Giancarlo Gonella, dopo 14 anni lascia la presidenza di Legacoop Piemonte

Giancarlo Gonella lascia la presidenza di Legacoop Piemonte dopo 14 anni:

“Una scelta per il rinnovamento generazionale della classe dirigenteeper avviare nuovi percorsi per lo sviluppo della cooperazione in Piemonte per i prossimi anni”.

Gonella, che il 12 agosto prossimo compirà 66 anni, era stato eletto presidente di Legacoop Piemonte per la prima volta nel giugno del 2006, l’anno delle Olimpiadi invernali a Torino, che vide il movimento cooperativo protagonista nella realizzazione di oltre il 50% delle opere e degli impianti sportivi.

Nel settembre successivo è stato eletto presidente dell’Associazione regionale delle cooperative di consumo.

Successivamente,membro del Consiglio di amministrazione di Novacoop e membro della Direzione nazionale di Legacoop.Venerdì 24 luglio2020,presso l’Environment Park, Sala Kyoto, in Via Livorno 60 a Torino, la Direzione regionale,sentita la relazione del Coordinatore della Commissione per le candidature, procederà all’elezione del nuovo Presidente.




Secondo trimestre 2020: attesa e preoccupazione tra gli imprenditori torinesi

Sono stati resi noti  i dati relativi alla dinamica imprenditoriale torinese nel secondo trimestre 2020, che vede un totale di 218.611 imprese registrate, con 2.350 nuove iscrizioni e 1.386 cancellazioni, e un tasso di crescita pari al +0,44% rispetto al primo trimestre.

“Gli ultimi dati di natimortalità imprenditoriale non mostrano ancora la temuta drastica diminuzione del numero di imprese, quanto piuttosto una situazione di stabilità, con poche aperture e poche chiusure, in un clima generale di prudenza e attesa – ha dichiarato il Presidente della Camera di commercio Dario Gallina. – L’indagine che abbiamo realizzato, tuttavia, ci mostra già con grande evidenza le preoccupazioni dei nostri imprenditori, alle prese con mancanza di liquidità e cali generalizzati nelle vendite. Il 43% delle imprese intervistate prevede pesanti ricadute economiche, mentre un ulteriore 35% si considera addirittura a rischio di chiusura definitiva”.

Natimortalità imprenditoriale torinese nel secondo trimestre 2020

Nel secondo trimestre 2020, profondamente segnato dalle misure messe in atto a seguito dell’emergenza Covid-19, la dinamica imprenditoriale torinese, analogamente a quanto avvenuto a livello nazionale e piemontese, ha registrato un complessivo e prevedibile rallentamento. Sono nate meno imprese rispetto allo stesso trimestre degli anni precedenti, ma ne sono cessate anche meno, a seguito di un atteggiamento attendista che con tutta probabilità ha riguardato sia chi aveva in progetto nuove iniziative imprenditoriali, sia chi già si trovava (o vi è giunto a causa dell’emergenza) in una fase di sofferenza.

 

Le iscrizioni, che fra aprile e giugno 2020 si sono fermate a 2.350, sono calate di 1.546 unità a confronto con il II trimestre 2019 (-39,7%), mentre le cessazioni, pari a 1.386 sono 1.368 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-49,7%). Nel corso dell’ultimo decennio, caratterizzato da un costante ridimensionamento del tessuto imprenditoriale, è il primo anno in cui il secondo trimestre rileva una frenata così importante delle nuove iscrizioni, che sono scese ben sotto quota 3.000.

Tale dinamica si riflette anche nel saldo fra iscrizioni e cessazioni, che resta pur sempre positivo, ma si riduce di valore (+964). A fronte delle dinamiche descritte, il tasso di crescita torinese per il II trimestre del 2020 – rispetto al I trimestre dell’anno – risulta pari a +0,44%, con un totale di 218.611 imprese registrate.

Natura giuridica

Anche in un trimestre di forte stasi, si replicano le dinamiche di crescita rilevate negli ultimi anni. Ad eccezione delle società di persone, il cui tasso di crescita resta negativo (-0,09%), le altre tipologie mantengono un tasso di crescita positivo: nel caso delle imprese individuali, il tasso (0,63%) non si allontana da quello rilevato nello stesso periodo del 2019 (0,68%), mentre nel caso di società di capitale (0,60% a fronte dell’1,02%) e delle altre forme (0,23% anziché 0,54%), la riduzione è decisamente più importante.

Dinamica imprenditoriale al II trimestre 2020

Valori assoluti e tassi di crescita rispetto al trimestre precedente

Imprese
registrate al Peso %

30.06.2020

Cessazioni Saldo Iscrizioni (non d’ufficio) trimestrale

(iscr – cess)

Tasso di crescita II trim 2020

Tasso di crescita II trim 2019

SOCIETA’ DI CAPITALE SOCIETA’ DI PERSONE IMPRESE INDIVIDUALI ALTRE FORME

46.123 21,1%

439 162

277

0,60% -0,09% 0,63% 0,23%

1,02% -0,22% 0,68% 0,54%

51.976 23,8%

108 156

-48

115.749 52,9%

1.779 1.055

724

4.763 2,2%

24 13

11

TOTALE

218.611 100%

2.350 1.386

964

0,44%

0,52%

Fonte: elaborazioni Camera di commercio di Torino su dati InfoCamere

Indagine monitoraggio degli effetti di COVID-19

La Camera di commercio, nel suo ruolo istituzionale di osservatore dell’economia del territorio e di Antenna territoriale del progetto S.I.S.PR.IN.T, ha avviato un’indagine per monitorare la delicata fase congiunturale a seguito dell’emergenza legata al virus Covid-19. L’indagine, partita in concomitanza con l’avvio della fase 2 (fine del lockdown) e conclusa a metà giugno, è stata somministrata a un campione rappresentativo di imprese della città metropolitana di Torino (circa 6.000), appartenenti a tutti i settori merceologici. Hanno risposto all’indagine 611 imprese, 454 appartenenti al campione e 157 che hanno preso parte al monitoraggio accedendo dal sito dell’ente camerale.

Gli effetti dell’emergenza

A seguito del lockdown il 62% delle imprese (380) ha dovuto sospendere completamente l’attività. Si è trattato soprattutto di attività dei servizi alle persone (l’83% del settore), seguite dal turismo (il 76%) e commercio (il 65%). La sospensione ha riguardato soprattutto le imprese individuali (il 72% delle imprese con tale forma giuridica) e con meno di 10 addetti (il 67% delle micro imprese).

L’emergenza sanitaria ha portato in primis un deterioramento della liquidità (criticità rilevata dal 74% delle rispondenti), cui segue il calo/cancellazione delle vendite e degli ordinativi (il 64%). Più distanziate seguono le problematiche connesse alla perdita dei principali mercati di riferimento o dei principali clienti, che ha coinvolto il 36% delle imprese, e la difficoltà nel tornare a lavorare «in sicurezza» nel difficile contesto di riferimento (il 19%).

Il deterioramento della liquidità vede maggiormente coinvolte le imprese del turismo e delle costruzioni (rispettivamente l’87% e l’81% dei rispettivi settori), mentre il calo degli ordinativi, dopo il commercio (il 69% delle imprese del settore), ha toccato l’industria manifatturiera (il 67%).

 

Deterioramento liquidità

Quali sono le principali esigenze di liquidità delle imprese? Chiaramente si tratta in primo luogo di motivazioni connesse alla sopravvivenza dell’impresa: l’imposizione fiscale in primis (citata dal 73% delle rispondenti), seguita dalla necessità di sostenere i costi fissi (61%), dal pagamento di forniture (39%) e dalla retribuzione del personale (34%). Si rileva, tuttavia, che un 13% di rispondenti indica necessaria la liquidità per investire in innovazione di prodotto/processo nonostante il periodo di difficoltà.

Variazioni di fatturato – ordinativi – occupazione

Per valutare l’impatto economico della crisi sanitaria, è stato chiesto alle imprese di stimare la variazione di fatturato, ordinativi e di occupazione (intesa come ore lavorate) registrata tra marzo e aprile 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Nel complesso, nove imprese su dieci hanno manifestato una diminuzione più o meno marcata del fatturato; oltre otto su dieci degli ordinativi e dell’occupazione. Guardando ai singoli settori di attività, tutti i comparti registrano diminuzioni; ad aver registrato un’erosione più marcata delle tre variabili economiche- sono però le attività dei servizi di alloggio e ristorazione che nel 100% dei casi hanno dichiarato una diminuzione di tutte e tre le componenti.

Previsioni per il futuro Con l’avvio della Fase 2 il 43% delle imprese ha dichiarato che ci sarebbero state ricadute economiche negative importanti sull’attività.A questa percentuale si aggiunge un ulteriore 35% di imprese che hanno dichiarato di avere un’attività a rischio chiusura: l’analisi per settori economici vede, tra queste, al primo posto quelle turistiche (il 71,1% delle imprese del settore) – soprattutto i bar-, le imprese del commercio (in primis negozi al dettaglio di abbigliamento e scarpe) e i servizi alle persone (parrucchieri ed estetisti).

Sul fronte opposto, solo il 4,9% ha dichiarato che non ci sarà nessun impatto rilevante. Ovviamente la dimensione aziendale rappresenta un fattore determinante: tra le imprese con classe dimensionale tra gli 0 e i 19 addetti la percentuale di rispondenti che ha dichiarato il rischio chiusura attività è più elevata che nelle imprese oltre 20 addetti. Al contrario, le ricadute minime sono maggiormente concentrate nelle imprese più grandi (il 36,4% oltre 20 addetti).

Riaprire o no? Delle 380 imprese che hanno sospeso completamente l’attività nella FASE 1 dell’emergenza sanitaria, il 47,6% ha dichiarato che avrebbe continuato a stare chiusa anche con l’avvio della FASE 2 ed il 22,9% che avrebbe aperto solo parzialmente l’attività.

Tra i principali motivi per la mancata apertura completa, al primo posto con il 43,3% delle imprese si colloca la sostenibilità economica (p.e. troppi costi fissi). Il 35,4% vede una difficoltà a rispettare le misure per la riapertura in sicurezza e un 25,7% delle imprese dichiara di avere rischi imprenditoriali eccessivi rispetto alla situazione di incertezza. Ritorno alla normalità Le imprese che hanno dichiarato di poter riprendere i normali ritmi produttivi, seppur non prima di un anno rappresentano il 44% delle rispondenti: di queste (144; il 54%) prevede di farlo con l’adozione di alcuni cambiamenti.

Non sono tuttavia da sottovalutare le percentuali relative alle imprese che difficilmente ritengono possibile un ritorno ai livelli pre crisi (il 33%) e quante ritengono sarà necessaria una profonda riorganizzazione aziendale per sopravvivere alla crisi (il 29%).




SACE e Confindustria Piemonte con l’appuntamento “Il credito per ripartire: dinamiche ed esigenze del territorio”

La tappa di oggi, organizzata in collaborazione con Confindustria Piemonte, è il quarto appuntamento di un percorso che ha già toccato la Campania, il Veneto e l’Emilia Romagna e che, nei prossimi giorni, arriverà anche in Friuli Venezia Giulia, nel Lazio e in Sicilia.

Un confronto per un’auspicata ripartenza economica e le soluzioni che sono già disponibili per aziende e banche.

Questi i principali temi al centro della nuova iniziativa, lanciata recentemente da SACE in collaborazione con le associazioni confindustriali regionali, che ha riunito oggi in un webinar i Direttori Territoriali delle banche attive nella regione e i Presidenti delle Associazioni Confindustriali del Piemonte.

L’obiettivo è stato condividere le reciproche esperienze e individuare soluzioni concrete per far fronte al momento complesso che stanno affrontando le aziende e le loro filiere a causa degli impatti negativi del Covid-19 sulle attività economiche della regione.

Oltre a ciò, SACE ha presentato ai partecipanti i benefici di Garanzia Italia, lo strumento messo in campo con il Decreto “Liquidità” per sostenere le imprese italiane colpite dall’emergenza Covid-19.

“Quest’iniziativa – ha dichiarato Mario Bruni, Responsabile Mid Corporate di SACE – rappresenta un’ottima occasione di condivisione e confronto per individuare, assieme alle banche, alle aziende e alle istituzioni, delle linee guida comuni per andare tutti nella stessa direzione e affrontare l’attuale fase di ripartenza dell’economia italiana e piemontese. Le imprese di un territorio che, come il Piemonte, si impegna a guardare avanti e a pianificare il proprio futuro, possono trovare in Garanzia Italia uno strumento utile ed efficace per vincere le sfide del presente. Inoltre, con SACE, che conferma il proprio ruolo come motore dell’export italiano, le aziende piemontesi possono estendere i confini della loro crescita futura anche all’estero”.

Giancarlo Somà, coordinatore Area Credito di Confindustria Piemonte e responsabile servizio economico Unione Industriale di Torino, ha dichiarato:

”La condivisione tra sistema di rappresentanza delle imprese e operatori finanziari sull’efficacia degli strumenti messi a disposizione dal Decreto Liquidita è sicuramente un’opportunità, dettata anche dalla novità circa il ruolo della garanzia Sace, riconosciuta attraverso tale Decreto. È evidente che dal lato impresa, l’esigenza è quella di una celerità nell’erogazione dei finanziamenti e, dopo gli iniziali necessari aggiustamenti operativi e delle procedure, nelle ultime settimane si è concretamente vista una sensibile accelerazione”.

Dopo l’appuntamento di oggi, seguiranno i webinar per il Friuli Venezia Giulia (20 luglio), il Lazio (22 luglio) e la Sicilia (28 luglio).

 




Alba: inaugurato il restaurato Centro Collaudi

All’interno dell’immobile adibito a stazione di controllo autoveicoli sono state realizzate alcune strutture in cemento armato ed altre in acciaio come pilastri e rinforzo ai sostegni per consentire l’installazione delle chiusure perimetrali a telo chiesti dalla Motorizzazione di Cuneo.

Oltre a ciò, sono state realizzate opere edili per la sopraelevazione del marciapiede esterno, in modo da adeguare l’area ad uso revisione dei veicoli.

È stata anche sostituita la vecchia tettoia con una nuova in lastre isolanti a profilo grecato, in lamiera di acciaio zincato preverniciata accompagnata da canali di gronda, staffe di ancoraggio e linea vita in copertura. Sono state fatte le chiusure perimetrali dell’area attraverso una struttura metallica. Sono state potate le piante e sistemata l’area verde. Tinteggiata la recinzione e realizzata la segnaletica orizzontale sul piazzale.

Per i lavori sono stati spesi 140 mila euro del Comune, 40 mila euro concessi dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e 43 mila e 400 euro del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Il Centro Collaudi e Revisione Autoveicoli di Alba ospita settimanalmente gli addetti della Motorizzazione Civile di Cuneo per verifiche e prove sia sulle autovetture che sui mezzi pesanti.

È punto di riferimento e servizio per le zone di Alba, Bra, Langhe, Roero e parte dell’Astigiano. All’interno vengono svolte circa 2.500 verifiche all’anno. La struttura costruita nel 1982 era obsoleta e non più a norma di sicurezza e di igiene per i lavoratori. Il complesso, privo di chiusure laterali, era soggetto ad intemperie con notevoli disagi per il personale e gli utenti.

L’immobile proprietà del Comune di Alba è stato concesso dall’ente al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’accordo di concessione è stato rinnovato l’8 maggio 2019 e scade il 6 ottobre del 2024.

Il piazzale di fronte è nella piena disponibilità del Comune. Il ministero può utilizzare lo spazio come area di sosta per i veicoli in attesa di collaudo durante la settimana, dal lunedì al venerdì. Il Comune di Alba utilizza l’area in modo esclusivo il sabato, la domenica, in altri giorni festivi ed in occasione di eventi particolari.

«Questa struttura – ha spiegato il sindaco di Alba Carlo Bo – è stata realizzata nel 1982, è stata inaugurata nel 1984. Negli anni sono stati fatti dei lavori di manutenzione nel 2001, nel 2003, nel 2006 e nel 2013, ma questo è l’intervento più importante. Un restauro di circa 223 mila euro realizzato dal Comune in collaborazione con il ministero e con il finanziamento della Fondazione Crc che ringraziamo. Questo è un fiore all’occhiello per la nostra città e punto di riferimento per Langhe, Roero ed Astigiano. Siamo arrivati al rinnovo di questa struttura grazie al lavoro sinergico tra Comune, ministero e Confartigianato grazie al delegato Claudio Piazza.

Quando gli enti lavorano insieme ottengono grandi risultati».
«Siamo impegnati a Roma a dare uno slancio a questo settore – ha sottolineato il sottosegretario del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti Roberto Traversi – Oggi è importante inaugurare qualcosa. In questa sede è stato fatto un lavoro di restauro preciso e funzionale. Questo è un vanto anche per l’Amministrazione. Tenere sul territorio determinati servizi è fare un servizio alla popolazione».

«Questa ristrutturazione – ha dichiarato il Direttore Generale della D.G.T. Nord-Ovest del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Dipartimento per i trasporti la Navigazione gli Affari Generali ed il Personale Giorgio Callegari – è frutto di un dialogo con l’Amministrazione comunale iniziato nel 2015.

Allora era stato emanato un decreto in cui Cuneo veniva accorpata agli uffici della Liguria. Sono venuto qui, ho visto il territorio, ho dialogato con l’Amministrazione, ho fatto mettere a norma le cose più urgenti per la sicurezza dei lavoratori e non vi fu accorpamento. Nel 2019, bisognava rinnovare la convenzione e venni ad Alba con l’idea di chiudere questo Centro, ma parlando con il sindaco di allora, uscii dall’incontro con una decisione completamente diversa.

Ci fu il rinnovo della convenzione e l’impegno da parte di entrambi di restaurare questo centro per renderlo più efficiente. Oggi penso che la presenza di questo servizio in questa zona debba essere incrementata per controlli ancora più accurati e più sicuri».

«Negli anni ho seguito la situazione del Centro Collaudi facendo da tramite e da collante tra l’Amministrazione comunale ed il Ministero – ha spiegato Claudio Piazza delegato nazionale e presidente regionale del settore Gpl metano per autotrazione della Confartigianato – Ho spronato entrambi per il restauro del Centro e poi ho seguito l’andamento dei lavori. Ringrazio il direttore Callegari per la fiducia che mi ha dato come suo delegato sul territorio per seguire questa vicenda. Inoltre, ringrazio l’Amministrazione albese per la fiducia accordatami in questi anni».
All’inaugurazione Centro Collaudi restaurato sono intervenuti anche il senatore Marco Perosino; Daniele Casetta, presidente zona di Alba di Confartigianato; Domenico Visca, vicepresidente di Zona e componente del Consiglio Generale della Fondazione CRC; Daniela Balestra, vicepresidente territoriale Confartigianato Cuneo; Carlo Napoli, segretario Confartigianato Imprese Piemonte; Alessandro Angelone, presidente di Confartigianato Autoriparazione; Flavio Merigo, direttore tecnico di NGV Italy; Renato Rolla, vicepresidente nazionale ANCoS Confartigianato.

Hanno partecipato gli assessori comunali Massimo Reggio, Bruno Ferrero e Marco Marcarino; i consiglieri comunali Elena Alessandria, Daniele Sobrero, Clelia Vezza, Alberto Gatto, Rosanna Martini e Claudio Tibaldi.

Tra i numerosi presenti, anche il consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo Giuliano Viglione.
Ha benedetto i rinnovati locali Don Franco Gallo, parroco di Mussotto.




Nuova ordinanza: ok alla consultazione di giornali e al gioco con le carte

Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha firmato una ordinanza che reintroduce, a partire dall’11 luglio, la possibilità di consultazione di giornali e quotidiani all’interno di bar ed esercizi pubblici. Si potrà riprendere anche a giocare a carte nei circoli ricreativi.

L’ordinanza è stata emanata alla luce dei pareri favorevoli del Settore Prevenzione dell’Assessorato regionale alla Sanità e degli esperti dei gruppi di lavoro tecnico-scientifici che ne hanno valutato la compatibilità con l’attuale situazione epidemiologica, che anche nell’ultimo Report 8 della Fase 2 trasmesso dal Ministero della Salute indica in Piemonte un basso livello di rischio e zero allerte.

Tutte le attività andranno svolte nel rispetto delle apposite Linee guida approvate dalla Giunta regionale.

In particolare, per giocare a carte sarà obbligatorio indossare la mascherina, igienizzare frequentemente le mani e le superfici utilizzate, rispettando il distanziamento fisico di almeno un metro tra i giocatori delle stesso tavolo e tra tavoli adiacenti. Auspicabile, anche se non obbligatorio, l’utilizzo dei guanti monouso.

Per la lettura dei giornali si affida al gestore del locale l’obbligo di assicurare prima e dopo la manipolazione della copia la sanificazione delle mani degli utenti, che dovranno indossare obbligatoriamente la mascherina. Al gestore viene anche raccomandato di mettere a disposizione più copie della medesima testata e di rimuoverle a fine giornata.

 




Nel primo semestre fatturato aziende crolla del -19,7%. La provincia in maggiore sofferenza è Biella

Fatturato in caduta libera (-19,7%) per le aziende italiane (spa e srl) nel primo semestre dell’anno con una perdita di oltre 280 miliardi di euro. Il dato emerge dall’Osservatorio sui Bilanci delle SRL 2018 e stime 2020 del Consiglio e della Fondazione Nazionali dei Commercialisti che ha misurato l’impatto dell’emergenza COVID-19 ed il relativo lockdown sul fatturato delle società di capitali nei primi sei mesi dell’anno.

Nell’analisi sono considerate circa 830 mila società che fatturano complessivamente circa 2.700 miliardi di eurol’89% di tutte le imprese e l’85% circa di tutti gli operatori economici. L’Osservatorio sui bilanci dei commercialisti elabora i dati presenti nella banca dati AIDA di Bureau van Dijk.

In Piemonte la provincia in maggior sofferenza è Biella (-24,5%). Questi i dati delle altre province piemontesi: Torino (-22%), Vercelli(-22%), Novara(-23,3%), Cuneo(-20,2%), Asti(-21%), Alessandria(-21,3%) e Verbano-Cusio-Ossola(-23,5%).

 

Tra le province ad accusare maggiormente gli effetti della pandemia, Potenza (-29,1%), Arezzo (-27,2%), Fermo (-26,3%), Chieti (-25,8%) e Prato (-25,3%) con performance peggiori del dato nazionale, mentre resistono meglio Siracusa (-13,7%), Cagliari (-13,8%), Roma (-16,1%), Genova (-16,5%) e Trieste (16,7%).

 

Tabella Prime 10 province per perdita di fatturato

Province VAR VAR %
1 Potenza -1.345.023 -29,1%
2 Arezzo -2.130.648 -27,2%
3 Fermo -599.902 -26,3%
4 Chieti -1.899.450 -25,8%
5 Prato -1.175.646 -25,3%
6 Pordenone -1.668.595 -25,3%
7 Pesaro e Urbino -1.499.230 -25,0%
8 Lecco -1.852.282 -24,8%
9 Terni -691.224 -24,7%
10 Biella -765.987 -24,5%

 

 

 

A livello di macroarea la maggior sofferenza si avverte nel Nord-Est (-21,3%), mentre  le isole (-17,6%) fanno registrare la minor perdita in termini di variazione percentuale.  Nel dettaglio emerge come nel solo mese di aprile, unico mese ad essere sottoposto interamente agli effetti della fase 1 del lockdown, la perdita di fatturato calcolata sulla base delle simulazioni descritte è pari a 93 miliardi di euro (-39,1%).

 

Tabella Simulazioni fatturato primo semestre 2020 società di capitali e variazioni annuali

MACROAREE 2020 2019 VAR VAR %
NORD-EST 253.583.863 322.064.990 -68.481.127 -21,3%
NORD-OVEST 488.347.999 606.833.534 -118.485.535 -19,5%
CENTRO 279.567.872 342.009.069 -62.441.197 -18,3%
MERIDIONE 84.934.829 107.846.051 -22.911.221 -21,2%
ISOLE 33.653.748 40.840.551 -7.186.803 -17,6%
ITALIA 1.140.088.310 1.419.594.194 -279.505.884 -19,7%

 

Le differenze territoriali riflettono la diversa struttura produttiva territoriale, soprattutto la differente composizione del peso del fatturato proveniente dalle attività industriali e del commercio che esprimono il peso maggiore in termini di fatturato delle società di capitali italiane e che risultano essere anche le attività più interessate dal lockdown. In particolare, il fatturato delle società di capitali dell’industria e di quelle del commercio, complessivamente prese, pesa per il 69% sul fatturato totale. Inoltre, nel corso della fase 1 del lockdown, il fatturato delle società appartenenti ai settori chiusi per decreto è stato pari a 41,2% per l’industria e 43,9% per il commercio, con molti sottosettori con valori anche pari al 100% (ad esempio l’intero comparto automobilistico).

 

“Quella che emerge dalle nostre simulazioni sulla perdita di fatturato delle società di capitali italiane nel primo semestre dell’anno – commenta il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani –  è una cifra impressionante che non può non destare enorme preoccupazione per il destino delle imprese italiane”.

 

“Adesso – aggiunge Miani – è urgente intervenire per spingere la ripresa, sia con interventi di alleggerimento della pressione finanziaria sulle imprese, a partire dal versante fiscale, sia con interventi che rafforzino il clima di sicurezza generale e quello più specifico nei settori produttivi. Non ci sembra appropriato l’eventuale intervento sull’Iva, oneroso per il bilancio pubblico ma molto poco stimolante per la ripresa di consumi e investimenti, mentre molto importanti appaiono gli interventi di stimolazione produttiva come l’ecobonus al 110%, a patto però che vengano lanciati velocemente in un quadro regolatorio il più chiaro e trasparente possibile”.

 

Oltre a ciò, secondo Miani “sarà fondamentale disegnare nel medio periodo una riforma fiscale che completando il riequilibrio ormai interrotto tra la tassazione sul lavoro e quella sui consumi, riduca la pressione fiscale sul ceto medio e sui giovani, così da favorire sia un accrescimento del reddito spendibile da parte delle famiglie con figli, che hanno una più elevata propensione al consumo, sia incentivando la propensione a lavorare delle fasce più deboli e l’emersione del nero”.




Consiglio regionale: istituita la Commissione Autonomia

Il Piemonte istituisce la Commissione permanente Autonomia, per trattare i provvedimenti appunto relativi ad autonomia differenziata, affari istituzionali, federalismo ed Enti locali. Con il voto a maggioranza dell’Assemblea, ai sensi del capo decimo dello Statuto (necessario per modificare il regolamento interno) è stata approvata nel pomeriggio del 7 luglio la proposta di deliberazione, primo firmatario il presidente del Consiglio Stefano Allasia.

Con l’approvazione di emendamenti presentati da Riccardo Lanzo (Lega) tra le competenze è stata inserita pure la Comunità di lavoro Regio insubrica e frontalierato.

“Sono fiero del risultato raggiunto, la costituzione della Commissione autonomia è un traguardo storico per il Piemonte – ha dichiarato Allasia -. Ringrazio tutta l’assemblea legislativa, la maggioranza ma anche le minoranze per il senso di responsabilità dimostrato. La nostra regione si appresta ad affrontare una sfida di maturità e serietà: il percorso non sarà semplice, ma sono certo che servirà a garantire migliori condizioni di efficienza e benessere a tutti i piemontesi, nel segno del principio di sussidiarietà”.

Nello specifico, la Commissione si occuperà dell’analisi e del monitoraggio del percorso di riconoscimento di particolari forme di autonomia di cui all’articolo 116 della Costituzione e della valutazione delle ricadute gestionali delle funzioni nelle materie oggetto di autonomia differenziata. Avrà otto componenti.

Nel dibattito che ha preceduto la votazione, Marco Grimaldi (Luv) si è detto contrario a istituire la Commissione Autonomia, ritenendola “inutile e dannosa; la Giunta dimostra di non gestire i poteri ordinari e ne chiede di straordinari”. Secondo Raffaele Gallo (Pd) “la scelta migliore sarebbe stata una Commissione non permanente”, mentre per Carlo Riva Vercellotti (Fi) “questa Commissione deve diventare fondamentale anche nei rapporti con le autonomie locali e in generale con i Comuni, grandi e piccoli”.

A parere di Sean Sacco (M5s) “durante l’emergenza Covid più volte il Piemonte ha chiesto l’ausilio romano per intervenire. Spero che questa Commissione dia più coraggio all’amministrazione Cirio, senza aspettare Roma per togliere le castagne dal fuoco”.

Nelle dichiarazioni di voto, Alberto Preioni (Lega) ha sottolineato la soddisfazione “per chi come noi ha una lunga storia politica di autonomismo”. Per Silvio Magliano, “una Commissione speciale sarebbe stata più opportuna, con una maggior capacità di lavoro, esaurendosi a fine legislatura”.




Green Deal 2030: solo il 45% delle impree agricole avanzate ha avviato un percorso di investimenti

La Commissione Europea con le strategie del Green Deal sull’economia circolare, la biodiversità e “farm to fork” ha recentemente presentato il proprio progetto per l’agricoltura del futuro.

È su questi binari tracciati che si disegneranno le prossime politiche per il settore primario le quali, nelle intenzioni di Bruxelles, disporranno nel periodo 2021-2027 di 402 miliardi di euro (compresi i 45 in dote al nuovo strumento di rilancio economico Next Generation EU), dei quali 348 a favore della nuova PAC.

La parola d’ordine è quindi sostenibilità. Ma le imprese agricole italiane sono pronte a farsi interpreti dei nuovi indirizzi green europei?

Per rispondere a questa domanda, nell’ambito dell’iniziativa AgriCOMMUNITY, Nomisma – con la collaborazione di Edagricole – ha realizzato un’indagine diretta, che ha coinvolto all’inizio del 2020 oltre 1.000 imprese agricole italiane avanzate (con una SAU media di 63 ettari). Ecco cosa emerge.

Gli orientamenti europei per un’agricoltura sostenibile prevedono significativi obiettivi di riduzione d’impiego degli input chimici (agrofarmaci e fertilizzanti) entro il 2030, con un parallelo incentivo alla crescita dei sistemi di produzioni biologica, che dovrebbero coinvolgere almeno il 25% della superficie agricola.

Poco meno di un quarto delle imprese avanzate del campione AgriCOMMUNITY ha adottato il sistema di coltivazione biologica, con un’incidenza sulla propria superficie agricola pari al 18%, alcuni punti percentuali al di sopra della media nazionale (15%). Analogamente il 24% delle imprese adotta sistemi di produzione integrata (con un peso sulla superficie agricola pari al 18%). Anche in questo caso sono realtà attente alla sostenibilità, ma non menzionate nei documenti della Commissione.

Sebbene sia prevista una contrazione dell’uso degli input chimici, in una logica di salvaguardia della produttività dell’impresa e quindi della sua competitività, l’utilizzo dei mezzi tecnici – non solo fertilizzanti e agrofarmaci, ma anche mangimi e sementi certificate – è ritenuto importante da un ampio numero di imprese del campione, sempre superiore ai due terzi.

Un possibile percorso per conciliare le due esigenze può essere offerto da un uso più razionale dei mezzi tecnici, che può essere conseguito, nelle intenzioni della Commissione, grazie ad una maggiore diffusione delle tecnologie dell’agricoltura 4.0. Tuttavia un’adozione del precision farming su vasta scala sembra ancora molto lontana.

Appena il 24% delle imprese agricole avanzate intervistate dispone di un parco macchine con un’età media inferiore ai dieci anni e solo un ristretto numero di esse possiede macchine con sistemi di guida assistita/semi-automatica/GPS integrato (13%), di applicazione a dosaggio variabile (6%) o altre tecnologie come centraline meteo o sensori (rispettivamente 11% e 4%.).

Su questo fronte è necessario un forte slancio in avanti, ottenibile attraverso investimenti diretti delle imprese, grazie al supporto del mondo del contoterzismo, il quale può fornire risposte a quella parte del tessuto produttivo di più piccole dimensioni, per le quali l’acquisto di queste tecnologie non sarebbe economicamente giustificato.

In termini di tecnologie, l’attenzione va posta anche sull’adozione di sistemi irrigui a risparmio idrico, presenti nel 64% delle imprese agricole avanzate e fra queste solo per il 30% con sistemi a risparmio idrico (Irrigazione localizzata e micro-irrigazione superficiale, subirrigazione, ecc.). Un altro fronte riguarda quello delle energie rinnovabili, fortemente sostenute dalla Commissione, che sono presenti in circa un terzo delle imprese del campione AgriCOMMUNITY, ed in gran parte fanno riferimento al fotovoltaico.

“Il quadro che emerge dalla nostra indagine mostra che per perseguire gli obiettivi europei le imprese agricole dovranno agire sulla leva degli investimenti”, spiega Ersilia Di Tullio, coordinatrice scientifica di AgriCOMMUNITY.

“Tuttavia, anche in un campione avanzato, solo il 56% si dichiara intenzionata ad investire nei prossimi anni, soprattutto in macchine e tecnologie al 34% delle preferenze – prosegue Di Tullio – mentre una parte rilevante pari al 29% delle imprese, pur volendo intraprendere questo percorso, non è in condizioni di farlo. A queste si aggiunge una quota del 15% imprese che si dichiara non interessata ad un progetto di investimento”.

In questo scenario è comprensibile come appena il 40% delle imprese abbia in corso un prestito bancario e la partnership con gli istituti di credito riguardi le imprese di maggiori dimensioni e più performanti. Un comportamento simile emerge anche nei confronti dei servizi assicurativi a testimonianza di come nell’agricoltura italiana, anche avanzata come nel campione AgriCOMMUNITY, siano ancora presenti imprese traiettorie di sviluppo molto diverse.

“Nella sfida del Green Deal europeo gli agricoltori dovranno assumere un ruolo centrale, da protagonisti – osserva Paolo De Castro, coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo – Come abbiamo più volte sottolineato, infatti, c’è il rischio che di fronte a nuovi vincoli produttivi, come la riduzione di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi, il piano in chiave ambientale lanciato dalla Commissione Ue sia male interpretato e visto come una penalizzazione, anziché un’opportunità.

Per questo l’esecutivo dovrà incentivare finanziariamente gli agricoltori a adottare pratiche ecologiche più rispettose dell’ecosistema e a investire maggiormente nelle tecnologie digitali. Un po’ come è successo per le produzioni biologiche, che a livello comunitario hanno funzionato anche grazie agli incentivi erogati, sia nella fase di transizione dal convenzionale al bio, sia nel mantenimento e nella loro diffusione mettendo al bando la chimica”.

 

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Csi, un Odg lo conferma consorzio pubblico

Approvato l’ordine del giorno “Riconoscimento a livello internazionale di tecnologia e know how del Csi”, primo firmatario Marco Grimaldi (Luv), con le modifiche concordate con la Giunta regionale.

Era uno degli atti d’indirizzo collegati al disegno di legge 83 “Misure urgenti di adeguamento della legislazione regionale (collegato)”.

L’Odg approvato impegna la Giunta regionale “a rilanciare il Csi come consorzio pubblico ed ente strumentale della Regione Piemonte per salvaguardare una eccellenza di tecnologia e know-how riconosciuti a livello internazionale”.

In precedenza era stato approvato un emendamentio all’Omnibus che modifica la disposizione che definiva il Csi “ente di diritto pubblico” trasformandolo in “ente di diritto privato in controllo pubblico”

Gli altri 58 documenti collegati, oltre a quello ritirato di Valter Marin (Lega), sempre con primo firmatario Grimaldi, sono stati tutti respinti.




Unioncamere Piemonte: il Covid aggrava le criticità del manufatturiero piemontese

Nell’ambito della consueta collaborazione tra Unioncamere Piemonte, Intesa Sanpaolo e UniCredit per il monitoraggio della congiuntura economica piemontese, Unioncamere Piemonte diffonde oggi i dati della 194ª “Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera” realizzata in collaborazione con gli Uffici studi delle Camere di commercio provinciali.

A causa dell’emergenza Covid-19 la rilevazione è stata posticipata ed è stata condotta nei mesi di maggio e giugno con riferimento ai dati del periodo gennaio-marzo 2020, ha coinvolto 1.859 imprese industriali piemontesi, per un numero complessivo di 93.848 addetti e un valore pari a circa 51,9 miliardi di euro di fatturato.

Dalla’indagine emerge come, nel periodo gennaio-marzo 2020, la produzione industriale piemontese abbia registrato un crollo del -5,7% sull’analogo periodo dell’anno precedente. L’indicatore in questi ultimi anni aveva già evidenziato un graduale indebolimento (-0,5% in media d’anno 2019, +1,0% nel 2018, +3,6% nel 2017), la pandemia di Covid-19, sebbene iniziata solo a metà del trimestre in esame, ha aggravato ulteriormente le criticità presenti, impattando in maniera violenta sul comparto manifatturiero regionale.

 

Il Presidente di Unioncamere Piemonte, Gian Paolo Coscia, ha commentato:

Il Piemonte sta vivendo un’altra crisi, del tutto imprevista e nuova. Le imprese hanno fatto del loro meglio per adattarsi, riconvertirsi o modificare le proprie produzioni. Spesso con grande creatività e inventiva. Ma ora spetta all’intero mondo istituzionale dare una risposta concreta e ampia ai vari settori che, purtroppo, continuano a soffrire: dal turismo al commercio, dall’industria all’artigianato e all’agricoltura.

Le aspettative degli imprenditori per il secondo trimestre sono ancora improntate al pessimismo, per le chiusure del mese di aprile: non abbiamo più tempo, dobbiamo adottare soluzioni efficaci che permettano ai nostri imprenditori di traghettare le proprie aziende al di là di questa emergenza. E penso al ruolo importante del credito, della cassa integrazione, del sostegno all’export. Sfruttiamo con lungimiranza le risorse che l’Europa ci mette a disposizione: guardiamo con coraggio all’innovazione e alla trasformazione digitale, veri passepartout dello sviluppo economico”.

Teresio Testa, Direttore regionale Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa Sanpaolo ha dichiarato: “In questa situazione imprevedibile e sotto molti aspetti drammatica abbiamo fatto e stiamo facendo tutto il possibile per contenere l’onda d’urto. Basti pensare che nei mesi di marzo e aprile la banca ha processato oltre 600mila pratiche di credito, rispetto ad un milione di pratiche all’anno lavorate precedentemente all’emergenza provocata dal Covid-19. Questo grazie alla digitalizzazione e al lavoro di task force che hanno affiancato le nostre filiali sul territorio.

Ricordo i passaggi chiave: la moratoria immediata, già a febbraio, per mutui e prestiti, la conversione delle linee di credito per dare liquidità e consentire i pagamenti di fornitori e stipendi, i finanziamenti aggiuntivi agevolati, i plafond dedicati ai settori più colpiti come il turismo e l’artigianato, i prestiti fino a 25.000 euro con preammortamento a due anni – ad oggi solo in Piemonte 10.000 erogazioni già sul conto corrente dei clienti -, i prestiti con garanzia Sace ed infine l’anticipo della cassa integrazione in deroga, una misura, secondo noi, di alta responsabilità sociale. L’emergenza non è finita e i dati parlano chiaro, ma finalmente possiamo ora lavorare con la prospettiva della ripartenza.

In Piemonte abbiamo donato 1,7 milioni di euro al sistema sanitario e nei primi sei mesi dell’anno abbiamo messo a disposizione 2 miliardi alle piccole e medie aziende. Con questo abbiamo voluto dire che per questa Regione abbiamo cuore e gambe. Adesso bisogna unire capacità e intelletti per plasmarne il futuro. Per le pmi della filiera stiamo lavorando ad accordi specifici con le imprese champion, a livello istituzionale stiamo partecipando attivamente al dialogo con mondo imprenditoriale, università e amministrazioni pubbliche, e che sono convinto darà i suoi frutti”.

“L’economia italiana – ha affermato Fabrizio Simonini, Regional Manager Nord Ovest UniCredit – ha subito un arresto improvviso a causa della crisi epidemiologica che si è abbattuta sul Paese. Fin da subito, abbiamo studiato tutte le modalità di supporto agli imprenditori che hanno visto la propria attività bloccata dalle disposizioni governative. Da inizio crisi abbiamo erogato più di un miliardo di euro a circa 47 mila aziende italiane che hanno presentato le richieste per un finanziamento fino a 25 mila euro con garanzia dello Stato, sulla base del decreto liquidità.

In Piemonte, solo per portare alcuni esempi, abbiamo supportato la ripresa dell’attività di realtà importanti come Venchi, storica azienda produttrice di cioccolato e gelato di altissima qualità, il Gruppo Cellino, che conta 9 impianti produttivi e circa 500 dipendenti nel settore dell’acciaio e alluminio in provincia di Torino, Eutourist, azienda specializzata nella settore della ristorazione collettiva.

Le iniziative a sostegno del territorio non sono finite qui. Abbiamo anche scelto di anticipare alla Regione Piemonte una donazione di 500 mila euro, frutto dei fondi che verranno raccolti nel corso dell’anno tramite UniCredit Card Flexia Classic Etica, e affiancato la Croce Rossa di Torino e Cuneo con una donazione di oltre 35 mila euro per l’acquisto di mascherine, materiale sanitario e dispositivi medici. In definitiva, abbiamo garantito un supporto a realtà imprenditoriali, enti e associazioni piemontesi, per non lasciarle sole ad affrontare la crisi”.

Il calo della produzione industriale si associa all’andamento negativo evidenziato da tutti gli altri principali indicatori. Gli ordinativi frenano del 5,9% sul mercato interno e del 2,6% sul mercato estero. La flessione del fatturato totale si attesta al 4,8%, la componente estera cala del 2,9%. Il grado di utilizzo degli impianti scende di 10 punti rispetto all’analogo periodo del 2019.

 

A livello settoriale, fatta eccezione per il comparto alimentare, che ha mostrato una sostanziale stabilità (+0,1%) rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, tutti i principali comparti della manifattura regionale hanno evidenziato cali significati.

Il settore più colpito è stato quello della meccanica, la produzione di questo comparto è crollata dell’11,6%. Decisamente negativo anche il risultato dell’industria dei metalli (-8,4%). Non sono andati molto meglio il comparto dei mezzi di trasporto, che ha registrato una contrazione della produzione del 7,4% e la filiera tessile (-6,4%). L’industria del legno e del mobile (-4,1%) ha segnato una contrazione inferiore alla media regionale, così come il settore dell’elettricità e dell’elettronica (-2,8%) e quello della chimica/plastica (-1,1%).

 

Focalizzando l’attenzione sui mezzi di trasporto, settore cardine della manifatturiera regionale, va evidenziato come il calo complessivo sia dovuto a un crollo della produzione di autovetture, pari al 25,6%, nonché a una contrazione a doppia cifra dell’aerospazio (-15,9%).

Il fermo delle attività produttive non ha guardato alla dimensione aziendale. Nel I trimestre 2020 tutte le classi dimensionali hanno infatti mostrato un calo della produzione, che è risultato più accentuato per le micro (0-9 addetti; -7,7%) e le grandi imprese (oltre 250 addetti; -8,3%). Le piccole realtà (10-49 addetti) hanno registrato una contrazione produttiva del 3,0% rispetto al I trimestre 2019 e le medie aziende (50-249 addetti) un calo del 4,0%.

Il segno meno ha caratterizzato la produzione industriale del tessuto manifatturiero di tutte le province piemontesi.

La battuta d’arresto più pesante ha riguardato, in questi primi tre mesi del 2020, le aziende del Verbano Cusio Ossola (-9,6%). Il capoluogo regionale non si è discostato di molto, segnando una flessione del 6,5% rispetto all’analogo periodo del 2019. Un calo in linea con quello medio piemontese è stato registrato a Novara (-5,7%). La produzione manifatturiera è diminuita rispettivamente del 5,0% e del 4,7% a Biella e a Vercelli. Flessioni leggermente più contenute, grazie alla tenuta dell’industria alimentare, sono state invece segnate nei territori del sud del Piemonte. Alessandria ha evidenziato una riduzione della produzione del 4,2%, Asti un calo del 4,1% e Cuneo del 2,7%.