Consiglio regionale: In dirittura d’arrivo la legge di stabilità

Possibilità per le gestioni associate di sospendere fino al 30 settembre prossimo il canone demaniale per i gestori delle attività che operano sui laghi.

Allungamento di un anno dell’esenzione triennale dal bollo prevista nella passata legge di stabilità per alcune categorie di auto, ed esenzione Irap per il quarto anno per le aziende che stabilizzano le assunzioni.

Niente più tassa da 83 euro annui per i circa 800 veterinari piemontesi. Sono questi i contenuti principali della legge di stabilità 2021 di cui è cominciata la discussione oggi nel Consiglio regionale.

Un provvedimento di esclusiva natura tributaria e fiscale, per l’assessore al bilancio Andrea Tronzano, che ha respinto insieme con la maggioranza le richieste di emendamento venute dalla minoranza, a parte l’allungamento delle esenzioni già votate in Commissione su proposta di Marco Grimaldi (Luv).

“Un’occasione mancata”, secondo le opposizioni, in particolare Pd e Luv che avevano presentato emendamenti per esentare dall’Irap settori del commercio e imprese ricapitalizzate (Raffaele Gallo, Pd), o incrementare l’addizionale Irap per le imprese che dalla pandemia hanno avuto un forte incremento degli utili: commercio online, grande distribuzione, logistica, case farmaceutiche (Grimaldi).

L’assessore Tronzano ha difeso il provvedimento, respingendo le accuse di immobilismo avanzate dalle minoranze. “”Nel 2020 – ha detto Tronzano – abbiamo messo in campo azioni concrete importanti, una manovra fiscale su bollo auto e addizionale Irap, favorendo chi inquina di meno, le imprese che si insediano in Piemonte e quelle che fanno nuove assunzioni, ma anche investimenti che sono effettivamente serviti alle imprese. Sono manovre tutt’ora valide e lo saranno anche negli anni futuri”.
In aula sono intervenuti il relatore di maggioranza Davide Nicco (Fdi), quello di minoranza, insieme con Grimaldi, Diego Sarno (Pd), Maurizio Marello (Pd), Sean Sacco (M5s), Silvio Magliano (Moderati), Mario Giaccone (Lista Monviso). La discussione continuerà domani in Consiglio.

In precedenza parere favorevole sulla legge di stabilità era stato dato dal Consiglio delle autonomie locali (Cal), che ha ritenuto condivisibili le modifiche e le semplificazioni proposte, ma ha anche espresso “preoccupazione per alcune criticità relative all’impianto complessivo della manovra di bilancio regionale, in particolare per i tagli operati nei confronti degli enti locali, del trasporto pubblico e dei contributi per l’adeguamento della strumentazione urbanistica dei Comuni, nonché per la riduzione delle risorse sul welfare e sulla montagna”.

L’assemblea ha ribadito quindi la necessità di aprire un tavolo permanente per concordare con la Regione un percorso condiviso con le autonomie locali, anche alla luce dei fondi europei che saranno da investire sul territorio per lo sviluppo locale.




Confagricoltura Piemonte: sostegno alla liquidità delle imprese

In considerazione del perdurare della pandemia da COVID 19 e della recente proroga del Temporary Framework è prevista, con l’entrata in vigore del nuovo provvedimento “Sostegni bis”, l’estensione al 31 dicembre 2021 delle misure del “DL Liquidità” relative alle coperture SACE, del Fondo di Garanzia PMI e di ISMEA, con alcune rimodulazioni.

In particolare:
– Con riferimento alla “Garanzia ITALIA” di SACE si prevede l’innalzamento della durata massima dei finanziamenti garantibili a 10 anni, previa notifica e autorizzazione alla commissione Europea, e la possibilità, su richiesta delle parti, di estendere fino a 10 anni la durata dei finanziamenti già garantiti da SACE. Si ricorda che la garanzia di SACE è concessa per le Grandi Imprese come definite dalla regolamentazione europea e per le Piccole e Medie Imprese, anche agricole, dopo che queste ultime abbiano esaurito la loro capacità verso i Fondo delle PMI, soggetto gestore Mediocredito Centrale, nonché ISMEA.

– Con riferimento alle Garanzie del Fondo per le PMI e dell’ ISMEA si prevede l’innalzamento della durata massima dei finanziamenti garantibili a 10 anni, previa notifica e autorizzazione della Commissione Europea. È inoltre prevista la possibilità per i finanziamenti già garantiti di estendere la durata fino a 10 anni con allungamento della garanzia di pari durata.
– Con riferimento alla moratoria per le PMI è prevista la proroga al 31 dicembre 2021, per la quota capitale, dei finanziamenti per le PMI, già ammesse alle misure di moratoria straordinaria, previa comunicazione entro il 15 giugno alla banca Finanziatrice.




Online la piattaforma telematica nazionale delle CCIAA per la composizione negoziata delle crisi

Ai nastri di partenza la composizione negoziata della crisi d’impresa attraverso la piattaforma telematica nazionale delle Camere di Commercio.

Perno fondamentale del nuovo istituto divenuto legge ad ottobre, è il sito  che costituisce il punto di riferimento su cui viaggia in automatico l’intera procedura volontaria, finalizzata a recuperare e riportare “in bonis” tutte le aziende, dalle commerciali alle agricole, che pur strutturalmente sane versano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico/finanziario.

La piattaforma camerale è composta da due aree, una pubblica di tipo informativo e l’altra “riservata” alle istanze formali, che guidano passo dopo passo l’imprenditore nel percorso individuato dalle misure attuative messe a punto dal ministero della Giustizia, per cercare di raggiungere, se ne esistono le condizioni, il punto di equilibrio migliore tra le diverse esigenze dei creditori e del debitore.

“L’assegnazione di questo compito alle Camere di commercio evidenzia una volta di più il ruolo strategico del sistema camerale – sottolinea il Presidente Mauro Gola. – Con l’attivazione di questa piattaforma telematica nazionale le Camere di commercio ribadiscono la propria competenza in ambito digitale e mettono a disposizione delle imprese uno strumento che faciliterà il dialogo tra aziende e pubblica amministrazione.”

Permettere alle imprese di riconoscere i segnali di crisi prima che si arrivi all’insolvenza, è fondamentale sia per le imprese interessate, ma anche per i creditori e l’indotto. Attraverso questo strumento, già nel giro di un anno e mezzo, si conta di potere contribuire a ridurre del 10% le oltre 48mila procedure concorsuali presentate tra il 2019 e il 2020. A regime si stima che la piattaforma possa essere utilizzata su scala nazionale da 10mila imprenditori che chiederanno la collaborazione di un esperto per ristrutturare l’azienda, redigere un piano di risanamento per evitare, così, di ricorrere alle tradizionali strade giudiziali, spesso anticamera del procedimento di liquidazione giudiziale.

Il convegno “La riforma della crisi d’impresa – Il nuovo istituto della composizione negoziata” in programma a Cuneo venerdì 26 novembre e organizzato in collaborazione con Confindustria Cuneo e gli Ordini professionali di commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro sarà occasione per acquisire informazioni sul nuovo ruolo delle Camere di commercio nella composizione delle crisi e sul punto di vista espresso da imprese e professionisti sulla riforma.
La legge prevede che gli imprenditori vengano affiancati da esperti per la ricerca e la messa in atto di possibili soluzioni. Per venire incontro alle esigenze dei professionisti interessati “Universitas Mercatorum”, ateneo telematico delle Camere di Commercio italiane, organizza la formazione prevista dalla legge attraverso un corso, suddiviso in 11 moduli, avente durata di 55 ore.




CNA Piemonte, automotive – Stellantis: “Per un vero sviluppo, guardiamo a tutta la filiera”

“Non possiamo che cogliere positivamente l’auspicio che il Piemonte e Torino tornino a rivestire un ruolo di primo piano nel settore dell’automotive. Ricordiamo che una realtà su cinque della filiera appartiene alla microimpresa, e sei imprese su dieci dell’indotto sono Pmi.

La CNA Piemonte sta lavorando a fianco di tutti i decisori politici territoriali perché i fondi destinati al comparto siano distribuiti lungo tutta la filiera perché è importante che la ripartenza coinvolga tutto il territorio, proprio nella logica della filiera corta e delle ricadute positive per il Piemonte del futuro, degli imprenditori e dei dipendenti. La microimpresa è una componente fondamentale nel rapporto tra ricerca, università e innovazione. Così come siamo protagonisti della riconversione verde della mobilità dalla produzione alla manutenzione”, ha affermato il presidente della CNA Piemonte Bruno Scanferla.

“Chiediamo forte coinvolgimento e strumenti a misura di microimpresa per tutte le iniziative che possono portare a una vera innovazione e a un vero sviluppo della filiera. Ribadiamo la richiesta di far ricadere anche sulla microimpresa i fondi per lo sviluppo regionale Fesr, pari a 1,5 miliardi di euro, di cui un terzo circa per l’automotive. Possiamo svolgere un ruolo di primo piano nell’Academy così come in tutte le iniziative di ricerca, formazione, riconversione e reskilling per imprenditori e dipendenti”, ha aggiunto il segretario della CNA Piemonte Delio Zanzottera.

Un po’ di numeri

Per definire meglio il volume del settore della componentistica automotive, è opportuno fare riferimento all’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2021 e in particolare al capitolo sulla componentistica automotive italiana di Barbara Barazza e Alberta Coccimiglio (Camera di commercio di Torino, Italia).

La maggior parte delle imprese della componentistica automotive – scrivono gli autori – converge numericamente nelle regioni del Nord Ovest, dove opera quasi il 62% delle imprese e nel Nord Est (il 21%), mentre è ancora poco incidente la presenza di sedi d’impresa nel Centro Italia (il 7,8%) e nel Sud, isole comprese (il 9,4%).

Nel Nord Ovest, il Piemonte resta la regione più rappresentativa, con il 33,5% del totale italiano (737 imprese), benché nell’ultimo quinquennio la sua incidenza si sia ridotta di oltre due punti percentuale, mentre la Lombardia, che oggi conta oltre 600 imprese e rappresenta il 27,4% dell’universo della filiera, cinque anni prima rappresentava il 25,7% delle imprese della filiera. Nel Nord Est, l’Emilia Romagna ha mantenuto stabile la quota di imprese appartenenti alla componentistica, mentre il Veneto ha aumentato di poco il suo peso percentuale (era pari al 7,2% nel 2016).

A livello nazionale il 20% delle imprese delle imprese della componentistica a livello nazionale è rappresentata da microimprese, ma se si amplia il punto di osservazione, le imprese sotto i 50 addetti sono il 61% di tutto il settore.

Un altro dato interessante che emerge dall’osservazione dei dati nazionali rivela che le perdite in periodo pandemico hanno inciso in modo direttamente proporzionale alla dimensione. Ribaltando il ragionamento, quindi, le piccole imprese sono state quelle che hanno aumentato di più il fatturato nel 2020.

 

Cosa succede in Piemonte

Del resto questa regione continua ad essere il baricentro della produzione italiana di parti e componenti automotive: in Piemonte nel 2020 ha sede il 33,5% (737 unità) delle imprese censite nell’universo della componentistica (2.203) con una copresenza di fornitori specializzati e di competenze professionali necessarie a sostenere lo sviluppo della mobilità del futuro. Dai numeri complessivi della filiera piemontese, purtroppo, non si colgono ancora segnali di ripresa, complice anche il difficile anno appena concluso: la fotografia è quella di un indotto in forte decelerazione, dove si confermano le dinamiche già evidenziate nel 2019 amplificate dalla crisi sanitaria. Nel 2020 i fornitori piemontesi hanno fatturato 15,8mld di €, con un calo del 13,8% rispetto all’anno precedente, confermando il trend riscontrato anche a livello italiano dove, dopo anni di crescita, si assiste ad una diminuzione del giro d’affari generato dall’automotive.

Così scrivono Pierfrancesca Giardina e Annunziata Scocozza (Camera di commercio di Torino, Italia), nel capitolo su La filiera della componentistica in Piemonte dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2021.

Il loro lavoro si concentra sul territorio che quantitativamente raccoglie quasi oltre un terzo del settore della componentistica: una cifra che deriva da ragioni storiche molto radicate.

Continuando nell’analisi, i risultati fanno emergere una realtà fatta di imprese che sono attive nel mercato dell’automotive da sempre o comunque da più di cinque anni (il 97% a fronte dell’89% rilevato nel resto d’Italia) indice di una realtà produttiva consolidata.

Al di là di come si siano distribuite le perdite, anche il Piemonte ha subito un forte impatto dal periodo pandemico.

Le conseguenze economiche della pandemia non hanno tardato a produrre i propri effetti, aggravando la situazione già non positiva rilevata nel 2019 e restituendo un 2020 in cui le imprese rispondenti all’indagine dell’Osservatorio hanno manifestato evidenti segnali di sofferenza. Il fatturato, indicato in modo puntuale, quest’anno è risultato pari a 4,8mld di €, a fronte dei 5,7mld rilevati nel 2019 dallo stesso insieme di imprese, con una percentuale di ricavi direttamente ascrivibile al settore automotive del 76%.4 La difficoltà delle dichiaranti trova anche evidenza nel saldo tra le dichiarazioni di aumento e di diminuzione del fatturato che, nel 2020, si attesta a -75% (-58% nel resto d’Italia), in peggioramento rispetto al saldo 2019 (-35%) e a quello del 2018, anno in cui era, invece, positivo (+5%). Il segnale più allarmante proviene dalla percentuale di imprese che hanno dichiarato una diminuzione del fatturato superiore al 20% (il 33% dei rispondenti), quota che nei due anni precedenti era intorno al 10%. Raddoppiano nel triennio anche le imprese che registrano variazioni dei ricavi fra il -11% e il -20%, passando dal 13% al 26%, mentre più che raddoppiate sono quelle che denunciano cali fra il 6% e il 10%.

La nascita di Stellantis

Il maggior numero di imprese e quelle storicamente consolidate. Il Piemonte è legato a filo doppio all’automotive per la presenza di FIAT.

Quello piemontese è un territorio che storicamente ha fatto della componentistica un settore chiave dell’economia regionale e in cui, prima la presenza di FIAT e successivamente di FCA, ha permesso negli anni di costruire e fortificare una rete capillare di imprese dell’indotto, dove lo stretto contatto con il Costruttore ha giocato un ruolo fondamentale. La nascita del nuovo gruppo multinazionale rimescola gli equilibri che si sono raggiunti negli anni, coinvolgendo nuovi player e nuovi potenziali fornitori d’Oltralpe, entrambi fattori che hanno portato le imprese piemontesi ad essere più ‘prudenti’ verso l’operazione Stellantis rispetto alle altre regioni italiane, scrivono Pierfrancesca Giardina e Annunziata Scocozza (Camera di commercio di Torino, Italia), nel capitolo su La filiera della componentistica in Piemonte dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2021

Ma come ha impattato l’evoluzione del gruppo e la sua fusione con partner stranieri?

D’altro canto, anche nel 2020 le relazioni con FCA risultano più intense per il cluster regionale in confronto a quanto si evidenzia nel resto del territorio: il 78% dei rispondenti piemontesi ha dichiarato che parte del fatturato prodotto lo scorso anno proviene da rapporti diretti o indiretti con FCA, valore che nel resto d’Italia si ferma a 62,1%. Se si esamina nel dettaglio l’incidenza di FCA sul giro d’affari, il 27% delle imprese del Piemonte fattura oltre il 75% grazie al gruppo italo-americano, contro il 17,6% delle imprese di altre regioni italiane.

Nel 2020 i fornitori piemontesi hanno generato, grazie ai rapporti con FCA, il 43% del fatturato (il 29% nel resto d’Italia): si tratta di un valore in lieve crescita rispetto a quello evidenziato nel 2019, quando si attestava al 41%, e che conferma l’importanza che ha il player italo-americano nella filiera regionale.

In considerazione della nascita del nuovo Gruppo, per valutare un primo ipotetico impatto economico che Stellantis potrebbe avere sul territorio, quest’anno è stato chiesto ai rispondenti dell’Osservatorio di quantificare anche il volume d’affari generato grazie ai rapporti con PSA nel 2020: circa un quarto delle imprese piemontesi ha dichiarato di aver prodotto una parte del fatturato grazie rapporti diretti con la casa auto francese, o suoi fornitori, a fronte del 30,5% delle imprese nelle altre regioni italiane. In entrambi i casi si tratta prevalentemente di incidenze sul giro d’affari contenute (entro il 25%) che hanno contribuito in minima parte al fatturato generato nel 2020 dai rispondenti (il 4,3% per il Piemonte ed il 7,7% per il resto d’Italia).

La forte presenza di FCA nei rapporti con i fornitori locali, sommata ad un’incidenza – sebbene più contenuta – del player d’Oltralpe, nel 2020 avrebbe portato circa otto imprese piemontesi su dieci ad avere rapporti diretti o indiretti con il neo gruppo Stellantis e, tra queste, quasi un’impresa su due avrebbe generato almeno la metà del fatturato grazie al nuovo Costruttore.




UE, Coldiretti: Da grilli a vermi le novità nel piatto del 2023

Dalle larve di verme della farina minore (Alphitobius diaperinus) al grillo domestico (Acheta domesticus) congelati, essiccati e in polvere sono in arrivo sulle tavole dopo l’autorizzazione concessa dall’Unione Europea alla loro presenza in una serie di alimenti come pane, panini, cracker, grissini, barrette ai cereali, nei prodotti a base di pasta, pizza o cioccolato ma anche nei preparati a base di carne, di prodotti sostitutivi della carne e nelle minestre.

E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dei regolamenti che consentono nel 2023 l’entrata sul mercato di nuovi alimenti nell’ambito della normativa comunitaria sui novel food. Lo scorso anno – ricorda la Coldiretti – era arrivato il via libera anche alla larva gialla della farina (Tenebrio molitor) essiccata termicamente, intera o sotto forma di farina, per il consumo umano e alle cavallette (Locusta migratoria) per uso alimentare umano.

Si tratta peraltro di alimenti che hanno ricevuto l’autorizzazione dall’Efsa, l’autorità alimentare Europea che però – precisa la Coldiretti – nel suo parere scientifico ha rilevato che il consumo di questi insetti può causare reazioni allergiche nelle persone allergiche ai crostacei e agli acari della polvere. Una accelerazione che non sembra interessare i consumatori europei e soprattutto gli italiani che, per la grande maggioranza, non porterebbero mai a tavola gli insetti, considerati estranei alla cultura alimentare nazionale: il 54% è infatti contrario agli insetti a tavola, mentre è indifferente il 24%, favorevole il 16% e non risponde il 6%, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe”. Una corretta alimentazione non può però prescindere dalla realtà produttiva e culturale locale nei Paesi del terzo mondo come in quelli sviluppati – sostiene la Coldiretti – e a questo principio non possono sfuggire neanche bruchi, coleotteri, formiche o cavallette a scopo alimentare che, anche se iperproteici, sono molto lontani dalla realtà culinaria nazionale italiana ed europea. Al di là della normale contrarietà degli italiani verso prodotti lontanissimi dalla cultura nazionale, l’arrivo sulle tavole degli insetti – continua la Coldiretti – solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte, facendo chiarezza sui metodi di produzione e sulla stessa provenienza e tracciabilità considerato che la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi extra Ue, come il Vietnam, la Thailandia o la Cina, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari. E’ necessario pertanto – secondo la Coldiretti – garantire la trasparenza dell’informazione sia sulla natura delle farine contenute negli alimenti sia sul paese di provenienza. La commercializzazione di insetti a scopo alimentare – conclude la Coldiretti – è resa possibile in Europa dall’entrata in vigore dal primo gennaio 2018 del regolamento Ue sui “novel food” che permette di riconoscere gli insetti interi sia come nuovi alimenti che come prodotti tradizionali da paesi terzi.




City to city: un laboratorio di inclusione dei rifugiati nelle città italiane

Ha inizio oggi a Torino la City to city visit, due-giorni di incontri fra i sei Comuni italiani – BariMilanoNapoliPalermoRoma e Torino – che insieme all’UNHCR, Agenzia ONU per i rifugiati, hanno elaborato e sottoscritto nel febbraio 2022 la Carta per l’Integrazione delle persone rifugiate.  

 

Se la Carta per l’Integrazione mira a potenziare la collaborazione fra le città sull’inclusione dei rifugiati, l’evento City to city, che si chiude domani a Milano, è un laboratorio che risponde esattamente a questo obiettivo. E lo fa promuovendo la condivisione e lo scambio di esperienze positive, servizi e strumenti sviluppati sui territori sui temi dell’accoglienza, delle soluzioni abitative post-accoglienza, dell’accesso al welfare locale, della necessità di favorire una rapida acquisizione dei documenti, della promozione della salute, dell’empowerment e della partecipazione dei rifugiati, della coesione sociale e della sostenibilità dei progetti.

 

Secondo i dati ufficiali più aggiornati, sono oltre 422.000 in Italia le persone sfollate forzatamente dal proprio Paese (148.000 mila titolari di protezione internazionale, 114.000 richiedenti asilo e 160.000 ucraini titolari di protezione temporanea. I processi di inclusione delle persone rifugiate sono i pilastri per la crescita del sistema d’asilo in Italia, e i Comuni italiani ricoprono ruolo chiave per garantire il successo dell’integrazione.  

 

“I Comuni italiani sono alleati importanti di UNHCR, sono agenti cruciali, incubatori di innovazione e buone pratiche a sostegno dell’integrazione delle persone rifugiate, e la City to city è un vero e proprio laboratorio che permette alle città che aderiscono di arricchirsi delle esperienze altrui e di essere motori di inclusione sociale ed economica, in costante e quotidiana collaborazione con l’UNHCR che è da sempre al loro fianco per costruire una società più aperta e solidale.” Afferma Chiara Cardoletti, Rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino 

Fondamentale, nello sviluppo degli impegni previsti dalla Carta per l’Integrazione, è il ruolo dello Spazio Comune, programma che prevede la presenza nelle città firmatarie di centri multifunzionali dove sono concentrati i servizi fondamentali per l’integrazione delle persone rifugiate, spazi aperti e facilmente accessibili dove i rifugiati possono trovare risposte ai propri bisogni di integrazione nelle comunità che li accolgono. Questi centri polifunzionali sono il cuore di questa prima occasione di scambio fra i Comuni italiani rappresentata dalla City to City. I partecipanti visiteranno i centri già operanti a Torino e Milano, ne discuteranno la progettualità e le sfide, in un’ottica di apprendimento e scambio.

 

Di fronte alle difficoltà di uomini, donne, bambini che abbandonano il proprio paese in cerca di un futuro migliore non si può rimanere indifferenti, a partire dalle istituzioni. Come Amministrazione abbiamo potenziato le politiche di accoglienza, in particolare per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati e i progetti di inclusione. Siamo molto contenti che le buone pratiche della nostra città siano protagoniste della City to city visit e ci auguriamo che possa essere una proficua occasione di scambio e confronto su questi temi così importanti per tutti i partecipanti” dichiara Stefano Lo Russo, Sindaco della Città di Torino.

 

L’adesione alla Carta per l’integrazione, per Torino come per le altre città, non ha rappresentato solo un impegno ideale, ma si è tradotta in atti concreti. Il progressivo consolidamento dello Spazio comune di via Bologna ne è un esempio. La giornata di oggi dimostra un ulteriore elemento di valore della Carta: il fatto che spinge le amministrazioni cittadine a dialogare, confrontarsi, scambiarsi esperienze, migliorare le proprie politiche di accoglienza. In definitiva, a proporsi concretamente come attori essenziali dei processi di inclusione delle persone rifugiate” sottolinea Jacopo Rosatelli, Assessore al Welfare, Diritti e Pari opportunità della Città di Torino.

 

La City to city visit si aprirà a Palazzo Civico di Torino alle 14.30 di martedì 21 novembre. Seguirà alle ore 16 la visita allo Spazio Comune della città, presso il Servizio Stranieri, in via Bologna 49/A. Il giorno seguente, mercoledì 22 novembre, la City to city si sposta a Milano, iniziando i lavori alle ore 10 presso WeMi inclusione, in via Don Carlo San Martino 10. Alle ore 13 la visit proseguirà al Consolato del Canada a Milano, in via Verziere 11, dove, alle 15.30, si chiuderà la prima City to city. 

Partecipa alla due-giorni anche la città di Bologna, che potrebbe presto aderire alla Carta. Oltre ad assessori e dirigenti delle città coinvolte, parteciperanno fra gli altri il Sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, il Direttore Centrale per le politiche migratorie – Autorità FAMI del Ministero dell’Interno, Vice-Capo Dipartimento, Prefetto Maria Forte, il Sindaco di Prato e Delegato ANCI immigrazione, Matteo Biffoni Maxime Nicolas David Therien, Console del Canada a Milano. 

 

La Carta per l’integrazione dei rifugiati è disponibile qui

 




Ancora scarsa la conoscenza e l’applicazione dell’economia circolare tra le imprese manifatturiere piemontesi

La principale motivazione che spinge verso i principi di economia circolare è la riduzione dei costi, il principale ostacolo la mancanza di esperienza o carenza di competenze sul tema

 

L’economia circolare rappresenta un nuovo paradigma economico emergente in grado di sostituirsi a modelli di crescita incentrati su una visione lineare, puntando ad una riduzione degli sprechi e ad un radicale ripensamento nella concezione dei prodotti e nel loro uso nel tempo. Essa rivaluta il potenziale economico degli output che oggi costituiscono solo un’esternalità negativa (rifiuti, scarti, inutilizzato) e propone di reimmetterli nel sistema, creando cicli rigenerativi.

Adottare un approccio circolare significa rivedere tutte le fasi della produzione e prestare attenzione all’intera filiera coinvolta nel ciclo produttivo, attraverso i principi base di eco-progettazione, utilizzo di energie rinnovabili, riciclo, riuso e recupero dei materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al minimo gli sprechi.

La sfida che si pone davanti al sistema produttivo risulta particolarmente importante perché richiede di adottare attività e processi di produzione e di consumo che siano sostenibili e in grado di gestire in modo consapevole ed efficiente le risorse del pianeta.

 

Per indagare il grado di conoscenza e di applicazione dei principi dell’economia circolare in Piemonte, Unioncamere Piemonte ha sottoposto un breve questionario a un campione significato di imprese manifatturiere regionali. La rilevazione è stata condotta nei mesi di ottobre e novembre e ha coinvolto 1.851 imprese aziende del territorio.

Dall’analisi effettuata è emerso come il 43% circa delle imprese manifatturiere intervistate non sia ancora a conoscenza di quelli che sono i principi base dell’economia circolare, la percentuale sale al diminuire della dimensione aziendale e risulta più elevata nei territori del nord-est, in particolare a Vercelli e Verbania.

 

A livello settoriale le carenze conoscitive più consistenti riguardano le industrie del legno e del mobile (47,8%) e quelle meccaniche (46,8%). Tra le imprese manifatturiere piemontesi che dichiarano, invece, di conoscere i principi base dell’economia circolare meno del 10% applica tali principi in maniera sostanziale, il 48% li attua solo parzialmente, mentre il 43% non li applica. Tra le realtà aziendali che applicano già i principi di economia circolare si rileva una particolare attenzione sul tema dei rifiuti, su quello della riduzione dei materiali e sul risparmio energetico.

 

Le Camere di commercio piemontesi hanno deciso quest’anno di intraprendere un primo progetto di informazione e formazione per le imprese sull’economia circolare – commenta il Presidente di Unioncamere Piemonte, Vincenzo Ilotte -. Il progetto ha come obiettivo quello di sensibilizzare le imprese e il territorio sui temi dell’economia circolare, nell’ottica di far acquisire una maggiore consapevolezza di pratiche e modelli di business sostenibili per l’ambiente che siano competitivi anche da un punto di vista economico. Sono le stesse imprese a testimoniare la necessità di un intervento su questi temi: il 43% delle aziende piemontesi dichiara, infatti, di non sapere cosa sia l’economia circolare. Il nostro dovere è rispondere alla necessità di approcciare questa tematica non solo da una prospettiva sociale”.

  

Il 31% di aziende ha già ridotto i rifiuti, il 46% sta iniziando a farlo e circa il 10% di aziende sta programmando queste azioni per il futuro. Il 45% sta già svolgendo e implementando attività di riduzione dei materiali/uso materiali riciclati/eco-design, il 20% sta pianificando queste azioni per il futuro, mentre un 10% dichiara di non avere in programma queste azioni.

 

Rispetto al risparmio energetico, il 54% delle imprese piemontesi che applicano i principi dell’economia circolare è orientato al tema del risparmio energetico, avendo già in corso o in via di implementazione le azioni di riduzione dei consumi, il 22,5% sta pianificando queste azioni per il futuro, il 9% non lo farà.

 

La principale motivazione che spinge le aziende piemontesi verso i principi di economia circolare è la riduzione dei costi (68,2% delle risposte), seguono il miglioramento dell’immagine del brand (vero soprattutto per le aziende tessili, alimentari e quelle petrolifere, plastiche, chimiche) e la risposta ad adempimenti legislativi.

 

 

Tra gli ostacoli che hanno, invece, limitato o impedito l’introduzione di pratiche di economia circolare troviamo la mancanza di esperienza o carenza di competenze sul tema (30,4% delle risposte), l’indisponibilità o insufficienza di informazioni (24,1%) e i costi elevati per introdurre l’innovazione (23,1%).

 In allegato, comunicato stampa dettagliato.




Coronavirus, CNA: focus credito, allarme liquidità

Secondo report a una settimana di distanza sul campione di oltre 100 imprese operanti nel mondo dell’artigianato, della piccola industria, del terziario in genere e dei servizi, distribuite su tutto il territorio piemontese.

 

Abbiamo riproposto lo stesso set di domande già usato lo scorso 26 febbraio, avendo come risposta la preminente questione del credito e in particolare sopraggiunte significative problematiche relative alla liquidità aziendale. La quasi totalità del campione a domanda: “Come descriverebbe la situazione attuale in azienda?” segnala forte problematica relativamente alla liquidità.

 

CLIENTI – CONSUMATORI

In questo comparto si raggruppano i settori relativi ai servizi alla persona e artigianato di servizio (estetica, acconciatura, impiantisti e riparazioni in ambito domestico, trasporto persone), produzione e somministrazione alimentare (ristorazione, catering, operatori di eventi pubblici e privati con beneficiari consumer).

Le cifre a nostra disposizione rivelano che la contrazione di domanda e quindi di ricavi sta producendo una situazione molto problematica rispetto alla liquidità aziendale che oscilla tra il 30% e il 50% su base mensile.

Il protrarsi nelle prossime settimane di questa situazione fa prevedere una restrizione della liquidità tale da non poter far fronte agli ordinari pagamenti.

 

CLIENTI – IMPRESE

In questo comparto si identificano le catene tra imprese relativamente alla fornitura di prodotti e servizi, quindi le catene di pagamenti tra imprese, in cui si registrano mancati incassi su fatture già emesse con l’aggiunta dell’impossibilità in molti casi di concludere forniture ed emettere relative fatturazioni per incassare.

Si sta quindi propagando la problematica dei mancati incassi – quindi la crisi di liquidità – dal sistema delle imprese operanti per clienti-consumatori al sistema delle imprese fornitrici.

Inoltre rileviamo numerosi segnali di mancati pagamenti strumentalmente attuati usando la causale della “crisi da Coronavirus”.

La stima di questa contrazione risulta, da campione, del 25% della liquidità su base mensile.

 

“Le imprese ci indicano una priorità assoluta e urgente: quella di fronteggiare la mancanza di liquidità aziendale. E’ necessario che la Regione Piemonte si faccia parte attiva per promuovere un tavolo triangolare con banche e imprese per individuare i giusti strumenti di intervento che si stanno discutendo a livello nazionale tra ABI, Governo e associazioni datoriali. Noi esprimiamo una particolare preoccupazione per il sistema della micro e piccola impresa piemontese che risente in modo particolare di una crisi economica molto preoccupante derivante dalla posizione geografica della nostra regione”, affermano il segretario regionale di CNA Piemonte Filippo Provenzano e il presidente di CNA Piemonte Fabrizio Actis.

 

PROPOSTE

Lo slogan positivo che diffondono le nostre imprese è #alnostroposto (campagna video lanciata in settimana da CNA Piemonte), tuttavia per rimanere al loro posto queste imprese hanno bisogno di liquidità per non chiudere. Oltre le annunciate misure relative all’estensione degli ammortizzatori sociali, alla moratoria dei versamenti su tributi, contributi e utenze, occorre celermente predisporre un piano di emergenza che fornisca la liquidità aziendale occorrente: da una parte prevedendo una moratoria dei pagamenti dei finanziamenti in essere (sia sul capitale sia sugli interessi) per almeno 12 mesi, garantendo che tali benefici non peggiorino il rating bancario di queste imprese, dall’altra predisponendo l’attivazione di strumenti aggiuntivi di liquidità.

Apprezziamo la volontà dell’ABI e del Governo di mettere in campo azioni tese a salvaguardare la continuità aziendale, tuttavia riteniamo che occorra accelerare e rafforzare la messa a disposizione di questi strumenti anche procedendo a modifiche, peraltro attese da tempo, alle normative bancarie europee che consentano di mettere a disposizione delle micro e piccole imprese l’ingente quantità di liquidità a disposizione degli istituti di credito.

Tali provvedimenti rappresentano il presupposto per consentire alle imprese di non rinunciare a realizzare gli investimenti programmati per i quali rimangono valide le misure agevolative previste e ulteriori che ne facilitino l’estensione.

 

Il primo report di Monitor Micro e Piccole Imprese di CNA Piemonte analizza settore per settore: il testo integrale è scaricabile qui.

Il secondo report di Monitor Micro e Piccole Imprese di CNA Piemonte analizza settore per settore: il testo integrale è scaricabile qui.

 

+++Nelle prossime 48 ore CNA Piemonte sarà in grado di fornire un focus molto approfondito delle conseguenze sulle imprese del Coronavirus su un campione ancora più ampio.

 




Progetto “Imprese aperte, lavoratori sicuri”

Necessità di ripartenza con gli indispensabili strumenti di protezione dei lavoratori ma anche degli artigiani, dei commercianti, degli operatori turistici, dei loro famigliari e della loro clientela.

Le cinque associazioni datoriali aderenti a Rete Imprese Italia – Piemonte collaboreranno con Regione Piemonte, Politecnico di Torino e gli altri Atenei piemontesi nell’ambito del progetto “Imprese aperte, lavoratori protetti”, in modo da renderlo compatibile con le caratteristiche delle imprese di minori dimensioni.

L’obiettivo rimane dunque quello di definire un contributo tecnico, da trasferire successivamente al Governo quale proposta da utilizzare, anche nell’ambito di un sempre utile confronto con le Regioni vicine ai fabbisogni dei territori e delle imprese, nell’ambito delle attività di predisposizione dei provvedimenti nazionali che dovrebbero delineare tempi e modalità per la ripartenza economica.

Ribadito che il mondo delle micro e piccole imprese, anche quelle finora costrette alla chiusura, deve essere messo in grado di riaprire in condizioni di sicurezza, all’interno di un provvedimento Governativo condiviso, e non regionale, privo di incertezze interpretative, incentrato sul “Protocollo Governo-Parti sociali” dello scorso 14 marzo, rimane comunque fondamentale superare le difficoltà finora riscontrate nel reperire dispositivi di protezione individuale (mascherine, disinfettanti e guanti) in quantitativi e a costi adeguati.

Nei prossimi giorni le linee guida finora elaborate all’interno di contesti organizzativi di grandi imprese o di enti culturali dovranno pertanto essere testate e riadattate all’interno del contesto della micro e piccola impresa, nei suoi molteplici settori in cui si articola.

Si tratta di un’operazione che interessa l’intera economia regionale, considerato che in Piemonte, su un totale di 321.758 imprese e di 1.303.871 addetti (esclusa l’agricoltura) quelle con meno di 10 addetti sono 306.001 con 551.959 addetti; quelle con meno di 5 addetti sono 289.794 con 442.229 addetti.

E’ importante ricordare che la cultura e la prassi della sicurezza sul lavoro rappresentano da anni una presenza radicata ed importante nei comparti dell’artigianato, commercio, turismo, servizi e trasporti. Ne è una significativa testimonianza l’organismo bilaterale OPRA per l’artigianato, così come l’intensa attività formativa e consulenziale erogata dalle associazioni datoriali nei confronti delle micro e piccola impresa, nei diversi adempimenti sulla sicurezza. Tali esperienze rappresentano un valido supporto per l’implementazione e la diffusione del progetto negli ambiti lavorativi della micro e piccola impresa.

Al di là della necessità di verificare in via preliminare l’effettiva disponibilità di strumenti di protezione dei lavoratori (DPI, ecc.) anche per le micro e piccole imprese, si sottolinea che, in questo quadro, la richiesta rivolta alla Regione Piemonte è quella di stanziare risorse finanziarie a fondo perduto attraverso cui sostenere gli investimenti per gli adeguamenti strutturali, organizzativi, tecnologici e per gli adempimenti informativi/formativi delle aziende, nonché il presupposto fondamentale per poter attivare azioni positive per l’avvio di una pronta ripartenza.

 

Occorre fare ogni sforzo per coniugare la tutela della salute dell’intera collettività – che in questa fase continua a rappresentare la priorità – con le esigenze della ripresa economica anche delle micro e piccole imprese, senza le quali non sarà possibile tornare a produrre ricchezza posti di lavoro e servizi per l’intero Piemonte.




Il 60,6% degli internauti del Piemonte acquista on line

Dal lockdown ad ora, la crescita della vendita di beni e servizi on line e a domicilio è stata del 19,8%. Il 60.6% degli internauti del Piemonte acquista on line. Giorgio Felici (Presidente Confartigianato Piemonte): “Le novità di questi lunghi mesi trascorsi in isolamento sono la nascita di corsi on line realizzati dagli artigiani per mantenere i contatti con i propri clienti o per cercarne di nuovi”

La crisi Covid-19 ha intensificato l’utilizzo di nuovi canali di vendita accelerando in modo molto significativo, il trend di crescita: sono salite di circa il 19,8% le imprese che fanno e-commerce, raddoppiando il tasso di crescita e quasi 4 imprese su 10 fanno consegne a domicilio (che includono le imprese che utilizzano piattaforme riconducibili ancora una volta all’e-commerce, nonché la vendita attraverso i sistemi di messaggistica e i social).

Interessanti anche i dati sugli utilizzatori: il 60,6% degli internauti piemontesi, nell’ultimo anno ha fatto acquisti on line, percentuale che pone il Piemonte al nono posto in Italia. La classifica è guidata dai Valdostani con il 66%.

Sono questi i dati dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato, sull’ “Intensificazione del canale digitale nella crisi Covid-19”.

Secondo i dati stimati dall’Ufficio Studi di Confartigianato, con la riapertura di tutte le attività, il trend di crescita delle soluzioni e-commerce è destinato a crescere ulteriormente. La reattività alla situazione di emergenza, infatti, porterà alla fine del prossimo anno, un ulteriore incremento di imprese del Piemonte ad utilizzare il commercio elettronico. A questo trend in crescita si aggiungono le soluzioni per la gestione digitale dei servizi obbligata dalle restrizioni del distanziamento sociale.

Si pensa qui innanzitutto alle soluzioni di gestione digitale dell’agenda delle prenotazioni per ristoranti, parrucchieri e centri estetici, obbligati nella Fase 2 a contingentare al massimo le presenze di clienti.

L’emergenza, in definitiva, ha messo in luce come l’e-commerce possa essere un’importante soluzione alle oggettive difficoltà di molti imprenditori, anche del settore del “business to business”, come per esempio la produzione di macchinari e all’abbigliamento conto terzi, dal momento che possono trovare, grazie ad alcuni marketplace verticali, delle valide alternative alle fiere.

“Già prima dell’emergenza la vendita on line era un passaggio di crescita consigliato – afferma Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – ora è consolidato che, il post Covid19, ha portato con sé cambiamenti significativi nelle nostre abitudini. Le novità di questi lunghi mesi trascorsi in isolamento sono la nascita di corsi on line realizzati dagli artigiani per mantenere i contatti con i propri clienti o per cercarne di nuovi, una tendenza sopravvissuta alla lenta ripresa.

Migliaia di piccoli imprenditori hanno scoperto le infinite possibilità offerte da social network e portali e hanno sfruttato le nuove tecnologie che vanno ad intercettare nuove fette di mercato, promuovono l’artigianato locale e fidelizzano i consumatori”.

“Anche se questa opportunità di business arriva dopo mesi di chiusura, occorre attivarsi per sfruttare questa opportunità – continua Felici – che è davvero a misura di qualsiasi azienda e si rivolge anche ai mercati europei e mondiali.
Non facciamoci prendere però da facili entusiasmi: la reattività delle nostre imprese sul mercato on line è solo un lenitivo rispetto al dissesto economico e produttivo che il Covid ha generato abbattendosi su un sistema già devastato da tasse e burocrazia.”

L’impennata nell’utilizzo dei servizi digitali ha messo a dura prova le infrastrutture di connessione digitale e sollevato ancora una volta il tema del digital divide: la quota di imprese italiane che utilizzano banda ultralarga è di oltre dodici punti percentuali inferiore al 49,9% della media dell’Unione europea.