Irma Dianzani è stata eletta nuovo presidente del CTS di IRES Piemonte

Professoressa ordinaria di Patologia generale presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università del Piemonte Orientale, Irma Dianzani condivide l’impegno dell’Ateneo nell’Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte insieme alla professoressa Roberta Lombardi (DIGSPES, UPO), membro del Comitato Tecnico Scientifico, e al professor Alessandro Carriero (DIMET, UPO), attualmente nel Consiglio di amministrazione di IRES.

IRES PIEMONTE è un ente di ricerca regionale che annualmente redige la relazione sull’andamento socioeconomico e territoriale del Piemonte. Le analisi dei ricercatori IRES aiutano a capire più a fondo i principali fenomeni socioeconomici e territoriali della Regione Piemonte, costituendo un utile strumento conoscitivo per decisori pubblici e cittadini.

La nomina della professoressa Irma Dianzani sottolinea il coinvolgimento sempre crescente dell’Università del Piemonte Orientale nelle dinamiche socio-culturali ed economiche della Regione.




Programma Alcotra: le proposte di Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta per i progetti transfrontalieri

Il vicepresidente della Regione Piemonte, Fabio Carosso, l’assessore della Regione autonoma Valle d’Aosta Luigi Bertschy e l’assessore della Regione Liguria Andrea Benveduti, in occasione di un incontro in video-conferenza svoltosi giovedì 23 aprile, hanno condiviso l’importanza di attivare ogni strumento utile per limitare gli impatti negativi della crisi sanitaria sul tessuto economico e sociale dei propri territori, gravemente colpiti dall’emergenza COVID-19.

In tal senso, gli assessori hanno richiesto congiuntamente all’Autorità di gestione del Programma europeo di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia Alcotra, in cui sono coinvolte le tre Regioni italiane, di adottare appropriate misure per favorire l’erogazione immediata dei finanziamenti ai partner dei progetti in corso di realizzazione, semplificare e velocizzare le procedure del programma e attivarsi per verificare la possibilità di ri-orientare attività progettuali ancora da realizzare a favore di operazioni che rafforzino l’intervento pubblico di contrasto all’emergenza sanitaria, economica e sociale in atto.

Abbiamo impostato un modus operandi molto collaborativo tra le nostre tre Regioni – dichiarano i tre assessori – a livello sia politico sia tecnico per l’utilizzo dei fondi previsti dal Programma Alcotra. In particolare, in quest’occasione, abbiamo voluto imprimere un segnale significativo all’approccio che i fondi europei devono avere nei confronti dei territori sia italiani sia francesi, che in questo momento sono gravemente colpiti dall’emergenza COVID. Con la nostra proposta intendiamo favorire una maggiore immissione di liquidità e incentivare la spesa nel breve periodo nei territori transfrontalieri. Siamo convinti che quest’approccio troverà la condivisione delle Regioni francesi così come della Commissione”.

 




Usura, allarme per la Fase 2

Rischio indebitamento e possibilità di ricorso a prestiti d’usura, soprattutto all’inizio della fase 2. Quando le attività ripartiranno, alcune a corto di liquidità, il pericolo sarà concreto e attuale. Questa la conclusione dei lavori dell’Osservatorio regionale sui fenomeni di usura estorsione e sovra indebitamento, che si è riunito ieri in un incontro in videoconferenza.

Le stime di Ires, pur in assenza di dati ancora certi, è che l’aumento di persone a rischio sia nell’ordine di 1 a 10. Hanno partecipato diverse associazioni ed enti coinvolti nel progetto, come Libera, appunto Ires, Usr, Federconsumatori e diverse Fondazioni (San Matteo, La Scialuppa, Operti), oltre a esperti del settore.

Secondo Libera, “La criminalità organizzata si sta attrezzando per sostituire il welfare che non arriva”. In generale, di fronte alle pesanti ricadute finanziarie che l’emergenza Coronavirus ha sulla società, l’Osservatorio del Consiglio regionale intende rispondere diffondendo capillarmente la conoscenza dei molteplici strumenti capaci di difendere i più deboli dalle offerte degli usurai. Una campagna di comunicazione che sarà rivolta particolarmente ai soggetti più deboli economicamente.

La seduta straordinaria dell’Osservatorio è stata coordinata dai due consiglieri delegati dall’Udp, Giorgio Bertola e Gianluca Gavazza.

“L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando con il conseguente lockdown di tutte le attività ha creato purtroppo uno nuovo spazio di azione per la criminalità organizzata che svolge attività usurarie e una maggiore facilità di infiltrazione nelle imprese – ha affermato Bertola. Allo stesso tempo sono calate drasticamente le richieste di aiuto dei cittadini coinvolti a causa proprio della difficoltà attuale di raggiungere gli enti e le associazioni che offrono soccorso e sostegno. In questo contesto l’attività dell’Osservatorio del Consiglio regionale è ancora più preziosa sia per esaminare l’andamento del fenomeno sia per proporre soluzioni resilienti e diffondere le informazioni tra i cittadini.”

“L’usura è una seconda pandemia – ha spiegato Gavazza – . Se fino all’anno scorso risultavano a rischio povertà soprattutto gli anziani, oggi l’indice di rischio povertà è quello economico e tocca soprattutto le famiglie. Bisogna diffidare dall’amico buono che propone un aiuto immediato pensando che tanto non appena si riprende a lavorare, si restituisce tutto subito e si salva l’azienda. Quell’amico al tempo della pandemia si trasformerà in nemico nella normalità che proporrà di cedere l’azienda, lasciandola guidare al diretto interessato che diventerà un impiegato con il minimo dello stipendio e il massimo dei rischi. Sappiamo bene che questo fenomeno esiste da tantissimo tempo, da sempre. Ma mai come oggi dobbiamo impegnarci, anche come Osservatorio, non solo con un grande lavoro di sensibilizzazione e informazione, con tutti i limiti dovuti alla quarantena e alla mancanza di contatto umano, ma dobbiamo anche cercare di alleggerire quella burocrazia dei pagamenti da parte degli Enti pubblici che spesso per le imprese diventano una maledizione”.

Pur in assenza di dati precisi, la sensazione diffusa tra i componenti dell’Osservatorio, operatori qualificati di fondazioni ed enti che si occupano delle vittime dell’usura, è come detto che la platea dei potenziali soggetti a rischio è in forte aumento. Si teme soprattutto in vista della cosiddetta “fase due” nella quale probabilmente molti lavoratori, sia autonomi sia dipendenti, potrebbero rimanere senza introiti o con entrate minime, per mancanza di lavoro.




Cal, un sì condizionato per il Collegato alla legge di stabilità 2020

Parere favorevole a maggioranza, ma condizionato allo stralcio delle disposizioni in tema di formazione professionale e di caccia, materie su cui è stato chiesto un ulteriore confronto in sede di Osservatorio Regione – enti locali: così si è espresso oggi il Consiglio delle Autonomie locali (Cal) in assemblea plenaria, presieduta da Davide Crovella, sul Collegato alla legge di stabilità 2020, un disegno di legge che interviene su una serie di materie politicamente sensibili e di forte impatto sui territori, dalla sanità al welfare, dalla caccia alle attività estrattive, a formazione professionale, commercio e turismo.

Il relatore Emanuele Ramella, vice presidente vicario di Anci Piemonte, ha riportato il favore delle associazioni rispetto ad un provvedimento che attua una semplificazione forte in molti settori, ma che presenta numerose criticità, in particolare su temi divisivi come appunto la caccia di selezione, per la quale prevedrebbe un maggior periodo di apertura, e la formazione professionale, che si vorrebbe portare in capo alla Regione sottraendola alla competenza della Città metropolitana e delle Province e scollegandola dalla materia istruzione.

L’assessore al Bilancio Andrea Tronzano ha preso atto delle richieste di stralcio delle materie e si è impegnato a portare alla Giunta le istanze e le osservazioni pervenute.




Esercizi commerciali chiusi il 25 aprile e il 1° maggio

Il presidente Alberto Cirio ha firmato un’ordinanza che prevede la chiusura di tutti gli esercizi commerciali il 25 aprile e il 1° maggio, ad eccezione di farmacieparafarmacie e degli esercizi dedicati alla vendita esclusiva di prodotti sanitari.

Aperte anche le edicole, i distributori di carburanti e le aree di servizio sulla rete autostradale.

Consentite le consegne a domicilio per tutti i settori merceologici, da eseguire nel rispetto delle regole di sicurezza.




Soffocati dalla burocrazia: Torino tra le province più penalizzate

Ammonta a 57,2 miliardi di euro il costo che ogni anno grava sulle imprese italiane a causa del cattivo funzionamento della nostra burocrazia che – avvolta da un coacervo di leggi, decreti, ordinanze, circolari e disposizioni varie – rende sempre più difficile il rapporto tra le imprese e la Pubblica amministrazione.

Basti pensare che al netto delle disposizioni prese dalle singole regioni, in questi ultimi 2 mesi il Governo ha approvato una dozzina di decreti, costituiti da oltre 170 pagine, per fronteggiare l’emergenza Covid-19.

Molti dei quali, segnala la CGIA, pressoché indecifrabili: come, ad esempio, il decreto liquidità che ha messo in grosse difficoltà le strutture operative sia delle banche sia del Fondo di garanzia gestito dal Mediocredito Centrale.

A distanza di 10 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, infatti, nessuna impresa è ancora riuscita a ottenere 1 euro di prestito.

Senza contare che da parecchie settimane commercialisti, consulenti del lavoro e associazioni di categoria sono letteralmente sommersi dalle telefonate degli imprenditori che non sanno se e come possono slittare il pagamento delle tasse, come ricorrere alla CIG, quando verrà erogata ai propri dipendenti o se possono tornare a operare.

Abbiamo 160 mila norme contro le 5.500 della Germania Dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo: “In Italia si stima vi siano 160.000 norme, di cui 71.000 promulgate a livello centrale e le rimanenti a livello regionale e locale. In Francia, invece, sono 7.000, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3.000.

Tuttavia, la responsabilità di questa iper legiferazione è ascrivibile alla mancata abrogazione delle leggi concorrenti e al fatto che il nostro quadro normativo negli ultimi decenni ha visto aumentare esponenzialmente il ricorso ai decreti legislativi che, per essere operativi, richiedono l’approvazione di numerosi decreti attuativi. Questa procedura ha aumentato a dismisura la produzione normativa in Italia, gettando nello sconforto cittadini e imprese che ogni giorno sono chiamati a rispettarla”.

Uno spaccato, quello fotografato dall’Ufficio studi della CGIA, che fa rabbrividire.

“Tuttavia – segnala il segretario della CGIA Renato Mason – una soluzione è praticabile. Si potrebbe, ad esempio, ridurre il numero delle leggi attraverso l’abrogazione di quelle più datate, evitando così la sovrapposizione legislativa che su molte materie ha generato incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti sempre più onerosi, facendo diventare la burocrazia un nemico invisibile e difficilmente superabile”.

Le imprese di Milano, Roma e Torino sono le più penalizzate L’Ufficio studi della CGIA ha provato a stimare a livello provinciale/regionale a quanto ammonta il peso della burocrazia sulle imprese di quelle aree geografiche, calcolando l’incidenza del valore aggiunto sui 57,2 miliardi di euro di costo annuo elaborato dall’IstitutoAmbrosetti .

In questa simulazione, ovviamente, risultano essere maggiormente penalizzate quelle realtà territoriali dove è maggiore la concentrazione di attività economiche che producono ricchezza.

La provincia dove il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione è superiore a tutte le altre è Milano con 5,77 miliardi di euro. Seguono Roma con 5,37, Torino con 2,43, Napoli con 1,97, Brescia con 1,39 e Bologna con 1,35 miliardi di euro.

Le realtà imprenditoriali meno “soffocate” dalla burocrazia sono quelle di Enna (87 milioni di euro), Vibo Valentia (82 milioni) e Isernia (56 milioni di euro).

Cosa si potrebbe fare per migliorare l’efficienza della nostra Pubblica amministrazione, alleggerendo così i costi amministrativi delle aziende? Innanzitutto, come dicevamo più sopra, bisogna semplificare il quadro normativo. Cercare, ove è possibile, di non sovrapporre più livelli di governo sullo stesso argomento e, in particolar modo, accelerare i tempi di risposta della Pubblica amministrazione.

Con troppe leggi, decreti e regolamenti i primi penalizzati sono i funzionari pubblici che nell’incertezza si “difendono” spostando nel tempo le decisioni.

Nello specifico è necessario:

migliorare la qualità e ridurre il numero delle leggi, analizzando più attentamente il loro impatto, soprattutto su micro e piccole imprese;

monitorare con cadenza periodica gli effetti delle nuove misure per poter introdurre tempestivamente dei correttivi;

consolidare l’informatizzazione della Pubblica amministrazione, rendendo i siti più accessibili e i contenuti più fruibili;
far dialogare tra di loro le banche dati pubbliche per evitare la duplicazione delle richieste;

permettere all’utenza la compilazione esclusivamente per via telematica delle istanze;

procedere e completare la standardizzazione della modulistica;

accrescere la professionalità dei dipendenti pubblici attraverso un’adeguata e continua formazione.




Carlo Picco nominato per la Regione in Compagnia Sanpaolo

Il Consiglio regionale del Piemonte si è riunito oggi per votare la nomina del rappresentante della Regione nella Compagnia di San Paolo. Si è trattato di una riunione mista in video conferenza e con la presenza a scaglioni dei consiglieri stessi, obbligati dal regolamento a votare con la partecipazione fisica in Aula e il deposito della scheda nell’urna.

È risultato eletto, con 33 voti a scrutinio segreto, il dottor Carlo Picco (Annamaria Poggi 5, Renato Cambursano 1).

Il presidente del Consiglio Stefano Allasia, ha ricordato che “la nomina era in scadenza e, vista la giusta rigidità del regolamento, con l’ufficio di presidenza e la conferenza dei capigruppo, abbiamo deciso per questa inedita convocazione. I consiglieri che hanno partecipato al voto sono entrati uno alla volta, nel rispetto delle distanze e dei divieti di assembramento. Gli arrivi sono stati contingentati tenendo conto anche della provenienza di ciascun consigliere e della distanza dalla sua abitazione a Palazzo Lascaris”.




Regione Piemonte: le richieste al Governo per lavoro e agricoltura

Più soldi per la cassa in deroga, sostegno al reddito per i lavoratori intermittenti, coinvolgimento dei disoccupati italiani e di coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza per far fronte alle necessità del comparto agricolo, soprattutto in vista della stagione della raccolta: è quanto chiedono gli assessori regionali al Lavoro, Elena Chiorino, e all’Agricoltura, Marco Protopapa ai ministri Nunzia Catalfo (Lavoro) e Teresa Bellanova (Agricoltura).

“In primo luogo – spiega Chiorino – ho segnalato che dai dati ad oggi in nostro possesso e considerata anche l’assegnazione prevista nel secondo riparto, il Piemonte ha ancora risorse per soli 15 giorni lavorativi ai ritmi attuali di presentazione delle domande per la cassa in deroga. Gli stessi dati dimostrano che, per garantire le 9 settimane di copertura, al Piemonte mancano 141 milioni di euro per coprire il fabbisogno totale di 315. Ho inoltre sottolineato la necessità di avere maggiore chiarezza per quanto riguarda le misure di sostegno al reddito per i lavoratori intermittenti, che pare siano coperti solo in parte in base alle normative vigenti.

Essendo una categoria di lavoro precario, ritengo vadano sostenuti in modo completo e senza lasciare indietro nessuno”. “Urgente esigenza – rileva l’assessore Protopapa – è inoltre quella, da parte del comparto agricolo italiano, di circa 250.000 lavoratori necessari per fronteggiare la stagione della raccolta. Durante un incontro svoltosi con il ministro Bellanova, è emersa l’opportunità di valutare il coinvolgimento di tutti quei cittadini italiani che si sono trovati improvvisamente senza occupazione e che, in alcuni casi, non possono godere nemmeno delle tutele e del supporto necessario per far fronte al periodo di chiusura”.




Progetto “Imprese aperte, lavoratori sicuri”

Necessità di ripartenza con gli indispensabili strumenti di protezione dei lavoratori ma anche degli artigiani, dei commercianti, degli operatori turistici, dei loro famigliari e della loro clientela.

Le cinque associazioni datoriali aderenti a Rete Imprese Italia – Piemonte collaboreranno con Regione Piemonte, Politecnico di Torino e gli altri Atenei piemontesi nell’ambito del progetto “Imprese aperte, lavoratori protetti”, in modo da renderlo compatibile con le caratteristiche delle imprese di minori dimensioni.

L’obiettivo rimane dunque quello di definire un contributo tecnico, da trasferire successivamente al Governo quale proposta da utilizzare, anche nell’ambito di un sempre utile confronto con le Regioni vicine ai fabbisogni dei territori e delle imprese, nell’ambito delle attività di predisposizione dei provvedimenti nazionali che dovrebbero delineare tempi e modalità per la ripartenza economica.

Ribadito che il mondo delle micro e piccole imprese, anche quelle finora costrette alla chiusura, deve essere messo in grado di riaprire in condizioni di sicurezza, all’interno di un provvedimento Governativo condiviso, e non regionale, privo di incertezze interpretative, incentrato sul “Protocollo Governo-Parti sociali” dello scorso 14 marzo, rimane comunque fondamentale superare le difficoltà finora riscontrate nel reperire dispositivi di protezione individuale (mascherine, disinfettanti e guanti) in quantitativi e a costi adeguati.

Nei prossimi giorni le linee guida finora elaborate all’interno di contesti organizzativi di grandi imprese o di enti culturali dovranno pertanto essere testate e riadattate all’interno del contesto della micro e piccola impresa, nei suoi molteplici settori in cui si articola.

Si tratta di un’operazione che interessa l’intera economia regionale, considerato che in Piemonte, su un totale di 321.758 imprese e di 1.303.871 addetti (esclusa l’agricoltura) quelle con meno di 10 addetti sono 306.001 con 551.959 addetti; quelle con meno di 5 addetti sono 289.794 con 442.229 addetti.

E’ importante ricordare che la cultura e la prassi della sicurezza sul lavoro rappresentano da anni una presenza radicata ed importante nei comparti dell’artigianato, commercio, turismo, servizi e trasporti. Ne è una significativa testimonianza l’organismo bilaterale OPRA per l’artigianato, così come l’intensa attività formativa e consulenziale erogata dalle associazioni datoriali nei confronti delle micro e piccola impresa, nei diversi adempimenti sulla sicurezza. Tali esperienze rappresentano un valido supporto per l’implementazione e la diffusione del progetto negli ambiti lavorativi della micro e piccola impresa.

Al di là della necessità di verificare in via preliminare l’effettiva disponibilità di strumenti di protezione dei lavoratori (DPI, ecc.) anche per le micro e piccole imprese, si sottolinea che, in questo quadro, la richiesta rivolta alla Regione Piemonte è quella di stanziare risorse finanziarie a fondo perduto attraverso cui sostenere gli investimenti per gli adeguamenti strutturali, organizzativi, tecnologici e per gli adempimenti informativi/formativi delle aziende, nonché il presupposto fondamentale per poter attivare azioni positive per l’avvio di una pronta ripartenza.

 

Occorre fare ogni sforzo per coniugare la tutela della salute dell’intera collettività – che in questa fase continua a rappresentare la priorità – con le esigenze della ripresa economica anche delle micro e piccole imprese, senza le quali non sarà possibile tornare a produrre ricchezza posti di lavoro e servizi per l’intero Piemonte.




Imprese aperte, lavoratori protetti: un progetto per avviare la fase 2

Pubblicato il Rapporto dello studio della task force coordinata dal Politecnico e dagli altri Atenei Piemontesi, con proposte e procedure per una ripresa in sicurezza delle attività lavorative; già più di 40 aziende candidate a sperimentarle nella propria realtà produttiva

Misurazione della temperatura all’ingresso in azienda, compilazione di un diario dei sintomi e dei contatti, barriere di plexiglas tra le scrivanie, lunchbox da consumare in ufficio o all’aperto e, sicuramente, uso di mascherine della tipologia più adeguata a tutelare sé stessi e gli altri. Sono solo alcune delle situazioni alle quali ci dovremo abituare nella cosiddetta Fase 2, quella della riapertura delle attività produttive.

Per prepararla, una task force di esperti tecnico-scientifici delle università piemontesi e di altre università e centri di ricerca coordinati dal Politecnico di Torino ha elaborato un Rapporto, pubblicato oggi online, con le linee guida indicazioni precise su come gestire la riapertura.

Il punto chiave sarà l’utilizzo corretto di metodi semplici ed estendibili a tutte le realtà aziendali: i dispositivi di prevenzione del contagio, in primis le mascherine, la garanzia del distanziamento, l’igiene e la sanificazione dei luoghi.

Il Progetto coordinato dal Politecnico, che si chiama “Imprese aperte, lavoratori protetti”, ha adottato come slogan l’hashtag #ognunoproteggetutti; il punto chiave è infatti la condivisione e la fiducia reciproca tra lavoratori e imprenditori e la consapevolezza che solo assumendosi ciascuno le proprie responsabilità si è tutti più tutelati.

“È quanto mai importante in questo momento di difficoltà metterci al servizio del Paese con le nostre competenze”, spiega il Rettore del Politecnico Guido Saracco, che aggiunge: “Abbiamo steso questo Rapporto con la collaborazione degli Atenei piemontesi e di un nutrito numero di esperti e tecnici, coinvolgendo il più possibile tutte le parti in causa nel processo della riapertura, per arrivare a indicazioni e metodologie condivise e applicabili, ma anche sostenibili”.

Le linee guida definite nel rapporto saranno applicate in alcune aziende e realtà culturali che si sono già candidate per la sperimentazione, e che saranno seguite dalla task force per garantire misure adatte alla riapertura. Sono già 40 in sole 24 ore le aziende e realtà produttive, culturali e ricreative che si sono candidate a diventare beta-tester del progetto.

Il Rapporto, frutto del lavoro di cinque gruppi di esperti e tecnici, fornisce istruzioni su quattro aspetti: prevenzione, monitoraggio, informazione e formazione per la prevenzione e il contenimento del contagio.

Viene indicato, ad esempio, come gestire ingressi, turni e spazi: dalla distanza interpersonale da adottare in relazione alle superfici dei locali – con una maggiore densità di occupazione in aree di transito (corridoio) e meno in quelle di sosta “critiche” come la mensa e l’area fumatori – all’organizzazione degli ingressi e degli spazi grazie anche all’adozione di dispositivi di monitoraggio non invasivo (telecamere IR, telecamere, “intelligenti”) nel rispetto della privacy, alla suddivisione dei lavoratori in squadre.

Anche l’utilizzo delle tecnologie dovrà essere potenziato, in modo coerente e tarato sullo sviluppo tecnologico di ciascuna realtà aziendale.

Le tecnologie suggerite vanno dall’impiego di diari online per il tracciamento a metodi di screening diagnostico rapidi, economici e applicabili in larga scala (ad esempio temperatura con visori IR durante l’intera giornata lavorativa, app di autovalutazione dei sintomi, telediagnosi, ecc.), da attività di formazione online fino alle app per evitare di recarsi in luoghi nei quali già ci sono assembramenti, a sistemi di simulazione degli spazi e dei flussi, fino all’utilizzo della realtà virtuale per la formazione e il lavoro. Tutte le tecnologie suggerite sono tecnicamente ed economicamente praticabili da tutti, le grandi come le piccole imprese.

Un discorso specifico va fatto per le mascherine, sul cui uso corretto c’è molta confusione: le mascherine chirurgiche o “di comunità”, specificatamente proposte dal Politecnico di Torino con un livello di qualità testato, sono quelle che i lavoratori dovranno indossare normalmente come dispositivo di prevenzione della trasmissione del contagio; solo in casi specifici (addetti alla rilevazione della temperatura all’ingresso, guardiania, cassieri, squadre di emergenza, ecc.) si consiglia l’impiego di dispositivi di tipo FFP2/FFP3, guanti e cuffie per capelli.

Ogni lavoratore potrà opportunamente avere a disposizione un “kit” di protezione individuale, composto generalmente da 2-4 mascherine per uso giornaliero e gel igienizzante, che può aiutare a prevenire il contagio anche sui mezzi pubblici.

Il tema dei trasporti è particolarmente delicato: sarà ancora possibile utilizzare tram, autobus e metro, ma con la consapevolezza che la responsabilità della sicurezza è condivisa tra passeggeri, autisti e gestori dei mezzi, ciascuno per quanto gli compete; quindi sì a distanze di sicurezza e minore affollamento, uso di mascherine e sanificazione dei mezzi, ma anche ai controlli sui contagi tra gli autisti.

Una volta tornati in ufficio o in fabbrica, comunque, il lavoro cambierà secondo quelle modalità alle quali ci stiamo in parte abituando. Ingresso a turni o scaglionato per evitare affollamento sui mezzi pubblici e agli ingressi, potenziamento dello smart working, riduzione se non eliminazione delle riunioni in presenza, suddivisione dei lavoratori in squadre – tenendo anche conto della possibile presenza di lavoratori “deboli” rispetto al virus -, metodi di formazione interattiva e impiego della realtà virtuale sono solo alcuni degli strumenti suggeriti dal Rapporto.

Un discorso a parete va fatto per teatri, sale da concerto, musei, cinema e biblioteche. Qui la ripartenza deve tenere conto di vincoli fisici, come ad esempio la difficoltà di sanificare ambienti di valore storico, economici, quali la forte riduzione dei posti a sede a sedere in sala per mantenere le distanze, ma anche psicologici, perché servirà una lunga fase di elaborazione prima che le persone tronino a frequentare luoghi chiusi affollati.

Il Rapporto fornisce alcune indicazioni per avviare una riapertura, innanzitutto formando il personale e adeguando dove possibile i locali – come nelle biblioteche, dove è possibile applicare barriere di plexiglas – e gestendo gli accessi con app di programmazione.

Tutte queste misure hanno ovviamente un costo, che deve essere contenuto anche perché ricadrà in parte, in prima battuta, sulle aziende. Per il supporto economico alle imprese il gruppo di lavoro ha elaborato proposte di misure di finanziamento specifico da parte della Unione Europea, lo Stato o le Regioni, al di là di quanto oggi disponibile.

Analogamente, si propone un approccio nazionale, con l’istituzione di filiere autoctone per la produzione e acquisto centralizzato per i dispositivi di prevenzione. In questa ottica, il progetto include linee guida per la fabbricazione e la convalida di mascherine “di comunità” all’interno del nostro Paese con un adeguato livello di qualità ed in misura sufficiente per tutta la popolazione.