’attenzione multidisciplinare al tema del cibo e dell’alimentazione. La collaborazione con gli altri atenei piemontesi nell’ambito del Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile è, in questo senso, lo sbocco naturale di un impegno che coinvolge ricercatrici e ricercatori di tutti i nostri Dipartimenti. Siamo convinti che solo un approccio che tenga conto delle implicazioni storico-culturali, economico-sociali e chimico-fisiche del cibo possa creare valore aggiunto per la ricerca e per la condivisione della conoscenza in questo campo così importante per il sistema Italia, verso una declinazione del concetto di sostenibilità meno astratto e più aderente alle necessità delle future generazioni”.

 

“Il centro di ricerca sul cibo – spiega Bartolomeo Biolatti, Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche – nasce con lo scopo di far convergere e incontrare le diverse competenze promuovendone il confronto e la collaborazione.   L’Università di Scienze Gastronomiche si pone come centro ispirazionale sulle tematiche del cibo sostenibile. Un’università che ha dimostrato di saper proporre percorsi nuovi per formare i professionisti del futuro, che ha progettato e realizzato nuovi modelli di integrazione dei luoghi del sapere con il sistema produttivo e le comunità. Prototipi che possono essere sperimentati, integrati e migliorati in collaborazione con gli altri atenei, definendo soluzioni nuove per la formazione, la ricerca e il trasferimento tecnologico. Un importante contributo alla riduzione dell’impatto del sistema alimentare sull’ambiente e sulla salute unica”. 

 

“L’attenzione che l’accademia piemontese, attraverso il lancio di questo nuovo Centro di Studi e Ricerca inter-ateneo, sta rivolgendo al mondo del cibo è qualcosa di encomiabile e allo stesso tempo di indispensabile – commenta Carlo Petrini, Presidente del Centro e dell’Università di Scienze Gastronomiche -. Dico questo in virtù dell’importanza che l’alimentazione ricopre da sempre per la vita degli esseri umani. Lo ribadisco soprattutto alla luce della centralità che il cibo ha, e sempre più dovrà avere, nel periodo storico che stiamo attraversando. Se la pandemia e le atroci guerre degli ultimi anni ci hanno ricordato quanto il cibo sia un punto dirimente anche a livello geopolitico, la crisi climatica che attanaglia il nostro Pianeta pone l’accento sulla vulnerabilità degli attuali sistemi alimentari, che in questo senso si pongono come vittima (la produzione di cibo sarà interamente da ripensare per via del riscaldamento globale) e carnefice (oggi il cibo è la principale causa della produzione di CO2). Per questi motivi la ricerca sul cibo e l’educazione alimentare saranno i punti nevralgici per un avvenire più sostenibile. Una maggiore attenzione verso il Pianeta è ciò che le nuove generazioni hanno già iniziato a chiedere e che davvero necessitano per realizzare nel miglior modo possibile il loro futuro”.  

Misurabilità, sostenibilità, circolarità, qualità e salubrità saranno le parole chiave intorno alle quali il Centro incardinerà i propri interventi e le proprie progettualità, con lo scopo di perseguire i seguenti obiettivi, tra loro spesso legati:

  1. Promuovere stagionalità e località: la stagionalità comporta la disponibilità di cibi freschi, ciò consentendo di godere appieno delle loro caratteristiche organolettiche e nutritive senza intermediazione di cicli frigorigeni, catene di trasporto complesse o uso di conservanti, entrambi causa di consumi energetici (diretti o indiretti) e quindi di emissioni di gas serra. Proprio per questi minori consumi – energetici o di materiali – il cibo stagionale ha un riscontro anche nel diritto al sapore e alla sostenibilità economica per il consumatore;
  2. Ridurre la plastica all’interno della filiera alimentare: L’inquinamento da plastiche non biodegradabili ha raggiunto livelli preoccupanti. Se da un lato sono oramai necessarie politiche attive per ripulire il mondo dalle pervasive plastiche, dall’altro è urgente sia ridurne al massimo l’utilizzo che aumentarne la riciclabilità;
  3. Ridurre gli sprechi: Ogni anno si producono 2,6 Gton (miliardi di tonnellate) di cibo utile, generando contemporaneamente 1,3 Gton di rifiuti organici, per metà circa originati nelle mura domestiche, per l’altra metà lungo la filiera produttiva. Ridurre gli sprechi alimentari significa produrre meno CO2, disboscare meno foreste per far spazio a produzioni alimentari e, non poco in termini di riduzione delle diseguaglianze, risparmiare;
  4. Promuovere un utilizzo rigenerativo dei suoli: il consumo di suolo continua ad aumentare: In Italia cresce più il cemento che la popolazione, e ogni secondo si perdono 2 mq di suolo fertile. È necessario rafforzare il legame tra agricoltura e ricerca, favorendo il dialogo e la collaborazione tra aziende agricole virtuose dal punto di vista dei servizi ecosistemici e centri di ricerca, con l’obiettivo di iniziare un percorso che porti alla costituzione di un network italiano di lighthouse farms (dimostratori territoriali di buone pratiche, luoghi di formazione e comunicazione) e living labs (luoghi ricerca dove gli stakeholders contribuiscono a sviluppare soluzioni e ad accelerarne l’adozione sui territori), in collaborazione con gli stakeholders attivi nel settore.
  5. Rafforzare la biodiversità: La Convenzione ONU sulla Diversità Biologica definisce la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, includendo la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema. Negli ultimi 10 anni sono scomparse 160 specie animali e 35,000 sono quelle a rischio, anche in conseguenza dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e di un uso scorretto dei suoli. Combattere la perdita di biodiversità non è solo una questione etica. Biodiversità significa resilienza e capacità di sopravvivere al cambiamento grazie a un sottile equilibrio che regola le relazioni tra gli esseri viventi, l’uno essendo spesso funzionale all’altro in un ecosistema complesso.
  6. Ridurre gli anelli della filiera di produzione e trasporti delle merci: ogni volta che si tratta una materia prima alimentare se ne compromette in parte le qualità nutritive, si generano scarti, si consuma energia e si contribuisce all’effetto serra. Il trasporto di merci in container a costi bassi ha portato da un lato ad aumentare l’impronta ambientale dei cibi e dall’altro a mettere fuori mercato filiere alimentari autoctone;
  7. Aumentare l’apporto proteico da fonti alternative alla carne: L’allevamento di bovini, anche per la sua estensione, comporta il 4% delle emissioni di gas serra di origine antropica. Questo non è legato tanto alla CO2 ma al metano associato alle deiezioni animali, essendo quest’ultimo 21 volte più efficace del biossido di carbonio nel promuovere il riscaldamento dell’atmosfera. All’insegna del principio “no one left behind” a cui ispirare la transizione ecologica – per non generare squilibri economici controproducenti- sarà necessaria una certa progressione nel disimpegno, almeno parziale, dalla carne come fonte proteica, privilegiando comunque le filiere autoctone di prossimità rispetto a quelle di importazione, su cui pesa l’impronta ambientale aggiuntiva legata al trasporto;
  8. Tracciare e qualificare sempre meglio il cibo: qualificare, certificare e tracciare i cibi prodotti lungo l’intera catena che dal campo passa all’industria di processo, alla tavola dei consumatori fino ad arrivare alla salute di questi ultimi attraverso la blockchain, la rete informatica di nodi che gestisce in modo univoco e sicuro un registro pubblico composto da una serie di dati e informazioni, come le transazioni, in maniera aperta e distribuita, senza che sia necessario un controllo centrale;
  9. Promuovere l’educazione alimentare nelle scuole favorendo il dialogo tra scienza e saperi tradizionali: per raggiungere la massa critica necessaria ad affrontare con successo le enormi sfide della contemporaneità, è necessario crescere una generazione di cittadini consapevoli che i propri stili di vita e in particolare i propri consumi alimentari impattano fortemente sul sistema alimentare globale;
  10. Promuovere la salute attraverso il cambiamento degli stili di vita. La salute è perseguibile attraverso l’adozione di diete sane e sostenibili. In un’ottica di innovazione e di cambiamento del modello sanitario attuale, che dedica una parte cospicua delle proprie risorse al processo di cura, il cibo potrebbe e dovrebbe rappresentare il giro di boa verso un maggiore investimento in piani preventivi, che mirino non solamente all’incremento dell’età media di vita della popolazione, come accaduto negli ultimi decenni, ma con l’obiettivo più ambizioso di promuovere e sostenere un invecchiamento in salute. Inoltre, l’adozione di pattern dietetici sani e sostenibili, ha il duplice vantaggio di preservare non solo la salute dell’uomo, ma anche quella del Pianeta Terra.
  11. Supportare e promuovere la costruzione di “politiche del cibo” alle diverse scale e in particolare quella regionale e locale: le politiche del cibo su scala nazionale e regionale hanno un ruolo fondamentale nella territorializzazione delle politiche europee in campo agro-alimentare. Il nuovo Centro potrà favorire ulteriormente la collaborazione tra gli atenei piemontesi – già avviata con l’Atlante del cibo di Torino metropolitana, il lancio dell’Osservatorio nazionale sulle politiche locali del cibo e le attività della RUS (Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile) e in particolare di RUS Piemonte – consentendo di giocare un ruolo di riferimento alla scala nazionale e internazionale nel supporto e promozione alla costruzione di food policy place-based che sappiano difendere, promuovere e valorizzare le diversità bio-culturali.




Nati-mortalità delle imprese nel 2023, si conferma stagnante dinamica tessuto imprenditoriale piemontese

In base ai dati del Registro imprese delle Camere di commercio, nel corso del 2023 sono nate in Piemonte 22.679 aziende200 unità in meno rispetto a quanto rilevato per il 2022, per una variazione negativa su base annua dello 0,9%. Nello stesso periodo, sono state 22.092 le imprese che hanno cessato la propria attività (al netto delle cancellazioni d’ufficio), 184 in più rispetto al 2022 (+1,3%). La sintesi tra i due flussi conduce a un saldo debolmente positivo per 587 unità (1.077 nel 2022).

Lo stock di imprese complessivamente registrate a fine dicembre 2023 presso il Registro imprese delle Camere di commercio piemontesi ammonta così a 422.880 unità, confermando il Piemonte in 7ª posizione tra le regioni italiane, con il 7,1% delle imprese nazionali.

Il bilancio tra nuove iscrizioni e cessazioni si traduce in un tasso di crescita del +0,14%, di intensità inferiore sia rispetto a quanto rilevato per il tessuto imprenditoriale piemontese nel corso del 2022 (+0,25%), sia rispetto al risultato messo a segno nel 2023 a livello complessivo nazionale, dove il saldo tra nuove iscrizioni e cessazioni ha dato luogo a un tasso di crescita del +0,70%.

Queste le principali evidenze sull’andamento della demografia delle imprese nel 2023 che emergono dai dati Movimprese, elaborati da Unioncamere Piemonte sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio.

“ll tessuto imprenditoriale piemontese chiude il 2023 con un risultato stagnante, che vede la nostra regione sostanzialmente ferma. Torino e Novara sono le uniche province a mettere a segno un risultato positivo soprattutto grazie alle costruzioni e al turismo. Le istituzioni, come le Camere di commercio, non possono che continuare a sostenere gli imprenditori, fornendo tutto il supporto necessario per creare, far crescere e internazionalizzare la propria attività. Le strade maestre che dobbiamo continuare a percorrere sono quelle dell’innovazione e del digitale: solo così potremmo creare il terreno fertile per aprire nuove imprese e quindi nuova occupazione” commenta Gian Paolo Coscia, Presidente Unioncamere Piemonte.

Anche nel corso del 2023, la dinamica del tessuto imprenditoriale piemontese per forma giuridica conferma una tendenza in atto ormai da diversi anni, con le società di capitale che registrano un’espansione della rispettiva base di imprese e una dinamica decrescente per le altre realtà. Il saldo tra le società di capitale nate in Piemonte nel corso del 2023 e quelle cessate ha condotto a un tasso di crescita del +3,03%. Tra le restanti forme, la dinamica peggiore è quella registrata dalle società di persone (-1,53%), cui seguono le altre forme giuridiche (-0,51%) e le imprese individuali (-0,28%).

 

Oggi le oltre 90mila società di capitale costituiscono il 21,4% del totale delle imprese con sede in Piemonte, a fronte del 15,8% di dieci anni fa.

La dinamica stagnante del tessuto imprenditoriale piemontese rappresenta la sintesi di andamenti settoriali fortemente differenziati. I comparti degli altri servizi e delle costruzioni registrano le performance migliori, mettendo a segno uno sviluppo della rispettiva base di imprese dell’1,38% e 1,28%. Dopo la contrazione registrata nel 2022, torna a registrare una dinamica positiva, seppur di debole intensità, il settore del turismo (+0,15%).

Si confermano, invece, sul terreno negativo le dinamiche rilevate per gli altri comparti. Le attività dell’industria in senso stretto e del commercio chiudono il 2023 con una contrazione dello stock di aziende prossime al punto percentuale (rispettivamente -0,89% e -0,95%), mentre il risultato peggiore è quello dell’agricoltura, la cui flessione ammonta al -1,90%.

Il dato regionale è frutto, infine, delle dinamiche contrastanti messe a segno dalle diverse realtà provinciali. Permangono sul terreno positivo, così come accaduto nel corso del 2022, i risultati di Torino (+0,45%) e Novara (+0,39%), mentre il tessuto imprenditoriale della provincia di Asti, che nel 2022 aveva manifestato una buona tenuta, registra nel 2023, come tutti i restanti territori, un risultato negativo (-0,61%). La dinamica peggiore viene registrata da Biella (-1,08%), la contrazione subita dal tessuto imprenditoriale della provincia di Vercelli è dello 0,50%, mentre appare più contenuta per Alessandria (-0,15%), Cuneo (-0,10%) e il Verbano C.O. (-0,10%).




Fiere in Italia e all’estero: riaperto il bando della Camera di Commercio

Ci sarà tempo fino al 29 febbraio 2024 per richiedere all’ente camerale i voucher a fondo perduto destinati ad aziende torinesi per incoraggiare la partecipazione nel 2024 ad una selezione di eventi espositivi nazionali e internazionali. Ogni voucher può valere fino ad un massimo di 2000 euro ad impresa.

Sosteniamo l’internazionalizzazione delle nostre pmi supportando la loro partecipazione alle manifestazioni più importanti in Italia e all’estero – spiega Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino. – Ci concentriamo in particolare sui settori strategici della nostra economia, ambiti nei quali siamo già attivi con progetti di promozione e di supporto, dall’automotive e aerospazio al design, dall’editoria all’agroalimentare, senza dimenticare filiere come logistica e sport”.

Tra le spese ammesse al contributo, il noleggio dell’area espositiva, l’allestimento degli stand, la spedizione dei prodotti e gli investimenti in comunicazione, promozione e inserimento in catalogo. Ammesse anche le spese di interpretariato e l’eventuale iscrizione a incontri btob. La partecipazione alle fiere potrà essere svolta in forma autonoma o aggregata con altre imprese. Sono invece escluse le attività espositive on line.




Bilancio, più fondi per protezione civile e operai forestali

Si registra un aumento dei fondi a disposizione della di Protezione civile, che arrivano a circa 10 milioni annui, ma anche l’incremento delle risorse per far fronte alle assunzioni e stabilizzazioni degli operai forestali, che superano i 15 milioni di euro. La ha annunciato l’assessore Marco Gabusi nel corso della seduta della quinta Commissione, presieduta da Angelo Dago, dedicata all’esame del disegno di legge 298 “Bilancio di previsione finanziario 2024-2026” relativamente alle materie protezione civile e difesa del suolo.

La Commissione ha in questo modo iniziato l’iter per l’espressione del parere consultivo al Bilancio sulle materie di competenza.

Nel corso della seduta sono intervenuti per chiarimenti Sean Sacco (M5s), Maurizio Marello (Pd), Carlo Riva Vercellotti (Fdi), Valter Marin (Lega) e lo stesso presidente Dago.

 




Amministrazione di sostegno, i dati del 2023 in un convegno in Città metropolitana

A vent’anni dall’approvazione della legge 6 del 2004, che ha introdotto nel nostro ordinamento l’amministrazione di sostegno, la Città metropolitana di Torino ha organizzato oggi, in collaborazione con la Scuola superiore della magistratura, una giornata di studio con la partecipazione dell’Università di Torino, dell’Ordine degli avvocati e del Consiglio notarile, e con il patrocinio della Città di Torino e della Regione Piemonte. 

La legge 6 del 2004 ha la finalità di tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia nelle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente, e l’obiettivo dell’incontro era quello di mettere al centro dell’attenzione l’amministrazione di sostegno per valutarne luci e ombre, per comprendere cosa ha funzionato e cosa può essere migliorato in questa forma di protezione che la legge ha affiancato ai più rigidi istituti tradizionali (interdizione e inabilitazione)  nella tutela delle persone fragili. 

Chi non ce la fa, chi è fragile nella nostra società deve avere a sua disposizione istituzioni pubbliche per incarnare il principio costituzionale dell’uguaglianza e della difesa dei più deboli non in senso burocratico, ma in senso concreto e reale” ha detto la consigliera metropolitana con la delega alle politiche sociali Valentina Cera in apertura dei lavori. “La Città metropolitana è un primo approdo che svolge la presa in carico in senso umano e non lascia indietro nessuno, svolgendo un importante ruolo di coordinamento grazie all’Ufficio di pubblica tutela”.


Tra gli altri saluti istituzionali quelli di Jacopo Rosatelli, assessore al welfare della Città di Torino, di Monica Mastrandrea, magistrato della Scuola Superiore della Magistratura, e di Edoardo Barelli Innocenti, presidente della Corte d’Appello di Torino, oltre ai rappresentanti dell’Università di Torino, dell’Ordine degli Avvocati e del Consiglio Notarile.


I numeri delle amministrazioni di sostegno nel territorio metropolitano di Torino sono un trend in aumento: i dati del 2023 registrano circa 1300 aperture di amministrazioni di sostegno a fronte di 300 procedure per interdizione, quindi una massima espansione rispetto alla misura più invasiva e totalizzante della tutela, a cui non si ricorre se non sussistono i presupposti dell’incapacità totale.
Gli interventi hanno messo in evidenza luci e ombre di una legge che si è rivelata uno strumento elastico e agile per dare tutela a chi lo necessità in modo gratuito, piuttosto rapido e senza eccessivi carichi burocratici, ma che è stata segnalata diverse volte dalla Corte europea dei diritti umani e da altri organismi giuridici: come ha spiegato Joëlle Long dell’Università di Torino il problema principale è la difficoltà, anche da parte del giudice tutelare, di prestare adeguato ascolto diretto del beneficiario quando si tratta di incidere su scelte personali delicate, in particolare l’inserimento in una struttura.

I responsabili dell’Ufficio di pubblica tutela della Città metropolitana hanno illustrato i dati delle consulenze offerte agli amministratori di sostegno nel corso del 2023: oltre 3800, svolte tra la sede di corso Inghilterra, il Tribunale di Torino, quello di Ivrea e il Tribunale per i Minorenni.

 




Industria calzaturiera italiana, male il terzo trimestre

Il comparto calzaturiero italiano segna una crescita contenuta nei primi nove mesi del 2023, registrando, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, un incremento sia del fatturato (+3% secondo l’indagine a campione tra gli Associati) che dell’export in valore (+3,2%). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, che rileva però un calo dei volumi. Dopo i recuperi del biennio precedente, tornano in negativo le paia vendute all’estero (-8,7% su gennaio-settembre 2022) come pure sul mercato italiano (-3,1%), con l’indice Istat della produzione industriale in flessione del -7,4%. Pesa la battuta d’arresto del terzo trimestre, che si è chiuso con un -7,2% nelle vendite estere in valore (-12,3% in quantità) e con un -1,5% nella spesa delle famiglie italiane.

Dopo una partenza molto positiva, il 2023 – spiega Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici – si è chiuso in frenata anche a causa dei forti aumenti nei costi che hanno inciso sulla marginalità delle imprese. Esaurito il rimbalzo post Covid, i ritmi di vendita hanno subìto un netto rallentamento che, innescatosi già in primavera, si è reso ancor più evidente nella terza frazione dell’anno. Un trend ampiamente previsto, non certo facilitato dall’incertezza indotta dal difficile contesto geopolitico internazionale in cui, alla guerra tra Russia e Ucraina, si è aggiunto il precipitare degli eventi in Medio Oriente, con rischio concreto di allargamento del conflitto oltre alla debolezza dell’economia in diverse importanti aree del mondo”.

Nel report emerge come, tra i principali mercati esteri, meglio nel complesso l’andamento di quelli comunitari che, pur cedendo il -6,1% in volume su gennaio-settembre 2022, sono cresciuti dell’8,5% in valore, mentre le destinazioni extra-UE mostrano un arretramento ancor più pesante in quantità (-13,4%), accompagnato da un segno negativo anche in valore (-1,2%).

Accanto alla tenuta della Francia (+1% circa in volume e +17,1% in valore) si conferma la forte contrazione (-32,4% nelle paia e -22,5% in valore) dei flussi diretti in Svizzera, tradizionale hub logistico delle multinazionali del fashion (che hanno almeno parzialmente sostituito il transito nei depositi elvetici con spedizioni dirette ai mercati finali di destinazione). Sono peggiorate sensibilmente nel terzo trimestre (con cali di oltre il -20%) le vendite verso gli USA (che nei primi 9 mesi segnano -21,7% in quantità e -7,4% in valore) e la Germania (-16,6% nelle paia e stabile in valore). Performance sempre premianti in Cina (+17,2% in volume e +12,2% in valore), malgrado un ridimensionamento in valore nella terza frazione (ma il prezzo medio al paio, superiore ai 200 euro, resta di gran lunga il più elevato). E’ poi proseguita la ripartenza di Russia e Ucraina (+40% e +88% in valore rispettivamente su gennaio-settembre 2022), sebbene le vendite in questi due mercati restino ancora al di sotto del periodo prebellico.

Sul fronte nazionale, inoltre, se il 2023 ha visto crescere i flussi turistici, con positive ricadute sullo shopping di stranieri in visita nel Belpaese, gli acquisti di calzature delle famiglie italiane hanno evidenziato un andamento poco brillante, chiudendo i primi 9 mesi con segni negativi (sia nelle paia, -3,1%, che in spesa, -1,3%) sullo stesso periodo 2022 e, soprattutto, al di sotto del 5% circa a confronto coi livelli pre-pandemici del 2019, già largamente insoddisfacenti dopo anni di continue erosioni. L’autunno anomalo, dalle temperature quasi primaverili, ha affossato gli acquisti di abbigliamento e scarpe invernali.

Infine, non si arresta il processo di selezione tra le aziende (-148 imprese, tra industria e artigianato, nei primi 9 mesi, pari al -3,9%) nonostante resista l’occupazione (+2,1%, seppur ancora inferiore di circa un migliaio di addetti rispetto ai livelli 2019). Segnali poco incoraggianti provengono però dalla ripresa del ricorso alla CIG nella filiera pelle (+6,1%).

La Presidente di Assocalzaturifici, Ceolini,  ha colto l’occasione della presentazione dei dati economici del settore calzaturiero per intervenire sull’approvazione in via definitiva del disegno di legge sul Made in Italy e della legge di Bilanzio 2024: “Sono soddisfatta per queste misure che prevedono interventi di valorizzazione e promozione di asset strategici per il rilancio del Paese in termini economici ed occupazionali. In particolare la tutela delle filiere strategiche tramite il fondo sovrano per il Made in Italy e il sostegno alle fiere internazionali. Li ritengo due strumenti imprescindibili per valorizzare le PMI manifatturiere del nostro Paese e aumentarne la competitività sui mercati internazionali. Alla stregua del fondo per la transizione digitale che nel nostro caso è di rilievo anche per il contributo alla certificazione ambientale VCS. Inoltre plaudo all’aumento delle risorse destinate alla lotta per la contraffazione e all’Italian Sounding, due fenomeni deleteri per le nostre produzioni, e all’ulteriore proroga al 30 luglio 2024 della scadenza per presentare la domanda di riversamento spontaneo relativo al credito d’imposta R&S indebitamente percepito. Quest’ultimo è un tema spinoso che sta diventando insostenibile per le nostre aziende. È necessario quanto prima che venga approvato il decreto attuativo per la creazione degli albi dei certificatori accreditati per  definire in maniera chiara cosa sia davvero inseribile a livello di ricerca e sviluppo. L’unica soluzione per garantire chi ha operato nel rispetto delle regole”.