Stop impianti sciistici, Regione Piemonte: “Il premier Draghi dimostri che la musica è cambiata”

La Giunta regionale del Piemonte si è riunita questa mattina in seduta straordinaria per affrontare il tema della mancata ripartenza dell’attività degli impianti di sci, decisa ieri sera dal Governo a meno di 12 ore dall’apertura delle stazioni sciistiche.

Presenti in videocollegamento anche Giampiero Orleoni e Nicola Bosticco, presidente e vicepresidente di Arpiet, l’associazione che rappresenta i gestori degli impianti di risalita piemontesi.

In giornata la Regione scriverà al Governo per risollecitare l’attivazione immediata dei ristori che gli operatori del settore attendono da mesi (parametrati sul modello francese, che prevede un ristoro di circa il 50% dei ricavi annuali), ma anche un ulteriore indennizzo per le cinque false partenze subite dal comparto fin dall’avvio della stagione invernale (la prima per il ponte dell’Immacolata, poi ancora il 20 dicembre, il 7 e 18 gennaio e adesso il 15 febbraio), che hanno causato un aumento dei costi fissi del 20%.

Nel pomeriggio l’assessore agli Affari Legali Maurizio Marrone verificherà con l’avvocatura della Regione la possibilità di costituirsi parte civile, al fianco dei gestori degli impianti, per chiedere indennizzi proporzionati alla quantificazione dei danni, mentre gli assessori allo Sport Fabrizio Ricca e al Turismo e Commercio Vittoria Poggio incontreranno il neo-ministro del Turismo Massimo Garavaglia.

Stamattina invece il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, insieme al vicepresidente e assessore alla Montagna Fabio Carosso, si è confrontato con il ministro agli Affari regionali Mariastella Gelmini per chiedere una immediata convocazione delle Regioni che hanno nel sistema invernale uno dei comparti economici strategici per il proprio territorio. Un settore che dà da vivere a migliaia di famiglie e che oggi rischia il collasso. Sempre in giornata, il presidente Cirio trasmetterà anche al presidente del Consiglio Draghi una memoria con le istanze urgenti che la Regione chiede al governo per sostenere il sistema della neve.

“La Regione Piemonte ha previsto di stanziare immediatamente 5,3 milioni di euro come ristori per gli impianti sciistici nuovamente penalizzati da una politica di chiusura intempestiva e annunciata con nessun anticipo – sottolineano il presidente Cirio e l’assessore Ricca -. Una dinamica, questa, che ha reso impossibile una politica di pianificazione delle aperture per la stagione sciistica e ha causato ulteriori danni a quelli già ingenti che la pandemia ha provocato anche a questo comparto. La Giunta delibererà venerdì queste risorse che sappiamo non essere sufficienti, ma che sono un modo immediato per dare ossigeno a un settore che per il Piemonte è strategico. Ci aspettiamo che Roma si attivi subito per fare la sua parte. Draghi dimostri che la musica è cambiata e che il nuovo governo conosce e capisce i problemi della vita reale, come primo atto avvi immediatamente i ristori per lo sci”.




Fauna selvatica, Asti Agricoltura incontra la Prefettura di Asti

Proposte per arginare il problema derivante dalla fauna selvatica: è stato questo il tema dell’incontro che si è svolto mercoledì mattina presso la Prefettura di Asti, dove una delegazione di Asti Agricoltura si è recata per discutere dello spinoso problema che sta affliggendo il territorio astigiano.

Il rappresentante di Asti Agricoltura Roberto Bocchino e il tecnico specialista Enrico Masenga sono stati accolti da Barbara Buffa, Dirigente Area Ordine e Sicurezza Pubblica e Tutela della Legalità Territoriale e dal Capo di Gabinetto del Prefetto, Lara Maria Quattrone, alle quali hanno esposto le varie problematiche legate al comparto agricolo sollevate dalle proprie aziende associate che continuano a subire ingenti danni da parte di animali selvatici, in primis i cinghiali.

I due delegati di Asti Agricoltura hanno manifestato forte preoccupazione per la pericolosa presenza di ungulati che nel corso dell’ultimo anno ha subito un forte incremento causato anche dalla pandemia da Covid-19. La sospensione dell’attività venatoria – una delle misure restrittive volute dal Governo durante il primo lock-down – ha rallentato il controllo su queste specie.

Se originariamente il problema era concentrato quasi esclusivamente all’interno delle zone boschive, negli ultimi anni i cinghiali sono stati avvistati anche nelle aree di pianura, dove hanno distrutto gran parte dei raccolto”, afferma Masenga. “Oltre a questo si è scoperto che i cinghiali potrebbero trasmettere alcune malattie sia ai bovini che ai suini”.
Asti Agricoltura, che invoca adeguati indennizzi per i danni diretti e indiretti subiti dalle aziende agricole, auspicando una semplificazione delle procedure per la valutazione dei danni e del conseguente tempestivo ristoro, ritiene comunque opportuno cercare di risolvere il problema alla radice”, afferma Bocchino.

Asti Agricoltura, in difesa delle proprie aziende associate e di tutto il comparto agricolo – dichiarano all’unisono il presidente e il direttore di Asti Agricoltura Gabriele Baldi e Mariagrazia Baravallechiede interventi concreti e immediati, finalizzati ad arginare questo problema, per salvaguardare il settore primario – i cui frutti vanno a beneficio di tutta la collettività – e gli agricoltori, veri e propri custodi del territorio”.




Giustizia: al via la richiesta di sei referendum abrogativi

A maggioranza assoluta e a scrutinio segreto il Consiglio regionale ha approvato nella seduta odierna sei proposte di deliberazione per presentare la richiesta di altrettanti referendum abrogativi sui temi della giustizia.

I documenti, illustrati in Aula dal primo firmatario Alberto Preioni(Lega) riguardano, in particolare, i seguenti temi: legge Severino, abusi sulla custodia cautelare, separazione della carriera dei magistrati, valutazione dei magistrati, responsabilità diretta dei magistrati e riforma del Consiglio superiore della Magistratura.

L’Assemblea ha poi designato il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia e il capogruppo della Lega Preioni quali delegati per il deposito delle richieste in Cassazione.

La richiesta di referendum da parte dell’Assemblea regionale si basa sull’articolo 75 della Costituzione e – in particolare – sulla possibilità che cinque Consigli regionali possano richiedere l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge. Con il Piemonte, hanno approvato la richiesta di referendum abrogativo anche i Consigli regionali di Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Sicilia.

Nel corso del dibattito generale sono intervenuti i consiglieri Alberto Avetta e Diego Sarno (Pd) per sottolineare che i temi riguardanti la riforma della giustizia sono estremamente delicati e meriterebbero di essere affrontati dal Parlamento.

Queste, in estrema sintesi, le richieste: abolire la legge Severino per garantire maggiori tutele per sindaci e amministratori e restituire ai giudici la facoltà di decidere se applicarne o meno l’interdizione dai pubblici uffici; limitare gli abusi della custodia cautelare nell’ottica di un equo processo; separare la carriera dei magistrati, che a inizio carriera dovranno scegliere la funzione giudicante o requirente; equa valutazione dei magistrati, che non possono essere controllati solo da altri magistrati; responsabilità diretta dei magistrati, introducendo la possibilità di poterli chiamare direttamente in causa per scongiurare abusi, azioni dolose o gravi negligenze; riformare il Consiglio superiore della Magistratura per permettere a chi intenda candidarsi di farlo anche autonomamente e non necessariamente all’interno di una corrente.

Con 23 voti contrari e 20 favorevoli, a scrutinio segreto, l’Assemblea ha invece bocciato la proposta di deliberazione a prima firma Marco Grimaldi (Luv) sulla richiesta di referendum per l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente).
La votazione è arrivata al termine di una lunga discussione cui hanno preso parte molti consiglieri di maggioranza e opposizione, che hanno espresso le posizioni dei gruppi ma anche personali rispetto ad un tema etico fortemente dibattuto come è l’eutanasia.




Marsiaj: “Con il folle rincaro dell’energia elettrica e del gas, il rischio è un nuovo lockdown”

“Questo potrebbe essere l’inverno più freddo da molti anni a questa parte. L’aumento folle dei costi dell’energia elettrica e del gas rischia di bloccare molte delle nostre fabbriche, mentre l’industria è in grande ripresa con ordini ed export che stanno tornando ai livelli pre pandemici.

Già nel secondo semestre del 2021 ci sono stati forti rincari. Adesso molti imprenditori potrebbero essere addirittura obbligati a fermare gli impianti e tener chiuse le fabbriche per non subire perdite disastrose a causa di bollette che lieviteranno nel 2022 rispetto al 2021 del 320% per il gas e del 150% per l’energia elettrica, secondo le previsioni del Consorzio Unionenergia dell’Unione Industriali di Torino. Un costo insostenibile per le imprese, già in difficoltà per il rialzo dei prezzi delle materie prime.

Sarebbe un nuovo lockdown, ma dovuto a speculazioni e a fattori geopolitici, come il blocco del nuovo gasdotto Nord Stream 2. È urgente, quindi, che il Governo intervenga potenziando gli aiuti concreti già inseriti nella Finanziaria, altrimenti l’impatto sulla nostra economia e sulla tenuta sociale dell’intero Paese e del nostro territorio sarebbe disastroso”.




28 milioni di italiani partiranno entro la fine dell’estate

Su una scala da 0 a 100, il tour operator italiano specializzato in vacanze di gruppo Vamonos-Vacanze ha calcolato l’indice di propensione al viaggio dell’estate 2022 degli italiani.

Il risultato è di 81 punti, un coefficiente elevatissimo che porta la propensione al viaggio dei nostri connazionali a valori maggiori anche rispetto ai livelli pre-pandemici.

«Nella fascia di età compresa tra i 16 ed i 76 anni il tutto si traduce in 28 milioni di italiani che partiranno entro la fine dell’estate» mettono in evidenza gli analisti di Vamonos-Vacanze, che hanno anche calcolato la spesa media di quest’anno: «1.480 euro per le vacanze di 7 giorni o più, 620 euro per i break di durata dai 3 ai 6 giorni e 300 euro per chi si concederà al massimo 2 notti fuori».

Il fenomeno “nuovo” è il ritorno alla preferenza per l’albergo: mentre l’anno scorso oltre un terzo degli italiani optava per l’affitto di una casa dove trascorrere le vacanze e solo un quarto preferiva l’albergo, oggi le percentuali si sono invertite.

«Sei italiani su 10 andranno una struttura alberghiera e solo uno su 5 preferirà affittare una casa o un appartamento. Insomma è finito il timore pandemico di trascorrere troppo tempo in un contesto frequentato da persone che non si conoscono a beneficio di una scelta che comporta maggiori servizi e comfort» dicono gli analisti di Vamonos-Vacanze

Nel ranking delle preferenze di vacanza —come è tradizione— il mare si colloca poi al primo posto, seguito dalla montagna e dalle esperienze culturali in città e luoghi d’arte, includendo però anche i piccoli borghi.

«In aumento il raggio degli spostamenti, seppure 8 italiani su 10 sceglieranno mete nazionali —nel 70% dei casi al di fuori della propria regione di residenza— mentre “solo” 2 italiani su 10 viaggeranno all’estero —nel 75% dei casi rimanendo in Europa—» sottolinea Emma Lenoci, fondatrice di Vamonos-Vacanze.

La grande voglia di viaggiare, che Vamonos-Vacanze ha definito «revenge travel», sottende una domanda repressa a causa ben 2 anni —o quasi— di lockdown e di altre misure ristrettivi. Già negli scorsi mesi, allentate e poi finalmente rimosse le misure sanitarie di sicurezza, migliaia di turisti sono arrivati nel Bel Paese.

«Ci aspettiamo una decisa crescita sia del fatturato sia delle presenze e per molte destinazioni stiamo già triplicando i nostri risultati medi. Dobbiamo però fronteggiare ora il peso dell’instabilità geopolitica e l’incremento dei costi energetici, senza volere aumentare i costi per i viaggiatori. E tutto ciò incide pesantemente sulla marginalità» spiega il tour operator.

La formula Vamonos-Vacanze continua ad essere comunque vincente, grazie alla esperienzialità delle proposte ed alla qualità delle strutture. Ma ci vorrà tempo per recuperare la stabilità pre-Covid e recuperare utili.

«Servirebbero maggiori incentivi agli investimenti che mettano più al centro il turismo, che invece è ancora troppo al margine anche con il PNRR» conclude Emma Lenoci.

Le offerte più vantaggiose? Ecco i «last minute» di Vamonos-Vacanze: a partire dai 1.099 euro si può villeggiare per 7 notti nella splendida struttura di Pugnochiuso in Puglia (dal 6 al 13 agosto) oppure navigare in barca a vela in Sardegna, sempre per 7 notti (dal 6 al 13 agosto). Leggermente maggiore (1.699 euro) è invece il presso dell’opzione per la Grecia (last minute dal 7 al 14 agosto), ma optando per una crociera MSC in Grecia, Mykonos e Croazia il prezzo scende a 999 euro (last minute per il periodo 7-14 agosto).

Poi ancora —tra le offerte più vantaggiose— anche il Ferragosto in Sicilia (a Cefalù) dal 12 al 19 agosto a 1.299 euro o in Sardegna (a Santa Teresa di Gallura dal 12 al 19 agosto a 1.399 euro. Mentre Ibiza sale a 1.699 euro (con last minute dal 13 al 20 agosto).




UI Torino Ampliare e semplificare l’Art Bonus per sostenere l’investimento delle imprese nella cultura

Si è tenuto oggi presso il Centro Congressi dell’Unione Industriali Torino, il IX Workshop della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, associazione di 40 aziende, fondata nel 1987 e presieduta da Giorgio Marsiaj, che guida al contempo l’Unione Industriali.

Intitolato “L’Investimento in Cultura: asset identitario delle Imprese di qualità. La cultura d’impresa e la responsabilità sociale”, l’incontro ha sviluppato il tema attraverso gli interventi di primari esponenti di istituzioni e imprese accomunate e unite dall’impegno e dall’investimento nel comparto culturale.

Come ha evidenziato il presidente Giorgio Marsiaj “noi soci della Consulta siamo imprenditori, creiamo lavoro e crediamo nella cultura quale leva economica e inclusiva, che aumenta l’attrattività del territorio e genera benessere per la comunità dove le nostre aziende sono radicate ed operano. Investire in cultura significa investire nel bene comune, creare valore per chi riceve l’effetto dell’investimento e al contempo per chi investe. Una scelta produttiva e competitiva che va oltre le logiche del mecenatismo etico e si nutre di rispetto e amore per il proprio territorio e per il futuro del nostro Paese”.

Con questo spirito è stata pensata e opera la Consulta che ogni anno investe sul territorio piemontese un milione di euro, portando avanti un progetto di lungo termine nell’ottica di un patto fra generazioni: preservare l’eredità culturale per le generazioni future.

“Oggi – ha poi concluso Marsiaj – è sempre più evidente come il sostegno dei privati alla valorizzazione del patrimonio storico artistico sia irrinunciabile e proprio per questo chiediamo alle istituzioni che la preziosa leva fiscale dell’Art Bonus venga semplificata e ampliata”.

Un appello ribadito dal vicepresidente dell’Unione Industriali Torino e presidente Museimpresa, Antonio Calabrò: “Come imprese e come soggetti privati rivendichiamo un miglior uso della leva fiscale: riteniamo pertanto necessaria una diversa, più qualificata e più accorta applicazione dell’art bonus, come asset fondamentale di finanziamento e di attenzione del sistema industriale nei confronti dei beni e delle attività culturali. Perché tutto ciò che facciamo, anche investendo sul rapporto fra il nostro essere competitivi e il nostro ruolo di attori culturali, incide sulla qualità complessiva del sistema Paese. Nel perseguire la fondamentale partnership tra pubblico e privato, l’art bonus deve divenire un vero e proprio bonus cultura che aiuti le imprese a investire nel comparto e a intervenire sul patrimonio pubblico”.




CNA Cinema e audiovisivo Piemonte: grande preoccupazione per il futuro dell’industria cinematografica

Il 3 luglio 2023, CNA Cinema e Audiovisivo ha presentato al Ministero dell’Industria e del Made in Italy e al Ministero della Cultura la propria posizione riguardante la “Consultazione pubblica sullo schema di Decreto legislativo di correzione del Decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 208”.

Già in quell’occasione, CNA aveva espresso il proprio punto di vista sulla definizione di “produttore indipendente” e sul tema delle quote di investimento.

Mattia Puleo, Presidente di CNA Cinema e Audiovisivo Piemonte afferma che: “Questo intervento va a disincentivare gli investimenti di televisioni e piattaforme sul prodotto europeo e in particolar modo italiano, con il rischio di acuire maggiormente la crisi che il settore sta vivendo nel post-covid. Dopo una prima crescita di investimenti sul settore purtroppo stiamo assistendo ad una grave contrazione delle commesse e da un cambio di regolamentazione sul tax credit che sta creando una notevole confusione. Ci auguriamo che il Governo faccia un passo indietro”

In considerazione della riforma del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi (Tusma), attualmente in fase di discussione in Parlamento, CNA Cinema e Audiovisivo piemonte nutre forti preoccupazioni riguardo al futuro dell’industria cinematografica e audiovisiva indipendente italiana. Tale riforma prevede una revisione del sistema delle quote di investimento e di programmazione per film, serie e documentari italiani, imponendo agli emittenti televisivi e alle piattaforme di destinare una parte della loro programmazione alla produzione indipendente italiana. Questo risulta essere in linea con l’eliminazione di norme che avevano lo scopo di correggere le disuguaglianze contrattuali tra produttori indipendenti e grandi emittenti televisive e player globali. Tale scenario comporta il rischio concreto di esporre i produttori italiani a una situazione di vulnerabilità contrattuale, a detrimento della diversità culturale dell’industria italiana.

Il dibattito in atto in Parlamento, così come il parere espresso dal Consiglio di Stato, sembrano propendere per una riduzione delle quote di investimento obbligatorio a favore della produzione indipendente.

In sintonia con l’appello rivolto dallo European Producers Club al Ministro della Cultura e al Parlamento italiano, e al fine di promuovere nuove fonti di produzione, la creazione di piccole e medie imprese e l’offerta di nuove opportunità ai talenti creativi, CNA Cinema e Audiovisivo Piemonte propone che la revisione del Tusma preveda una quota di investimento obbligatorio a favore della produzione indipendente europea e italiana, non inferiore al 20% per i fornitori lineari e non lineari, da aumentare progressivamente al 25% entro due anni. Inoltre, si chiede l’obbligo di investire in opere cinematografiche di origine italiana prodotte da produttori indipendenti (nota come “quota cinema”), seguendo il recente esempio adottato in Germania, e una quota di investimento dedicata alla produzione di opere animate di produttori indipendenti, non inferiore all’1%, così come una quota di investimento dedicata alla produzione di documentari di produttori indipendenti, anch’essa non inferiore all’1%.

È quindi imperativo respingere con fermezza le richieste avanzate dalle piattaforme in Parlamento per una drastica riduzione delle quote di investimento e programmazione, poiché ciò metterebbe seriamente a rischio la produzione indipendente italiana.

È altrettanto cruciale ripristinare l’attuale articolo 57, comma 3, del Tusma, in cui si stabilisce che gli obblighi di investimento devono essere adempiuti attraverso pre-acquisti, acquisti e licenze, escludendo i contratti di appalto o di buyout di tutti i diritti, nonché limitando temporalmente i diritti dei servizi di media audiovisivi a richiedere e acquisire contenuti.

Infine, CNA Cinema e Audiovisivo sottolinea che la regolamentazione volta a garantire condizioni di contrattazione eque tra grandi emittenti televisive e player globali da una parte e produttori indipendenti dall’altra, è essenziale non solo per favorire una crescita strutturata dell’industria culturale italiana, ma anche per preservare il valore dei diritti e della proprietà intellettuale nel paese. Queste regole non solo devono essere mantenute all’interno del Tusma, ma devono anche essere attentamente coordinate con la regolamentazione relativa al tax credit, la cui attuazione può essere ritardata attraverso un decreto interministeriale, al fine di garantire coerenza e semplificazione nel sistema normativo.




CNVV, si è svolto l’incontro “Anticipare il cambiamento: nuova sfida per la competitività delle imprese”

Riconoscere, analizzare e comprendere i cambiamenti della società prima ancora di quelli del mercato, perché li anticipano, adattandovisi più possibile con flessibilità e pragmatismo: è una delle chiavi attraverso cui le aziende possono mantenere la loro competitività senza rischiare di trovarsi impreparate di fronte a contesti operativi sempre più mutevoli e instabili.

L’incontro intitolato “Integrare la sostenibilità nel business: una nuova leva per la competitività” organizzato da Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv) e The European House – Ambrosetti lunedì 17 febbraio 2020 nella delegazione Cnvv di Borgosesia ha dato molti spunti di riflessione e suggerimenti pratici, andando ben oltre le aspettative: guidati da Carlo Cici, Head of Sustainability Practice di The European House – Ambrosetti, imprenditori e manager presenti hanno compreso la necessità di trovare uno spazio, nella propria agenda, per un’analisi accurata, anche attraverso strumenti quantitativi, dei trend che stanno orientando la comunità globale come strumento prodromico per definire ogni strategia di sviluppo aziendale.

«Piuttosto che giudicare i cambiamenti, o addirittura cercare di resistere loro – ha spiegato il relatore – dobbiamo cercare di farvi fronte con lucidità. Con questo atteggiamento va inquadrato il tema della “sostenibilità”, che è a un tempo ambientale, economica e sociale e può diventare una leva decisiva per innescare nelle aziende un processo di miglioramento che tocca vari ambiti: dall’ambiente in senso stretto, alla salute e alla sicurezza sul lavoro, alla mobilità, alla logistica e ai consumi energetici, fino alla comunicazione efficace delle iniziative intraprese».

Argomento sempre più rilevante per le multinazionali e la comunità finanziaria, quello della sostenibilità deve diventare, secondo il relatore, un asse portante anche nelle strategie delle Pmi, con uno sguardo non solo all’interno della propria organizzazione ma a tutta la catena del valore e con indubitabili ricadute positive non solo a livello ambientale ma sulle pratiche di lavoro e di mercato, sui rapporti con i clienti e gli stakeholder, sulla governance e sul territorio di riferimento.

«Da un punto di vista operativo – ha aggiunto Cici – l’integrazione della sostenibilità nel business deve passare attraverso l’attivazione di un vero e proprio “decalogo”, che implica il porsi in una dimensione di trasformazione continua individuando alcuni mega-trend che interessano direttamente la propria azienda e raccogliendo gli indicatori di riferimento e le azioni intraprese dai “leader” a livello globale.

Una volta definiti gli obiettivi da perseguire e le azioni concrete da compiere si deve stimarne l’impatto in modo effettivo e misurabile, per verificare se sia davvero opportuno investire in questa direzione, e poi immaginare i cambiamenti organizzativi necessari per la realizzazione del piano. Non è una sfida da poco, ma ripensare e ridefinire strategie e processi operativi è indispensabile per anticipare il cambiamento e non essere costretti a subirlo».

Nella seconda parte dell’incontro è intervenuto Stefano Brown, Sustainability Manager di Loro Piana Spa, che dopo avere sottolineato l’importanza di una storia aziendale molto solida in termini di valori orientati a responsabilità sociale e sostenibilità, da sempre praticati in forma volontaria e pionieristica, ha illustrato le strategie del gruppo relativamente a otto tematiche: cambiamenti climatici, trasparenza, veganismo e benessere animale, gestione dei rifiuti, inquinamento da plastica, impatto ambientale delle sostanze chimiche, cura delle materie prime e circolarità.




Appello di Confindustria Piemonte: scegliete il territorio, scegliete i nostri prodotti

Viviamo un momento particolarmente delicato. Oggi, a causa dell’emergenza Coronavirus, molti trasformatori e allevatori (in particolare della filiera del latte e della carne) lo fanno in perdita, senza alcun guadagno.

Molti forse vorrebbero poter far leva sugli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione, per sopravvivere. Ma non possono farlo. E perché? Perché hanno un grande senso di responsabilità e del dovere che li obbliga a rimboccarsi le maniche e a continuare a lavorare, questo per dare un futuro a tutta la filiera del nostro agroalimentare, fiore all’occhiello nel mondo.

Agricoltori, trasformatori, distributori: nelle ultime settimane ci siamo riscoperti anelli indispensabili che lavorano concatenati per mandare avanti un comparto che non ha eguali. I consumi sono crollati e tutti i componenti della filiera stanno lavorando in perdita, operando con estrema difficoltà per poter continuare ad assicurare ai consumatori i loro prodotti.

Rivolgo quindi un appello a tutti i consumatori: in questo momento di grave crisi per l’emergenza in atto, scegliete il territorio, scegliete i nostri prodottiAiutate e sostenete la filiera agroalimentare locale preferendo i prodotti delle nostre aziende, per darci la possibilità di andare avanti tutti insieme. Noi continueremo a garantirvi cibi sani, genuini.

Siamo consapevoli di custodire le più preziose eccellenze food & wineche fanno grande il patrimonio agroalimentare della tradizione italiana e noi, per primi, vogliamo salvaguardarle continuando a lavorare. Nonostante tutto, noi ci siamo. Per voi. Insieme ce la faremo.

Franco Biraghi

Presidente Commissione regionale Agroindustria di Confindustria Piemonte




CISL CISL UIL : siglato accordo che semplifica procedure per ottenere anticipo ammortizzatori sociali

Oggi verrà siglato il tanto atteso accordo tra CGIL-CISL-UIL regionali, Regione Piemonte, FinPiemonte e Intesa San Paolo che semplifica e rende più rapide le procedure per ottenere l’anticipo degli ammortizzatori sociali.

Si tratta di una notizia importantissima per migliaia di lavoratori e lavoratrici in attesa di risorse economiche per traguardare il difficile periodo di crisi amplificato dall’emergenza Covid – dichiarano i Segretari di CGIL CISL UIL del Piemonte Claudio Stacchini, Giovanni Baratta, Teresa Cianciotta – Un risultato arrivato però con tempi eccessivamente lunghi. E’ dall’inizio di marzo che il Sindacato chiede alla Regione ed al Sistema Bancario di realizzare un accordo che assicuri l’anticipo dell’integrazione salariale a tutti i lavoratori in tempi rapidi.

Ci sono voluti 2 mesi per raggiungere un accordo anche se solo con una importante banca piemontese. Tutto ciò non può ripetersi – specificano i sindacalisti – e nessuno provi a scaricare la responsabilità sui lavoratori della Regione e dell’INPS che ancora in queste ore, stanno sopperendo alle disfunzioni ed alle lungaggini burocratiche. I ritardi sono figli degli errori di chi aveva il compito di presentare le domande, della complessità della procedura informatica, della cattiva macchina organizzativa della stessa Regione che non si è dimostrata adeguata al volume di domande di Cassa in Deroga,

Un “modello Piemonte” esisteva già, c’erano accordi in vigore con Banca Sella e Intesa SanPaolo per l’anticipo della CIGS – dicono i tre Segretari – e funzionavano bene, ma i tempi troppo lenti con cui si è mossa la Regione e l’indisponibilità dell’ABI a garantire a tutti i lavoratori il diritto alla gratuità ed all’anticipo, anche per chi non era correntista delle Banche aderenti, ha impedito di raggiungere un accordo per tutto il sistema bancario piemontese.

I DETTAGLI DELL’ACCORDO
L’accordo, siglato tra CGIL CISL UIL, Regione Piemonte, FinPiemonte e Intesa San Paolo, semplifica e rende più rapide le procedure per ottenere l’anticipo degli ammortizzatori sociali. Garantisce la gratuità a tutti i correntisti e consente l’apertura di nuovi conti correnti per fruire dell’anticipo anche da parte dei lavoratori che non sono correntisti di Intesa San Paolo. Istituisce il fondo di garanzia regionale e indirizza il credito alle aziende, finalizzato alla salvaguardia dell’occupazione.
Si tratta di “Un atto concreto dopo tanti annunci – affermano ancora Stacchini CGIL, Baratta CISL, Cianciotta UIL – che rappresenta una buona notizia per tutti coloro che aspettano il pagamento della cassa integrazione. Spiace comunque non aver potuto fare un accordo con l’Abi regionale a fronte di una precisa disponibilità della Regione e del Sindacato.

L’auspicio è – concludono i sindacalisti – che altri importanti istituti seguano l’esempio odierno e si possa dare una visione del sistema bancario diversa da quella lenta e complessa di questi mesi, più vicina ai lavoratori e alle imprese.