Provenzano, CNA Piemonte: “Riaperture in sicurezza quanto prima e contributo d’onore”

Noi da settimane rilanciamo la proposta del Contributo d’onore per le piccole attività: un contributo pubblico regionale, senza banche, senza interessi né garanzie da restituire nei prossimi dieci anni appena ci saranno le condizioni, spiega il segretario regionale di CNA Piemonte Filippo Provenzano.

 

“Serve un sostegno concreto, un atto di fiducia per non fare chiudere le  attività. Parrucchieri, estetiste, pasticcerie, gastronomie, operatori della ristorazione, sartorie, sale cinematografiche: per chi lavora a incasso giornaliero quasi due mesi di stop sono insostenibili e ulteriori rinvii sono insopportabili”, conclude Provenzano.




Confartigianato Torino, De Santis: “A causa della burocrazia per ottenere credito serve un mese”

Nelle intenzioni del Governo il Decreto Liquidità a garanzia statale, è un intervento di liquidità immediata per le imprese che si apprestano a riaprire e intraprendere la fase 2.

Ma per funzionare, e per scongiurare la definitiva chiusura delle micro e piccole imprese artigiane, che si trovano con l’acqua alla gola per il mancato fatturato di marzo e aprile, la liquidità dovrebbe essere, appunto, immediata. Una questione di ore dalla richiesta alla concessione del credito. Ma così non è.

Secondo un sondaggio condotto su un campione di associati di Confartigianato Torino, un terzo pensa di non potersi più mettere in carreggiata e sta valutando la chiusura definitiva dell’attività, più di terzo del campione ha fatto richiesta al finanziamento fino a 25mila euro, previsto dal Decreto, mentre gran parte  del campione ha richiesto la moratoria su mutui e finanziamenti in corso.

 

“I danni della pandemia sulle micro e piccole imprese artigiane sono incalcolabili, – commenta Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – Una discreta fetta dei nostri associati ha provato a chiedere il prestito di 25mila euro a garanzia statale, che doveva essere erogato in 48-72 ore. In realtà i nostri artigiani si ritrovano a doversi misurare con vincoli burocratici e lungaggini che rallentano la concessione del credito e devono attendere fino ad un mese di tempo.

“Da un punto di vista burocratico funziona così – spiega De Santis – occorre esibire il bilancio del 2018 e quello provvisorio del 2019, sotto forma di stato patrimoniale e conto economico, si obbliga a produrre anche altri documenti per istruire una pratica da firmare e timbrare, quindi si invia al medio credito centrale che nella emergenza attuale si riunisce solo 2 volte alla settimana ( a differenza delle due riunioni mensili) Poi si redige un verbale di approvazione che viene inviato alla banca con il successivo sblocco dei soldi da parte dello Stato.

La banca quindi chiama il beneficiario del credito per firmare un contratto, segue l’erogazione. Tutta questa trafila si svolge in un mese circa. Questo meccanismo di erogazione dovrebbe essere veloce e immediato, quasi automatico, soprattutto per il finanziamento a 25000 euro garantito al 100 % dallo stato e per il quale dovrebbe esserci per decreto un automatismo. Le nostre imprese sono allo stremo. Se vogliamo ripartire, dobbiamo sostenerle, ma la velocità è fondamentale. Diversamente, non ci rimane che contare le imprese sopravvissute alla pandemia”.

 

E ancora una volta l’ostacolo più importante per la sopravvivenza delle imprese è la burocrazia che, allunga i tempi, scoraggia i Piccoli dal farsi avanti e complica il percorso di avvicinamento alla fase 2.

 

“C’è il reale rischio che, nella fase 2, le nostre imprese non abbiano le risorse per rialzare le serrande – continua De Santis – e per affrontare tutte le indicazioni sanitarie per contrastare la diffusione del virus”.

Insomma, le Banche in queste operazioni non si sentono sufficientemente tutelate e chiedono che si eviti il ribaltamento di responsabilità su di loro nel caso in cui le misure offerte alle imprese non sortissero gli effetti sperati e le aziende cadessero in stato di insolvenza con possibili conseguenze di procedure fallimentari.

 

Confartigianato Torino sottolinea, inoltre, come l’ottenimento del credito a garanzia statale potrebbe anche essere un meccanismo non virtuoso in quanto costituisce un debito, un onere, seppur a interessi bassi e vantaggiosi rispetto ad un normale finanziamento. La proposta di Confartigianato Torino consiste quindi di erogare una parte a fondo perduto, così come viene fatto in altri stati dell’Unione (Germania e Inghilterra).

 

Confartigianato Torino plaude all’iniziativa del Prefetto Claudio Palomba di aprire un tavolo con Abi e Istituti di credito per favorire l’accesso al credito.

 

“All’interno di Confartigianato Torino – conclude De Santis – è attivo un servizio in grado di supportare le imprese nella corsa burocratica ai prestiti, nel semplificare e superare gli innumerevoli cavilli normativi e agevolare le imprese nei percorsi utili all’ottenimento delle agevolazioni contenute nel Decreto Liquidità”.




Allarme moda per le 1.621 imprese artigiane di tessile, abbigliamento e pelle

Le 1.621 imprese artigiane del comparto moda (tessile, abbigliamento, pelle) del Piemonte con 5579 addetti (a Torino sono 627 con 1753 addetti), risultano tra quelle che stanno subendo il peggior impatto dall’emergenza sanitaria: sono state le prime a dover chiudere le saracinesche per la pandemia e hanno visto azzerare il fatturato per la stagione in corso.

Il 30% rischia di non poter più riaprire il 4 maggio, la percentuale sale al 50% qualora il lockdown dovesse proseguire oltre quella data.

 

Una forza, quella dell’artigianato italiano della moda, costituita da 35.914 piccole imprese, il 63,5% delle 55.491 realtà del settore, e che occupa più di 158mila addetti artigiani su oltre 311mila.

Le imprese artigiane del settore moda sono prevalentemente a conduzione familiare e sono a rischio estinzione: una intera filiera artigianale della moda può essere spazzata via dopo l’estate, un importante “mondo” che nasce nei laboratori delle piccole imprese del territorio, che ha continuato a crescere ed esportare nel resto d’Italia e in ogni angolo del Mondo, non potrà più produrre.

 

Come dimostrano la realtà del nostro territorio, il sistema moda non è solo grandi firme, è anche una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi unici. Da sempre la ricetta vincente è stata quella di presentarsi sul mercato con creatività e qualità soprattutto per contrastare la concorrenza da parte di aziende che utilizzano il brand “artigianale”, quando di fatto si tratta di prodotti importati o realizzati in serie e di lavoratori che operano senza il rispetto delle normative a cui sono invece sottoposti i loro colleghi.

 

“Simbolo del Made in Italy nel mondo, la moda è il fiore all’occhiello della tradizione manifatturiera artigiana del Piemonte e dell’intero Paese – spiega Patrizia Del Zotto, referente area moda di Confartigianato Torino e Presidente del Movimento Donne imprese – tantissime le creazioni sartoriali dal taglio perfetto, le calzature in materiali di alta qualità e gli accessori su misura. Pezzi veramente unici che il mondo ci invidia e non possiamo permettere che vengano spazzate via dalla pandemia. Oggi dobbiamo fare i conti con i mancati incassi per l’azzeramento del fatturato ma non vorremmo dover contare, nella fase post pandemia, il numero delle saracinesche chiuse per cessata attività”.

 

“Esigiamo, quindi, più chiarezza per la modalità di riapertura – prosegue Del Zotto – per poterci organizzare ma al momento non ci sono scadenze precise come invece succede per la Francia e Germania”. “Non chiediamo altro di poter tornare a lavorare e produrre – conclude Del Zotto – per poter mostrare l’eccellenza della sartoria artigiana del nostro territorio a tutto il mondo. Al momento non possiamo che constatare che il bonus di 600 euro non basta neanche per pagare l’affitto delle nostre botteghe, figuriamoci per ripartire”.

 

“I dati sanitari non sono ancora positivi – commenta Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – e la tempesta economica viaggia con un mese e mezzo di ritardo. Nel frattempo, la liquidità di cassa è quasi terminata; il fatturato di marzo e aprile è crollato del 70-80%; la maggior parte degli incassi da clienti tornano indietro o devono essere rinegoziati mentre i fornitori minacciano di sospendere le consegne di materia prima.”

“Quindi, la ‘potenza di fuoco’ annunciata dal premier Conte, – prosegue De Santis – deve tradursi immediatamente in un ‘contributo statale a fondo perduto’, equivalente almeno al 50-60% del mancato fatturato subito dalle aziende a marzo, e che continuerà tra aprile, maggio e giugno. La proposta di pagare tasse e debiti, facendo altri debiti con i finanziamenti a garanzia non è proponibile; un palliativo destinato a mettere in ginocchio molte imprese, quando e se, a settembre si tornerà a pieno regime produttivo.”

 

Diverse decine di imprese, artigiane e Pmi di Torino e del Piemonte, del comparto tessile, alcune associate a Confartigianato Torino, stanno diversificando le produzioni, realizzando soprattutto mascherine, camici, ecc., per rispondere alle esigenze dei cittadini e per poter rimanere a galla e riprendere nella cosiddetta ‘fase 2’ la propria produzione.

 

“In questo contesto – conclude De Santis – le imprese stanno facendo un grande sforzo per aiutare la popolazione a tutelare la salute, consentendo nel contempo alle migliaia di dipendenti di questo comparto di continuare a lavorare, garantendo quindi posti di lavoro. Nel nostro territorio per ora si stanno muovendo soprattutto le imprese tessili: più semplice riconvertire i macchinari e la materia prima che spesso è già in fabbrica. Perché lo sappiamo, trovare nuove mascherine, è diventata un’emergenza nell’emergenza”.

Ed ecco che si moltiplicano le iniziative, anche sulla scia dell’ultimo decreto del governo che rende possibile produrre sul mercato anche mascherine senza marchio Ce.

Un obiettivo importantissimo per Confartigianato sia per dare risposte alle esigenze dei cittadini sia per garantire posti di lavoro e sostenere il tessuto produttivo del territorio che si sta spegnendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Finanziamenti e sospensione mutui, Confartigianato Cuneo: “Meno burocrazia e tempi rapidi”

Da troppo tempo ormai le piccole e medie imprese del nostro territorio stanno vivendo senza certezze sul futuro. Contestualmente all’inizio dell’emergenza sanitaria per molte di loro si sono bloccati i flussi di pagamenti ed è venuta a mancare la liquidità necessaria ad onorare le spese di prima necessità.

C’è bisogno di agire in tempi rapidi per evitare che alla pandemia si aggiunga un default economico. Le misure prese dal Governo sono una boccata d’ossigeno, ma devono uscire dagli enunciati e divenire rapidamente azioni concrete. Il mondo delle PMI è allo stremo, non può più aspettare».

Queste le parole di Luca Crosetto, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo, l’Associazione che in questi giorni con i suoi professionisti sta assistendo le PMI cuneesi a districarsi tra i mille rivoli delle normative per accedere ai finanziamenti previsti.

E ancora una volta ad essere un ostacolo alla sopravvivenza imprenditoriale è la burocrazia, che allunga inevitabilmente i tempi e i modi operativi. Anche in un momento di emergenza epocale, com’è quello che stiamo vivendo, gli imprenditori per accedere al finanziamento fino a 25 mila euro, previsto nel Decreto “Liquidità” a garanzia statale, si ritrovano a doversi confrontare con alcuni vincoli burocratici delle banche che relegano la loro necessità di liquidità immediata, in ranghi temporali più lenti.
Questa volta quindi alla buona volontà del Governo di accelerare sembra porre un freno proprio il mondo bancario.

“Senza uno scudo penale alle banche non sarà automatico concedere prestiti alle imprese, anche se garantiti dallo Stato – hanno spiegato dall’ABI (Associazione Banche Italiane) – Ci sono le norme penali sull’antiriciclaggio ma anche le norme fallimentari che costituiscono ostacoli pesanti all’attività degli istituti di credito”.

Insomma, le Banche in queste operazioni non si sentono sufficientemente tutelate e chiedono che si eviti il ribaltamento di responsabilità su di loro nel caso in cui le misure offerte alle imprese non sortissero gli effetti sperati e le aziende cadessero in stato di insolvenza con possibili conseguenze di procedure fallimentari.

«Probabilmente la misura governativa a causa della fretta presenta qualche lacuna normativa. – sottolinea Crosetto – Ben vengano quindi le osservazioni, ma una volta valutate ed eventualmente inserite, sarebbe opportuno si procedesse spediti verso i risultati concreti. Le imprese sono senza carburante per i loro motori. Abbiamo bisogno che l’economia riparta subito, in caso contrario ne andrà del futuro del nostro Paese. La concorrenza estera si è già fatta sentire in modo pesante, non possiamo più rimanere fermi o perderemo quote di mercato irrecuperabili».

C’è poi altro aspetto poco chiaro, questa volta nel precedente Decreto ministeriale “Cura Italia” riguardante la sospensione delle rate del mutuo sulla prima casa. Nel documento si evidenzia che la misura è consentita ai lavoratori autonomi, ai liberi professionisti e ai titolari di ditte individuali artigiane che dichiarino di aver registrato nel trimestre successivo al 21 febbraio 2020, un calo del proprio fatturato medio giornaliero nel suddetto periodo superiore al 33% del fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre 2019.

Non viene fatta menzione però della possibilità di accesso anche per i soci d’azienda, i quali dovrebbero invece essere equiparati ai titolari. Un’altra lacuna normativa pendente sull’attività bancaria, che in questo caso si ritrova ad operare a propria discrezionalità nei confronti della clientela.

«All’interno di Confartigianato Cuneo – aggiunge ancora Crosetto – è attiva una vera e propria task force di esperti in materia creditizia, in grado di supportare le imprese nei percorsi utili all’ottenimento delle agevolazioni previste dai recenti decreti. I rapporti consolidati tra la nostra Associazione e le banche del territorio fanno sì che ogni criticità o cavillo normativo possa essere superato attraverso un proficuo confronto tra le parti. Invitiamo quindi tutte le imprese in difficoltà a prendere contatti con i nostri uffici per richiedere consulenze ed approfondimenti in merito».




Banda ultra larga, il Piemonte all’11° posto, raggiunti solo il 57% dei cittadini

Dall’11 marzo, a causa del COVID 19, oltre il 60% delle imprese artigiane del Piemonte sono state costrette a sospendere l’attività e azzerare la produzione.

In questo periodo di emergenza sanitaria e di lockdown per le imprese artigiane, è emersa in modo importante l’esigenza di utilizzare le infrastrutture di base, come internet e la connessione alla rete per lo smart working o per l’e-commerce e il marketing.

 Confartigianato Imprese Piemonte ricorda come una fetta ancora limitata di piemontesi possa beneficiare della banda ultra larga, un servizio ormai essenziale. Un recente studio dell’Associazione di Categoria sull’offerta di accesso ad Internet in banda ultra larga, ha rivelato come il Piemonte, con una copertura del 57,6% della popolazione (dato composto da una quota del 24,6% relativa alla velocità 30-100 Mbps e da una quota del 33,0% relativa alla velocità 100-1.000 Mbps), occupi a livello nazionale appena l’undicesimo posto.

A livello provinciale piemontese, le più fortunate sono le famiglie di Torino il cui territorio è coperto al 71,7%. Seguono quelle di Novara (copertura al 56,0%), Vercelli (48,1%), Alessandria (47,9%), Asti (36,8%), Cuneo (34,4%) e Verbano 33,1%.

Sono questi i dati salienti del rapporto su “E-commerce – Acquirenti on line in Piemonte”, analisi condotta dall’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Piemonte, su fonte Istat tra il 2017 e 2018 (ultimo dato disponibile).

Tra le piccole imprese artigiane è ancora bassa la propensione a effettuare vendite mediante il commercio elettronico. Tra le criticità segnalate: un terzo denuncia i costi connessi all’avvio dell’e-commerce superiori ai benefici attesi, pesano poi la logistica (20%), e i problemi dei pagamenti online (9,1%).

“In Piemonte – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Piemonte – vi sono zone che non dispongono di un’adeguata copertura di rete soprattutto alcune zone del cuneese e del verbano non sono raggiunte dalle infrastrutture in banda ultralarga. Un problema molto sentito nelle aree montane ma non solo. C’è tanta retorica sul fatto che questa crisi cambierà la nostra organizzazione del lavoro oltre che le abitudini di vita, spingendoci verso una sempre più marcata digitalizzazione.

Ma la realtà è che questa pandemia, direbbero gli economisti marxisti di un tempo, è marcatamente classista. Sopravviveranno i privilegiati, il ceto urbano che può lavorare da casa con lo smart working, che può ordinare spesa e cibo tramite app di consegna a domicilio, i cui figli seguono le lezioni on line, e che può vendere beni e servizi grazie alla banda ultra larga. Gli altri, i non-privilegiati, il virus non li renderà migliori, semplicemente saranno ancora più esclusi e scompariranno”.

“La vendita on line – continua Felici – potrebbe aiutare le piccole imprese artigiane a superare il drammatico momento del lockdown in attesa della cosiddetta ‘fase 2’ che imporrà una pesante riorganizzazione della propria attività, con relativi costi soprattutto per garantire la sicurezza. Senza contare che ci sarà anche un ridimensionamento del personale. Se invece si dovesse prolungare lo stop delle attività oltre i primi giorni di maggio, quindi continuare a non produrre, perdere i clienti e non incassare, nel prossimo mese non si potrà più pagare gli stipendi ai dipendenti, e molte imprese chiuderanno definitivamente”.




Coronavirus, una task force di Confartigianato Cuneo
 per affiancare le imprese nel “dopo emergenza”

Nel nostro Paese, nonostante il lockdown, c’è una parte significativa del mondo produttivo che la mattina continua ad alzarsi per andare al lavoro. A dirlo è l’Istat, che ha analizzato la situazione alla fine del mese di marzo.

Sono però in prevalenza grandi realtà o servizi privati che afferiscono alla categoria dei lavori cosiddetti “essenziali”. E ciò avviene a prescindere dal fatto che le realtà produttive risultino formalmente chiuse, perché spesso si lavora a ranghi molto ridotti o in modalità smart working. Esiste poi, un’altra soluzione per “tirare avanti”, unita ad una buona dose di versatilità imprenditoriale, quella che spinge tanti imprenditori del comparto alimentare verso il commercio on line e le consegne a domicilio.

C’è infine la realtà più numerosa della nostra economia, quella delle piccole imprese e delle partite IVA, che si ritrova ora inattiva e con gravi problemi di liquidità, ed è assalita da mille incertezze sulla ventilata ripartenza. A queste aziende, eccellenze riconosciute del made in Italy, sta fornendo sostegno e supporti concreti Confartigianato attraverso il suo Sistema confederale e una vera e propria task force di professionalità specifiche, creata appositamente per l’emergenza.

«È indubbiamente uno dei momenti più critici della nostra storia – spiega Luca Crosetto, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo – e per affrontarlo come Associazione abbiamo messo in campo la nostra “artiglieria pesante”: un’azione sindacale forte ed incisiva nel chiedere al Governo misure straordinariamente consistenti e rapide per le nostre imprese e un poderoso paniere di servizi di consulenza per alleggerire le incombenze necessarie all’accesso alle misure di sostegno. In gioco c’è la sopravvivenza di interi comparti produttivi e la strada per uscire dal tunnel dell’emergenza è ancora molto confusa».

Tra le tante perplessità che emergono in questo tempo “sospeso”, senza i consueti rumori del lavoro in progressione, una riguarda le tempistiche di applicazione del decreto “Cura Italia”, varato dal Governo per sostenere imprese e famiglie.

«In questo frangente non servono proclami, ma azioni veloci e concrete. – prosegue il presidente Crosetto – Non si può chiedere alle imprese di adattarsi ai tempi della nostra burocrazia. Confartigianato, proprio per supplire ai ritardi del settore pubblico, in soccorso dei lavoratori del comparto artigiano ha attivato il Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato (FSBA), costituito nel 2014 insieme alle altre Confederazioni degli artigiani e a tutte le maggiori organizzazioni sindacali dei lavoratori, attraverso il quale già entro la prima settimana di aprile è partita la liquidazione delle prestazioni di sostegno al reddito».

«Pur con gli uffici chiusi, – sottolinea ancora Crosetto – il personale di Confartigianato Cuneo, sia nelle sedi provinciale e zonali, sia in formula di smart working, sta continuando ad assistere con la massima professionalità le imprese associate nell’espletamento delle varie incombenze per l’accesso alle agevolazioni. Finora, grazie all’impegno dei nostri funzionari e dipendenti, sono già state evase oltre 3750 pratiche per la richiesta del bonus di 600 euro previsto dal decreto governativo. Inoltre, per quanto riguarda le misure in materia creditizia, oltre all’attività consolidata del nostro Confidi, è pienamente operativa al nostro interno l’Area di Assistenza al Credito e Finanza Agevolata come supporto per ogni esigenza delle imprese.

Mai come adesso, gli imprenditori hanno bisogno di un affiancamento professionalmente qualificato per la richiesta di moratoria dei finanziamenti in corso o per l’applicazione delle altre misure previste dal decreto “Cura Italia”. Essendo l’accesso al credito da sempre un problema per le PMI, abbiamo anche stipulato una convenzione con il Medio Credito Centrale che eroga finanziamenti con garanzia pubblica gratuita, a tutte le imprese, comprese le start-up, senza vincoli di apertura di un nuovo conto corrente bancario».

E attraverso l’utilizzo della tecnologia, Confartigianato Cuneo ha pensato anche a quelle imprese del settore alimentare che, pur chiuse, possono dirottare la loro produttività verso le ordinazioni on line e le eventuali consegne a domicilio. È stato creato sul portale, lanciato dall’Associazione lo scorso anno per promuovere il progetto dei Creatori di Eccellenza, lo spazio web “ScelgoArtigiano”, uno “shop-online” facilmente accessibile all’indirizzo http://creatoridieccellenza.it/scelgo-artigiano.
Attraverso un’interfaccia intuitiva, il consumatore può ricercare gli esercizi sulla base di categoria e parola chiave. Ogni azienda è presente con la sua pagina dove espone tutti i prodotti in vendita.
«Abbiamo ideato per i nostri associati una modalità interattiva agile e innovativa – puntualizza Crosetto – in grado di aiutare tutte le imprese, anche quelle più piccole che non hanno ancora un sito internet o non dispongono di un e-commerce, a raggiungere i propri clienti e vendere i propri prodotti. In tal modo, si è cercato di orientare i nostri artigiani e piccoli imprenditori verso la futura “ripartenza”. Seguendo le nuove disposizioni che regolamentano gli accessi agli esercizi e ai negozi, questo shop online permette di evitare code e assembramenti».

Ci sono poi, le tante imprese artigiane dei cosiddetti “Servizi alla persona”, dall’acconciatura all’estetica, che in questo momento sono in stallo, e per le quali le regole di distanziamento sociale determineranno alla riapertura un mutamento sostanziale nell’operatività. Anche per loro Confartigianato, dopo un confronto costruttivo con i rappresentanti della categoria, sta approntando un facile sistema digitale (app), sul quale i clienti potranno agevolmente prenotare le prestazioni.

«Insomma, – conclude Crosetto – abbiamo iniziato fin da subito a rimboccarci le maniche e a lavorare per dare impulso al nostro sistema economico locale e al nostro territorio e per affrontare insieme il tempo di una nuova ripresa».




Confartigianato Trasporti: Il 60% delle merci trasportabili è sospesa

Le 6.403 imprese artigiane del trasporto del Piemonte insieme agli oltre 15mila addetti rischiano di fermarsi. La categoria, attraverso la prosecuzione dei servizi di trasporto e logistica essenziali come alimentari e farmaceutici, ci ha permesso di evitare il lockdown, ma ora rischia di non poter più andare avanti in quanto la produzione del 60% delle merci trasportabili è sospesa.

I mezzi che le trasportavano sono fermi, le imprese non producono reddito e devono far fronte ai costi di gestione. Gli autotrasportatori che continuano a lavorare, lo fanno con enormi difficoltà tra cui quella di dover viaggiare sottocosto per non poter bilanciare i traffici a causa della mancanza dei viaggi di ritorno.

Una situazione che, in entrambi i casi, sta portando sull’orlo del fallimento le 6.403 imprese artigiane piemontesi dell’autotrasporto che con i loro carichi, continuano a portare sostentamento ed assistenza al Paese.

“Sono settimane che anche le imprese artigiane del Piemonte dell’autotrasporto vivono un periodo di confusione e incertezza – commenta Aldo Caranta, Presidente Confartigianato Piemonte Trasporti – che si è generata a seguito del dilagare dell’emergenza coronavirus e dei conseguenti provvedimenti restrittivi imposti dalle autorità.”

“Ma se andiamo avanti in questo modo siamo costretti a fermarci – prosegue Caranta – perché non riusciamo più a sostenere le spese. Il costo dei pedaggi autostradali, rappresenta un’importante voce dei costi di gestione di una impresa di autotrasporto, dopo il personale e il carburante. I concessionari autostradali dovrebbero aiutarci a superare questo momento di emergenza. Potrebbero, ad esempio, annullare il pagamento dei pedaggi sino al termine della crisi sanitaria. E’necessario inoltre rispettare la norma sui termini di pagamento, per arginare e rimediare al fenomeno dei ritardi dei pagamenti che mettono ko le nostre imprese.”

 

“Le nostre imprese stanno pagando un prezzo altissimo alla crisi – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – e le piccole attività che ancora possono lavorare stanno dimostrando ancora una volta il loro grande senso civico facendo il loro dovere e la loro parte. Abbiamo condiviso la necessità di limitare alle attività essenziali la possibilità di lavorare, consapevoli dell’impatto economico, ma non vogliamo caricare ancora una volta sulle nostre spalle tutti gli oneri che questa situazione comporta. Non vorremmo dover essere i protagonisti principali della emergenza sociale che si sta palesando”.

“E’ giusto tutelare la nostra salute – conclude Felici – ma occorre pensare anche alla galassia di piccole imprese artigiane che non possono svolgere il proprio lavoro “da remoto” e vanno avanti grazie alla propria attività quando non sono obbligati a chiudere per norma o per mercato”.

 

Anche le 6.403 imprese artigiane dell’autotrasporto del Piemonte, hanno a disposizione un nuovo strumento informativo che le aiuterà a orientarsi tra i provvedimenti adottati, quasi quotidianamente, dalle Autorità nell’ambito dell’emergenza Coronavirus.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Imprese artigiane piemontesi, in un mese perdite stimate per 662mln

Dall’11 marzo al 22 marzo a causa del COVID 19, ben 68.751 le imprese artigiane del Piemonte sono state costrette a sospendere l’attività (pari al 59,6% del totale); il conto sale a 72.068 se si considerano anche le attività per le quali è prevista la possibilità di fare consegne a domicilio.

 

La stima della perdita di fatturato che le imprese artigiane piemontesi subiranno in questo mese di chiusura a causa del Coronavirus (dal 12 marzo al 13 aprile 2020), ammonta almeno a 662 milioni di euro.

 

La stima è stata costruita a partire dal fatturato di ciascun settore ATECO, calcolando la perdita sulla base dei giorni di chiusura di ciascuna attività a partire dal 12 marzo fino al 13 aprile 2020. I dati sono forniti dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre.

 

I comparti più colpiti sono anche quelli più rappresentativi di tutto il settore: le costruzioni, la manifattura (metalmeccanici, legno, chimica, plastica, tessile-abbigliamento, calzature, etc.) i servizi alla persona (acconciatori, estetiste, calzolai, etc.), la pasticceria ecc.

 

“La pandemia si sta portando via quello che resta delle micro imprese artigiane, già duramente provate da un decennio di crisi – dichiara Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – le pasticcerie e cioccolaterie artigianali hanno dovuto tenere chiusa la saracinesca proprio in uno dei periodi dell’anno più propizio. L’edilizia, che rappresenta numericamente il comparto più importante delle imprese artigiane, non può lavorare perché non è in grado di garantire gli standard previsti per la sicurezza, le imprese del benessere sono state tra le prime ad essere penalizzate, a fronte di un esercito di abusivi che, invece, lavora indisturbato ecc. Gli incassi sono azzerati, gli affitti delle botteghe e dei capannoni vanno comunque pagati, e la conseguenza di queste chiusure forzate è verosimile che comporterà entro quest’anno, la chiusura di tante imprese artigiane”.

 

Una situazione, quella che sta vivendo l’artigianato in queste settimane, molto difficile e che si sovrappone ad un quadro generale altrettanto pesante che negli ultimi 10 anni ha visto crollare il numero delle imprese presenti in questo settore. Tra il 2009 e il 2019, infatti, le aziende artigiane che in Piemonte hanno chiuso definitivamente sono state 20.673, pari al -15,2 %. Se nel 2009 lo stock era pari a 136.015, al 31 dicembre dell’anno scorso il numero è sceso a 115.342.

 

A fronte delle difficoltà che certamente si intensificheranno nei prossimi mesi, c’è un elenco di vecchi mestieri artigiani che, già in forte agonia, rischiano di scomparire definitivamente, o professioni che sono in via di estinzione a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche in atto, come l’arrotino, il barbiere, il calzolaio, il canestraio, il ceraio, il cordaio, il vetraio ma anche il fotografo, il legatore, il guantaio, il materassaio, il mugnaio, l’ombrellaio, il sellaio ecc.

 

“La città di Torino sta perdendo lentamente i vecchi mestieri, che rischiano l’estinzione – continua  De Santis – tutto questo incide non solo sull’aspetto economico ma anche su quello sociale, perché in questo modo si interrompe la trasmissione di quel patrimonio di saperi e competenze che vengono irrimediabilmente perdute”.

 

“La chiusura di ogni singola bottega – prosegue De Santis – incide anche a livello sociale, perché ogni impresa, con la sola presenza, svolge il preziosissimo compito di presidiare il territorio assicurando, ai cittadini, una forma di sicurezza. Dove non ci sono botteghe, dove non c’è artigianato e commercio, ecco che potrebbe aprirsi la via al degrado e al malaffare”.

 

“Dobbiamo essere tempestivi e concreti per evitare che dall’emergenza sanitaria si passi a un’emergenza sociale – commenta De Santis – e il Piano Straordinario per la Liquidità delle Imprese, dell’ingente erogazione di credito, con la garanzia dello Stato, varata dal Decreto del Presidente del Consiglio, va nella direzione giusta per consentire la ripresa. Non va bene però che le imprese che avranno necessità di accedere a importi superiori a 25 mila euro, debbano fare in banca la trafila degli ordinari esami di sostenibilità economico finanziaria e di verifica andamentale. Cosa c’è di ordinario e normale in questi giorni, in queste settimane? “

“Dobbiamo essere messi nelle condizioni, in maniera semplice e diretta, di poter garantire il posto di lavoro ai nostri collaboratori e sostenere le nostre famiglie – conclude De Santis – Finita l’emergenza sanitaria non vorremmo assistere ad episodi estremi, come quello dei sucidi di imprenditori che non avevano retto le conseguenze della crisi durata per un decennio”.

 

 

 

 

 




DPCM. Crosetto (Confartigianato Cuneo): “Rispettare i tempi di applicazione”

La “potenza di fuoco” così definita dal presidente del consiglio Conte – commenta Luca Crosetto, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo – avrà un positivo significato solo se si rispetteranno i tempi rapidi di applicazione e verranno snelliti al massimo tutte quelle procedure burocratiche che da sempre complicano la vita dei nostri imprenditori.

Confartigianato chiede quindi che alle parole seguano velocemente i fatti, aspetto sul quale il nostro Paese finirà è stato decisamente carente. Se guardiamo all’estero, sono state messe in campo misure economiche straordinarie, subito approvate e rese utilizzabili in tempo reale.

Così deve avvenire anche sul nostro territorio. Sono troppe le Pmi in sofferenza a causa dell’emergenza sanitaria, è necessario intervenire immediatamente agendo anche su un concreto snellimento delle procedure per ottenere i finanziamenti utili alla ripresa della produzione».




Crolla l’artigianato, in Piemonte 662mln persi in un solo mese

Almeno 7 miliardi di euro. A tanto ammonta la stima della perdita di fatturato che a livello nazionale le imprese artigiane subiranno in questo mese di chiusura a causa del Coronavirus (dal 12 marzo al 13 aprile 2020). A fare i conti è stato l’Ufficio studi della CGIA.

I comparti più colpiti sono anche quelli più rappresentativi di tutto il settore: le costruzioni, ad esempio, vedranno una flessione del fatturato di 3,2 miliardi (edili, dipintori, finitori di edifici, etc.) la manifattura di 2,8 miliardi (metalmeccanici, legno, chimica, plastica, tessile-abbigliamento, calzature, etc.) e i servizi alla persona di 650

1 milioni di euro (acconciatori, estetiste, calzolai, etc.) .

“L’artigianato rischia di estinguersi, o quasi, in particolar modo nelle piccole città e nei paesi di periferia, molte attività – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – a fronte dell’azzeramento degli incassi, degli affitti insostenibili e di una pressione fiscale eccessiva, non reggeranno il colpo e saranno costrette a chiudere. Se la situazione non migliorerà entro la fine del prossimo mese di maggio, è verosimile che entro quest’anno il numero complessivo delle aziende artigiane scenderà di almeno 300 mila unità: vale a dire

1 La stima della perdita di fatturato è stata costruita a partire dal fatturato di ciascun settore ATECO, calcolando la perdita di fatturato sulla base dei giorni di chiusura di ciascuna attività a partire dal 12 marzo fino al 13 aprile 2020 che il 25 per cento delle imprese artigiane presenti in Italia chiuderà i battenti”.

Una situazione, quella che sta vivendo l’artigianato in queste settimane, molto difficile che si sovrappone ad un quadro generale altrettanto pesante che negli ultimi 10 anni ha visto crollare il numero delle imprese presenti in questo settore. Tra il 2009 e il 2019, infatti, le aziende artigiane che hanno chiuso definitivamente sono state poco meno di 180 mila (per la precisione 178.664), pari al -12,2 per cento. Se nel 2009 lo stock era pari a 1.465.949, al 31 dicembre dell’anno scorso il numero è sceso a 1.287.285. La regione che ha subito la flessione più elevata è stata la Sardegna (-19 per cento).

“Quasi il 60 per cento della contrazione delle imprese artigiane registrata in questi ultimi 10 anni – fa notare il segretario Renato Mason – riguarda attività legate al comparto casa. Edili, lattonieri, posatori, dipintori, elettricisti, idraulici, etc. hanno vissuto anni difficili e molti sono stati costretti a gettare la spugna. La crisi del settore e la caduta verticale dei consumi delle famiglie sono stati letali. Certo, molte altre professioni artigiane, soprattutto legate al mondo del design, del web, della comunicazione, si stanno imponendo. Purtroppo, le profonde trasformazioni in atto e la drammatica crisi che vivremo nei prossimi mesi cancelleranno molti mestieri che hanno caratterizzato la storia dell’artigianato e la vita di molti quartieri e città”.

Vecchi mestieri in via di estinzione

A fronte delle difficoltà che certamente si intensificheranno nei prossimi mesi, la CGIA ha elencato 25 vecchi mestieri artigiani che, già in forte agonia, rischiano di scomparire definitivamente dalle nostre città e dai paesi di campagna, o professioni che sono in via di estinzione a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche in atto. Essi sono:

          • Arrotino (molatore o affilatore di lame);
          • Barbiere (addetto al taglio dei capelli su uomo e alla rasatura della barba);
          • Calzolaio (riparatore di suole, tacchi, borse e cinture);
          • Casaro (addetto alla lavorazione, preparazione e conservazione dei latticini);
          • Canestraio (produttore di canestri, ceste, panieri, etc.)
          • Castrino (figura artigianale tipica del mondo mezzadrile con il compito di castrare gli animali;
          • Ceraio (produttore di torce, lumini e candele con l’uso della cera);
          • Cocciaio (produttore di piatti, ciotole e vasi);
          • Cordaio (fabbricante di corde, funi e spaghi);
          • Corniciaio;
          • Fotografo;
          • Guantaio (produttore e riparatore di guanti);
          • Legatore (rilegatore di libri);
          • Norcino (addetto alla macellazione del maiale e alla lavorazione delle carni);
          • Materassaio (colui che confeziona o rinnova materassi, trapunte, cuscini, etc.);
          • Mugnaio (macinatore di grano e granaglie);
          • Maniscalco (addetto alla ferratura dei cavalli, degli asini e dei muli);
          • Ombrellaio (riparatore/rattoppatore di ombrelli rotti);
          • Ricamatrice (decoratrice del tessuto con motivi ornamentali);  Sarto/a (colui o colei che confeziona abiti maschili o femminili);
          • Selciatore (addetto alla posa in opera di cubetti di porfido);
          • Sellaio (produttore di selle per animali);
          • Scopettaio (produttore di spazzole e scope);
          • Scalpellino (colui che sgrossa e lavora la pietra o il marmo con lo scalpello);
          • Seggiolaio (produttore o riparatore di seggiole impagliate).

Il COVID 19 ha costretto alla chiusura 6 artigiani su 10. Tornando alle chiusure imposte dalla legge in queste ultime 2 settimane a causa del COVID 19, sono 752.897 le imprese artigiane che sono state costrette a sospendere l’attività (pari al 58,5 per cento del totale); il conto sale a 799.462 se si considerano anche le attività per le quali è prevista la possibilità di fare solo somministrazione per asporto. A livello regionale si sono registrate punte del 65,6 per cento in Toscana, del 63,9 per cento in Valle d’Aosta e del 61,1 per cento in Umbria. Le realtà meno interessate dalla chiusura sono state la Basilicata (52,9 per cento), la Calabria (52,5 per cento) e infine la Sicilia (48,9 per cento).

Al Sud gli artigiani sono sempre meno

A livello territoriale è il Mezzogiorno la macro area dove la caduta è stata maggiore. Tra il 2009 e il 2019 in Sardegna la diminuzione del numero di imprese artigiane attive è stata del 19 per cento (-8.092). Seguono l’Abruzzo con una contrazione del 18,8 per cento (-6.788),

l’Umbria, che comunque è riconducibile alla ripartizione geografica del Centro, con – 16,2 per cento (-3.945), il Molise con il 16,1 per cento (-1.230) e la Sicilia con il -15,9 per cento, che ha perso 13.486 attività.

La stima della perdita del fatturato è stata costruita a partire dal fatturato di ciascun settore ATECO, calcolando la perdita di fatturato sulla base dei giorni di chiusura di ciascuna attività a partire dal 12 marzo 2020 e sino al 13 aprile 2020.

Si fa presente che:

– nelle stime sono stati utilizzati dei criteri prudenziali applicando, laddove le informazioni non erano disponibili per specifico comparto ATECO, il minimo dei valori tra i codici ATECO simili a quella attività;

– le perdite di fatturato stimate riguardano solamente le attività artigiane chiuse e quindi non tengono conto degli effetti/contrazioni subiti dalle attività aperte fino al 13 aprile 2020 (è palese che anche queste attività aperte subiranno infatti dei cali).

Pertanto le stime di perdita di fatturato artigiano (pari a 7,3 miliardi di euro) sono da intendersi di minima; ad esempio, ipotizzando che le attività aperte abbiano subito un calo del 30% nel mese di riferimento, la perdita di fatturato artigiano in Italia sfiorerebbe i 10 miliardi di euro.

Le imprese più colpite sono state ovviamente le categorie artigiane più rilevanti ovvero le costruzioni (3,2 miliardi di euro), la manifattura (2,8 miliardi di euro) e i servizi alla persona (650 milioni di euro).