Dall’11 marzo, a causa del COVID 19, oltre il 60% delle imprese artigiane del Piemonte sono state costrette a sospendere l’attività e azzerare la produzione.
In questo periodo di emergenza sanitaria e di lockdown per le imprese artigiane, è emersa in modo importante l’esigenza di utilizzare le infrastrutture di base, come internet e la connessione alla rete per lo smart working o per l’e-commerce e il marketing.
Confartigianato Imprese Piemonte ricorda come una fetta ancora limitata di piemontesi possa beneficiare della banda ultra larga, un servizio ormai essenziale. Un recente studio dell’Associazione di Categoria sull’offerta di accesso ad Internet in banda ultra larga, ha rivelato come il Piemonte, con una copertura del 57,6% della popolazione (dato composto da una quota del 24,6% relativa alla velocità 30-100 Mbps e da una quota del 33,0% relativa alla velocità 100-1.000 Mbps), occupi a livello nazionale appena l’undicesimo posto.
A livello provinciale piemontese, le più fortunate sono le famiglie di Torino il cui territorio è coperto al 71,7%. Seguono quelle di Novara (copertura al 56,0%), Vercelli (48,1%), Alessandria (47,9%), Asti (36,8%), Cuneo (34,4%) e Verbano 33,1%.
Sono questi i dati salienti del rapporto su “E-commerce – Acquirenti on line in Piemonte”, analisi condotta dall’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Piemonte, su fonte Istat tra il 2017 e 2018 (ultimo dato disponibile).
Tra le piccole imprese artigiane è ancora bassa la propensione a effettuare vendite mediante il commercio elettronico. Tra le criticità segnalate: un terzo denuncia i costi connessi all’avvio dell’e-commerce superiori ai benefici attesi, pesano poi la logistica (20%), e i problemi dei pagamenti online (9,1%).
“In Piemonte – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Piemonte – vi sono zone che non dispongono di un’adeguata copertura di rete soprattutto alcune zone del cuneese e del verbano non sono raggiunte dalle infrastrutture in banda ultralarga. Un problema molto sentito nelle aree montane ma non solo. C’è tanta retorica sul fatto che questa crisi cambierà la nostra organizzazione del lavoro oltre che le abitudini di vita, spingendoci verso una sempre più marcata digitalizzazione.
Ma la realtà è che questa pandemia, direbbero gli economisti marxisti di un tempo, è marcatamente classista. Sopravviveranno i privilegiati, il ceto urbano che può lavorare da casa con lo smart working, che può ordinare spesa e cibo tramite app di consegna a domicilio, i cui figli seguono le lezioni on line, e che può vendere beni e servizi grazie alla banda ultra larga. Gli altri, i non-privilegiati, il virus non li renderà migliori, semplicemente saranno ancora più esclusi e scompariranno”.
“La vendita on line – continua Felici – potrebbe aiutare le piccole imprese artigiane a superare il drammatico momento del lockdown in attesa della cosiddetta ‘fase 2’ che imporrà una pesante riorganizzazione della propria attività, con relativi costi soprattutto per garantire la sicurezza. Senza contare che ci sarà anche un ridimensionamento del personale. Se invece si dovesse prolungare lo stop delle attività oltre i primi giorni di maggio, quindi continuare a non produrre, perdere i clienti e non incassare, nel prossimo mese non si potrà più pagare gli stipendi ai dipendenti, e molte imprese chiuderanno definitivamente”.