Cooperative torinesi: fotografia al 1° semestre 2020 e prospettive per il futuro

 Presentati oggi a Palazzo Birago e on line i dati di un’indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino con Legacoop Piemonte e Confcooperative Piemonte Nord, sullo stato di salute delle cooperative torinesi e sugli effetti della crisi sanitaria in questo primo semestre 2020.

“I numeri evidenziano l’impatto significativo della crisi sanitaria sul sistema cooperativo torinese che nel primo semestre dell’anno registra un calo del -3,1%, con un raddoppio delle cessazioni d’attività – spiega Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino. – Dall’indagine qualitativa, tuttavia, si intravede un sistema che resiste: il 41% delle cooperative intervistate dichiara un effetto della crisi minimo e comunque gestibile nel medio periodo. Non solo: il 22% addirittura approfitta del momento per ripensare i prodotti e i servizi offerti e il 47% per investire in innovazione”.

Secondo Dimitri Buzio, Presidente di Legacoop Piemonte: “I dati presentati ci raccontano le difficoltà riscontrate dalle cooperative, soprattutto in alcuni settori come l’edilizia, la ristorazione e la logistica non legata alla grande distribuzione, ma ci restituiscono anche la forte capacità di innovazione e impegno della cooperazione per offrire risposte ai bisogni dei soci e dei lavoratori; l’indagine qualitativa evidenzia infatti che il 70% delle imprese intervistate dichiara di aver attuato piani strategici, in misura significativa per il rilancio della propria impresa, a dimostrazione della continua tutela del lavoro e dell’impegno della cooperazione per il sostegno e lo sviluppo dell’economia del territorio, in un’ottica intergenerazionale che è uno dei capisaldi dell’essere impresa cooperativa”.

Gianni Gallo, Presidente di Confcooperative Piemonte Nord così commenta l’indagine: “I numeri che emergono dall’annuale ricerca della Camera di commercio di Torino danno il segno di una cooperazione che ha saputo immettere grandi energie per affrontare la prima fase della crisi derivante dalla pandemia mondiale, che ancora stiamo vivendo. Tutti si sono attrezzati per dare continuità alle attività in corso: sia chi doveva garantire servizi pubblici essenziali sia chi è stato chiamato a garantire continuità all’occupazione e il reddito ai propri soci. Gli scenari attuali impongono di far convergere tutte le energie disponibili, a partire da quelle interne alle cooperative per arrivare a quelle pubbliche, per attivare un’azione di trasformazione delle attività dell’impresa stessa. Una trasformazione che possa essere coerente con i cambiamenti che si prospettano all’orizzonte imposti dalla pandemia: la digitalizzazione dei processi in primis. Solo i soggetti cooperativi che sapranno configurarsi secondo questo nuovo scenario si potranno candidare a svolgere anche in futuro il ruolo di soggetto emancipatore”.

Dati 2019

A fine 2019 (ultimo dato disponibile) le 1.319 cooperative attive nella città metropolitana di Torino avevano generato una ricchezza economica pari a 2,6 miliardi di euro (valore della produzione) e impiegato nel complesso 46.153 addetti. È il terziario (servizi alle persone e alle imprese) a realizzare quasi il 58% del valore della produzione e a dare lavoro al 91% degli addetti totali.

Le associazioni di categoria del territorio rivestono un ruolo importante per il mondo cooperativo: Legacoop Piemonte e Confcooperative Piemonte Nord raccolgono insieme 636 cooperative associate. Di queste 581 hanno sede legale nella città metropolitana di Torino, realizzano 1,6 miliardi di valore della produzione (il 61% del totale) e impiegano 24.505 addetti (il 53%).

Dati al primo semestre 2020

A fine giugno 2020 sul territorio si contano 1.278 cooperative attive: rispetto a fine 2019 si registra una diminuzione del -3,1%.

Dal 2010 ad oggi si è assistito ad un calo costante della presenza di cooperative nel torinese: se tra il triennio 2015-2017 il numero si era quasi stabilizzato, nell’ultimo biennio si è assistito ad un’erosione più marcata, fino a toccare il valore più basso nel I semestre del 2020.

La crisi sanitaria Covid-19 non ha sicuramente aiutato la ripresa del sistema imprenditoriale torinese e, di conseguenza, delle cooperative.

Dall’analisi delle cessazioni avvenute nei primi sei mesi del 2020, esce con forza la criticità che il mondo cooperativo ha dovuto affrontare: rispetto ai primi sei mesi del 2019, le cessazioni sono raddoppiate (da 303 a 600 unità), con picchi più elevati nel trimestre aprile-giugno 2020.

Rispetto a fine 2019, quindi, i servizi alle imprese – il primo settore per numero di cooperative attive con il 43,2% del totale – registrano anche la flessione più marcata (- 3,7%); seguono i servizi alle persone (il 26,1%; -3,5%) e le costruzioni (9,1%; -3,3%).

Componenti imprenditoriali del sistema cooperativo torinese

Più di un quarto (25,7%) delle cooperative sono imprese femminili, anche se in decrescita rispetto al 2019 del -3,5%: si occupano principalmente di servizi alle persone, settore in cui sono attive il 41,6% delle cooperative in rosa.

Le cooperative straniere rappresentano il 5,7% del totale, ma rispetto a fine 2019 sono diminuite del -2,7%, evidenziando quindi una flessione più contenuta rispetto al mondo cooperativo complessivo. Oltre il 60% è attiva nei servizi orientati alle imprese e, nel 20% dei casi, nelle costruzioni.

Infine, le cooperative attive giovanili sul territorio a fine giugno 2020 pesano per il 4,1% del totale. Il calo della consistenza di questa componente è più marcato e tocca il – 7,1%. Rispetto al 2012 (primo dato disponibile), la presenza delle cooperative giovanili in provincia è più che dimezzata; il lungo processo di erosione è incominciato nell’anno 2014, e ha subito un’accelerazione in particolare nel triennio 2017-2019.

L’indagine: il clima di fiducia e la gestione dell’emergenza Covid-19

Uno specifico approfondimento dell’indagine ha avuto l’obiettivo di valutare le misure adottate nella contingenza del lockdown e nel periodo successivo, e di comprendere se l’emergenza abbia fatto da innesco allo sviluppo di soluzioni e attività innovative. L’indagine è stata somministrata nel mese di luglio 2020: hanno risposto 268 cooperative, il 21% delle attive in provincia di Torino.

Durante l’emergenza sanitaria: Fase 1

Solo il 20% delle cooperative ha interrotto completamente la propria attività (fra le altre imprese la percentuale era superiore al 60%), facendo ricorso all’utilizzo di ammortizzatori sociali ordinari (il 22%) o in deroga (il 42%), di ferie e congedi (il 13%) e al supporto di strumenti finanziari per gestire il periodo di sospensione (il 13%). Invece il 41% delle cooperative ha proseguito nello svolgimento della propria attività – soprattutto nei settori della salute, del sociale e dei servizi.

Fase 2

Nel complesso, fra le cooperative rispondenti all’indagine una buona parte (il 41%) afferma che durante la Fase 2 l’effetto della crisi sia stato minimo, con ricadute pur sempre gestibili nel breve/medio periodo.
Il 13%, invece, ritiene grave l’impatto subito, al punto da mettere in discussione il proseguimento dell’attività (ma questa percentuale saliva al 35% nell’indagine relativa alle altre forme imprenditoriali torinesi).

Sentiment

Intervistate sull’andamento dell’anno in corso a luglio il 73,5% delle cooperative si dichiara moderatamente o molto pessimista, mentre nelle indagini precedenti, i pessimisti, seppur in crescita, si fermavano al 37,7% nel 2018 e al 46,3% nel 2019.

Andamento del fatturato

Se l’anno 2019 si era chiuso per il sistema cooperativo torinese senza grandi variazioni rispetto al 2018, in termini di trend del fatturato e dell’occupazione, il 2020 ha invece ridimensionato le aspettative: per il periodo corrispondente alla Fase 1 dell’emergenza sanitaria, il 77,8% delle cooperative ha rilevato una contrazione del fatturato. Considerando complessivamente i trend del biennio precedente tale percentuale si fermava al 29,4% nel 2018 e al 30,2% nel 2019.

Il futuro

Per il dopo emergenza, il 70% delle cooperative ha dichiarato di aver elaborato o di prevedere l’elaborazione di un piano strategico aziendale volto a rivedere l’attività imprenditoriale. La scelta ha coinvolto maggiormente alcuni settori – fra tutti credito e finanza, cultura e sport, salute e sociale e produzione e lavoro e meno altri, come ad esempio le cooperative agricole.

Particolarmente significativa la presenza di cooperative che hanno sviluppato piani di rilancio (il 33%) – volti quindi a far emergere nuove opportunità a fronte della crisi – mentre è quasi residuale la quota di imprese che hanno mantenuto un approccio difensivo, di riduzione delle dimensioni o di abbandono di alcune attività. È una prospettiva, quella del tessuto di cooperative torinesi, quasi ribaltata rispetto a quanto emerge fra le altre forme imprenditoriali dove la propensione ad attuare strategie di rilancio è risultata contenuta (il 16%).

L’emergenza sanitaria sembra anche esser stata foriera di innovazione. Alla domanda se, a fronte della crisi connessa a Covid-19, le imprese abbiano investito in alcune attività innovative, è emersa una significativa percentuale di risposte affermative, tra cui soprattutto la scelta di migliorare prodotti e servizi esistenti (o svilupparne di nuovi) – innovazione voluta dal 22% delle imprese rispondenti.

Al di là delle esigenze emerse in occasione dell’emergenza sanitaria, la propensione all’innovazione tecnologica è stata indagata anche nel medio periodo: nel triennio 2020 – 2022 il 47% delle cooperative prevede investimenti tecnologici in chiave Impresa 4.0.




Recovery Fund, progetti da 5,1 miliardi per l’Ambiente

Il Piemonte chiede 5,1 miliardi di euro per l’Ambiente, divisi in cinque macro aree: energia, qualità dell’aria e mobilità, acque, rifiuti e bonifiche, semplificazione e servizi ambientali da finanziare con il Recovery Fund.

Oggi pomeriggio l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati ha illustrato, nella prima Commissione presieduta da Carlo Riva Vercellotti, i progetti dell’area ambientale che la Regione Piemonte ha intenzione di presentare al Governo in merito alle richieste italiane sul Recovery Fund.

I progetti, come spiegato dall’assessore, devono essere già cantierabili e riguardare l’intero territorio regionale avendo connessione in ambito nazionale con le linee guida predisposte dal Governo.

L’area della qualità dell’aria e mobilità presenta progetti per circa 2,4 miliardi, compresi nei 5.1 totali.

Sono intervenuti per domande e chiarimenti i consiglieri dei gruppi M5s e Pd, che hanno toccato diversi temi tra i quali l’idrogeno come fonte di energia, le comunità energetiche, la gestione dei rifiuti, lo smaltimento dell’amianto, i sistemi fognari e depurativi.




Università del Piemonte Orientale, Carlo Robiglio entra a far parte dell’Advisory Board di Jeupo

Carlo Robiglio, Vicepresidente di Confindustria e Presidente di Piccola Industria, oltreché Vicepresidente del Cda del Sole 24 Ore, entra a far parte dell’Advisory Board di Jeupo, Junior Enterprise Universitari del Piemonte Orientale Ets.

Jeupo è un’associazione non profit, parte del network nazionale JE Italy e internazionale delle Junior Enterprise. Si propone di fornire servizi di consulenza a imprese, professionisti ed enti territoriali, reinvestendo i ricavi in formazione e nell’organizzazione di eventi di networking, che portino valore ai suoi associati.

Interamente gestita da studenti, Jeupo può contare su risorse provenienti da diversi background, ma accomunate dalla volontà di crescere umanamente e professionalmente attraverso il learning by doing, oltreché di generare un positivo impatto sociale.

Robiglio, laureato in Giurisprudenza alla Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è fondatore, Presidente e Ceo del Gruppo Ebano, holding che opera nella digital economy e nell’editoria, leader di mercato nella formazione a distanza e nell’e-learning. Fanno parte del Gruppo Ebano, tra gli altri, la Bcorp Centro Europeo di Formazione, Interlinea Edizioni e BTrees.

Già Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Piemonte, Presidente di Piccola Industria dell’Associazione Industriali di Novara e Presidente di Piccola Industria del Piemonte, Robiglio è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere e poi di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana.

In “Uno sguardo oltre l’impresa” ha raccolto gli editoriali scritti tra il 2014 e il 2017 per L’Imprenditore, la rivista di Piccola Industria di cui è stato Direttore in quel periodo. La sua ultima pubblicazione è “Doppia Accelerazione”, dove propone e commenta con Alberto Mattiello alcune riflessioni tratte dalla prestigiosa MIT Sloan Management Review.

“Siamo entusiasti di poter contare sul supporto di Carlo Robiglio, che sarà di fondamentale e strategica importanza per la crescita di Jeupo”, afferma Giorgio Cuzzocrea, Vicepresidente di.Jeupo. “Mi auguro di poter fornire all’associazione il contributo di un’esperienza maturata sul campo, sia nell’impegno confederale che in quello specifico che caratterizza la mia vicenda imprenditoriale”, dichiara Carlo Robiglio.

 




Azienda Zero, Consiglio regionale: perplessità e apertura al dialogo

Disponibilità della maggioranza al dialogo consiliare nell’iter per l’istituzione dell’Azienda sanitaria Zero e le perplessità attuali per il provvedimento espresse dalle opposizioni, in modo compatto. Questa, in sintesi, la conclusione della discussione generale sulla proposta di legge 131 per la creazione dell’Azienda Zero, che si è svolta oggi in Quarta, presieduta da Alessandro Stecco.

Nei loro interventi, i consiglieri dei gruppi di opposizione hanno espresso una serie di perplessità rispetto alla proposta, che a loro dire arriva in un momento in cui la priorità continua ad essere la gestione dell’emergenza e in assenza di un nuovo piano socio-sanitario.

Il primo firmatario, Alberto Preioni (Lega) ha ricordato che “l’obiettivo della Pdl è avere un dipartimento efficiente e strutturato che rimarrà sotto l’assessorato alla Salute. Vogliamo che questa proposta diventi una legge di tutti, senza bandiere politiche, e per questo c’è ampia disponibilità al confronto nel merito con le varie forze all’interno di un gruppo di lavoro”. Sullo spirito del provvedimento e la necessità di una riforma gestionale e territoriale della sanità si sono espressi anche i colleghi Andrea Cane e Federico Perugini.

“Non ci sono pregiudizi aprioristici – hanno detto i consiglieri Pd Raffaele Gallo, Domenico Ravetti, Diego Sarno, Monica Canalis e Alberto Avetta – condividiamo i principi ispiratori di una maggior efficienza e della riduzione delle disuguaglianze tra territori, ma ci sono molti aspetti poco chiari. È difficile parlare di Azienda Zero se non abbiamo un’idea di programmazione, quindi è indispensabile dotare il Piemonte di un nuovo piano socio-sanitario. Inoltre, pensiamo che un’azienda centrale possa avere esclusivamente un ruolo di coordinamento e supervisione, non crediamo che possa gestire in modo efficiente territori tra loro molto diversi”.

In chiusura di commissione l’assessore alla Salute Luigi Icardi ha risposto che “l’Azienda Zero sarà uno strumento che funzionerà da braccio operativo della Regione, con il compito di monitorare e correggere in itinere l’attività delle aziende sanitarie”.

Marco Grimaldi (Luv) si è detto “contrario all’istituzione di una struttura che andrebbe ad esautorare l’assessorato. La pandemia ha fatto emergere i danni causati in vent’anni di smantellamento della struttura”.

Per i consiglieri del Movimento 4 ottobre, Francesca Frediani e Giorgio Bertola, la pdl “presenta una serie di anomalie difficili da superare per entrare nel merito. Su un tema così complesso ci saremmo aspettati un disegno di legge di Giunta, non una proposta fatta da un gruppo consiliare”. Posizione condivisa da Sarah Disabato (M5s), per la quale “non bisogna avere fretta, serve innanzitutto capire quali risultati si attendono da un’operazione di questo tipo, come impatterà sulla gestione della sanità”.

Silvio Magliano (Moderati) ha sollevato il tema della mancata concertazione con i territori sui contenuti e le finalità del provvedimento e ha parlato di rischio di applicare in Piemonte un modello “che in altre regioni funziona perché funziona l’ecosistema sanitario”.

Nelle prossime settimane si svolgeranno gli incontri del gruppo di lavoro, che entrerà nel merito del provvedimento.

 




Bovini: prorogata al 16 settembre  la domanda di contributo

L’aiuto previsto dal Fondo di sostegno agli allevamenti è concesso sul  numero di bovini tra 12 e 24 mesi, allevati  per un periodo non inferiore a 6 mesi prima della macellazione avvenuta nel periodo dal 1° giugno al 31 luglio 2020.

 

Con la siccità aumentano i consumi di gasolio
In alcuni areali sono significativamente aumentate le segnalazioni di aziende che hanno fortemente depauperato il proprio contingente di gasolio a causa delle ripetute irrigazioni di soccorso alle coltivazioni, a cui sono dovute ricorrere stante la carenza di precipitazioni piovose. Questo maggior consumo di gasolio ha ridotto  fortemente gli approvvigionamenti da utilizzare per le normali attività colturali attuate da questo periodo in avanti.  Le colture maggiormente interessate sono mais, pomodoro, soia, sorgo, orticole, barbabietola, prati stabili e avvicendati (compresi trifogli, medicai, erbai), sorgo, fagioli e ortaggi in pieno campo, fruttiferi, fragole rifiorenti e piccoli frutti. Stante l’eccezionalità della situazione Confagricoltura Piemonte ha chiesto alla Regione di verificare se vi siano le condizioni per concedere assegnazioni supplementari di carburante agevolato alle imprese. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi.

 




Peste suina africana nei cinghiali, Confagricoltura: “Siamo stati inascoltati”

Asti Agricoltura sperava che non si giungesse mai a questo triste epilogo, ma da anni, nel denunciare alle istituzioni questo annoso problema, ha sempre preso in considerazione il fatto che si sarebbe potuto giungere a conseguenze di questo genere.

L’Organizzazione agricola astigiana aveva parlato, già in tempi non sospetti, di peste suina, che si sarebbe potuta scatenare in seguito alla proliferazione incontrollata della fauna selvatica, che negli ultimi anni (complici anche le restrizioni a causa della pandemia) ha raggiunto livelli insostenibili, sia per il comparto agricolo che per la viabilità stradale. Ora che le previsioni sono purtroppo divenute realtà la strada si fa alquanto in salita.

Se originariamente il problema era concentrato quasi esclusivamente all’interno delle zone boschive, negli ultimi anni i cinghiali sono stati avvistati anche nelle aree di pianura, dove hanno distrutto vaste superfici di raccolto. Oltre a questo si è scoperto che i cinghiali potrebbero trasmettere alcune malattie sia ai bovini che ai suini”, con queste parole Enrico Masenga, tecnico specialistico della Confagricoltura di Asti aveva messo in guardia in merito ad una possibile diffusione di malattie per il comparto zootecnico,  nel mese di aprile del 2021.

Ora la situazione è molto grave, come viene avvalorato dal fatto che la Regione Piemonte ha avviato l’insediamento dell’unità di crisi per l’adempimento delle azioni previste dal manuale operativo e dalle norme specifiche in materia, definendo una “zona infetta” e una “zona di sorveglianza”, con le relative prescrizioni.

E’ necessario affrontare il problema in maniera risolutiva con interventi tempestivi, racchiusi in un’azione coordinata e congiunta che coinvolga le istituzioni, le Asl, le associazioni venatorie e quelle di categoria per cercare di reprimere l’insorgenza e lo sviluppo di questo terribile morbo che andrebbe a danneggiare in modo irreversibile le aziende agricole, gli allevatori e tutte gli attori coinvolti nella filiera della carne bovina e suina”, afferma il direttore della Confagricoltura di Asti Mariagrazia Baravalle.

E’ doveroso perseguire la strada relativa agli abbattimenti – aggiunge il presidente Gabriele Baldiper limitare la presenza abnorme di cinghiali, tutelando le produzioni agricole ed evitando al tempo stesso la propagazione della Peste Suina Africana. E’ anche in gioco la nostra sicurezza alimentare. Contemporaneamente continuiamo a chiedere adeguati indennizzi per i danni diretti e indiretti subiti dalle aziende agricole, auspicando una semplificazione delle procedure per la valutazione dei danni e del conseguente tempestivo ristoro”.




CNA Piemonte: “La politica rilanci il patto sociale per riavviare lo sviluppo economico”

CNA Piemonte rilancia sul territorio quanto CNA nazionale ha elaborato come manifesto inviato ai leader politici italiani in vista del voto del 25 settembre nell’auspicio di una legislatura a misura anche degli artigiani e delle piccole imprese.

“È importante che anche i rappresentanti regionali possano farsi parte attiva in una strategia di rilancio che dal livello centrale a quello periferico. CNA ha preparato un decalogo, una serie di proposte concrete per un nuovo patto sociale mirato a ripartire dalle nostre solide radici per ri-avviare decisamente lo sviluppo economico e sociale dell’Italia”, ha spiegato il segretario regionale Delio Zanzottera.

“Dopo l’esperienza di questi anni – ha aggiunto il presidente regionale Bruno Scanferla -. La CNA Piemonte chiede che alla cultura emergenziale si sostituisca una ritrovata capacità di guardare le profonde trasformazioni che investono la società italiana, in modo da recuperare la centralità dei soggetti sociali, veri e propri connettori ai processi reali. CNA chiede di assicurare continuità e sostenibilità agli incentivi, ampliandone l’ambito anche agli immobili produttivi. Disporre di un adeguato orizzonte temporale, perlomeno decennale, consente la programmazione e lo svolgimento dei lavori senza creare tensioni e strozzature”.

Automotive e filiera

Per andare su temi piemontesi. “L’attuazione del Green Deal europeo, finalizzato a governare la transizione ecologica in chiave di sostenibilità, avrà impatti rilevanti sull’attività delle imprese, in particolare il piano Fit for 55 che impegna i paesi a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 – aggiunge Scanferla -. Un cambiamento epocale che impatterà in maniera profonda su intere filiere oggi fiore all’occhiello del made in Italy costituite, in gran parte, da piccole imprese. CNA chiede una politica industriale condivisa che accompagni la trasformazione delle filiere produttive coinvolte, a partire da quella dell’auto, che interessa molte decine di migliaia di piccole imprese operanti nella produzione e manutenzione dei veicoli, nei sistemi di alimentazione e trasporto. Il coinvolgimento di tutti gli attori economici è fondamentale, posto che questi grandi processi non possono essere improntati alla neutralità tecnologica delle scelte”.

Burocrazia, vera piaga

“È il tempo di affrontare con decisione il capitolo della cattiva burocrazia – ha continuato Zanzottera -. Ora più che mai è necessario compiere un vero cambio di passo, reso possibile dalle riforme di sistema e dalla disponibilità di ingenti risorse economiche messe a disposizione dal PNRR per dare finalmente attuazione alle richieste di artigiani e piccole imprese”.

Le dieci proposte di CNA Piemonte

  1. Energia, con un focus sulla scelta strategica dell’autoproduzione

  2. Semplificazione, ritenuta la strada maestra del cambiamento

  3. Politica industriale, tagliata su artigiani e piccole imprese

  4. Export, Made in Italy, Turismo, tre leve di crescita

  5. Lavoro, contrattazione collettiva, formazione, rappresentanza, per favorire una occupazione di qualità e uno scatto di produttività

  6. Fisco, chiesto più leggero, più semplice e più orientato all’espansione

  7. Concorrenza, in un’ottica di tutela delle piccole imprese

  8. Infrastrutture, materiali e immateriali, per irrobustire l’ossatura del nostro Paese

  9. Legalità, da perseguire combattendo la criminalità ma anche tutte le forme di abusivismo, sommerso, riciclaggio e usura

  10. Welfare e Pensioni, per assicurare condizioni dignitose agli anziani e ai cittadini più fragili




Rating Italia: Race: L’Italia corre più dei competitor

“La resilienza dell’Italia è il frutto di una struttura produttiva meno dipendente dalle catene del valore globali, in particolare quelle più colpite nell’ultimo biennio, ma anche di una ricostruzione del sistema produttivo che è stata forgiata dalle crisi vissute negli ultimi quindici anni, a partire da quella finanziaria internazionale del 2008, e che ha consentito la sopravvivenza delle imprese più solide.  Non tenerne adeguatamente conto può portare le istituzioni internazionali e le agenzie di rating a sottostimare la capacità dell’Italia e a venire poi smentite  dai dati effettivi dell’economia reale”.
Lo dichiara il segretario generale di Competere.EU (www.competere.eu) nel presentare il position paper del think tank pubblicato oggi. Race è anche uno dei rappresentanti italiani del B20, il business forum delle “Confindustrie” del G20.

“Nelle ultime settimane- spiega Race- si è discusso molto della valutazione del rating sovrano da parte delle principali agenzie internazionali, una valutazione che ha un impatto decisivo sulla credibilità del Paese e sull’attenzione che può generare presso gli investitori internazionali. Normalmente questo momento cruciale era molto temuto; questa volta, però, è diverso perché la situazione economica dell’Italia è migliore di quanto non lo fosse in passato.
Nella fase di ripresa post-pandemica il nostro Paese, infatti, sta mostrando una buona capacità di recupero, evidenziando anche una maggiore resilienza rispetto a quanto osservato negli altri principali competitor europei (in primis Francia e Germania).
I principali previsori internazionali sono stati costretti a rivedere frequentemente al rialzo le stime di crescita dell’Italia, che ha saputo gestire le difficoltà di un contesto internazionale caratterizzato da un’estrema incertezza, da importanti strozzature delle catene globali del valore, da problemi legati alle forniture di gas (l’Italia è uno dei paesi più dipendenti dal gas russo), oltre che da questioni più strettamente geopolitiche conseguenti al conflitto russo-ucraino.
Nelle scorse settimane sia il Fondo Monetario Internazionale sia la Commissione Europea, che non sono mai stati molto morbidi col nostro Paese, hanno corretto le precedenti valutazioni sulla crescita del PIL italiano, innalzandole. In particolare, la Commissione Europea ha stimato una variazione del PIL dell’1,2% per il 2023 – andando anche oltre le previsioni del Governo pubblicate nel DEF di aprile – e migliorandole rispetto allo 0,6% di febbraio e, addirittura, allo 0,3% previsto in autunno.
I numeri di contabilità nazionale- è scritto nel position paper – descrivono un dato di fatto incontrovertibile: una crescita nell’ultimo biennio che ha più che compensato la caduta del 2020, un forte sostegno degli investimenti, non solo in costruzioni. Per meglio interpretare questi andamenti è necessaria una lettura integrale che unisca a fattori di natura congiunturale anche elementi più strutturali”.

Fondamentale scardinare falsi miti che tendono a screditare l’Italia agli occhi di molti investitori internazionali e limitano l’attrazione degli investimenti dipingendo un’immagine distorta dell’Italia
“Le leadership industriali e le caratteristiche uniche della nostra economia- spiega Race-  impongono di lavorare insieme come ‘sistema paese’ per scardinare certi falsi miti che tendono a screditare l’Italia agli occhi di molti investitori internazionali.
Una strategia di comunicazione efficace, precisa e capillare finalizzata a fare conoscere meglio l’Italia fuori dai confini nazionali, aiuterebbe a migliorare la reputazione e a render giustizia al nostro Paese.
Una campagna che accenda i riflettori sui punti di forza e che sia da sprone anche ad Invitalia per fare ancora di più rispetto a quanto fatto negli ultimi anni.
Qualcosa che vada al di là dei classici road show messi in campo negli anni dal Dipartimento del Tesoro del MEF per vendere il nostro debito pubblico.
Potrebbe essere realizzata dal Governo, in collaborazione con le associazioni di categoria come, tra le altre, Abi, Confindustria, Ance, Confcommercio, Coldiretti e Confagricoltura e le principali istituzioni finanziarie,  a partire da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Generali.
Un’iniziativa di questo tipo, infine, contribuirebbe- conclude Race a portare in Italia nuovi investitori esteri che rappresentano una risorsa importante, in grado di rafforzare la qualità del tessuto produttivo e il posizionamento della nostra industria lungo le filiere globali internazionali”.

L’Italia dei tanti primati
“La manifattura italiana- spiega Race- occupa ancora la settima posizione al mondo per valore aggiunto, una posizione particolarmente elevata, tenuto conto delle dimensioni (sia in termini di territorio che di popolazione) rispetto alle più grandi economie globali. E fa bene Confindustria a rivendicarlo.
Inoltre, pochi sanno che il nostro sistema produttivo è terzo al mondo per diversificazione produttiva: sempre Confindustria ha calcolato che esportiamo 4728 prodotti, come la Germania e siamo indietro, di poco, solo al Regno Unito. Una maggiore diversificazione produttiva è il riflesso della capacità dei nostri imprenditori di rispondere a una domanda globale che varia rapidamente, di sfruttare le opportunità in termini di capitale umano e di competenze artigianali, di investire in impianti e macchinari che consentano di produrre beni anche molto diversi tra loro.
L’Italia, infatti, realizza prodotti finiti e componenti che spaziano da quelli più tecnologici (aerospazio, microelettronica) a quelli tradizionali del Made in Italy (alimentare, tessile, abbigliamento, mobili etc..).  ln termini di export, un altro punto di forza del Paese, l’Italia è tra i principali esportatori al mondo (con una quota dell’export pari al 30% del PIL), in seconda posizione per competitività dell’export, con eccellenze in svariati produzioni e leadership globali in nicchie di mercato. La nostra industria mostra un tasso d’investimento che è superiore a quello dei principali competitor europei, Germania inclusa. Ciò consente di produrre beni di più alta qualità e con contenuto tecnologico anche elevato.
L’Italia, infatti, non esporta solo prodotti “tradizionali”, come nella convinzione di molti osservatori internazionali. Per esempio, è il quinto Paese al mondo per valore delle esportazioni nel settore dell’aerospazio.
In un mondo che va verso una transizione ecologica- prosegue Race- dove i sistemi economici devono sempre più essere sostenibili dal punto di vista ambientale, l’Italia mostra una posizione di leadership: infatti, il nostro è il Paese con il più alto tasso di riciclo sul totale dei rifiuti speciali e urbani (79,4%), con un valore molto più alto rispetto alla media europea (48,6%) e a quello di Germania (69,1%), Francia (66,2%) e Spagna (48,7%). Secondo stime della fondazione Symbola, ciò consente di ridurre le emissioni annuali di circa 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e di 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. L’industria manifatturiera italiana, grazie all’apporto di materie seconde provenienti dal recupero nazionale a cui si aggiungono materie seconde di importazione e quelle provenienti dal recupero interno, raggiunge un tasso di circolarità (ovvero il rapporto tra materie seconde da riciclo e totale delle materie – prime e seconde – impiegate) pari a circa il 50%.
Se si guarda all’aspetto culturale, il nostro Paese è primo al mondo per numero di siti “patrimonio dell’umanità”: su 1154 siti riconosciuti dall’UNESCO in 167 Paesi del mondo, ben 58 sono in Italia, seguono Cina (con 56), Germania (con 51), Francia e Spagna (entrambe con 49).
L’Italia è prima in Europa per prodotti agroalimentari e vitivinicoli registrati e protetti: con 842 denominazioni 581 DOP, 257 IGP, 4 STG. Seguono Francia (696), Spagna (344), Grecia (260) e Portogallo (182). I prodotti DOP e IGP contribuiscono al 21% dell’export del settore agroalimentare italiano, che nel 2021 ha realizzato il record storico nelle esportazioni per un valore vicino ai 52 miliardi (+11%).
Last but not least, l’Istat- spiega Race nel Position Paper del think tank- ha calcolato la ricchezza netta delle famiglie italiane e segnalato che nel 2021 valeva circa dieci mila miliardi di euro, vale a dire più di cinque volte il valore del Pil nazionale, e quasi nove volte il reddito disponibile. Un dato, quest’ultimo, che rende le famiglie italiane tra le più frugali al mondo: il rapporto tra ricchezza netta e reddito disponibile è più alto rispetto a quello osservato in Francia, in Canada, in Germania, nel Regno Unito e negli Stati Uniti e rappresenta un asset su cui potere fare leva nei momenti di crisi e perdita di potere d’acquisto, come quello attuale a causa dell’elevata inflazione”.




“Torino al futuro. La cultura d’impresa, la cultura dell’innovazione”

Al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano dal 14 aprile al 29 settembre 2024, la mostra ad accesso libero sulla storia produttiva della città, organizzata da Unione Industriali Torino nell’ambito del programma di Capitale della cultura d’impresa

 

È un percorso alla scoperta della storia dell’industrializzazione cittadina, che parte dalle sue origini e si conclude offrendo ai visitatori una visione dell’avvenire, quello proposto dalla mostra “Torino al futuro. La cultura d’impresa, la cultura dell’innovazione” ospitata dal 14 aprile al 29 settembre al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano e organizzata da Unione Industriali Torino nell’ambito del programma di attività che celebrano il titolo assegnato alla città di Capitale della cultura d’impresa 2024.

Le sale del Museo riservate all’esposizione, ad accesso libero, offrono al pubblico la possibilità di approfondire l’evoluzione del sistema produttivo torinese attraverso un itinerario multimediale e grafico che si sviluppa lungo otto tappe cronologiche: sette capitoli dedicati alla narrazione del passato con l’ausilio di altrettanti filmati, ciascuno della durata di circa dieci minuti, a cui si aggiunge una sezione conclusiva caratterizzata da una “multivisione immersiva” che conduce nella Torino industriale del futuro. Impreziosisce inoltre l’allestimento l’esposizione dinamica di 64 manifesti pubblicitari storici che, appesi alle volte della sala, danno forma a una suggestiva scenografia.

Il cammino prende avvio dal 1864, quando la decisione di trasferire nell’anno successivo la capitale d’Italia a Firenze, unitamente alle tragiche manifestazioni di piazza che ne seguirono, diede avvio a un processo che ebbe un forte contraccolpo economico per Torino. Trauma da cui la città seppe però risollevarsi, reinventandosi: fu infatti proprio quella la “scintilla” che la portò a diventare un luogo di sperimentazione, capace di anticipare le grandi sfide del tempo, trasformandosi in un terreno fertile per la nascita della manifattura in Italia. Un dinamismo produttivo che da quel momento in poi ha rappresentato un tratto distintivo del territorio e le cui conseguenze vengono raccontate da “Torino al futuro” in base ad avvenimenti simbolici e caratterizzanti di ogni epoca. Quali, ad esempio, le grandi esposizioni organizzate al Valentino nel 1884, nel 1898 e nel 1911, oppure i due conflitti mondiali del secolo scorso, il boom economico, fino ad avvenimenti recenti come le Olimpiadi invernali del 2006.

 

 

Testimoni scelti per approfondire ciascun periodo, sono le imprese succedutesi nel tempo nel ruolo di protagoniste della scena produttiva torinese di ieri, di oggi e di domani: centosei quelle di cui la mostra propone immagini e documenti d’archivio che ne illustrano la nascita, lo sviluppo e le vicende più importanti fino ai giorni nostri. Realtà che hanno segnato la storia non soltanto di Torino ma dell’intero del Paese, operando nei settori più disparati, dal tessile al cinema, dall’energia alle telecomunicazioni, dall’automobile all’alimentare ecc.

Con loro la città è diventata quel laboratorio di innovazione tecnologica, professionale, culturale e sociale che conosciamo e vediamo tuttora all’opera, come rivela l’area immersiva che chiude il percorso mostrando le prospettive di sviluppo legate alle tecnologie più avanzate, al settore aerospaziale, alle life sciences, alle energie rinnovabili e alla transizione ecologica, alla mobilità sostenibile, all’Intelligenza Artificiale, alla logistica. Attività frutto di nuove energie, differenti rispetto al passato, ma espressione di quel Dna torinese antico generato dall’unione fra lo spirito imprenditoriale e la passione per le cose fatte bene, integrate dall’attenzione divenuta imprescindibile per le tematiche dell’inclusione e della sostenibilità.

Spiega Giorgio Marsiaj, presidente di Unione Industriali Torino: “La mostra “Torino al futuro” è un tassello fondamentale nel quadro delle iniziative che abbiamo voluto mettere a disposizione della comunità cittadina nell’ambito del programma della Capitale della cultura d’impresa 2024. Lo è certamente per la valenza culturale e divulgativa insita nel progetto espositivo, ma anche perché qui sono racchiusi tutti gli elementi che spiegano cosa sia la cultura d’impresa e perché essa rappresenti un elemento chiave dell’identità torinese e piemontese. A rivelarlo è una sapiente successione di immagini capaci di accendere emozioni, sollecitare ricordi, stimolare curiosità, costruire contesti, portandoci nei luoghi della produzione e del lavoro, parte essenziale del nostro paesaggio economico e sociale. Spazi di relazione tra pensieri e prodotti, metodi e organizzazioni del lavoro, costruzioni di oggetti e strutture dei servizi, che rivelano come la nostra “civiltà delle macchine” si sia nutrita e si nutra ancora di sapienza e intelligenza”.




Coronavirus, Unione Industriale Torino: istituito tavolo speciale

L’Unione Industriale di Torino ha istituito un Tavolo Speciale per fronteggiare l’emergenza del Coronavirus, in ragione dell’aumento dei contagi sul nostro territorio e in quelli limitrofi, al fine di fornire un supporto concreto alle imprese ed evitare, al contempo, la diffusione di un controproducente panico collettivo assolutamente non giustificato. 

È stata predisposta una comunicazione coordinata nei confronti delle aziende, che contiene indicazioni organizzative per la sicurezza dei dipendenti e rinvii alle fonti ufficiali in costante aggiornamento (disponibile sul nostro sito ). 

Tra le raccomandazioni proposte, il cercare di favorire – ove possibile – il lavoro agile, evitare le trasferte, sospendere gli eventi a carattere pubblico, e rafforzare, laddove si valuti opportuno, i filtri d’ingresso in azienda.

La nostra Associazione sta, inoltre, raccogliendo dalle imprese informazioni e segnalazioni relative all’impatto economico sulle diverse attività – comprese quelle produttive – per ricostruire un quadro il più possibile preciso delle ricadute di quest’emergenza.

Sin da ora, comunque, rivolgiamo un forte richiamo alle Istituzioni italiane ed europee, affinché agiscano immediatamente con provvedimenti a sostegno delle imprese, al fine di evitare ricadute negative sulla nostra economia – che alcuni esperti, tra cui la Banca d’Italia, oggi già paventano. 

Abbiamo, infine, richiesto a Confindustria un sollecito confronto con i Ministeri, affinché venga estesa anche alle Regioni oggetto di specifiche ordinanze come il Piemonte, la possibilità – già prevista nei Comuni ricompresi nella zona rossa – di utilizzare gli ammortizzatori sociali per i lavoratori di quelle aziende che, per la salvaguardia della salute dei propri dipendenti, sono obbligate a ridurre o sospendere la propria attività.