Inquinamento del Sangone: la Città metropolitana ha ordinato ai Consorzi la diluizione delle acque reflue

E’ stato dunque un guasto alla rete di distribuzione fognaria gestita dalla Smat a provocare sversamenti nel Sangone, rilevati nei giorni scorsi, che hanno causato un grave danno ambientale e la conseguente moria di pesci.

L’incidente si è verificato nel periodo in cui la situazione idrica è sfavorevole in quanto la portata media giornaliera dello stesso Sangone, rilevata all’idrometro di Torino, è inferiore alla soglia di attenzione di 0,83 metri cubi al secondo.

La Città metropolitana, in attesa che la Smat si occupi degli interventi necessari per eliminare l’inquinamento, ha ritenuto utile intervenire con la diluizione dei reflui immessi.
Il Dipartimento ambientale e Vigilanza ambientale, direzione risorse idriche di corso Inghilterra, ha inviato il 24 luglio una lettera in tal senso al Consorzio Argini e Praterie di Trana, ai sindaci di Piossasco, Rivalta e Trana, al Consorzio irriguo delle Gerbole di Rivalta e per conoscenza all’Arpa Piemonte. Nel documento viene imposta ai consorzi la riduzione del 50 per cento del prelievo delle portate concesse.

La riduzione durerà una settimana e la situazione in tutta la zona sarà tenuta costantemente sotto controllo.

Era stata l’Arpa a segnalare l’inquinamento del Sangone ipotizzando quale causa il crollo della fognatura delle acque reflue urbane avvenuto in strada del Drosso nel territorio di Torino, con la richiesta alla Smat di valutare lo stato di fatto e la portata media delle acque reflue collegate allo stesso impianto. E’ poi stato sollecitato alla società di attuare subito interventi specifici per ridurre al minimo l’impatto sul territorio.




Progetti di riciclo rifiuti bloccati in Piemonte

Diversi progetti di riciclo di rifiuti risultano bloccati in Piemonte, in assenza d’una normativa regionale sulla Cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waster). La legge nazionale prescrive che siano le Regioni a legiferare, altrimenti le singole Province non sono in grado di autorizzare i vari progetti.
 

Questa la posizione del presidente del Coordinamento ambientalista rifiuti Piemonte (Carp), Fabio Tomei, nel corso dell’audizione in Quinta commissione. Il presidente della stessa commissione ha garantito la massima attenzione sul tema da parte del Consiglio regionale.

La legge 128 del 2019 infatti, indica negli enti come Regioni e Province i soggetti per il rilascio delle autorizzazioni agli impianti di recupero rifiuti sulla base di propri procedimenti di autorizzazione.

Tra i progetti fermi in diversi passaggi autorizzativi in Piemonte ci sono quelli per la produzione di biometano da rifiuti a Vercelli, Castelletto Cervo, Cavaglià, Salussola e Orfengo e quello per la produzione di combustibile solido secondario (Css) di Silvano d’Orba.

“Il blocco di questi progetti e di altri analoghi nel prossimo futuro, costituisce un grave ritardo nell’avvio dell’Economia circolare, perché riguarda gli investimenti nel settore del riciclo dei rifiuti urbani e speciali non pericolosi con gravi conseguenze economiche e sanitarie” ha concluso Tomei.

Barbara Squillace (Rondissone), Alba Riva (Vercelli), Oscar Brumasso (Torino) e Isabella Silva (Silvano d’Orba) hanno portato la testimonianza dell’attività svolta dai loro Comitati e Associazioni su rispettivi territori, chiedendo alla Regione di legiferare sull’Eow, in particolare sui rifiuti organici speciali, in primo luogo sui fanghi da depurazione, definendo gli standard tecnici  di pre-trattamento di tali rifiuti.

Nel corso dell’audizione sono poi giunte le richieste di programmare le necessità del Piemonte riguardo gli impianti di riciclo dei rifiuti organici, sia urbani che speciali, stabilendo norme per scongiurare i pericoli  di esplosione e incendi degli impianti per biometano, disturbi da odori molesti, inquinamento delle acque potabili e il rischio di diffusione sul territorio piemontese di rifiuti nocivi non-pre trattati, soprattutto nei terreni agricoli e nei sottofondi stradali.

Nell’attesa di definire le linee guida, secondo Carp è necessaria una moratoria per autorizzare i nuovi progetti per biometano.

Sono poi intervenuti diversi consiglieri, dei Gruppi M5s, Lega e Fi per approfondimenti.




PoliTO: Alluvioni degli ultimi 500 anni: ecco come sono cambiate le piene fluviali in Europa

Le piene fluviali possono causare problemi enormi: in tutto il mondo, il danno annuale causato dalle alluvioni è stimato in oltre 100 miliardi di dollari e continua a salire. Finora non è stato però possibile dimostrare scientificamente, secondo una prospettiva a lungo termine, se l’Europa sia attualmente in un periodo particolarmente ricco di piene fluviali.

Il professor Günter Blöschl della Università Tecnica di Vienna (TU Wien), esperto austriaco di rischio idraulico, ha condotto un ampio studio internazionale che ha coinvolto un totale di 34 gruppi di ricerca tra i quali quello del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture del Politecnico di Torino.

Lo studio dimostra chiaramente come gli ultimi tre decenni siano stati tra i periodi più ricchi di alluvioni in Europa negli ultimi 500 anni.

Lo studio mostra, inoltre, come questi ultimi tre decenni differiscano dagli altri periodi ricchi di piene fluviali in termini di durata, estensione spaziale, temperatura dell’aria e stagionalità delle alluvioni. Rispetto al passato, il periodo presente è più esteso, la stagionalità delle piene è variata e il rapporto tra occorrenza delle alluvioni e temperatura dell’aria si è invertito: in passato, i fenomeni alluvionali si verificavano più frequentemente in decenni caratterizzati da basse temperature, mentre oggi il riscaldamento globale è uno dei motori del loro aumento. I risultati dello studio sono stati pubblicati oggi sulla rivista Nature.

 

Mezzo millennio di dati storici

“Avevamo già rilevato l’influenza del cambiamento climatico sulle alluvioni in Europa negli ultimi 50 anni”, afferma Alberto Viglione del Politecnico di Torino, uno dei principali autori della pubblicazione. “Tuttavia, è anche importante capire se quanto visto negli ultimi 50 anni è una situazione completamente nuova o se si tratta solo di una ripetizione di qualcosa che si è già verificato in passato. Finora, i dati disponibili non erano stati sufficienti a dare una risposta alla questione. Grazie al lavoro fatto in questo studio possiamo ora dire con fiducia che sì, le caratteristiche delle alluvioni degli ultimi decenni sono diverse da quelle dei secoli precedenti”.

Per lo studio, sono state analizzate decine di migliaia di documenti storici coevi alle alluvioni dal 1500 al 2016. Il team alla TU Wien ha lavorato con storici provenienti da tutta Europa. “La sfida di questo studio consisteva nel rendere comparabili testi molto diversi tra loro per tipologia, datazione e aree di provenienza”, spiega Andrea Kiss dell’Università Tecnica di Vienna, lei stessa ricercatrice e storica, nonché uno dei principali autori della pubblicazione. “Siamo riusciti a raggiungere questa comparabilità contestualizzando tutti i testi nei relativi periodi storici, con un’attenta cura ai dettagli.”

 

Freddo prima, caldo ora: le piene fluviali adesso avvengono in un contesto diverso

L’analisi dei dati ha identificato nove periodi ricchi di alluvioni e le regioni ad essi associate. Tra i periodi più rilevanti spiccano il 1560–1580 (Europa occidentale e centrale), il 1760–1800 (la maggior parte dell’Europa), il 1840–1870 (Europa occidentale e meridionale) e il 1990–2016 (Europa occidentale e centrale). Il confronto con i dati ricostruiti di temperatura atmosferica ha mostrato che questi periodi alluvionali sono stati sostanzialmente più freddi dei periodi intermedi.

“Questa scoperta sembra contraddire l’osservazione secondo cui, in alcune zone, come nel nord-ovest dell’Europa, il recente clima più caldo sia associato ad alluvioni più estese”, afferma Günter Blöschl: “Il nostro studio mostra per la prima volta che i meccanismi sono cambiati: mentre in passato le alluvioni si sono verificate più frequentemente in condizioni di maggior freddo, ora è il contrario. Le condizioni idrologiche del presente sono molto diverse da quelle del passato”.

Anche la stagionalità delle alluvioni è cambiata. In precedenza, il 41% delle piene fluviali dell’Europa centrale avveniva in estate, rispetto al 55% di oggi. Anche nell’Europa meridionale, dove le piene autunnali sono le più frequenti, la loro proporzione è passata dal 42% al 54% del totale.

Questi mutamenti sono connessi a mutamenti nelle precipitazioni, nell’evaporazione e nello scioglimento delle nevi e sono un indicatore importante per distinguere il ruolo del cambiamento climatico rispetto a quello di altre cause come la deforestazione e la regimazione dei fiumi.

Queste scoperte sono state rese possibili grazie al nuovo database creato dagli autori dello studio, che include la datazione esatta di quasi tutti gli eventi alluvionali riportati dalle fonti negli archivi storici. Lo studio è il primo al mondo a valutare i periodi storici ricchi di alluvioni per un intero continente in maniera così dettagliata.

 

Dati migliori, previsioni migliori

A causa del cambiamento nei meccanismi di formazione delle alluvioni, Günter Blöschl sostiene sia necessario l’uso di strumenti per la valutazione del rischio alluvionale basati sui meccanismi fisici coinvolti e strategie di gestione che possano tenere conto dei recenti cambiamenti nel rischio. “Nonostante gli sforzi necessari per mitigare i cambiamenti climatici, vedremo comunque gli effetti di questi cambiamenti nei prossimi decenni”, afferma Blöschl, che conclude: “La gestione delle alluvioni deve adattarsi a questa nuova realtà”.

 

 




Confagricoltura Torino dice no all’impianto di biometano di Caluso

Confagricoltura Torino esprime posizione contraria alla costruzione dell’impianto di biometano che dovrebbe sorgere nel territorio di Caluso.

Si tratta, in base alle informazioni disponibili, di un centro per il recupero dei rifiuti organici domestici, con una capacità di circa 55.000 tonnellate all’anno, pari alla metà della quantità prodotta dall’intera Città Metropolitana di Torino.

Considerando che la frazione organica del rifiuto solido urbano (Forsu) prodotta dall’intero territorio torinese è di circa 133.000 tonnellate all’anno e che la maggior parte viene acquisita dall’Acea di Pinerolo, che tra l’altro aumenterà la sua capacità a 90.000 tonnellate all’anno, e che sul territorio sono presenti altri impianti simili, appare evidente come i rifiuti trattati dal nuovo impianto proverranno prevalentemente da altre province o da altre regioni italiane.

Confagricoltura – dichiara il direttore dell’organizzazione Ercole Zuccaroha effettuato un’analisi tecnica della situazione con gli agricoltori del territorio, confrontandosi con le popolazioni locali e con le amministrazioni comunali della zona: pur riconoscendo la validità della soluzione, che punta alla valorizzazione del rifiuto, siamo contrari all’individuazione del sito in quanto presenta una serie di fattori estremamente negativi per il territorio, l’attività agricola e l’ambiente rurale”.

I tecnici di zona di Confagricoltura rilevano che le acque reflue dell’impianto potrebbero essere versate nella roggia limitrofa, utilizzate dalle aziende agricole della zona, alcune delle quali indirizzate alla produzione biologica, per irrigare prati e seminativi. Inoltre per l’impianto transiteranno circa 100 autotreni ogni giorno per il trasporto dei rifiuti e per il ritiro del biometano: attualmente la strada ha una larghezza ridotta tale da rendere impossibile il passaggio simultaneo di un camion e di un mezzo agricolo.

Alle istituzioni vogliamo far rilevare – sottolinea il presidente di Confagricoltura Torino Tommaso Visca – che l’impianto progettato occuperà una superficie di 30.000 metri quadrati, di cui 26.000 in area agricola, con un importante consumo di suolo. Confagricoltura ritiene che non si debba ulteriormente penalizzare un territorio già attraversato dall’autostrada Torino – Milano e nel quale sono presenti altri impianti per lo smaltimento dei rifiuti. “Per questi motivi – conclude il presidente di Confagricoltura Torino Tommaso Visca – saremo al fianco del mondo agricolo e delle popolazioni rurali per contrastare l’attivazione dell’impianto, invitando le amministrazioni competenti a individuare altri siti dove allocarlo, possibilmente in aree industriali che sicuramente nel Torinese non mancano”.




DEMOSOFC al FORUMPA, l’idrogeno è al centro dei progetti della Commissione Europea: PoliTo protagonista

Sono 180 i miliardi gli euro che la Commissione Europea stanzierà a favore dell’idrogeno, secondo le indiscrezioni sul nuovo piano di decarbonizzazione dell’Unione Europea programmato dal 2020 al 2050.

Una rivoluzione green dove 1 auto su due avrà un motore elettrico, le fonti rinnovabili e l’economia circolare saranno protagoniste assolute e il gas naturale, seppur centrale, dovrà coprire solo il 20% dei consumi totali laddove gas rinnovabili e idrogeno assumono un ruolo da protagonisti.

Ed è proprio su questo paradigma che si fonda DEMOSOFC, il più grande impianto industriale europeo di co-generazione, basato sul recupero del biogas e la co-generazione grazie alla tecnologia delle celle a combustibile – fuel cell – e idrogeno.

Un primato industriale che è anche accademico vista l’importanza che il filone di ricerca sull’idrogeno riveste in Piemonte da oltre 20 anni con Politecnico di Torino e altri enti, protagonisti a livello nazionale e internazionale, con lo scopo di integrare gli eccellenti risultati di ricerca, industria e politiche pubbliche diventa oggi essenziale per fare del green deal del 2020 un nuovo motore della regione e del paese.

Ne parlano, nel corso del Forum della Pubblica Amministrazione, un pool di esperti scelti tra mondo della ricerca, industria, lobby green e ministero dell’Ambiente nel corso di un evento online in programma il 7 luglio dalle 9.30 alle 10.30:
“Economia circolare: produrre energia ad emissioni zero dai rifiuti. Il progetto DEMOSOFC: dal sistema della ricerca europea alla scala industriale di una multi-utility”. In collaborazione con Consorzio Progetto DEMOSOFC, FCH-JU (Fuel Cell and Hydrogen Joint Undertaking), Politecnico di Torino.
Intervengono:

Patrizia Lombardi: Pro-Rettrice Politecnico di Torino
Massimo Santarelli: Dip. Energia Politecnico di Torino
Ilde Gaudiello: Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
Armando Quazzo: SMAT
Lucilla Persichetti: ASviS
Antonio Aguilo Rullan: FCH JU
Coordina Massimiliano Roma: FORUMPA




Cal, pareri positivi su gestione rifiuti e fondi per la montagna

Modifiche per la gestione dei rifiuti: parere favorevole all’unanimità ma condizionato all’istituzione di un tavolo di confronto. Così si è espresso il Consiglio delle autonomie locali (Cal), presieduto da Davide Crovella, sul disegno di legge 88, che prevede appunto una serie di modifiche alla legge regionale 1/2018 sulla gestione dei rifiuti e il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

In particolare, il Ddl contiene una parziale revisione della governance del sistema dei rifiuti urbani, prevedendo un unico ambito territoriale ottimale, coincidente con il territorio regionale e articolato in sub-ambiti di area vasta, che coincidono con il territorio degli attuali consorzi di bacino. Il Cal ha rilevato che l’organizzazione delle funzioni di ambito regionale rischia di penalizzare le realtà maggiormente in difficoltà e di introdurre instabilità nelle scelte di controllo locale, oltre all’opportunità di valutare una diversa ripartizione dei sub-ambiti, tenendo anche conto della peculiarità del sistema integrato della provincia di Cuneo.

Il Ddl introduce inoltre un nuovo obiettivo di produzione di rifiuto urbano indifferenziato non superiore a 126 chilogrammi anno ad abitante da raggiungere entro l’anno 2025, rispetto al quale il Cal ha chiesto di introdurre il concetto di “abitante equivalente” o altri meccanismi compensativi per i comuni a vocazione turistica o caratterizzati da pendolarismo lavorativo e studentesco.

Rilievi sono stati mossi anche rispetto all’individuazione dell’ente territorialmente competente in materia di pianificazione tariffaria, al sistema delle sanzioni e alla necessità di considerare l’attuale fase emergenziale legata al COVID-19 per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi annuali di produzione massima di rifiuto urbano indifferenziato.

L’assessore all’Ambiente Matteo Marnati ha dato la sua disponibilità a convocare in tempi rapidi il tavolo di confronto richiesto in un’ottica di condivisione su una materia di grande interesse per i territori.

È stata inoltre approvata all’unanimità dall’ufficio di presidenza in sede deliberante la proposta di regolamento che individua le modalità di riparto e monitoraggio del Fondo regionale per la montagna, in attuazione della legge regionale 14/2019 in materia di tutela, valorizzazione e sviluppo della montagna.
Il Cal chiede di individuare all’interno della norma una quota del Fondo da destinare ai Comuni territorialmente appartenenti alle unioni montane, quale contributo allo sviluppo economico dei territori montani e di dare stabilità al finanziamento dei progetti presentati dalle unioni, in attuazione del programma annuale per la montagna.

Il vicepresidente della Regione e assessore alla Montagna, Fabio Carosso, ha detto che saranno recepite le osservazioni pervenute dalle associazioni: l’obiettivo è avere una legge che possa davvero aiutare lo sviluppo della montagna, nonostante le poche risorse a disposizione. A decidere come spenderle sarà una Consulta di cui faranno parte i presidenti delle Unioni montane, il presidente di Uncem e due componenti del Cal, nominati oggi, Paolo Amorisco ed Eraldo Botta.




“Ambiente battaglia universale, no a radicalismi e divisioni”

Per troppi anni l’ambientalismo si è rivolto soltanto a una parte limitata e schierata della popolazione, dimenticando colpevolmente che le tematiche ambientali sono universali e trasversali. C’è bisogno di maggior coinvolgimento e conoscenza su questi temi, senza assumere posizioni radicali che sono servite negli anni a fare solo sterile e faziosa propaganda politica”. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia alla vigilia della Giornata mondiale dell’ambiente, che si celebra il 5 giugno.

“Credo profondamente nel modello dell’economia circolare che ha come obiettivo quello di disegnare un futuro più sostenibile, in cui ridurre gli sprechi e utilizzare al meglio le risorse di cui disponiamo – ha aggiunto Allasia – . Uomo e ambiente sono due facce della stessa medaglia e chi non rispetta l’ambiente non rispetta se stesso”.

Proclamata nel 1972 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione dell’istituzione del Programma Onu per l’ambiente, la Giornata mondiale per l’ambiente è stata celebrata per la prima volta nel 1974 con lo slogan “Una sola Terra”.
La Giornata è dedicata quest’anno al tema del drammatico declino della biodiversità del pianeta. Circa un milione di specie viventi (su un totale stimato di circa 8,7 milioni) sono minacciate di estinzione. L’attuale ritmo di estinzione delle specie fa ritenere gli scienziati che siamo di fronte alla sesta grande estinzione massa. Molti ecosistemi sono stati distrutti, degradati, frammentati e solo una piccola percentuale è rimasta intatta. Il motto scelto per rappresentarlo è “È il momento della natura”.




Consiglio regionale Piemonte: rifiuti verso l’Ato unico

Per la gestione dei rifiuti anche il Piemonte punta all’Ato unico. In quinta Commissione, presieduta in videoconferenza da Angelo Dago, si è svolta da parte dell’assessore Matteo Marnati la presentazione della riforma che porterà a questa nuova organizzazione. L’Ato è l’ambito territoriale omogeneo costituito per la gestione dei rifiuti.
Tecnicamente, si è trattato delle prime determinazioni in merito al disegno di legge 88 presentato dalla Giunta, “Modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2018”, vale a dire le norme in materia di gestione dei rifiuti e servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

L’assessore ha spiegato che la nuova organizzazione prevede appunto un Ato unico e Sub-Ambiti di area vasta, corrispondenti con gli attuali consorzi.

Nel dettaglio l’Ato unico:

  • approva il piano d’ambito regionale sentiti i sub-ambiti di area vasta che, in coerenza con le indicazioni e i criteri stabiliti dal piano regionale, è finalizzato a programmare l’avvio a trattamento della frazione residuale indifferenziata, del rifiuto organico e del rifiuto ingombrante e la realizzazione degli impianti a tecnologia complessa individuati in ragione delle esigenze di riciclaggio, recupero e smaltimento;
  • approva il conseguente piano finanziario, determina i costi del segmento di servizio di competenza e fornisce ai consorzi di area vasta i relativi dati per la predisposizione dei piani  finanziari da proporre ai comuni;
  • definisce il modello organizzativo e individua le forme di gestione del segmento di servizio di competenza;
  • definisce la propria struttura organizzativa;
  • approva le modifiche della convenzione che disciplina la forma di cooperazione tra gli enti di area vasta;
  • fornisce ai consorzi di bacino indicazioni uniformi per la gestione delle raccolte in coerenza con le caratteristiche dell’impiantistica regionale;
  • fornisce indicazioni e/o linee guida per l’espletamento della funzione di controllo da parte dei Consorzi di area vasta che detengono partecipazioni in società in house;
  • svolge la funzione, eventualmente avvalendosi dei consorzi di area vasta, di Ente di governo d’ambito come prevista dall’Autorità di regolazione.

La trattazione del provvedimento proseguirà nelle prossime sedute.

In precedenza la Commissione aveva svolto l’audizione dell’Ente di gestione delle Aree protette delle Alpi Marittime in merito al progetto “Life wolfalps”. I dati esposti hanno evidenziato la presenza sull’arco alpino italiano di circa 45 branchi con quasi 300 lupi sull’arco. In Piemonte branchi sono 27 e 151 i lupi in tutto.

 




L’impatto del Politecnico di Torino su città e comunità sostenibili ai primi posti delle classifiche internazionali

Ottimi risultati per il Politecnico di Torino nel THE Impact Ranking, la classifica mondiale delle università che valuta il loro impatto economico e sociale, in base ai Sustainable Development Goals dell’ONU (SDGs nell’acronimo inglese), approvati nel 2015 dalle Nazioni Unite.

L’Ateneo si posiziona nel quartile più elevato sia per il SDG – Sustainable Developing Goal 11 – Sustainable Cities and Communities sia per il SDG 13 – Climate Action, in cui si è presentato per la prima volta.

Un balzo in avanti importante nella classifica mondiale per il SDG 11 – Sustainable Cities and Communities: il Politecnico raggiunge la 17° posizione al mondo su 470 università partecipanti – lo scorso anno si era posizionato al 29° posto su oltre 290 università – a testimonianza del forte impegno che il Politecnico svolge sul territorio come attore fondamentale nella trasformazione urbana e nella valorizzazione del patrimonio culturale, nella creazione della cultura e nello stimolo allo sviluppo di una comunità inclusiva e attenta alle tematiche di sostenibilità.

Per quanto riguarda il SDG 13 – Climate Action, per il quale si tratta della prima partecipazione dell’Ateneo alla classifica, il Politecnico si è posizionato all’ 88° posto al mondo su oltre 375 università partecipanti. Anche in questo caso confermando l’impegno che l’Ateneo ha intrapreso ormai da anni per sostenere le azioni di contrasto al cambiamento climatico, non solo con la ricerca, ma anche con le linee guida interne e le azioni concrete nei Campus che porteranno nei prossimi mesi alla impostazione operativa del Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima del Politecnico di Torino proposto dal Green Team.

Il ranking, giunto alla sua seconda edizione, è stato pubblicato oggi da Times Higher Education, il periodico londinese che ogni anno stila classifiche internazionali su università e istituti di istruzione superiore.

La Prorettrice, coordinatrice del Green Team di Ateneo e Presidente della RUS nazionale – Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, Patrizia Lombardi, che ha seguito in particolare la tematica, commenta:

“Questi risultati confermano l’impegno che l’Ateneo ha profuso in tutti questi anni nel campo dello sviluppo urbano sostenibile, della valorizzazione della ricerca scientifica e della condivisione della conoscenza, sottolineandone il ruolo sociale.

Il percorso che l’Ateneo ha avviato per accrescere una visione sostenibile del territorio, sia all’interno del campus sia favorendo la creazione di azioni sinergiche con gli enti locali è stato premiato dall’ottimo posizionamento raggiunto in questo ranking, che ci aiuta a documentare e valorizzare il nostro impegno sui temi delle città sempre più inclusive, sicure, e sostenibili e sulle nostre iniziative volte a minimizzare l’impatto ambientale, con l’obiettivo di rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento della nostra comunità nei confronti della crisi climatica.”




Torino. Un tetto verde per l’Open 011 utilizzando l’acqua delle piogge

L’Open 011 – Casa della Mobilità Giovanile e dell’Intercultura-, ostello della Città di Torino, avrà un tetto verde. Per la struttura di corso Venezia 11, a pochi minuti dalla stazione di Torino Porta Susa, il Servizio Urbanizzazioni ha progettato un giardino pensile e una serra aeroponica – le piante messe a dimora nell’acqua sono alimentate da un sistema di nebulizzazione di H2O arricchita di fertilizzanti – utilizzando l’acqua delle piogge.

E’ uno degli obiettivi principali del progetto europeo City Water Circles!, di cui il Comune di Torino è partner insieme a 11 città, finanziato nell’ambito della terza call del Programma di Cooperazione Territoriale Central Europe.

L’acqua recuperata servirà alla vita del giardino e della serra creando un sistema circolare vantaggioso: nessun consumo per il lavaggio delle piante – nella serra potranno essere coltivati frutta e verdura per la struttura di accoglienza -, la terrazza potrà diventare un punto di aggregazione per gli ospiti dell’ostello che potranno godere di un ambiente fresco, i cui effetti benefici saranno percepiti dagli abitanti dell’intero isolato.

Il progetto pilota mira ad aiutare le città a riformare i sistemi di infrastrutture idriche urbane obsolete applicando un approccio di economia circolare. Il particolare il piano introduce e promuove misure di efficienza idrica, il riutilizzo di risorse locali come l’acqua piovana e grigia per scopi pubblici, domestici e industriali al fine di ridurre il consumo di acqua e alleviare la pressione sulle risorse idriche sovra sfruttate delle aree urbane. Il piano offre molti vantaggi economici – risparmi significativi in acqua ed energia – e ambientali con una minore produzione di acque reflue.

‘L’emergenza sanitaria ci stimola a cambiare il modo di immaginare le case e gli spazi in cui viviamo. Per avere un’idea del futuro si può provare a immaginare le coperture piane della città dai garage ai cortili, dalle fabbriche ai tetti delle case trasformate in un giardino pensile a portata di mano in queste giornate “a casa”’ ha spiegato l’architetto Alessandra Aires, ideatrice del progetto.

Proprio in questi giorni si sta svolgendo on line il meeting internazionale sul progetto europeo City Water Circles!, che si doveva tenere a Berlino, in cui ogni città presenta il proprio progetto pilota. Torino è presente con gli Uffici Innovazione fondi europei, Direzione Ambiente e Servizio Urbanizzazioni, i cui professionisti stanno illustrando il progetto “Tetto verde dell’Open 011”.

L’Amministrazione Comunale ha realizzato altri quattro “tetti verdi”: la Casa del quartiere nel Parco Colonnetti, il Parco Arte Vivente in via Giordano Bruno, la ludoteca Il Paguro in via Oropa, il bocciodromo “La Tesorina” in corso Moncalieri.