Il G7 in Piemonte, Confagricoltura Piemonte: “Bene l’incontro organizzato in una delle Regioni più green d’Italia

L’efficacia delle future iniziative politiche passa da una rivalutazione del ruolo dell’agricoltura”. Lo ha detto Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte in occasione dell’apertura del G7 in corso alla Reggia di Venaria, in provincia di Torino.

Il rapporto tra il settore primario, la scienza e la politica nel panorama europeo ed extra-europeo è essenziale per definire nuove strategie per far fronte al cambiamento climatico in atto, ridurre l’impoverimento dei suoli e tutelare gli ecosistemi, continuando a produrre alimenti di qualità, sostenibili economicamente e socialmente” evidenzia Allasia.

 

Confagricoltura Piemonte sottolinea da tempo l’importanza di fare rete tra i diversi soggetti coinvolti, dalle Istituzioni alla popolazione, creando occasioni di conoscenza, condivisione e partecipazione per sviluppare una gestione intelligente della natura.

 

Portiamo avanti costantemente una politica di promozione e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio, delle foreste e delle risorse naturali fondata sul rispetto e sulla custodia dei nostri territori; non siamo solo produttori, ma imprenditori legati al territorio e, in quanto tali, ottimizziamo le scelte aziendali orientandole anche verso la circolarità dei sistemi produttivi e la diversificazione delle attività, concentrandoci su quelle che saranno le parole chiave dell’Europa nei prossimi quattro anni, per continuare a fare impresa: competitività, produttività, sostenibilità ed energia” afferma il presidente di Confagricoltura Piemonte.

 

Parlando di economia circolare, è importante sottolineare che la Regione Piemonte è tra le prime in Italia per lo sviluppo del biogas, grazie alla presenza di oltre 220 impianti agricoli, che garantiscono una produzione di circa 1 TWh.

Le aziende “green” complessivamente sono 36.630 e alcune hanno sviluppato sinergie con il settore agricolo e dell’allevamento per ridurre l’impatto ambientale di alcuni processi.

Grazie ai fondi del PNRR, alcuni investimenti risultano più alla portata, ma rimangono sempre troppo numerosi gli sforzi in termini di adempimenti, pratiche onerose e modifiche dei processi produttivi, senza alcuna forma di congrua remunerazione, che gli imprenditori devono sostenere.

Un ultimo spunto di riflessione di Confagricoltura Piemonte riguarda, sempre nell’ottica del raggiungimento della neutralità carbonica, alcuni dossier di grande importanza ancora aperti e per i quali si sollecita una veloce chiusura: carbon farming (bene l’accordo raggiunto a fine febbraio tra il Parlamento europeo e il Consiglio sul primo quadro volontario per la certificazione di assorbimenti di carbonio a livello dell’UE) e TEA, (tecniche di evoluzione assistita). “Occorre raggiungere quanto prima un accordo in merito al loro inquadramento nell’ordinamento dell’Unione europea per fornire agli agricoltori strumenti utili a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici con piante più tolleranti alle alte temperature e alla siccità, nonché più efficienti nell’uso delle risorse idriche e nutritive, resistenti alle malattie, e che garantiscono, allo stesso tempo, un potenziale produttivo adeguato” conclude Allasia.




Il Politecnico di Torino come supporto alla crescita del territorio di Novara e Vercelli

Mercoledì 17 aprile è in programma un importante incontro, che vedrà protagonista il neo Rettore del Politecnico, Stefano Corgnati. Transizione energetica, nuove tecnologie, concertazione delle attività di sviluppo tra pubblico e privato: i temi del dibattito, organizzato dal Consorzio Univer in collaborazione con Confindustria Novara Vercelli Valsesia

L’occasione è di quelle da non perdere: l’opportunità di incontrare e dialogare col Prof. Stefano Corgnati, recentemente insediatosi in qualità di Magnifico Rettore del Politecnico di Torino. L’incontro, aperto al pubblico, si terrà mercoledì 17 aprile nella sala conferenze di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv), in via Lucca 6 a Vercelli, con inizio alle 9.
I temi legati alla transizione energetica sono oggi prioritari nell’agenda di ogni soggetto amministrativo, di carattere pubblico o privato. Proprio sulla collaborazione tra impresa, pubblica amministrazione e mondo accademico si concentrerà l’intervento del Prof. Corgnati, il quale, oltre a vantare un’acclarata credibilità in ambito accademico, conosce alla perfezione le potenzialità e le risorse di un territorio nel quale è nato e cresciuto (proviene da Livorno Ferraris, dove tuttora risiede). Non a caso, dal momento della sua nomina, il Prof. Corgnati ha dichiarato di puntare fortemente sul dialogo con il sistema produttivo piemontese ponendo la didattica d’eccellenza del Politecnico di Torino al servizio del territorio. Tecnologia, ricerca e innovazione come driver per lo sviluppo di aziende locali che fanno squadra, in un’ottica di crescita sistemica.
Nel corso dell’evento, interverranno anche Davide Vidotto, direttore del Consorzio Univer, che si soffermerà sul nuovo assetto e sulle finalità operative del Polo di Innovazione Clever, e Giovanni De Santi, Direttore Sustainable Transition Initiative del Politecnico, che illustrerà i cambiamenti in atto nel panorama energetico a livello europeo e le conseguenti opportunità per le aziende.
L’incontro, che verrà introdotto da Carlo Piazza, Presidente del Consorzio Univer, e da Gianni Filippa, Presidente di Cnvv, sarà gratuito e fruibile online e in presenza (fino a esaurimento dei posti disponibili). Per entrambe le modalità, è comunque necessaria la prenotazione tramite la piattaforma Eventbrite, al seguente link: https://www.eventbrite.it/e/il-politecnico-di-torino-come-supporto-e-veicolo-per-lo-sviluppo-e-la-cresc-tickets-875970660827




“Torino al futuro. La cultura d’impresa, la cultura dell’innovazione”

Al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano dal 14 aprile al 29 settembre 2024, la mostra ad accesso libero sulla storia produttiva della città, organizzata da Unione Industriali Torino nell’ambito del programma di Capitale della cultura d’impresa

 

È un percorso alla scoperta della storia dell’industrializzazione cittadina, che parte dalle sue origini e si conclude offrendo ai visitatori una visione dell’avvenire, quello proposto dalla mostra “Torino al futuro. La cultura d’impresa, la cultura dell’innovazione” ospitata dal 14 aprile al 29 settembre al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano e organizzata da Unione Industriali Torino nell’ambito del programma di attività che celebrano il titolo assegnato alla città di Capitale della cultura d’impresa 2024.

Le sale del Museo riservate all’esposizione, ad accesso libero, offrono al pubblico la possibilità di approfondire l’evoluzione del sistema produttivo torinese attraverso un itinerario multimediale e grafico che si sviluppa lungo otto tappe cronologiche: sette capitoli dedicati alla narrazione del passato con l’ausilio di altrettanti filmati, ciascuno della durata di circa dieci minuti, a cui si aggiunge una sezione conclusiva caratterizzata da una “multivisione immersiva” che conduce nella Torino industriale del futuro. Impreziosisce inoltre l’allestimento l’esposizione dinamica di 64 manifesti pubblicitari storici che, appesi alle volte della sala, danno forma a una suggestiva scenografia.

Il cammino prende avvio dal 1864, quando la decisione di trasferire nell’anno successivo la capitale d’Italia a Firenze, unitamente alle tragiche manifestazioni di piazza che ne seguirono, diede avvio a un processo che ebbe un forte contraccolpo economico per Torino. Trauma da cui la città seppe però risollevarsi, reinventandosi: fu infatti proprio quella la “scintilla” che la portò a diventare un luogo di sperimentazione, capace di anticipare le grandi sfide del tempo, trasformandosi in un terreno fertile per la nascita della manifattura in Italia. Un dinamismo produttivo che da quel momento in poi ha rappresentato un tratto distintivo del territorio e le cui conseguenze vengono raccontate da “Torino al futuro” in base ad avvenimenti simbolici e caratterizzanti di ogni epoca. Quali, ad esempio, le grandi esposizioni organizzate al Valentino nel 1884, nel 1898 e nel 1911, oppure i due conflitti mondiali del secolo scorso, il boom economico, fino ad avvenimenti recenti come le Olimpiadi invernali del 2006.

 

 

Testimoni scelti per approfondire ciascun periodo, sono le imprese succedutesi nel tempo nel ruolo di protagoniste della scena produttiva torinese di ieri, di oggi e di domani: centosei quelle di cui la mostra propone immagini e documenti d’archivio che ne illustrano la nascita, lo sviluppo e le vicende più importanti fino ai giorni nostri. Realtà che hanno segnato la storia non soltanto di Torino ma dell’intero del Paese, operando nei settori più disparati, dal tessile al cinema, dall’energia alle telecomunicazioni, dall’automobile all’alimentare ecc.

Con loro la città è diventata quel laboratorio di innovazione tecnologica, professionale, culturale e sociale che conosciamo e vediamo tuttora all’opera, come rivela l’area immersiva che chiude il percorso mostrando le prospettive di sviluppo legate alle tecnologie più avanzate, al settore aerospaziale, alle life sciences, alle energie rinnovabili e alla transizione ecologica, alla mobilità sostenibile, all’Intelligenza Artificiale, alla logistica. Attività frutto di nuove energie, differenti rispetto al passato, ma espressione di quel Dna torinese antico generato dall’unione fra lo spirito imprenditoriale e la passione per le cose fatte bene, integrate dall’attenzione divenuta imprescindibile per le tematiche dell’inclusione e della sostenibilità.

Spiega Giorgio Marsiaj, presidente di Unione Industriali Torino: “La mostra “Torino al futuro” è un tassello fondamentale nel quadro delle iniziative che abbiamo voluto mettere a disposizione della comunità cittadina nell’ambito del programma della Capitale della cultura d’impresa 2024. Lo è certamente per la valenza culturale e divulgativa insita nel progetto espositivo, ma anche perché qui sono racchiusi tutti gli elementi che spiegano cosa sia la cultura d’impresa e perché essa rappresenti un elemento chiave dell’identità torinese e piemontese. A rivelarlo è una sapiente successione di immagini capaci di accendere emozioni, sollecitare ricordi, stimolare curiosità, costruire contesti, portandoci nei luoghi della produzione e del lavoro, parte essenziale del nostro paesaggio economico e sociale. Spazi di relazione tra pensieri e prodotti, metodi e organizzazioni del lavoro, costruzioni di oggetti e strutture dei servizi, che rivelano come la nostra “civiltà delle macchine” si sia nutrita e si nutra ancora di sapienza e intelligenza”.




CNA Cinema e audiovisivo Piemonte: grande preoccupazione per il futuro dell’industria cinematografica

Il 3 luglio 2023, CNA Cinema e Audiovisivo ha presentato al Ministero dell’Industria e del Made in Italy e al Ministero della Cultura la propria posizione riguardante la “Consultazione pubblica sullo schema di Decreto legislativo di correzione del Decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 208”.

Già in quell’occasione, CNA aveva espresso il proprio punto di vista sulla definizione di “produttore indipendente” e sul tema delle quote di investimento.

Mattia Puleo, Presidente di CNA Cinema e Audiovisivo Piemonte afferma che: “Questo intervento va a disincentivare gli investimenti di televisioni e piattaforme sul prodotto europeo e in particolar modo italiano, con il rischio di acuire maggiormente la crisi che il settore sta vivendo nel post-covid. Dopo una prima crescita di investimenti sul settore purtroppo stiamo assistendo ad una grave contrazione delle commesse e da un cambio di regolamentazione sul tax credit che sta creando una notevole confusione. Ci auguriamo che il Governo faccia un passo indietro”

In considerazione della riforma del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi (Tusma), attualmente in fase di discussione in Parlamento, CNA Cinema e Audiovisivo piemonte nutre forti preoccupazioni riguardo al futuro dell’industria cinematografica e audiovisiva indipendente italiana. Tale riforma prevede una revisione del sistema delle quote di investimento e di programmazione per film, serie e documentari italiani, imponendo agli emittenti televisivi e alle piattaforme di destinare una parte della loro programmazione alla produzione indipendente italiana. Questo risulta essere in linea con l’eliminazione di norme che avevano lo scopo di correggere le disuguaglianze contrattuali tra produttori indipendenti e grandi emittenti televisive e player globali. Tale scenario comporta il rischio concreto di esporre i produttori italiani a una situazione di vulnerabilità contrattuale, a detrimento della diversità culturale dell’industria italiana.

Il dibattito in atto in Parlamento, così come il parere espresso dal Consiglio di Stato, sembrano propendere per una riduzione delle quote di investimento obbligatorio a favore della produzione indipendente.

In sintonia con l’appello rivolto dallo European Producers Club al Ministro della Cultura e al Parlamento italiano, e al fine di promuovere nuove fonti di produzione, la creazione di piccole e medie imprese e l’offerta di nuove opportunità ai talenti creativi, CNA Cinema e Audiovisivo Piemonte propone che la revisione del Tusma preveda una quota di investimento obbligatorio a favore della produzione indipendente europea e italiana, non inferiore al 20% per i fornitori lineari e non lineari, da aumentare progressivamente al 25% entro due anni. Inoltre, si chiede l’obbligo di investire in opere cinematografiche di origine italiana prodotte da produttori indipendenti (nota come “quota cinema”), seguendo il recente esempio adottato in Germania, e una quota di investimento dedicata alla produzione di opere animate di produttori indipendenti, non inferiore all’1%, così come una quota di investimento dedicata alla produzione di documentari di produttori indipendenti, anch’essa non inferiore all’1%.

È quindi imperativo respingere con fermezza le richieste avanzate dalle piattaforme in Parlamento per una drastica riduzione delle quote di investimento e programmazione, poiché ciò metterebbe seriamente a rischio la produzione indipendente italiana.

È altrettanto cruciale ripristinare l’attuale articolo 57, comma 3, del Tusma, in cui si stabilisce che gli obblighi di investimento devono essere adempiuti attraverso pre-acquisti, acquisti e licenze, escludendo i contratti di appalto o di buyout di tutti i diritti, nonché limitando temporalmente i diritti dei servizi di media audiovisivi a richiedere e acquisire contenuti.

Infine, CNA Cinema e Audiovisivo sottolinea che la regolamentazione volta a garantire condizioni di contrattazione eque tra grandi emittenti televisive e player globali da una parte e produttori indipendenti dall’altra, è essenziale non solo per favorire una crescita strutturata dell’industria culturale italiana, ma anche per preservare il valore dei diritti e della proprietà intellettuale nel paese. Queste regole non solo devono essere mantenute all’interno del Tusma, ma devono anche essere attentamente coordinate con la regolamentazione relativa al tax credit, la cui attuazione può essere ritardata attraverso un decreto interministeriale, al fine di garantire coerenza e semplificazione nel sistema normativo.




Settore risicolo, Confagricoltura Piemonte: “Manteniamo alta l’attenzione”

Più volte è stata evidenziata la necessità di dar seguito alle aspettative dei produttori e l’urgenza di decidere in merito al ripristino dei dazi, della clausola di salvaguardia e del principio di reciprocità

La clausola di salvaguardia, così come impostata, è un errore e crea gravi problemi alla nostra risicoltura” tuona Giovanni Chiò, presidente di Confagricoltura Novara – Vco alla luce delle recenti notizie che riguardano il Sistema di Preferenze Generali (Spg), in discussione al Coreper (Comitato di preparazione dei lavori del Consiglio Ue). Si tratta di uno dei primi interventi della presidenza belga appena insediatasi, che fa subito discutere: dal 2019 al 2022, il riso godeva di questa protezione a salvaguardia delle produzioni europee e arginava l’invasione di prodotto straniero. Non esiste un rinnovo automatico e il provvedimento, scadendo, è stato rimesso al vaglio del Trilogo, in attesa delle elezioni europee. Tuttavia, un primo passo avanti per reintegrare la validità dell’Art. 29 (attivazione automatica di una clausola qualora le importazioni da un paese superassero una soglia in termini di quantità) è stato compiuto ieri dal Parlamento europeo, sventando un attacco a tutta la produzione nazionale.

Nel tempo, si è perso il focus dell’operazione andando a favorire gli scambi con Paesi extra UE le cui pratiche di coltivazione sono lontane anni luce da quelle attuate nelle campagne piemontesi e italiane. È sufficiente pensare allo sforzo talvolta non remunerativo che le aziende agricole sostengono ogni giorno in termini di investimento tecnologico e del personale, tutela dell’ambiente e sostenibilità per comprendere il motivo delle nostre richieste” precisa Chiò, giovane risicoltore della provincia di Novara.

L’Italia – ricorda Confagricoltura Piemonte – è il principale produttore di riso in Europa e la risicoltura piemontese continua a esserne leader, con una media produttiva annuale che si mantiene intorno agli 8 milioni di quintali di risone, sia della varietà japonica, sia di quella indica.

I dati 2023 mettono in evidenza una diminuzione delle superfici nazionali (211 mila ettari, con un meno 4% rispetto allo scorso anno), ma non in Piemonte. Infatti, nella nostra regione le risaie occupano quasi 214 mila ettari in cui operano 4mila aziende agricole, che raccolgono 1,40 milioni di tonnellate di riso all’anno, pari a circa il 50% dell’intera produzione UE, con una gamma varietale unica e fra le migliori del mondo.

 

Sull’argomento, Benedetto Coppo, presidente di Confagricoltura Vercelli e Biella si è così espresso: “I quantitativi di riso importato senza tariffe doganali dalla Cambogia sono aumentati in modo esponenziale (+104 mila tonnellate dalla scorsa campagna), con pesanti contraccolpi sugli operatori dell’Unione. È in bilico la stabilità del mercato e del reddito dei risicoltori italiani, già gravemente colpiti dalla siccità e dal rincaro dei costi di produzione”.

 

Tutte le provincie piemontesi tirano un respiro di sollievo e il presidente di Confagricoltura Alessandria, Paola Maria Sacco in sintesi, conclude con un passaggio importante sulla qualità dei prodotti: “I nostri risicoltori si attengono a disciplinari e regole molto rigidi, rispondendo a ispezioni in campo e in azienda serratissime per ottenere prodotti salubri e rispettosi dell’ambiente. Non si tratta solo di tenuta del comparto ma della salute del consumatore, pertanto, proseguano alacremente i controlli nei confronti delle navi di riso asiatico che arrivano in Italia. Blocchiamo e rispediamo indietro chi non rispetta i nostri standard sanitari e di sicurezza”.




Ecoschemi (PAC) e zootecnia, Confagricoltura Piemonte: “Necessario definire alcuni correttivi per preservare  il settore regionale”

Tra gli interventi della nuova Pac gli Ecoschemi sicuramente destano la maggiore preoccupazione tra gli allevatori: riteniamo, infatti, che in generale richiedano molto impegno per le aziende agricole, non controbilanciato da altrettanti benefici economici. Se parliamo poi degli effetti ambientali, in alcuni casi non appaiono così significativi”.

Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia, in procinto di prendere parte all’assemblea nazionale di lunedì 26 febbraio a Bruxelles, evidenziando alcuni aspetti problematici che interessano il settore zootecnico. Tra questi vi sono anche proposte di modifica/adeguamento della nuova Pac che, pur non avendo ancora dispiegato appieno i suoi effetti, ha già mostrato i suoi limiti su svariati aspetti, come ampiamente preconizzato, a suo tempo, dall’Organizzazione degli imprenditori agricoli.

Alcuni di questi limiti preoccupano maggiormente Confagricoltura Piemonte per le conseguenze su un comparto importante per la Regione: quello zootecnico, con particolare riferimento agli allevamenti dei bovini da carne che, da tempo, vivono una situazione di disagio, caratterizzata da prezzi di mercato talvolta non adeguati, scarso dialogo fra gli attori della catena di approvvigionamento e, ultimamente, da aumenti significativi dei costi di produzione, da azioni speculative messe in atto dalla GDO/intermediari e da una riduzione dei consumi per via dell’inflazione. Non a caso, negli ultimi dieci anni, ha chiuso un allevamento bovino da carne su cinque.

 

Nel mirino, in particolare, c’è l’Ecoschema 1 – “Riduzione dell’antimicrobico resistenza e benessere animale”, nei suoi due livelli interconnessi tra loro: l’1.1 – “Riduzione dell’antimicrobico resistenza” e l’1.2 – “ Benessere animale – Pascolamento”, per i quali si chiede urgentemente una ridefinizione generale. Per il primo, l’attuale impostazione richiede un’annuale riduzione dei quantitativi di antimicrobici utilizzati negli allevamenti prendendo come riferimento il concetto di “mediana” di utilizzo di tali farmaci nell’anno precedente. Tale sistema di valutazione è eccessivamente penalizzante, soprattutto per gli allevamenti bovini di razza Piemontese , che normalmente ricorrono agli antibiotici con minore frequenza, impedendo loro di accedere al livello 1.2 del sostegno, previsto per chi adotta la pratica del pascolamento.

Considerata la grave crisi che sta attanagliando il comparto chiediamo, per il momento, l’adozione di un parametro correttivo che possa consentire un minore scostamento dei dati dal valore della mediana e quindi considerare comunque virtuoso l’allevamento. Inoltre, in generale, proponiamo di includere nel calcolo solo l’utilizzo in via preventiva degli antibiotici, escludendo quelli a scopo curativo” sostiene Allasia.

Questo anche considerando le statistiche che evidenziano come nel settore veterinario, in Italia, si sia passati da una vendita di 421,1 mg di antibiotici per kg di peso vivo nel 2010 a 181,9 mg nel 2020 (-57%).

 

L’Ecoschema 1.1 impatta notevolmente anche sul comparto suinicolo, che da oltre due anni ormai sta vivendo con apprensione l’avanzare della Peste suina africana.

 Attualmente, gli Ecoschemi non possono essere eliminati senza correre il rischio di perdere una mole considerevole di risorse (in totale oltre 887 milioni di euro l’anno per l’Italia), ma serve un impegno politico per modificarli, andando a premiare le aziende che vivono di agricoltura” conclude Allasia.

Confagricoltura Piemonte , sulla scorta delle informazioni pervenute dalle provincie di Cuneo, Alessandria e Torino, in prospettiva, per l’Ecoschema 1 (Livello 1 e 2), propone di superare il concetto di “mediana” che si modifica progressivamente negli anni in favore invece di una soglia minima ragionevole per ciascuna specie e per ciascuna categoria, nazionale o regionale, al di sotto della quale si possa avere il diritto al premio.




Nati-mortalità delle imprese nel 2023, si conferma stagnante dinamica tessuto imprenditoriale piemontese

In base ai dati del Registro imprese delle Camere di commercio, nel corso del 2023 sono nate in Piemonte 22.679 aziende200 unità in meno rispetto a quanto rilevato per il 2022, per una variazione negativa su base annua dello 0,9%. Nello stesso periodo, sono state 22.092 le imprese che hanno cessato la propria attività (al netto delle cancellazioni d’ufficio), 184 in più rispetto al 2022 (+1,3%). La sintesi tra i due flussi conduce a un saldo debolmente positivo per 587 unità (1.077 nel 2022).

Lo stock di imprese complessivamente registrate a fine dicembre 2023 presso il Registro imprese delle Camere di commercio piemontesi ammonta così a 422.880 unità, confermando il Piemonte in 7ª posizione tra le regioni italiane, con il 7,1% delle imprese nazionali.

Il bilancio tra nuove iscrizioni e cessazioni si traduce in un tasso di crescita del +0,14%, di intensità inferiore sia rispetto a quanto rilevato per il tessuto imprenditoriale piemontese nel corso del 2022 (+0,25%), sia rispetto al risultato messo a segno nel 2023 a livello complessivo nazionale, dove il saldo tra nuove iscrizioni e cessazioni ha dato luogo a un tasso di crescita del +0,70%.

Queste le principali evidenze sull’andamento della demografia delle imprese nel 2023 che emergono dai dati Movimprese, elaborati da Unioncamere Piemonte sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio.

“ll tessuto imprenditoriale piemontese chiude il 2023 con un risultato stagnante, che vede la nostra regione sostanzialmente ferma. Torino e Novara sono le uniche province a mettere a segno un risultato positivo soprattutto grazie alle costruzioni e al turismo. Le istituzioni, come le Camere di commercio, non possono che continuare a sostenere gli imprenditori, fornendo tutto il supporto necessario per creare, far crescere e internazionalizzare la propria attività. Le strade maestre che dobbiamo continuare a percorrere sono quelle dell’innovazione e del digitale: solo così potremmo creare il terreno fertile per aprire nuove imprese e quindi nuova occupazione” commenta Gian Paolo Coscia, Presidente Unioncamere Piemonte.

Anche nel corso del 2023, la dinamica del tessuto imprenditoriale piemontese per forma giuridica conferma una tendenza in atto ormai da diversi anni, con le società di capitale che registrano un’espansione della rispettiva base di imprese e una dinamica decrescente per le altre realtà. Il saldo tra le società di capitale nate in Piemonte nel corso del 2023 e quelle cessate ha condotto a un tasso di crescita del +3,03%. Tra le restanti forme, la dinamica peggiore è quella registrata dalle società di persone (-1,53%), cui seguono le altre forme giuridiche (-0,51%) e le imprese individuali (-0,28%).

 

Oggi le oltre 90mila società di capitale costituiscono il 21,4% del totale delle imprese con sede in Piemonte, a fronte del 15,8% di dieci anni fa.

La dinamica stagnante del tessuto imprenditoriale piemontese rappresenta la sintesi di andamenti settoriali fortemente differenziati. I comparti degli altri servizi e delle costruzioni registrano le performance migliori, mettendo a segno uno sviluppo della rispettiva base di imprese dell’1,38% e 1,28%. Dopo la contrazione registrata nel 2022, torna a registrare una dinamica positiva, seppur di debole intensità, il settore del turismo (+0,15%).

Si confermano, invece, sul terreno negativo le dinamiche rilevate per gli altri comparti. Le attività dell’industria in senso stretto e del commercio chiudono il 2023 con una contrazione dello stock di aziende prossime al punto percentuale (rispettivamente -0,89% e -0,95%), mentre il risultato peggiore è quello dell’agricoltura, la cui flessione ammonta al -1,90%.

Il dato regionale è frutto, infine, delle dinamiche contrastanti messe a segno dalle diverse realtà provinciali. Permangono sul terreno positivo, così come accaduto nel corso del 2022, i risultati di Torino (+0,45%) e Novara (+0,39%), mentre il tessuto imprenditoriale della provincia di Asti, che nel 2022 aveva manifestato una buona tenuta, registra nel 2023, come tutti i restanti territori, un risultato negativo (-0,61%). La dinamica peggiore viene registrata da Biella (-1,08%), la contrazione subita dal tessuto imprenditoriale della provincia di Vercelli è dello 0,50%, mentre appare più contenuta per Alessandria (-0,15%), Cuneo (-0,10%) e il Verbano C.O. (-0,10%).




Fiere in Italia e all’estero: riaperto il bando della Camera di Commercio

Ci sarà tempo fino al 29 febbraio 2024 per richiedere all’ente camerale i voucher a fondo perduto destinati ad aziende torinesi per incoraggiare la partecipazione nel 2024 ad una selezione di eventi espositivi nazionali e internazionali. Ogni voucher può valere fino ad un massimo di 2000 euro ad impresa.

Sosteniamo l’internazionalizzazione delle nostre pmi supportando la loro partecipazione alle manifestazioni più importanti in Italia e all’estero – spiega Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino. – Ci concentriamo in particolare sui settori strategici della nostra economia, ambiti nei quali siamo già attivi con progetti di promozione e di supporto, dall’automotive e aerospazio al design, dall’editoria all’agroalimentare, senza dimenticare filiere come logistica e sport”.

Tra le spese ammesse al contributo, il noleggio dell’area espositiva, l’allestimento degli stand, la spedizione dei prodotti e gli investimenti in comunicazione, promozione e inserimento in catalogo. Ammesse anche le spese di interpretariato e l’eventuale iscrizione a incontri btob. La partecipazione alle fiere potrà essere svolta in forma autonoma o aggregata con altre imprese. Sono invece escluse le attività espositive on line.




Bilancio, più fondi per protezione civile e operai forestali

Si registra un aumento dei fondi a disposizione della di Protezione civile, che arrivano a circa 10 milioni annui, ma anche l’incremento delle risorse per far fronte alle assunzioni e stabilizzazioni degli operai forestali, che superano i 15 milioni di euro. La ha annunciato l’assessore Marco Gabusi nel corso della seduta della quinta Commissione, presieduta da Angelo Dago, dedicata all’esame del disegno di legge 298 “Bilancio di previsione finanziario 2024-2026” relativamente alle materie protezione civile e difesa del suolo.

La Commissione ha in questo modo iniziato l’iter per l’espressione del parere consultivo al Bilancio sulle materie di competenza.

Nel corso della seduta sono intervenuti per chiarimenti Sean Sacco (M5s), Maurizio Marello (Pd), Carlo Riva Vercellotti (Fdi), Valter Marin (Lega) e lo stesso presidente Dago.

 




Imprese prudenti per il primo trimestre 2024, ma non si parla di recessione

Sono indicatori che confermano un peggioramento del clima di fiducia dell’industria piemontese nelle previsioni per il primo trimestre del 2024, andamento peraltro già anticipato dalle analisi dei precedenti trimestri, quelli che emergono dall’indagine effettuata nel mese di dicembre da Unione Industriali Torino e Confindustria Piemonte, raccogliendo le valutazioni di circa 1.000 realtà manifatturiere e dei servizi.

Tuttavia, il dato complessivo rappresenta la sintesi di andamenti assai diversi, se non addirittura opposti, fra il comparto manifatturiero e quello dei servizi. Nella manifattura le previsioni risultano decisamente negative per produzione, ordini, export e redditività, in deciso rallentamento rispetto a settembre. Nell’ambito dei servizi il clima di aspettative appare invece molto diverso, con indicatori ancora in zona espansiva e più robusti rispetto alla scorsa rilevazione.

Come già evidenziato nei mesi scorsi, la sostanziale tenuta degli indicatori a consuntivo esclude una vera e propria svolta recessiva, almeno nel breve termine.

Il tasso di utilizzo degli impianti e delle risorse rimane elevato sia nella manifattura sia nei servizi. Non aumentano i ritardi negli incassi e si presenta stabile il carnet ordini. Rallentano leggermente gli investimenti, lungo un trend cedente in atto da inizio anno. Per quanto riguarda l’occupazione, il dato aggregato non varia in misura rilevante rispetto a settembre, ma riflette un peggioramento della manifattura e un rafforzamento dei servizi.

A livello settoriale, nell’industria quasi tutti i settori esprimono valutazioni negative.  Il clima di aspettativa è particolarmente sfavorevole nei comparti tessile-abbigliamento, cartario-grafico, edilizia e manifatture varie (gioielli, giocattoli ecc.). Rallentano anche la metalmeccanica (soprattutto i macchinari) e l’alimentare (per il quale però il primo trimestre si caratterizza tipicamente per stagionalità negative). In crescita automotive, impiantisti, chimica, gomma-plastica, legno.

Per quanto riguarda il terziario, in tutti i comparti i saldi sono positivi e in rafforzamento rispetto a settembre; spiccano in particolare ICT, logistica e servizi alla persona. Fa eccezione, come già nei mesi scorsi, il comparto del commercio e turismo.

Torna ad ampliarsi la forbice dimensionale. Le imprese con oltre 50 dipendenti hanno attese positive; tra le più piccole prevalgono invece previsioni negative.

Torino si conferma al di sopra della media regionale

Anche a dicembre le indicazioni delle imprese torinesi risultano decisamente più favorevoli rispetto a quelle dell’intero campione piemontese. Come a livello regionale, si osserva nella manifattura un forte raffreddamento del clima di fiducia, in gran parte compensato dal miglioramento dei servizi.

A differenza di quello piemontese, a livello aggregato il saldo sulla produzione rimane ben al di sopra del livello di equilibrio tra attese di aumento e riduzione. Lo stesso vale per le previsioni sugli ordini, negative per il Piemonte e positive per Torino. Nella manifattura, invece, entrambi gli indicatori scendono al di sotto di quota zero dopo undici trimestri.

Nella manifattura aumenta lievemente il ricorso alla cassa integrazione, che resta comunque su livelli contenuti. Varia di poco il tasso di utilizzo delle risorse (vicino al pieno utilizzo). Sostanzialmente stabile la propensione a investire: poco meno di un quarto delle imprese ha programmi di investimento di un certo rilievo. Circa un terzo delle imprese ha ordini garantiti per oltre 6 mesi. Migliora la redditività, soprattutto nel terziario, contrariamente a quanto osservato a livello regionale. Il più favorevole dato torinese è spiegato dal maggior peso dei settori con aspettative più positive, come ad esempio l’automotive.

Commenti sulle previsioni del primo trimestre 2024

Giorgio Marsiaj, Presidente dell’Unione Industriali Torino

«Le indicazioni delle nostre imprese vanno interpretate alla luce del marcato rallentamento dell’economia italiana ed europea nella seconda parte dell’anno. È di questi giorni il dato sulla crescita zero del Pil dell’area euro e del nostro paese nel terzo trimestre; analoga tendenza riguarderà gli ultimi mesi del 2023 e con ogni probabilità almeno i primi tre mesi del 2024. D’altra parte, è una buona notizia il raffreddamento dell’inflazione, che potrebbe consentire alla BCE di anticipare ad aprile-maggio la svolta espansiva della politica monetaria, ridando ossigeno alle imprese e al sistema economico. Ci troviamo dunque in una fase di transizione e attesa, in cui è più che mai importante non perdere di vista i fondamentali sul buono stato di salute della nostra industria, e soprattutto del terziario, che ci viene confermato dalla tenuta di tutti gli indicatori a consuntivo: tasso di utilizzo delle risorse, ritardi nei pagamenti, CIG e occupazione, tempi di pagamento».

Marco Gay, Presidente di Confindustria Piemonte

«La percezione delle imprese piemontesi per il primo trimestre 2024 segue le tendenze dell’ultima parte di quest’anno. L’aumento consistente e repentino dei tassi di interesse è un elemento che sta determinando evidentemente la riduzione degli investimenti, condizionando le aspettative per l’export, specie verso quei Paesi che sono grandi partner storici della nostra regione, e nelle cui filiere produttive le nostre aziende sono saldamente presenti ed attive. I dati sottolineano due punti importanti: la twin transition diventa centrale per lo sviluppo industriale del nostro territorio e il binomio prodotto-servizio deve diventare centrale per portare valore aggiunto sulle produzioni e buona occupazione. Auspichiamo che il lento rientro dell’inflazione porti ad una progressiva normalizzazione dei tassi e degli investimenti. A livello nazionale, è quindi più che mai urgente avviare un piano di politica industriale incardinato anche alla rimodulazione del PNRR attraverso le risorse del Repower EU destinate al piano Industria 5.0. Infine, per le imprese piemontesi è imprescindibile puntare sui giovani e sulle competenze per continuare a crescere nelle filiere, conquistare nuovi mercati e attrarre nuovi investimenti e insediamenti industriali».

Sintesi dei dati per Torino

Per il primo trimestre 2024 il 25,2% delle aziende prevede un aumento della produzione, contro il 15,7% che si attende una diminuzione: il saldo, pari a +9,4%, cala di 4 punti percentuali rispetto alla rilevazione di settembre ed è di quasi 11 punti superiore al saldo del Piemonte nel suo complesso (-1,5%). Trend analogo per gli ordinativi, con un saldo del 9,8% praticamente stabile rispetto alla scorsa rilevazione. L’unico dato negativo è quello delle esportazioni, in calo di oltre 1,8 punti rispetto a settembre. Tengono gli investimenti: sono il 22% le aziende con programmi di spesa di un certo impegno, una quota analoga alla media piemontese. Aumenta il ricorso alla cassa integrazione, che interessa l’8,0% delle imprese, in aumento di 2,3 punti percentuali rispetto a settembre. Varia poco il tasso di utilizzo di impianti e risorse (80%), che resta sui valori medi di lungo periodo.

Sembra chiudersi, nella provincia di Torino, la tradizionale forbice tra imprese medio-grandi (oltre 50 dipendenti) e imprese di minori dimensioni (sotto i 50 addetti), con attese sulla produzione rispettivamente pari a +11,9% e +8,6%, per il prossimo trimestre.

Dettaglio: i principali risultati dell’indagine piemontese

Per il primo trimestre del 2024, le attese sulla produzione delle circa 1.000 imprese piemontesi registrano una battuta di arresto, in linea con il trend già iniziato nella seconda parte del 2023: il 16,3% delle aziende prevede un aumento dei livelli di attività, contro il 19,4% che si attende una diminuzione. Il saldo ottimisti-pessimisti è pari a -1,5% (era +2,3% a settembre). Rallentano le attese sugli ordini, con un saldo del -2,4% in calo di 2 punti percentuali rispetto a settembre.

Positivo, invece, il dato sull’occupazione, con il 16,3% delle rispondenti che ne prevede un aumento, il 7,7% che ne prevede la riduzione e un saldo ottimisti-pessimisti pari a +8,6% (era 11,2% la scorsa rilevazione).

Frenano ulteriormente le aspettative sull’export, con un saldo ottimisti-pessimisti pari a -8,4%, probabilmente a causa del protrarsi dell’incertezza e al rallentamento dell’economia globale. Cala leggermente ma resta buono il livello degli investimenti, che interessano oggi il 22,4% delle rispondenti (era il 25,2% a settembre). Aumenta il ricorso alla cassa integrazione, che interessa ora il10,8% delle imprese. Varia poco il tasso di utilizzo di impianti e risorse, tornato sui valori medi di lungo periodo (78%). Resta ampia la forbice tra le imprese medio-grandi (oltre 50 dipendenti), più ottimiste sui livelli produttivi (saldo +6,5%) e le più piccole (sotto i 50 addetti), che registrano un saldo nuovamente negativo, dopo molti trimestri di crescita (-4,7%).

A livello territoriale, si osservano attese positive solo per Torino e Cuneo, anche se per quest’ultima sono decisamente più caute (rispettivamente (+9,4% e 0,8%). Tutte le altre province registrano saldi negativi: Biella -22,0%, Vercelli -12,9%, Novara -4,1%, Verbania -3,4%, Asti -3,2%, Alessandria -1,1%.

Nel manifatturiero, si registra un ulteriore raffreddamento delle attese, rispetto a settembre, con saldi che passano da -1,3% a -10,1% per la produzione. Ancora negativo il saldo sugli ordinativi che passa da -5,6% a -12,6%.

Positive, per contro, le attese sull’occupazione, con saldo pari a +2,6%, da +8,7% di settembre. Peggiora ancora il saldo dell’export, che passa da -9,2% a -11,2%.

Perdono qualche punto gli investimenti, che interessano il 22,9% delle aziende, in calo rispetto al 25,6% di settembre. Stabili il tasso di utilizzo delle risorse (76%), mentre torna a salire il ricorso alla CIG, che riguarda oggi il 15% delle imprese.

A livello settoriale, il calo più consistente interessa tessile-abbigliamento (-31,5%), cartario-grafico (-21,1%), edilizia (-13,0%) e manifatture varie (-12,7%).

Più contenuto il rallentamento per metalmeccanica (-7,7%), soprattutto macchinari (-16,9%), e alimentare (-4,3%). Migliorano, invece, le attese nei comparti impiantisti (+9,5%), legno (+8,3%), chimica (+5,9%), gomma-plastica (+5,4%) e automotive (+2,8%).

Nei servizi il clima di fiducia resta stabilmente positivo rispetto a settembre. Il saldo relativo ai livelli di attività è pari a +18,3% (era 11,2% la scorsa rilevazione), quello relativo agli ordinativi è pari a +21,2% (da +12,1%), quello sull’occupazione è pari +22,3% (era 17,2%). Gli investimenti rallentano (21,1%), azzerato il ricorso alla CIG (0,7%), alto il tasso di utilizzo delle risorse (84%).

A livello settoriale, le attese delle aziende del terziario sono positive in quasi tutti i comparti, con saldi pari a +29,5% per l’ICT, +27,0% per gli altri servizi, +24,0% per i trasporti, +16,7% per le utility, +15,2% per i servizi alle imprese. Unica eccezione, il commercio e turismo, che registra un saldo negativo (-6,7%).FOCUS: il settore Alimentare

Nella rilevazione di dicembre è stato condotto un approfondimento sul settore Alimentare. Secondo i dati Istat 2021, in Piemonte le 3.739 aziende del comparto danno lavoro a 38.582 persone e nella sola area del Torinese si contano 1.505 realtà con 12.892 addetti impiegati.

Negli ultimi dieci anni la quantità di imprese piemontesi e torinesi ha visto una flessione (rispettivamente -12,0% e -8,7%). Per contro, a fronte di una diminuzione regionale degli addetti (-1,4%), a livello provinciale si registra un aumento del 4,8%.

Il settore alimentare piemontese è costituito all’84% da microimprese (con un massimo di 9 dipendenti), per il 13,9% da piccole imprese (da 10 a 49 addetti), per il 2,0% da medie (da 50 a 250 addetti) e per lo 0,3% da grandi (oltre i 250 addetti).

Il comparto nel 2022 ha esportato beni per circa 8 miliardi di euro (il 15,3% del totale italiano del settore), con un incremento del 13,3% rispetto al 2021, e oltre la metà di tali esportazioni viene inviata in paesi UE, soprattutto Francia e Germania.

Le previsioni delle nostre aziende alimentari per il primo trimestre 2024 sono in linea con quelle del manifatturiero piemontese: registrano, cioè, saldi ottimisti pessimisti in discesa rispetto alle attese per il quarto trimestre 2023, benché il calo per l’alimentare risulti meno marcato.

Il 15,7% delle imprese alimentari piemontesi prevede un aumento della produzione, contro il 20% che si aspetta una diminuzione (saldo -4,3%). Stabili gli ordini totali con un saldo ottimisti pessimisti uguale a zero. Il 12,9% delle aziende pronostica un aumento dell’occupazione, a fronte del 10% che si attende una diminuzione (saldo 2,9%). Ancora positivo l’export, con un saldo pari al +1,6%.

Il ricorso alla cassa integrazione, aumentato durante il periodo pandemico, è tornato a livelli storicamente bassi (2,9%) e comunque decisamente inferiori alla media piemontese. Il tasso di utilizzo delle risorse resta su livelli assai elevati (73%). Il 36% degli intervistati ha programmi di investimento di un certo rilievo, percentuale ben superiore alla media del manifatturiero regionale. Il carnet ordini del comparto alimentare è composto dal 25,0% delle aziende che ha visibilità di un mese, il 39,7% per 1-3 mesi, il 22,1% che ha ordini per 3-6 mesi e il 13,2% per oltre 6 mesi.

Commento all’approfondimento sul settore Alimentare

Simona Radicci, presidente Gruppo Alimentari Unione Industriali Torino:

«L’industria alimentare italiana riveste un ruolo da protagonista non soltanto nell’ambito della composita filiera nazionale del food, ma rappresenta un pilastro dell’intero sistema manifatturiero del Paese in termini di fatturato, numero di imprese, addetti e valore delle esportazioni. Come evidenziato nella recente indagine Federalimentare-Censis, le industrie del settore negli ultimi dieci anni hanno registrato complessivamente un incremento di fatturato del 24,7% in termini reali, aumentando l’occupazione del 12,2% e il valore delle esportazioni in termini reali del 60,3%.

Si tratta di patrimonio identitario che porta il vessillo del Made in Italy nel mondo e a cui il territorio torinese fornisce un contributo prezioso. Le nostre realtà sono diretta espressione della tradizione cittadina nel comparto, forte di marchi storici e rinomati sia di grandi gruppi industriali, sia di piccole e medie imprese prestigiose, a cui si affiancano numerose altre aziende di qualità operanti in tutti i campi, dal dolciario al conserviero, dal vitivinicolo al lattiero-caseario, dalle bevande alle carni ecc.

Un’articolazione di realtà il cui mercato, al di là degli andamenti stagionali e seppur messo alla prova in questi ultimi anni da fenomeni recessivi, appare meno vulnerabile e rispetto ad altri comparti industriali. Inoltre, le nostre aziende sostengono lo sviluppo dell’economia locale, oltre che con la produzione diretta di generi alimentari, anche originando un indotto importante, costituito da un’ampia serie di imprese fornitrici di prodotti, macchinari e servizi connessi, destinati a confezionamento, conservazione, trasporto e stoccaggio, distribuzione».