CNA ha presentato il rapporto sulle micro e piccole imprese

Lunedì 28 novembre, presso la sede regionale di CNA in Via Andrea Doria 15 è stato presentato il rapporto Monitor.

Presenti, oltre alla dirigenza CNA, anche Marco Borgione, Responsabile Sviluppo Nord Ovest di Unicredit (partner dell’iniziativa) e il Prof. Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici dell’Università di Padova, curatore della ricerca

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«Il 99 per cento del tessuto produttivo italiano è fatto da piccole e piccolissime imprese: dal parrucchiere al falegname fino alla Pmi più strutturata che serve l’industria. Una filiera che garantisce occupazione e crescita a cui però l’establishment del paese guarda poco», spiega Delio Zanzottera segretario di Cna Piemonte che oggi, insieme al Presidente Bruno Scanferla ha presentato alle istituzioni e alle imprese, in partnership con Unicredit, la quinta edizione del Monitor sulle micro e piccole imprese, realizzato da Daniele Marini dell’Università di Padova.

Le tre parole chiave della crescita dei piccoli che emergono dallo studio sugli artigiani sono «discendente», «orizzontale», «pragmatica». Le micro imprese, come tutte del resto, provano a rialzare la testa dopo un ventennio di choc ripetuti: dall’attentato delle Torri Gemelle, alla crisi subprime, fino al Covid e alla guerra russo-ucraina. «Quello che è successo è che una parte considerevole delle nostre imprese, quelle meno strutturate, si trova in “discesa” — spiega Zanzottera — Le ditte più piccole si trovano sotto stress a causa del caro energia e non riescono più a investire in innovazione e così diventano meno competitive».

In Piemonte le imprese artigiane con più di 5 dipendenti sono il 23%, quelle con oltre 10 addetti, il 17%. La maggior parte, quindi, vive nella parte in «discesa». «Ma oggi l’agire da soli non costituisce più un requisito utile per restare sul mercato — continua Zanzottera — La crescita verticale, attraverso fusioni, non è la risposta giusta. Al matrimonio queste imprese preferiscono la convivenza e la collaborazione, in forma di sviluppo orizzontale; quindi fare rete e così aggregarsi».

La terza parola chiave individuata dal Monitor delle micro e piccole imprese è appunto il pragmatismo, legata alla contingenza e non a cambiamenti culturali. Un primo banco di prova è proprio quell’energia. Il caro bollette ha colpito duro il tessuto produttivo dei piccoli. Tanto che più del 90% delle imprese prese a campioni dichiara di dover gestire un aumento considerevole dei prezzi di luce e gas come delle materie prime. La risposta collettiva dei «piccoli» continua il Prof. Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici dell’Università di Padova, curatore della ricerca, “vogliono aggregarsi pur non perdendo autonomia è quella della cooperazione, delle comunità energetiche. Per agevolare questi passaggi serve un cambiamento culturale nelle istituzioni”.

Marco Borgione, Responsabile Sviluppo Nord Ovest di Unicredit: “Noi rappresentiamo un interlocutore di riferimento in Piemonte dove supportiamo 80.000 imprese di cui ben 60.000 sono micro e piccole e 16.000 small business. Perdare il giusto supporto abbiamo lanciato una serie di iniziative tra cui ‘PNRR solutions, una gamma di soluzioni finanziarie a supporto della partecipazione delle PMI ai bandi PNRR”

Da Torino «area di crisi complessa» ai fondi del Pnrr e a quelli del Fesr. Spesso le imprese artigiane rimangono tagliate fuori dai programmi di sviluppo come su digitalizzazione e efficienza energetica. «Questo accade perché molte iniziative finanziano solo grandi progetti e quindi grandi imprese. Chiediamo alla Regione di coinvolgere anche le reti di artigiani», conclude il presidente di Cna Piemonte Bruno Scanferla.

La regione Piemonte ha risposto all’appello degli artigiani. L’Assessore alle attività produttive Andrea Tronzano ha confermato come: “le politiche regionali da sempre sono attente alle istanze del tessuto produttivo ed in particolare alla valorizzazione delle micro e piccole imprese. La formazione, l’informazione più estesa possibile sui bandi, la possibilità di acquisire figure manageriali anche nelle micro imprese e il cambio di alcune convinzioni antiche sono alcuni degli elementi strategici – ha poi concluso l’Assessore Tronzano – che devono garantire quel passaggio culturale necessario e utile per accompagnare le imprese in questo periodo di difficoltà”.




Rincari generalizzati dei costi : a rischio gli investimenti strutturali del PSR

Confagricoltura Piemonte, pur apprezzando l’impegno della Regione Piemonte finalizzato a ampliare la platea dei beneficiari delle misure Psr di sostegno agli investimenti strutturali attraverso gli scorrimenti delle graduatorie dei relativi bandi, ha già manifestato da tempo la forte preoccupazione che i progetti di ammodernamento e miglioramento presentati recentemente dalle aziende agricole non vengano realizzati nella loro interezza a causa dei forti rincari dei materiali da costruzione.

Per questo Confagricoltura invita la Regione a mantenere alta l’attenzione affinchè sia garantito il più ampio utilizzo delle risorse europee da parte delle imprese agricole, anche rendendo meno restrittive le percentuali di realizzazione dei progetti sia in termini di spesa sostenuta sia in termini di investimenti portati a termine, senza incorrere nella revoca del finanziamento.

“Nonostante l’approvazione di molte iniziative di investimento aziendale, a causa degli aumenti delle materie prime e della sempre più ridotta liquidità delle aziende – dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte – si corre il concreto rischio che i lavori non vengano poi realizzati o eseguiti solo in parte, determinando l’applicazione di forti penalità e di conseguenza il successivo disimpegno delle risorse non spese e la loro restituzione a Bruxelles. Di fronte a questo, per ora, ipotetico, ma non auspicabile, scenario invitiamo dunque la Regione a monitorare attentamente lo stato di avanzamento dei lavori e soprattutto a rendere più elastiche le regole di decadimento dei progetti qualora questi ultimi non venissero realizzati in maniera perfettamente aderente a quanto approvato con l’ammissibilità a finanziamento.

“Siamo fiduciosi – conclude Allasia – che la Regione farà del suo meglio per non lasciarsi sfuggire risorse finanziarie fondamentali al rilancio del comparto agricolo e per sostenere quelle aziende che hanno necessità di continuare a programmare il loro futuro, ancor più in un momento come l’attuale che le vede strette nella morsa di costi di produzione ed energetici in rialzo e generalizzate difficoltà di mercato”.

 




Sostegno alla pastorizia in Piemonte

Riconoscere il pubblico interesse delle attività dei pastori, dell’alpeggio e della transumanza, quali presìdi del territorio, per salvaguardare l’ambiente e il paesaggio, in particolare i territori montani e collinari. È l’obiettivo che si pone la Proposta di legge di Angelo Dago (Lega), che ha iniziato l’iter di approvazione in Terza commissione, presieduta da Claudio Leone.

Come ha spiegato Dago, l’articolo 8 dello Statuto dispone che la Regione riconosca la specificità dei territori montani e collinari con politiche di intervento a loro favore, anche nella prospettiva di contrastare lo spopolamento. Questa Pdl, che prevede l’istituzione di un tavolo regionale dedicato a queste attività agro-zootecniche, si prefigge anche di diffondere i valori culturali e ambientali di questa tipologia di allevamento.

Per delucidazioni sono intervenuti i consiglieri Carlo Riva Vercellotti (FdI) e Valter Marin (Lega). Le consultazioni dei soggetti interessati saranno aperte sino alla data del prossimo 23 novembre, mentre i relatori designati sono Dago per la Maggioranza, Monica Canalis (Pd) e Francesca Frediani (M4o) per l’Opposizione.

 

Filiera d’eccellenza della birra piemontese

In Commissione è poi stato espresso a maggioranza parere favorevole alla Pdl di Paolo Ruzzola (Fi) per valorizzare la filiera brassicola d’eccellenza piemontese.

Come è emerso nella discussione sugli otto articoli, di fronte ad un mondo sempre più globale, è cambiata la sensibilità dei consumatori che vogliono sempre maggiori garanzia per l’identificabilità immediata dei prodotti legati al proprio territorio.

Questo provvedimento – ha aggiunto Ruzzola – nasce per dare risposta alla difesa di tutto il mondo produttivo che ruota intorno alla birra: dagli operatori che coltivano materie prime come il luppolo, malto e orzo in Piemonte, ai microbirrifici che popolano e animano la vita dei nostri Comuni.

La Proposta di legge, in particolare, prevede un sostegno per la produzione della birra regionale, la promozione delle coltivazioni made in Piemonte delle materie prime legate al comparto, l’istituzione di un registro dei microbirrifici con stabilimento nel nostro territorio regionale, la possibilità di attivare uno spaccio nelle imprese agricole e un sostegno per l’innovazione dei processi produttivi degli stabilimenti.

I consiglieri Silvio Magliano (Moderati), Domenico Ravetti (Pd) e Frediani hanno espresso in generale parere favorevole ai contenuti della Pdl, che dovrà essere valutata dalla Prima commissione in merito alla norma finanziaria.

Per l’approdo in Aula, sono stati designati i relatori: Ruzzola per la Maggioranza, MaglianoRavetti e Frediani per i Gruppi di Opposizione.

 




Le previsioni delle imprese piemontesi per i IV trimestre 2022

L’indagine congiunturale, realizzata da Unione Industriali Torino e Confindustria Piemonte, raccoglie le valutazioni di quasi 1.300 imprese manifatturiere e dei servizi in un momento particolarmente delicato.

Il rallentamento dell’economia globale e il forte aumento dell’incertezza hanno determinato un sensibile raffreddamento del clima di fiducia, che fino all’estate era ancora cautamente ottimistico. Gli indicatori su produzione e ordini arretrano di circa 10 punti rispetto alla rilevazione di giugno. Non si tratta, tuttavia, di una svolta in direzione inequivocabilmente recessiva. Il saldo tra previsioni di aumento e riduzione si mantiene, infatti, intorno al livello di equilibrio.

Conferme di questa analisi vengono anche dalla tenuta degli altri indicatori. Il tasso di utilizzo degli impianti resta attestato su livelli molto elevati, superiori alla media di lungo periodo. Rimangono positive le previsioni sull’occupazione; aumenta di poco il ricorso alla CIG. Sostanzialmente stabili investimenti e condizioni di pagamento. Continua, invece, a peggiorare, in misura molto marcata, la redditività; le imprese sono strette tra costi in crescita (energia ma non solo) e impossibilità di scaricare gli aumenti sui clienti.

I risultati della nostra indagine, peraltro, sono pienamente in linea con quelli di analoghi sondaggi sul clima di fiducia a livello nazionale e internazionale, ad esempio l’indice PMI (Purchasing Managers’ Index) rilevato da S&P in numerosi paesi.

A livello settoriale, emergono ampie differenze tra manifatturiero e servizi. Le imprese manifatturiere sono, infatti, molto più caute, con un saldo ottimisti-pessimisti lievemente negativo per produzione, ordini ed export. In particolare, peggiorano le attese delle imprese chimiche, metallurgiche, tessili e del legno. Nella metalmeccanica il clima di fiducia si indebolisce fortemente: il saldo sulla produzione perde 15 punti rispetto a giugno, pur rimanendo poco al di sopra del punto di equilibrio.

Nel comparto dei servizi, invece, la frenata, pur percepibile, è decisamente più morbida; i saldi restano solidamente in zona espansiva, ma perdono terreno rispetto a giugno.

 

Commenti sulle previsioni del quarto trimestre 2022

 

Giorgio Marsiaj, Presidente dell’Unione Industriali Torino: «Stiamo vivendo una fase di eccezionale incertezza. Gli sviluppi della guerra e dell’emergenza energetica vanno oltre qualunque ragionevole previsione. L’inflazione pesa su consumi e potere d’acquisto; non può dirsi ancora sotto controllo nonostante gli interventi delle banche centrali. Di fronte a uno scenario così complesso e preoccupante, non bisogna tuttavia abbandonarsi all’inerzia o al fatalismo. Le possibili azioni correttive, per imprese e famiglie, sono molte. In questo, il ruolo delle associazioni imprenditoriali è ancora più cruciale, come lo è stato durante la pandemia. Confindustria ha elaborato proposte concrete e praticabili per ridurre la bolletta energetica e razionalizzare i consumi di elettricità e gas. A livello locale, l’Unione Industriali Torino ha scelto di non restare passiva né di limitarsi a invocare sussidi e aiuti. Al contrario, abbiamo messo a punto una serie di strumenti di consulenza alle imprese come lo sportello commodity, il consorzio energia, gli interventi di consulenza per il risparmio energetico, che si aggiungono al tradizionale supporto a crescita, modernizzazione e accesso al credito».

 

Marco Gay, Presidente di Confindustria Piemonte: «L’indagine congiunturale che presentiamo disegna uno scenario, pur nel maggiore periodo di incertezza da 15 anni a questa parte, di cauto ottimismo della ragione, che si basa sul portafoglio ordini, la volontà e la capacità delle nostre aziende di lavorare nel presente con una visione, che definirei di scala superiore. Conviviamo infatti con una traiettoria storica lungo la quale non cambiano delle variabili ma l’intera equazione. E transizione ambientale, energetica e tecnologica non hanno un orizzonte di lungo periodo ma già di medio. Offriranno, se sapremo lavorare insieme, opportunità concrete per affrontare il presente e costruire il futuro. Sono temi al centro delle nostre agende e del piano di politica industriale condiviso con la Regione Piemonte su cui lavoriamo incessantemente forti di un’industria piemontese che non vuole né fermarsi, né arretrare soprattutto adesso».

 

Riportiamo in dettaglio i principali risultati dell’indagine

Per il quarto trimestre del 2022, le attese sulla produzione delle quasi 1.300 imprese piemontesi registrano un deciso assestamento (-11,2 punti percentuali rispetto a giugno) rispetto al terzo trimestre: il 20,3% delle aziende prevede un aumento dei livelli di attività, contro il 18,2% che si attende una diminuzione. Il saldo ottimisti-pessimisti è pari a +2,1 punti percentuali.

Il 17,2% delle rispondenti prevede un aumento dell’occupazione, contro il 7,4% che ne prevede la riduzione, e un saldo ottimisti-pessimisti pari a +9,8% (e un calo di 5 punti rispetto a giugno). Trend negativo per gli ordinativi, con un saldo del -0,6%% e un calo di oltre 10 punti rispetto alla scorsa rilevazione.

Prudenti anche le attese sull’export, con un saldo ottimisti-pessimisti pari a -5,3%, probabilmente a causa del rallentamento delle economie mondiali e alla difficile situazione del commercio globale. Il rallentamento degli investimenti riguarda il 25,7% delle rispondenti (erano il 27,8% a giugno). Cresce il ricorso alla cassa integrazione, che interessa l’8,5% delle imprese, in aumento di 3,4 punti percentuali rispetto a giugno. Stabile il tasso di utilizzo di impianti e risorse, tornato sui valori medi di lungo periodo. Si allarga la forbice tra le imprese medio-grandi (oltre 50 dipendenti), ancora ottimiste (saldo +10,5%) e le più piccole (sotto i 50 addetti), che registrano un saldo del -1,6%.

Con la rilevazione di giugno sono state introdotte alcune domande relative all’aumento dei prezzi: anche a settembre la maggioranza delle rispondenti ha rilevato aumenti di prezzo di materie prime (75,8) energia (91,3%) e trasporti (82,0%).

A livello territoriale, si osserva un quadro con luci e ombre. Da un lato, le previsioni di Asti, Novara, Torino e Canavese restano ottimistiche, con saldi rispettivamente del 10,8%, 8,1%, 6,7% e 16,3%. Brusca frenata ad Alessandria, dove le previsioni tornano vicine allo zero, con saldo a 0,8%. Negative, invece le attese a Vercelli, Verbania, Biella, Cuneo, con saldi rispettivamente a -10,2%, -6,1%, -4,1% e -1,1%.

Nel manifatturiero, le attese per il quarto trimestre 2022 sono in frenata rispetto al terziario, con indicatori negativi, dopo sei trimestri di crescita. In particolare i saldi ottimisti-pessimisti per ordini e produzione sono pari a -4,6% e -1,8%, in calo, rispettivamente, di 11,1 e 12,4 punti rispetto al terzo trimestre. L’export cala di 7,7 punti e registra un saldo del -5,7%.

Ancora relativamente positiva, invece, l’occupazione, con un saldo che resta al 7,6%. Frenano gli investimenti, che interessano il 26,4% delle aziende. Perde un punto il tasso di utilizzo delle risorse (77,9%) e aumenta il ricorso alla CIG, che riguarda oggi il 10,8% delle imprese.

A livello settoriale, le attese della metalmeccanica restano superiori alla media regionale, come accade da oltre un anno, con un ricorso alla CIG che risale al 10%; per contro, gli investimenti restano alti e interessano il 30,2% delle rispondenti. In particolare, si segnala l’ottima performance per meccatronica (+11,2%), mentre frena il comparto dei prodotti in metallo (-1,9%). Buon andamento anche per il comparto degli impiantisti (+19,5%) e della gomma-plastica, che dopo la frenata di giugno, registra un saldo positivo (+4,3%).

Negative le attese nell’alimentare, con un saldo del -2,4%, investimenti sopra la media regionale (32,1%) e un ricorso alla CIG al 9,5%.

Frena il comparto dell’edilizia che, pur restando positivo, perde oltre 15 punti e registra un saldo pari a +1,4%, inferiore alla media regionale. Negativi anche tessile (-10,6%), manifatture varie (-2,1%) e legno (-26,7%).

 

Nei servizi il clima di fiducia è ancora favorevole, pur con indicatori leggermente più prudenti quelli osservati a giugno. Il saldo relativo ai livelli di attività è pari al 12,1% (era 19,9% la scorsa rilevazione), quello relativo agli ordinativi è pari a +9,9% (da +19,0%), quello sull’occupazione è pari +15,3%. Gli investimenti aumentano di 0,8 punti (24%), così come il ricorso alla CIG (da 1,9% a 2,3%). Migliora il tasso di utilizzo delle risorse (86,8%).

A livello settoriale, le attese delle aziende del terziario sono per lo più ottimistiche per il quarto trimestre 2022, pur con qualche segno di assestamento nei saldi ottimisti-pessimisti. Stabili le attese per i servizi alle imprese (22,2%), altri servizi (+15,1%), utility (10,5%), e i trasporti (+12,9%). Tiene bene l’ICT, con un saldo sui livelli di attività che passa da +24,2% a +13,9%. Crolla il commercio e turismo (da +17,6% a -9,3%).




CCCIAA Cuneo, congiuntura industria II trimestre 2022

La produzione industriale in provincia di Cuneo nel II trimestre 2022 è salita del 3,3% rispetto all’analogo periodo del 2021, a fronte del +3,8% medio regionale e di incrementi più elevati nelle altre province piemontesi ad eccezione di Novara (+2,2%).

Questo è il positivo quadro che emerge dalla 203ª “Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera” condotta, nel mese di luglio 2022, su dati del periodo aprile-giugno 2022, da Unioncamere Piemonte, in collaborazione con gli Uffici studi delle Camere di commercio provinciali. La rilevazione ha coinvolto 1.728 imprese industriali piemontesi, di cui 249 cuneesi per un totale di 13.631 addetti e un fatturato di oltre 4,3 miliardi di euro.

Nel II trimestre 2022 il rilancio dell’output si associa ai valori positivi di tutti gli indicatori congiunturali. Accanto a una crescita del fatturato totale del 8,4% e a ordini interni che registrano il +2,5%, si presenta positiva la dinamica sui mercati esteri: +7,7% per il fatturato e +4,1% per gli ordinativi. Il grado di utilizzo degli impianti si attesta al 66,1%.

“La nostra economia continua a dare confortanti segnali di ripresa – sottolinea il presidente Mauro Gola – grazie alla crescita del mercato interno e, soprattutto, alle commesse estere che, nei primi sei mesi dell’anno, hanno raggiunto valori complessivi mai toccati in precedenza. Il “sistema Cuneo” deve però confrontarsi con tanti fattori esogeni negativi e le nostre imprese sono chiamate ad affrontare sfide difficili che possono essere vinte soltanto grazie a politiche e strategie condivise a livello europeo”.

Nel II trimestre 2022 la produzione in tutti i comparti mostra un segno positivo, in particolare nel tessile-abbigliamento-calzature con il +6,4%, nelle altre industrie manifatturiere (+3,5%), seguiti da metalmeccanica con il +2,6% mentre l’alimentare registra una crescita più contenuta (+3,4%).
Analizzando i dati per classe di addetti emerge come, in termini di output prodotto, tutte le imprese abbiano riportato un incremento, con risultati non necessariamente più positivi al crescere della dimensione aziendale. La variazione tendenziale della produzione industriale registra, infatti, il +4,8% per le medie imprese (50-249 addetti), il +3,2% per le micro imprese (0-9 addetti), il +2,8% per le piccole imprese (10-49 addetti) e il +1,2% per le realtà di maggiori dimensioni (oltre 250 addetti).

Dall’indagine monografica condotta da Unioncamere sul campione di 249 imprese cuneesi e focalizzata su logistica e infrastrutture è emerso come oltre l’80% degli intervistati reperisca materie prime sul territorio nazionale e che per tre su quattro gli articoli prodotti siano destinati al mercato interno, il cui trasporto viene affidato a ditte esterne che, per la quasi totalità, viaggiano su gomma.
Per ciò che concerne l’accessibilità del territorio in cui si inserisce l’azienda, rispetto alla rete infrastrutturale complessiva, meno della metà delle imprese locali intervistate afferma risulti sufficiente, mentre per un terzo di loro il trasporto su rotaia è da considerarsi insufficiente. Il 60% ritiene sia utile completare in tempi rapidi gli interventi avviati e il 16% suggerisce di potenziare l’intermodalità ferro-gomma-mare. Otto imprese su dieci ritengono che il principale problema riscontrato nel trasporto di merci sia l’aumento dei costi del trasferimento delle materie prime.




CNA Piemonte: “Non venga più messa in discussione la microimpresa”.

La microimpresa fa sentire la sua voce: forte e chiara a tutto l’arco costituzionale. CNA Piemonte, attraverso il suo segretario regionale Delio Zanzottera e davanti a numerosi candidati alle prossime elezioni politiche ha deciso di richiamare la politica ai suoi doveri e a illustrato la piattaforma per la micro e piccola imprese, al fine di sottoscrivere un nuovo patto sociale per lo sviluppo. Lunedì 19 settembre al Collegio degli Artigianelli, Salotto delle Idee, CNA Piemonte ha ospitato un incontro con: Luca Carabetta del Movimento 5 Stelle, Marzia Casolati della Lega Salvini Premier, Marco Cavaletto di +Europa, Matteo Doria di Noi Moderati, Mauro Laus del Partito Democratico, Lucio Malan di Fratelli d’Italia, Enrico Manfredi di Sinistra Italiana e Verdi, Claudia Porchietto di Forza Italia e l’onorevole Marco Scibona di Unione Popolare.

“CNA Piemonte raggruppa 40 mila imprese artigiane e della piccola e media impresa ed è sempre stata a tutti i livelli un’associazione fortemente propositiva – ha affermato il segretario Zanzottera -. E oggi ci troviamo davanti ad un vero e proprio dramma. Dopo la catastrofe del Covid, la folle corsa degli aumenti dei costi delle materie prime, la difficoltà a coprire il fabbisogno occupazionale ed il relativo fabbisogno formativo, oggi l’aumento dei costi energetici, già peraltro da noi segnalati e sottoposti alla politica prima dell’innescarsi del conflitto bellico, sta causando un vero e proprio shock. Le bollette hanno raggiunto livelli insostenibili che stanno letteralmente uccidendo le imprese.

Una ricerca interna attesta come nei primi 8 mesi del 2022 i costi energetici delle nostre imprese sono in molti casi triplicati rispetto al medesimo periodo del 2021. Per le energivore oggi il costo rappresenta oltre il 40% dei costi aziendali complessivi; per le imprese manifatturiere e di servizio questo costo è arrivato a rappresentare tra il 5% e il 15% del costo aziendale complessivo (il doppio rispetto al 2021). Non è più procrastinabile la messa a terra di una serie di misure volte a sostenere imprese e cittadini”. Fatta questa premessa, il segretario Zanzottera ha espresso le soluzioni targate CNA.

  • Il nuovo Patto deve contemplare inoltre politiche orientate a ridurre il divario generazionale e di genere.

  • Le proposte che CNA avanza partono dall’assunto che il tessuto imprenditoriale piemontese e italiano e che caratterizza il Made in Italy in Italia e nel mondo è composto per il 99,3% da micro e piccole imprese e questo tessuto va riconosciuto e valorizzato pienamente.

  • CNA chiede prima di tutto un fisco più leggero, semplice e orientato allo sviluppo e l’introduzione di una forma di tassazione premiale sui redditi eccedenti introducendo il principio di “chi più dichiara meno paga”. Tale premialità sarebbe un sano incentivo volto a stimolare il contribuente ad incrementare la produttività.

  • CNA ha chiesto inoltre, quale strumento straordinario per far fronte alle difficoltà contingenti la rateizzazione di tutti i debiti fiscali e contributivi con la dilazione di pagamento.

  • CNA ha avanzato e rinnova la richiesta di introdurre incentivi fiscali con un credito d’imposta al 50% per l’installazione o per il rinnovo di pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni e stabilimenti produttivi ai fini della produzione di energia destinata all’autoconsumo.

  • Al fine di incentivare il ricorso alla contrattazione collettiva la Cna chiede che gli aumenti salariali fissati dai contratti collettivi nazionali di lavoro siano oggetto di decontribuzione in questo modo accresce il potere d’acquisto dei lavoratori e si riduce progressivamente il divario tra costo del lavoro e salario netto. Il cosiddetto Cuneo Fiscale.

Il segretario Zanzottera ha poi concluso il dibattito richiamodo le forze politiche a porre attenzione a quella che sarà la vera transizione. “Le risorse ci sono ed il PNRR ne mette a disposizione tante, ma la transizione è prima di tutto una questione culturale e quindi è fondamentale lavorare sulla formazione. I giovani, i nostri figli nel prossimo futuro faranno lavori ad oggi sconosciuti è fondamentale perché le micro imprese possano affrontare la transizione accelerate i processi di inclusione e lavorare sulle nuove generazioni”, ha concluso.

Dalla platea sono arrivate le soluzioni proposte nei programmi e che riguardano le ricette economiche. La transizione ecologica come leva di sviluppo è stato ed è uno dei punti nodali del programma del Movimento 5 Stelle, mentre il centrodestra ha ribadito una delle sue ricette più consolidate: la flat tax fino a 100 mila euro. Il centrosinistra ha ricordato quali iniziative si possono adottare per l’internazionalizzazione e il passaggio generazionale, anche agendo sul tema degli orari di lavoro. Infine, per Unione Popolare anche un piano di interventi pubblici di lavori e la leva dell’incentivo ambientale sono strade percorribili anche per il rilancio della micro e piccola impresa.

Vista la vastità della platea e dei relatori, il dibattito si è concentrato su visioni strategiche, partendo da problemi contingenti. Soprattutto si è cercato di tradurre lungo tutta la filiera le soluzioni a problemi che adesso attanagliano molti settori, ma le cui soluzioni sono per necessità, molto complesse. Si è parlato di come calmierare il costo dell’energia, appunto, con autoproduzione e tetto del costo del gas, ma anche come intervenire nell’agroalimentare dove le materie prime stanno vivendo fluttuazioni di prezzo insostenibili. E poi nella grande rivoluzione della transizione ecologica occorre pensare che la nuova mobilità elettrica, l’eventuale dismissione del motore endotermico avranno ricadute pesanti su tutto il mondo dell’indotto.




Confagricoltura: boom di acquisti di uova da parte delle famiglie, ma le imprese di allevamento sono in difficoltà

L’aumento dei costi energetici e il rincaro delle materie prime mette in difficoltà le imprese di allevamento avicolo. In Piemonte il comparto che può contare su 852 allevamenti avicoli (con oltre 22 milioni di animali allevati tra galline, anatre, faraone, polli da carne, tacchini, etc.).
In quest’ambito nella nostra regione sono attivi 339 allevamenti di galline ovaiole, con 2,6 milioni di capi allevati (6,3% del totale nazionale), che danno lavoro direttamente a oltre 1.000 addetti, per un fatturato all’origine che sfiora i 90 milioni di euro.
“Le spese per la produzione continuano a aumentare: al rincaro del prezzo dei mangimi negli ultimi mesi si è aggiunto, in modo pesante, il costo dell’energia – spiega Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte – che impatta negativamente sulla redditività delle imprese”.

Oreste Massimino, presidente degli allevatori avicoli di Confagricoltura Piemonte, aggiunge: “Anche se molte aziende hanno già attivato impianti per la produzione di energia da fonti solari, l’estate di quest’anno è stata particolarmente calda e le temperature elevate hanno costretto gli allevatori ad aumentare le spese per la ventilazione forzata e il raffrescamento degli ambienti, per garantire un adeguato livello di benessere animale”.
Il mercato delle uova è tonico; il costo al consumo contenuto, soprattutto in rapporto all’energia fornita e alla qualità delle produzioni, sta facendo crescere i consumi. Ogni italiano, mediamente, tra prodotto fresco e alimenti trasformati, consuma circa 219 uova all’anno. I listini all’ingrosso delle uova sono aumentati, ma l’incremento dei costi produttivi e la situazione di incertezza per l’andamento degli approvvigionamenti energetici disincentiva gli allevatori, che guardano con timore al futuro.
“In assenza di misure adeguate – dichiara Gabriella Fantolino, titolare di un’azienda di allevamento a Fiano Torinese e vicepresidente degli allevatori avicoli di Confagricoltura Piemonte – si rischia di andare incontro a una forte contrazione delle produzioni, anche a causa dei probabili ulteriori aumenti dei costi che si profilano nei prossimi mesi a seguito del peggiorare della crisi dovuta al conflitto russo-ucraino.”

Per questi motivi, oltre ai sostegni diretti agli allevatori già previsti a livello comunitario e nazionale e a quelli indispensabili e urgenti finalizzati a contenere il costo dell’energia, è importante che nelle sedi istituzionali competenti si promuovano azioni idonee a riposizionare sul mercato, in un ambito economicamente sostenibile, le uova di gallina prodotte in Piemonte, facendo in modo che le aziende possano collocare la produzione recuperando i costi di produzione. “Chiediamo maggiore attenzione dal mondo politico e dalle istituzioni – aggiunge Allasia – intervenendo per non disperdere un patrimonio di conoscenza e competenza di un comparto che produce proteine per l’alimentazione a un costo davvero contenuto per le famiglie”.

La filiera delle uova in Italia è costituita da circa 2.600 allevamenti, con 41 milioni di capi (75% al Nord), per una produzione annua di 12,6 miliardi di uova e un valore della produzione all’origine di 1,4 miliardi di euro.

Comunicato stampa




CNA Piemonte: “La politica rilanci il patto sociale per riavviare lo sviluppo economico”

CNA Piemonte rilancia sul territorio quanto CNA nazionale ha elaborato come manifesto inviato ai leader politici italiani in vista del voto del 25 settembre nell’auspicio di una legislatura a misura anche degli artigiani e delle piccole imprese.

“È importante che anche i rappresentanti regionali possano farsi parte attiva in una strategia di rilancio che dal livello centrale a quello periferico. CNA ha preparato un decalogo, una serie di proposte concrete per un nuovo patto sociale mirato a ripartire dalle nostre solide radici per ri-avviare decisamente lo sviluppo economico e sociale dell’Italia”, ha spiegato il segretario regionale Delio Zanzottera.

“Dopo l’esperienza di questi anni – ha aggiunto il presidente regionale Bruno Scanferla -. La CNA Piemonte chiede che alla cultura emergenziale si sostituisca una ritrovata capacità di guardare le profonde trasformazioni che investono la società italiana, in modo da recuperare la centralità dei soggetti sociali, veri e propri connettori ai processi reali. CNA chiede di assicurare continuità e sostenibilità agli incentivi, ampliandone l’ambito anche agli immobili produttivi. Disporre di un adeguato orizzonte temporale, perlomeno decennale, consente la programmazione e lo svolgimento dei lavori senza creare tensioni e strozzature”.

Automotive e filiera

Per andare su temi piemontesi. “L’attuazione del Green Deal europeo, finalizzato a governare la transizione ecologica in chiave di sostenibilità, avrà impatti rilevanti sull’attività delle imprese, in particolare il piano Fit for 55 che impegna i paesi a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 – aggiunge Scanferla -. Un cambiamento epocale che impatterà in maniera profonda su intere filiere oggi fiore all’occhiello del made in Italy costituite, in gran parte, da piccole imprese. CNA chiede una politica industriale condivisa che accompagni la trasformazione delle filiere produttive coinvolte, a partire da quella dell’auto, che interessa molte decine di migliaia di piccole imprese operanti nella produzione e manutenzione dei veicoli, nei sistemi di alimentazione e trasporto. Il coinvolgimento di tutti gli attori economici è fondamentale, posto che questi grandi processi non possono essere improntati alla neutralità tecnologica delle scelte”.

Burocrazia, vera piaga

“È il tempo di affrontare con decisione il capitolo della cattiva burocrazia – ha continuato Zanzottera -. Ora più che mai è necessario compiere un vero cambio di passo, reso possibile dalle riforme di sistema e dalla disponibilità di ingenti risorse economiche messe a disposizione dal PNRR per dare finalmente attuazione alle richieste di artigiani e piccole imprese”.

Le dieci proposte di CNA Piemonte

  1. Energia, con un focus sulla scelta strategica dell’autoproduzione

  2. Semplificazione, ritenuta la strada maestra del cambiamento

  3. Politica industriale, tagliata su artigiani e piccole imprese

  4. Export, Made in Italy, Turismo, tre leve di crescita

  5. Lavoro, contrattazione collettiva, formazione, rappresentanza, per favorire una occupazione di qualità e uno scatto di produttività

  6. Fisco, chiesto più leggero, più semplice e più orientato all’espansione

  7. Concorrenza, in un’ottica di tutela delle piccole imprese

  8. Infrastrutture, materiali e immateriali, per irrobustire l’ossatura del nostro Paese

  9. Legalità, da perseguire combattendo la criminalità ma anche tutte le forme di abusivismo, sommerso, riciclaggio e usura

  10. Welfare e Pensioni, per assicurare condizioni dignitose agli anziani e ai cittadini più fragili




28 milioni di italiani partiranno entro la fine dell’estate

Su una scala da 0 a 100, il tour operator italiano specializzato in vacanze di gruppo Vamonos-Vacanze ha calcolato l’indice di propensione al viaggio dell’estate 2022 degli italiani.

Il risultato è di 81 punti, un coefficiente elevatissimo che porta la propensione al viaggio dei nostri connazionali a valori maggiori anche rispetto ai livelli pre-pandemici.

«Nella fascia di età compresa tra i 16 ed i 76 anni il tutto si traduce in 28 milioni di italiani che partiranno entro la fine dell’estate» mettono in evidenza gli analisti di Vamonos-Vacanze, che hanno anche calcolato la spesa media di quest’anno: «1.480 euro per le vacanze di 7 giorni o più, 620 euro per i break di durata dai 3 ai 6 giorni e 300 euro per chi si concederà al massimo 2 notti fuori».

Il fenomeno “nuovo” è il ritorno alla preferenza per l’albergo: mentre l’anno scorso oltre un terzo degli italiani optava per l’affitto di una casa dove trascorrere le vacanze e solo un quarto preferiva l’albergo, oggi le percentuali si sono invertite.

«Sei italiani su 10 andranno una struttura alberghiera e solo uno su 5 preferirà affittare una casa o un appartamento. Insomma è finito il timore pandemico di trascorrere troppo tempo in un contesto frequentato da persone che non si conoscono a beneficio di una scelta che comporta maggiori servizi e comfort» dicono gli analisti di Vamonos-Vacanze

Nel ranking delle preferenze di vacanza —come è tradizione— il mare si colloca poi al primo posto, seguito dalla montagna e dalle esperienze culturali in città e luoghi d’arte, includendo però anche i piccoli borghi.

«In aumento il raggio degli spostamenti, seppure 8 italiani su 10 sceglieranno mete nazionali —nel 70% dei casi al di fuori della propria regione di residenza— mentre “solo” 2 italiani su 10 viaggeranno all’estero —nel 75% dei casi rimanendo in Europa—» sottolinea Emma Lenoci, fondatrice di Vamonos-Vacanze.

La grande voglia di viaggiare, che Vamonos-Vacanze ha definito «revenge travel», sottende una domanda repressa a causa ben 2 anni —o quasi— di lockdown e di altre misure ristrettivi. Già negli scorsi mesi, allentate e poi finalmente rimosse le misure sanitarie di sicurezza, migliaia di turisti sono arrivati nel Bel Paese.

«Ci aspettiamo una decisa crescita sia del fatturato sia delle presenze e per molte destinazioni stiamo già triplicando i nostri risultati medi. Dobbiamo però fronteggiare ora il peso dell’instabilità geopolitica e l’incremento dei costi energetici, senza volere aumentare i costi per i viaggiatori. E tutto ciò incide pesantemente sulla marginalità» spiega il tour operator.

La formula Vamonos-Vacanze continua ad essere comunque vincente, grazie alla esperienzialità delle proposte ed alla qualità delle strutture. Ma ci vorrà tempo per recuperare la stabilità pre-Covid e recuperare utili.

«Servirebbero maggiori incentivi agli investimenti che mettano più al centro il turismo, che invece è ancora troppo al margine anche con il PNRR» conclude Emma Lenoci.

Le offerte più vantaggiose? Ecco i «last minute» di Vamonos-Vacanze: a partire dai 1.099 euro si può villeggiare per 7 notti nella splendida struttura di Pugnochiuso in Puglia (dal 6 al 13 agosto) oppure navigare in barca a vela in Sardegna, sempre per 7 notti (dal 6 al 13 agosto). Leggermente maggiore (1.699 euro) è invece il presso dell’opzione per la Grecia (last minute dal 7 al 14 agosto), ma optando per una crociera MSC in Grecia, Mykonos e Croazia il prezzo scende a 999 euro (last minute per il periodo 7-14 agosto).

Poi ancora —tra le offerte più vantaggiose— anche il Ferragosto in Sicilia (a Cefalù) dal 12 al 19 agosto a 1.299 euro o in Sardegna (a Santa Teresa di Gallura dal 12 al 19 agosto a 1.399 euro. Mentre Ibiza sale a 1.699 euro (con last minute dal 13 al 20 agosto).




Imprese: 32mila in più tra aprile e giugno

Sembra avviarsi verso una normalizzazione il bilancio tra iscrizioni e cessazioni di imprese. Dopo il forte rimbalzo post-pandemia del 2021, nel secondo trimestre di quest’anno il saldo tra aperture e chiusure si è attestato a 32.406 imprese – non lontano dalla media dell’ultimo decennio – come risultato della differenza tra 82.603 iscrizioni (il secondo peggior risultato del decennio) e 50.197 cessazioni (in progressiva ripresa dopo la frenata del 2020 e la “ripresina” del 2021).

E’ quanto emerge in sintesi dall’analisi trimestrale Movimprese relativa al periodo aprile-giugno 2022, condotta da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio e disponibile all’indirizzo www.infocamere.it/Movimprese.

IL BILANCIO DEI TERRITORI
Il Mezzogiorno mette a segno l’incremento assoluto e relativo più consistente del trimestre, con un saldo di 11.542 imprese in più, seguito da Nord-Ovest (+8.438), dal Centro (+6.582) e dal Nord-Est (+5.844).
A livello regionale è la Lombardia a registrare la maggior crescita di imprese (+5.802), seguita dal Lazio (+4.226) e dalla Campania (+2.825). In termini relativi, sono 8 le regioni che registrano un tasso di crescita trimestrale superiore alla media nazionale (+0,55%): Sardegna (+0,82%), Lazio (+0,69%), Puglia (+0,66%), Valle d’Aosta (+0,64%), Trentino Alto Adige (+0,63%), Lombardia (+0,61%), Emilia Romagna (+0,59%) e Sicilia (+0,58%).

IL BILANCIO DEI SETTORI
Le Costruzioni mantengono un ritmo di crescita sostenuto anche in questo trimestre con 8.548 imprese in più e una variazione dell’1,02%. La ripresa del settore turistico a ridosso della pausa estiva è accompagnata da un saldo attivo delle imprese che operano nelle Attività di alloggio e ristorazione (+4.026 la variazione assoluta, +0,88% quella percentuale). Anche le Attività professionali, scientifiche e tecniche mettono a segno nel trimestre un incremento cospicuo di 3.712 unità, pari al +1,59% in termini percentuali. Quest’ultimo settore mostra la variazione percentuale più consistente, seguito dall’Istruzione (+1,24%) e dalle Attività artistiche sportive e di intrattenimento (+1,15%).