Indagine di Confindustria Torino sull’impatto del Covid19: ecco i risultati per le aziende torinesi

Ancora forte l’utilizzo dello smart working, molta incertezza sul futuro, una produzione che fa affidamento principalmente sugli ordini stranieri, e mancanza di liquidità. In sintesi questo è lo scenario in cui si trovano a vivere le aziende torinesi, fotografato da una Survey condotta dall’Unione Industriale di Torino.

“L’indagine fotografa un tessuto industriale che s’impegna e che sta cercando di uscire da quest’emergenza, pur utilizzando strumenti che ritiene ancora inadeguati rispetto alla gravità della situazione e dovendo affrontare forti problemi di liquidità.

Le imprese manifatturiere sono quelle che scontano maggiore incertezza sulla quantificazione dell’impatto e sui tempi di uscita dalla crisi. I risultati sono chiari: tra i problemi più avvertiti, al primo posto restano la liquidità, i pagamenti e le difficoltà normative. Tutto ciò è insostenibile.

Tuttavia, questa rilevazione ci regala anche un dato molto importante: le aziende vedono l’innalzamento dei costi per la sicurezza come elevato, ma sostenibile. Una volta di più, le imprese del nostro territorio dimostrano quanto la cultura della salute di tutti sia radicata nel loro modo di essere, e fondamentale premessa per ogni attività produttiva.

E proprio in ragione di questo, i criteri del click day per l’assegnazione dei 50 milioni del bando Impresa Sicura sono stati una grandissima delusione: è inaccettabile umiliare le aziende che hanno investito in progetti per la sicurezza, attraverso una procedura per il click più veloce, durata meno di un secondo.

La responsabilità non è una lotteria. Sarebbe stato più opportuno utilizzare altri strumenti, come ad esempio il credito d’imposta. Abbiamo bisogno di ragionamenti di politica industriale di ampio respiro, per poter accorciare i tempi della ripresa, permettendo alle aziende di ricominciare a crescere”, dichiara Dario Gallina, Presidente dell’Unione Industriale di Torino, commentando i dati della rilevazione sugli effetti della pandemia del Covid-19 sulle imprese torinesi.

Tale indagine, effettuata dall’Unione Industriale nell’ultima decade di maggio, ha visto la partecipazione di 247 aziende torinesi, di cui 157 manifatturiere e 100 appartenenti al settore terziario.

In seguito al termine del lockdown, la ripresa delle attività economiche risulta ancora parziale. Solo il 57% delle aziende di servizi e il 48% di quelle manifatturiere, infatti, è ripartito con oltre il 75% del personale.

Tra i problemi riscontrati dalle imprese in questa fase, il più sentito riguarda la liquidità e i pagamenti, giudicati come significativi dal 72% degli intervistati. La stessa percentuale ha ritenuto altrettanto preoccupanti le problematiche relative agli aspetti normativi, particolarmente intricati e in costante aggiornamento. Sono state, inoltre, avvertite difficoltà derivanti dagli aspetti organizzativi, molto impattanti soprattutto per il settore dei servizi, con il 26%, contro il 10% del manifatturiero. Meno sentite, infine, le problematiche relative alla carenza di forniture (maggiormente avvertite nei servizi, con il 17%), mentre la carenza di personale non è stato ritenuto un problema in nessun settore.

Per quanto riguarda gli ordini, la domanda italiana è crollata in modo grave per il 47% degli intervistati, e in modo abbastanza significativo per un ulteriore 34%. Regge, al contrario, l’export, che ha visto una contrazione impattante per il 37% e meno significativa per il 21% delle aziende.

Un aspetto particolarmente interessante riguarda i costi dell’adeguamento sanitario, che sono considerati elevati, ma sostenibili da oltre il 60% delle imprese. Un dato che riflette profondamente la cultura della sicurezza radicata nelle aziende del nostro territorio.

Alla domanda relativa alla valutazione dell’impatto della crisi, gli imprenditori hanno risposto che gli effetti sono ancora troppo imprevedibili. Solo il 31% si ritiene attrezzato per superarla, mentre un ulteriore 30% non ritiene di poter ancora fare previsioni, e il 26% si dice certo di conseguenze molto serie. Solamente il 10% vede questa situazione come un’opportunità.

Sicuramente la normalità è ancora lontana. Le previsioni sull’uscita dalla crisi, infatti, non vedono risposte certe: se le aziende dei servizi sono lievemente più ottimiste sui tempi di uscita (il 19% prevede entro l’estate e il 27% entro fine anno), nel manifatturiero quasi un terzo delle imprese ritiene impossibile fare previsioni.




Welfare aziendale, Confindustria Asti: costituita Rete Astigiana

Il tema del welfare inteso come insieme di beni e servizi in ambito assistenziale, educativo, previdenziale, ricreativo che il datore di lavoro mette a disposizione dei propri lavoratori e relativi familiari, è un argomento di sempre maggiore interesse nell’ambito del mondo del lavoro e costituisce uno dei uno dei pilastri portanti di una politica aziendale che sappia conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali del territorio di riferimento, una politica che può essere definita con il termine di Responsabilità Sociale d’Impresa.

 

Alcuni fra i principali attori del panorama economico del territorio astigiano il 20 febbraio u.s. hanno firmato presso la sede dell’Unione Industriale della provincia di Asti un protocollo di intesa volto a costituire una Rete Astigiana per il benessere dei lavoratori e dei cittadini avente l’obiettivo la promozione delle politiche di welfare aziendale e territoriale finalizzate a permettere una migliore conciliazione e condivisione del tempo di vita/lavoro, l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, lo sviluppo sostenibile dei territori, la crescita dell’occupazione con attenzione alle pari opportunità e alle politiche di inclusione, e condizioni generali di benessere per tutta la popolazione .

 

L’accordo è stato siglato dall’Unione Industriale della Provincia di Asti, dalle locali organizzazioni sindacali dei lavoratori CGIL, CISL e UIL, dalla Camera di Commercio di Asti, dal Comune di Asti, dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Asti, dalla Consigliera di parità della Provincia di Asti , dal Consorzio Co.Al.A, ed alcune delle aziende del territorio della nostra provincia.

 

L’accordo impegna i firmatari a diffondere le politiche di welfare presso imprese e lavoratori, sottolineandone i vantaggi economici e sociali; l’auspicio dei firmatari è quello di raccogliere un numero sempre maggiore di imprese intenzionate ad adottare modelli aziendali innovativi in grado di contribuire al benessere dei propri lavoratori e delle loro famiglie.

L’accordo sottoscritto si inserisce a pieno titolo in una strategia che opera in un quadro di politiche integrate, che coinvolge tutti gli attori pubblici e privati, e consiste nel coniugare politiche sociali, politiche del lavoro e sviluppo economico, puntando alla coesione sociale come driver di sviluppo territoriale;

Fra i principali obiettivi della neo-costituita Rete Astigiana per il benessere dei lavoratori e dei cittadini :

  • Costituire una rete di welfare territoriale composta dal più ampio numero di soggetti, pubblici e privati che operano nei servizi di utilità sociale, servizi di educazione ed istruzione, servizi di assistenza a familiari anziani e non autosufficienti
  • Stimolare le imprese ed i lavoratori ad usufruire di un welfare territoriale che oltre a fornire vantaggi fiscali e contributivi ai diretti interessati (Imprese e lavoratori) possano costituire un volano per lo sviluppo delle attività degli erogatori di servizi welfare del territorio

Per il raggiungimento di questi obiettivi, la Rete Astigiana per il benessere dei lavoratori e dei cittadini promuoverà la sottoscrizione di apposite convenzioni e accordi con gli enti pubblici e soggetti privati operanti sul territorio ed erogatori di servizi di welfare.

Le convenzioni così stipulate verranno diffuse presso le aziende ed i lavoratori interessati per permettere la massima diffusione dei piani di welfare.

 




Previsioni congiunturali, Cnvv: 3° trimestre 2021, si consolida la ripresa dell’industria novarese e vercellese

Si consolida la ripresa dell’industria delle province di Novara e di Vercelli. Secondo le previsioni congiunturali di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv) per il trimestre luglio-settembre 2021 (disponibili sul sito ) il saldo tra la percentuale degli imprenditori che si dichiarano ottimisti e quella di coloro che sono pessimisti sull’incremento della produzione registra nuovi importanti incrementi in entrambi i territori, posizionandosi a 31,5 punti nel Novarese (rispetto ai precedenti 17,5) e a 12,8 punti in provincia di Vercelli (rispetto ai precedenti 2,2), con una media regionale a 19 punti (a fronte dei 7,3 dello scorso trimestre). Migliorano anche i saldi ottimisti/pessimisti riferiti alle attese di nuovi ordini totali (a 23,4 punti a Novara rispetto ai precedenti 12,7 e a 14,9 a Vercelli rispetto ai precedenti 7,8, con l’indicatore piemontese che passa da 5,8 a 18,7 punti) ed esteri (da 1,9 a 9,9 punti a Novara, da -5,7 a 7,6 a Vercelli e da -3,2 a 7,5 in Piemonte).

«La ripresa – commenta il presidente di Cnvv, Gianni Filippa – si sta dimostrando abbastanza solida, anche se le attese di esportazioni crescono meno rispetto a quelle relative al mercato interno e se il costante aumento dei costi delle materie prime continua a penalizzare fortemente le aziende manifatturiere: senza significative inversioni di tendenza, che al momento non rileviamo, questo fattore rischia di mettere a repentaglio la durata e la solidità della ripartenza».

Il mercato del lavoro registra aspettative di nuova occupazione in crescita a Novara, con un saldo ottimisti/pessimisti che passa da 8,7 a 18,5 punti, e stabili (10,6 punti) a Vercelli, con una media regionale a 13,8 punti rispetto ai precedenti 5,6, mentre l’indicatore sull’intenzione di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni risulta in flessione per il quarto trimestre consecutivo: dal 16% all’11,4% per Novara, dal 28,7% al 12,9% per Vercelli e dal 25,7% 15,9% per il Piemonte.

«Insieme alla conferma di un tasso di utilizzo degli impianti che in entrambe le province è da oltre due anni superiore alla media regionale – aggiunge il direttore di Cnvv, Carlo Mezzano – registriamo anche quella del trend positivo degli investimenti, significativi e sostitutivi: in questo trimestre ha programmato i primi il 29,3% delle imprese della provincia di Novara, rispetto al 29,6% precedente, e il 28,7% % di quelle in provincia di Vercelli, rispetto al precedente 25,6% e con una media regionale al 28,2%, mentre i secondi mostrano un incremento dal 46.4% al 53,7% per Novara e dal 40% al 47,9% per Vercelli, con l’indicatore piemontese al 48,4%».

La percentuale di aziende che denuncia ritardi negli incassi registra un ulteriore miglioramento (dal 22% al 17,2%) nel Novarese e un lieve incremento (dal 16,9% al 18,1%) in provincia di Vercelli, con una media regionale che cala dal 28% al 22,3%.

I dati relativi ai principali settori produttivi, elaborati in forma aggregata e con media ponderata sulle due province, confermano la ripresa del saldo ottimisti/pessimisti relativo alle attese di produzione nel metalmeccanico e nella rubinetteria-valvolame, sostenuto soprattutto dall’incremento delle attese di ordini totali. Incrementi analoghi si registrano anche nel chimico e, seppur con minore intensità nell’alimentare, mentre i saldi ottimisti/pessimisti ritornano in territorio negativo nel tessile-abbigliamento.




Confindustria Torino: aziende torinesi, se non si interviene, l’estate potrebbe essere un duro colpo

Dall’inizio del lockdown a oggi, un’azienda associata su tre ha fatto ricorso alla cassa integrazione. In numeri questo significa che sono ricorse agli ammortizzatori sociali 714 aziende della provincia di Torino, per un totale di quasi 53mila occupati.

I dati sono oggetto di un’indagine condotta dal settore sindacale dell’Unione Industriale di Torino tra le aziende associate.

“L’ampio ricorso alla cassa integrazione fotografa un tessuto industriale che sta provando a resistere ad una crisi senza procedenti. Ora che siamo usciti da lockdown, l’utilizzo degli ammortizzatori – pur diminuito – continua, perché per alcuni settori – spiega il presidente Dario Gallina. la produzione sta riprendendo faticosamente, sorretta soprattutto dagli ordinativi esteri, ma per altri, come il terziario invece la ripresa sembra ancora molto incerta nonché lontana”.

“Le aziende torinesi stanno vivendo una crisi senza precedenti: oltre alla flessione della domanda, e quindi dei fatturati, devono far fronte anche ad un aumento dei costi e alla gestione della forza lavoro – continua il presidente -. Gli ammortizzatori sociali d’emergenza e i vari interventi introdotti dal Decreto Cura Italia e  dal Decreto Rilancio sono stati solo degli antidolorifici a scadenza.

Purtroppo se si possono bloccare i licenziamenti per decreto, il lavoro non lo si crea con testi di legge e a causa dell’imposizione del limite temporale degli ammortizzatori già questa estate molte aziende saranno costrette a chiudere poiché non riusciranno a farsi carico del costo dei lavoratori”.

“Serve una cura a sostegno del settore industriale, in grado di rilanciare la domanda, e quindi la produzione e aiutare la liquidità. L’augurio – conclude Gallina – è che a livello governativo si rimuova il blocco dei licenziamenti e contemporaneamente venga programmato un intervento strutturale sull’intero sistema degli ammortizzatori sociali, che vada oltre l’emergenza Covid e sia finalizzato a razionalizzare tutti gli ammortizzatori sociali, semplificando procedure e iter burocratici e sindacali che ne rallentano la fruizione.  Più della metà dei lavoratori in cassa integrazione appartengono al settore metalmeccanico.

Questo significa che se l’Esecutivo attuasse gli incentivi per l’acquisto di auto e l’estensione dell’ecobonus, misure che abbiamo richiesto nell’appello trasmesso insieme ad Anfia, si riuscirebbe a rilanciare un settore che sta cercando di resistere, ma che questa estate potrebbe gettare la spugna”.




Marsiaj (UI Torino): “Approvazione progetto Area Crisi Complessa, traguardo importante per progettualità torinese”

“Con l’approvazione del Progetto di riconversione e riqualificazione industriale da parte del Mise, siamo giunti a un traguardo istituzionale importante, il coronamento di un percorso di forte progettualità per la nostra Città iniziato nel 2019.

È un passo determinante, che aspettiamo da tempo: l’Unione Industriale ha partecipato a questo processo dalla cabina di regia, lavorando fianco a fianco con gli altri attori del territorio – Regione Piemonte, Città di Torino, Politecnico di Torino, Università degli Studi di Torino, Camera di Commercio di Torino, TNE, CIM 4.0, Distretto Aerospaziale DAP, Api Torino – in uno straordinario esempio di collaborazione tra pubblico e privato, per cui ringraziamo tutti.

I bandi per i progetti d’investimento avranno l’obiettivo di consolidare la crescita delle imprese e creare nuova occupazione per la nostra area, che più di altre ha sofferto la crisi acuita dalla pandemia.

Accanto a questi, iniziative strutturali come il nuovo Centro nazionale per la mobilità sostenibile e le analoghe azioni per la Cittadella dell’Aerospazio combineranno ricerca applicata, trasferimento tecnologico e formazione per l’intera filiera.

Si tratta di una progettazione strategica che tiene conto della vocazione manifatturiera del nostro territorio e la interpreta alla luce delle grandi trasformazioni di questo momento storico.

In questo scenario, l’Unione Industriale è fortemente e direttamente impegnata perché il coinvolgimento e le ricadute sulle aziende siano rapide, effettive e consistenti”.




Cnvv: Migliorano le prospettive per l’industria novarese e vercellese

Migliorano le prospettive per l’industria delle province di Novara e di Vercelli. Secondo le previsioni congiunturali di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv) per il trimestre aprile-giugno 2021  il saldo tra la percentuale degli imprenditori che si dichiarano ottimisti e quella di coloro che sono pessimisti sull’incremento della produzione registra crescite importanti in entrambi i territori, posizionandosi a 17,5 punti nel Novarese (rispetto ai precedenti 2,6) e a 2,2 punti in provincia di Vercelli (rispetto ai precedenti -20,4), con una media regionale che risale a 7,3 punti a fronte dei -10,5 del primo trimestre dell’anno.

Lo stesso trend è seguito dal saldo ottimisti/pessimisti riferito alle attese di nuovi ordini totali, a 12,7 punti nel Novarese (rispetto ai precedenti 1,7) e a 7,8 nel Vercellese (rispetto ai precedenti -23,7). Migliora anche l’indicatore piemontese, a 5,8 punti rispetto ai -12,2 dello scorso trimestre.

«Il dato che ancora non registra una vera inversione di tendenza – osserva il presidente di Cnvv, Gianni Filippa – è quello relativo alle attese di esportazioni, i cui saldi ottimisti/pessimisti rimangono su valori troppo bassi per poter dare respiro a una fase di ripartenza che speriamo vicina: se in provincia di Novara si attestano a 1,9 punti rispetto ai precedenti 3, nell’area vercellese l’indicatore, pur in crescita, è ancora negativo, a -5,7 punti rispetto ai precedenti -14,7, in linea con quello regionale che passa da -10,6 a -3,2. Se è quindi importante che la produzione nel Vercellese sia ritornata in positivo dopo oltre un anno e mezzo, riallineandosi alla media del Piemonte, gli effetti della crisi pandemica rischiano di impattare pesantemente sulle esportazioni, che sono fondamentali per molti settori nelle nostre province».

«La ripresa – aggiunge Filippa – rischia di essere frenata anche dal forte aumento dei costi delle materie prime, che penalizza notevolmente un Paese trasformatore come il nostro, mentre un ulteriore gap rispetto ai nostri competitor è determinato dalla presenza di tasse del tutto inopportune, come quella sulla plastica che impatta in modo incalcolabile sulla componentistica. I ritardi nella campagna vaccinale, infine, rischiano di compromettere il possibile recupero del settore turistico e della sua filiera. Le nostre aziende sono pronte per contribuire concretamente alla messa in sicurezza dei lavoratori e della popolazione, ma mancano ancora i protocolli e, come è noto, i vaccini. Bisogna smetterla con le parole e passare ai fatti».

I dati sul mercato del lavoro registrano performance migliori rispetto alla media regionale, con il saldo ottimisti/pessimisti relativo alle aspettative di nuova occupazione che passa da -0,9 a 8,7 punti in provincia di Novara e da -6,5 a 10 in provincia di Vercelli (a fronte della crescita da -1,7 a 5,6 punti in Piemonte), mentre l’indicatore sull’intenzione di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni prosegue il calo, attestandosi al 16% per Novara, al 28,7% per Vercelli e al 25,7% per il Piemonte.

«Da sottolineare – aggiunge il direttore di Cnvv, Carlo Mezzano – è anche l’ulteriore incremento, rispetto alla precedente rilevazione, della percentuale di investimenti significativi programmati in entrambe le province: dal 25,2% al 29,6% in quella di Novara e dal 16,7% al 25,6% in quella di Vercelli, con un aumento dal 19,8% al 24,3% a livello regionale. In lieve contrazione, ma sempre su livelli elevati, sono invece le intenzioni di investimenti sostitutivi, dichiarate dal 46,4% delle imprese novaresi, rispetto al 56,5% del trimestre precedente, e dal 40%, rispetto al 53,3%, di quelle vercellesi, a fronte di una media piemontese che cala dal 49,5% al 46,7%. Rimane su livelli elevati anche il tasso di utilizzo degli impianti: sostanzialmente stabile (all’81,7%) nel territorio novarese e in crescita, dall’89,2% al 92,2%, in quello vercellese, con una media regionale intorno al 72,8%. Si attesta su buoni livelli, infine, la percentuale di aziende che denuncia ritardi negli incassi: stabile al 22% nel Novarese e in miglioramento dal 23,9% al 16,9% nel Vercellese e dal 32% al 28% a livello regionale».

I dati relativi ai principali settori produttivi, elaborati in forma aggregata e con media ponderata sulle due province, segnalano un saldo ottimisti/pessimisti relativo alle attese di produzione in forte ripresa nel metalmeccanico e nella rubinetteria-valvolame. Questa inversione di tendenza, che riporta l’indicatore in territorio fortemente positivo dopo quasi due anni, dovrà però essere confermata dalle prossime rilevazioni, essendo supportata principalmente dalla ripresa degli ordini totali. Aspettative di produzione positive si registrano anche nel chimico e nel tessile-abbigliamento, mentre il saldo ottimisti/pessimisti è a zero nel comparto alimentare.




Presentato alla giunta regionale il piano industriale di Confindustria Piemonte

Tornare a crescere del 3% l’anno, aumentando il Pil regionale di 42 miliardi. Sono questi gli obiettivi che fissa il Piano industriale del Piemonte realizzato da Confindustria Piemonte e presentato oggi al Presidente della Regione Alberto Cirio, proseguendo il percorso di confronto e condivisione iniziato a settembre 2020. Un “open plan” da integrare e aggiornare periodicamente, che vuole essere anche uno strumento di lavoro per concordare, in primis, con l’Unione Europea i filoni prioritari di sviluppo e finanziamento.

A cominciare dal Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 e dal piano Next Generation EU, che potrebbero portare in Piemonte fino a 16 miliardi. Risorse che saranno una leva strategica di sviluppo per l’intera economia regionale. La pandemia ha infatti ridotto di ulteriori 11 miliardi il Pil regionale, su cui già gravava un differenziale di 31 miliardi rispetto alle regioni europee comparabili. Un divario pro capite di 7.136 euro, che nell’ultimo decennio è stato determinato da 3,9 miliardi annui di minori investimenti pubblici legati all’economia. Una riduzione che però non si è accompagnata a un calo degli investimenti in edilizia, macchinari e impianti, che sono nella media europea.

Ancora migliore la propensione delle imprese all’investimento manifatturiero, che è stato pari al 6,6% del Pil, un valore tra i più alti in Europa, e che colloca il Piemonte al primo posto in Italia.
«La programmazione europea ha sempre avuto un Psr, un Piano di sviluppo rurale, ma non ha mai previsto per i territori un Piano di sviluppo industriale – sottolinea il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio – La conseguenza è che ognuno di questi settori – agricoltura, industria, artigianato – è rimasto spesso in compartimenti stagni, senza quella interazione reciproca che invece è indispensabile. Per questo il lavoro che Confindustria Piemonte ci ha presentato oggi, un lavoro concreto e ingegneristico, è prezioso. Lo raccogliamo felici che sia il primo passo di un importante momento di concertazione e dialogo che, a partire da giovedì, faremo con tutto il territorio, per definire insieme le priorità che guideranno le politiche economiche nei prossimi 10 anni.

Da una parte la nuova programmazione 2021-2027, con l’obiettivo di arrivare a un accordo con tutti gli interlocutori del partenariato economico, sociale e istituzionale entro la fine dell’anno. E dall’altra il Recovery Plan: entro aprile il Governo italiano dovrà trasmettere all’Europa il proprio Piano di investimenti e noi entro marzo manderemo a Roma le nostre linee di indirizzo, che non saranno scritte dentro i palazzi, ma condivise sul campo con i nostri sindaci e i nostri imprenditori che del Piemonte sono l’anima».

«Oggi diamo seguito al percorso di confronto iniziato a settembre, presentando un Piano industriale che mette il treno Piemonte sui binari giusti – commenta il Presidente di Confindustria Piemonte Marco Gay – Serve una visione europea, questa è la direzione che vogliamo. Il ritardo accumulato pesa sulla nostra capacità di competere, di crescere ed essere attrattivi. Nei prossimi anni si può recuperare, partendo dagli investimenti e dalla capacità di sviluppare un partenariato pubblico-privato, che deve essere in grado far crescere l’industria piemontese e attrarre investimenti da fuori, portando le aziende a insediarsi qui, grazie alla grande capacità del territorio di esprimere innovazione».

Per tornare a crescere al 3%, e colmare il gap con il resto d’Europa, il piano in questa prima stesura individua quattro settori verticali: automotive, che occupa 60 mila persone e fattura 20 miliardi escludendo le case costruttrici, e che deve puntare sulla mobilità sostenibile; l’agrifood dove operano 100 mila persone, che deve legarsi anche al turismo e al Bio; l’aerospaziale che impiega 14.800 persone e fattura 4 miliardi, che deve incalzare il progresso tecnologico con nuovi materiali e robotica; il tessile, con ampi margini di espansione nel bio tessile e smart-textile. A questi si aggiungono due ambiti orizzontali di applicazione tecnologica: le tecnologie 4.0 per sviluppare un’industria sempre più sostenibile, e l’intelligenza artificiale, un mercato che cresce del 30% l’anno. Tra le nuove opportunità il piano individua la bioedilizia, dove il Piemonte ha possibilità di creare una nuova filiera.

Gli strumenti operativi individuati da Confindustria Piemonte per realizzare queste indicazioni sono una progettazione integrata delle partecipazioni pubblico-private all’interno di una revisione della missione di Finpiemonte. Suggerito un maggiore ricorso all’appalto pre-commerciale, il partenariato per l’innovazione e l’appalto di soluzioni innovative. Nel comparto delle infrastrutture il piano ne censisce un gruppo di subito cantierabili per un valore di 7,43 miliardi, infine sul fronte della formazione si auspica una riduzione della dispersione scolastica e un’implementazione della formazione tecnica superiore. Tutte direttrici che si intrecciano con le richieste fatte dalla Regione al Governo per i fondi Next Generation Eu: circa 8 miliardi per la rivoluzione verde e la transizione economica, 1,7 miliardi per la salute, 1,34 miliardi per istruzione, formazione, ricerca e cultura, 1,22 miliardi per le infrastrutture per la mobilità, 736 milioni per la digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, 24 milioni per l’equità sociale e territoriale.

 




Industria della life science, il Piemonte apre una nuova fase

Il Piemonte si trova a cavallo tra due aree leader globali nelle life sciences: il bacino padano con Lombardia ed Emilia, e il Rhône-Alpes. Si viene così a creare un asse inedito che potrebbe replicare o addirittura estendere la Biovalley che già si è sviluppata tra Alsazia, Baden-Guttenberg e l’area di Basilea.

È questo uno dei temi discussi sulla base dello studio “L’industria della life science, il futuro del Piemonte?” nel corso di un evento promosso da Confindustria Piemonte, Ires Piemonte e UniCredit.

Lo studio parte dai dati globali. Nel mondo sono in fase di studio 15.000 nuovi farmaci, di cui 7.000 sono già in fase clinica. Gli investimenti stimati tra il 2019 e il 2024 sono pari a mille miliardi di dollari. Nel nostro Paese la filiera delle scienze della vita registra un valore della produzione di oltre 225 miliardi di euro, un valore aggiunto di 100 miliardi e 1,8 milioni di addetti. Il valore aggiunto totale (considerando anche l’indotto) corrisponde al 10% del PIL nazionale. Analizzando i grandi poli europei, la sola Biovalley che è oggi l’hot-spot leader in Europa, comprende 40 istituzioni scientifiche, 900 aziende (incluso il 40% delle più grandi aziende farmaceutiche del mondo), 100.000 studenti e più di 11 Life Science Parks. A Lione il polo Life science and health dà lavoro 72.500 persone, il 12% di tutta l’occupazione locale, con 2.100 stabilimenti con dipendenti e 1.600 studi clinici condotti ogni anno. A Milano, solo lo Human Technopole è una realtà in grado di attrarre 1.500 ricercatori, e si sta sviluppando all’interno di una filiera della salute che ha generato nel 2018 oltre 25 miliardi di euro di valore aggiunto e un indotto di oltre 24 miliardi.

Il Piemonte può invece contare oltre un quinto delle 571 imprese censite da Assobiotec, piazzandosi al secondo posto dopo la Lombardia, mentre è leader nell’incubazione di start-up, con il 24% del totale nazionale. Il cuore pulsante di questo ecosistema è il Bioindustry Park Silvano Fumero, oggi società benefit, creato negli anni’ 90 con una governance mista pubblica (Finpiemonte, Città Metropolitana di Torino, Camera di Commercio di Torino, Confindustria Piemonte e Confindustria Canavese) e privata. Oltre 27.000 metri quadri sono adibiti a laboratori, uffici, impianti pilota.

Sono 42 i soggetti insediati tra cui 5 grandi imprese, una media, 29 piccole, 4 centri di ricerca, 2 associazioni e la Fondazione ITS Biotecnologie e Nuove Scienze della vita, per un totale di più di 600 addetti. Uno sviluppo accelerato dal Polo di innovazione BioPmed, che integra importanti punti di forza nella ricerca (4 Università, Politecnico di Torino e centri di ricerca quali Fondazione Edo ed Elvo Tempia, Centro di Biotecnologie Molecolare MBC, INRIM Istituto nazionale di ricerca metrologica, Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte e della Valle d’Aosta), multinazionali del farmaco di importanza internazionale quali Bracco Imaging,  Merck Serono-RBM, AAA – Advanced Accelerator Applications a Novartis Company, insieme a piccole medie imprese che hanno saputo attingere a fondi di venture capital. A questa realtà consolidata, si affiancherà il Parco della Salute, della Ricerca e dell’Innovazione di Torino in grado di generare ulteriori sinergie fra sanità, ricerca, didattica, imprenditoria e residenzialità. L’obiettivo è ospitare più di 500 ricercatori, costituendo un’adeguata massa critica per sostenere la competizione internazionale nella filiera della salute, e accelerare il trasferimento tecnologico.

Il Piemonte si sta muovendo nella giusta direzione, forte della sinergia fruttuosa tra pubblico e privato, tra centri di formazione e ricerca avviata nell’ultimo ventennio. Penso all’importanza che ha avuto per il Bioindustry Park la presenza tra i soci fondatori del Gruppo Bracco, una delle realtà italiane più importanti nel settore e che, insieme a Merck, è stata propulsore grazie all’investimento costante in ricerca e innovazione e a interlocutori pubblici attenti a valorizzare l’opportunità. Oggi il Bioindustry Park può essere modello per lo sviluppo di un distretto con vision internazionale e attrattivo per le molte aziende interessate a investire nel comparto. Con un occhio di riguardo, sempre, allo sviluppo della ricerca, che è alla base di ogni ideazione, e alla capacità di fare rete anche trasversale con settori diversificati” spiega Fiorella Altruda, presidente Bioindustry Park.

Confindustria Piemonte ha inserito il settore della Life Science fra i 10 obiettivi verticali, 10 settori produttivi, 10 eccellenze sui quali puntare per il futuro della nostra economia, con il Piano Industriale del Piemonte, grazie agli investimenti che saranno resi possibili attraverso le risorse del PNRR e della prossima programmazione europee. Quello di oggi è un ulteriore confronto per la messa a terra delle risorse e permettere alle nostre Imprenditrici, ai nostri Imprenditori e ai nostri concittadini di cogliere le opportunità offerte dal PNRR e dai Fondi Strutturali per una nuova visione del futuro con, al centro, il lavoro e la ricostruzione della ricchezza, non solo economica ma anche sociale e culturale” ha sottolineato Marco Gay,  presidente di Confindustria Piemonte.

La natura senza precedenti della pandemia da Covid-19 ha dimostrato ancora una volta l’importanza di investire in ricerca e nell’innovazione, in tutti i settori dell’economia e, in particolare, in Life Science, dove le aziende biotecnologiche, farmaceutiche e di dispositivi medici sono state fondamentali per contenere e risolvere la crisi sanitaria. L’innovazione è per UniCredit una priorità e oggi più che mai, deve parlare un linguaggio globale. Con UniCredit Start Lab favoriamo le connessioni tra le start-up e le controparti sia industriali che finanziarie. In Italia, negli ultimi anni, abbiamo messo in contatto le start-up più promettenti con oltre 700 aziende e 800 investitori” ha spiegato Giusy Stanziola, del Start Lab & Development Programs di UniCredit.

Tornando ai dati dello studio, oggi il settore piemontese del farmaco in senso stretto, pesa in termini di imprese attive per il 5,71% sul totale nazionale, e circa l’8,8%, comprendendo anche i dispositivi biomedicali e il 7% sul totale dei servizi. In termini di addetti vale il 4,5% per il segmento manifatturiero e il 9,4% per quello dei servizi. Per quanto attiene alla produzione dei farmaci il Piemonte vale invece l’1% in termini di occupati e fatturato, e il 2,2% dell’export, pari a quasi un miliardo nel 2021.

In Piemonte ci sono 39 aziende in questo settore, e circa tremila sono gli occupati. La crescita del fatturato è costante a ritmi del 30% negli ultimi cinque anni, e del valore aggiunto (+36%). Ancora meglio la redditività, con un costo per addetto che è passato da 57.813 euro nel 2016 a 64.9992 euro, a fronte di ricavi pro-capite per lavoratore saliti da 331.987 a 401.091 euro.

La Lombardia genera 14,4 miliardi di ricavi dalle vendite, il Piemonte è staccato ad appena 801 milioni. Il comparto delle apparecchiature elettromedicali ed elettroterapeutiche registra un export di 800 milioni, di cui il Piemonte detiene una quota del 10%. Le vendite equivalgono a 160 milioni, raddoppiate rispetto al 2016.

Lungo tutta la filiera Life Science, decisivo è infine il ruolo del capitale umano. Secondo lo studio va sviluppata la formazione del medico ricercatore, per cui in Italia manca il sostegno e il coordinamento delle piccole esperienze frammentarie in corso. Nell’ambito dei corsi di laurea in biotecnologie e medicina sono da potenziare percorsi di formazione alla ricerca, integrati con i programmi di specializzazione e di dottorato, per consentire a studenti di alto potenziale l’avvio di una carriera nel campo della ricerca. Serve poi lo sviluppo dei dottorati industriali per favorire il trasferimento tecnologico, coinvolgendo le imprese del settore Life Science. Fondamentale sarà anche avviare con il sistema privato un tavolo di confronto, e Confindustria Piemonte ha ribadito l’impegno a fornire il suo contributo come interlocutore intermedio.

 




Filiera auto, UI Torino: passaggio a nuova piattaforma PSA da parte di FCA diventi un’opportunità

Il presidente dell’Unione Industriale di Torino ha contattato i vertici di FCA per verificare i piani di sviluppo e produzione del Gruppo in Italia, in particolare a Torino, e l’impatto che l’adozione della piattaforma francese Psa-Cmp per i veicoli del segmento B, prodotti nello stabilimento di Thychy in Polonia, avrà per le imprese del territorio, tenendo conto che “l’alleanza sulle piattaforme – spiega Marsiaj – viene comunemente adottata dalle case automobilistiche anche tra loro concorrenti”.

Giorgio Marsiaj ha raggiunto telefonicamente il responsabile delle attività europee di FCA, Pietro Gorlier, che ha rassicurato in merito, confermando la centralità dell’area torinese per il Gruppo unitamente agli impegni assunti nel piano di investimenti italiano per un ammontare complessivo di 5 miliardi di euro.

“Dai colloqui intercorsi – dichiara il presidente dell’Unione Industriale di Torino –, che proseguiranno nelle prossime settimane, ho avuto ampie rassicurazioni sull’attenzione verso il nostro territorio da parte del gruppo FCA, che ha confermato gli impegni assunti, tra i quali la valorizzazione della filiera nazionale e il coinvolgimento anche nei nuovi progetti delle competenze italiane”.

“ Vorremmo che i fornitori italiani potessero cogliere le nuove opportunità che si apriranno – continua Marsiaj – , ad esempio grazie all’aumento dei volumi produttivi, in particolare quelli associati ai modelli brandizzati FCA. Inoltre, in linea con lo sviluppo in Italia del segmento C-UV dell’Alfa Romeo a Pomigliano e della Jeep Compass a Melfi e a della 500 Bev a Mirafiori, auspico l’arrivo in Italia e in particolare a Torino, di nuove produzioni che potrebbero dare nuovo slancio e opportunità alle imprese locali.”.

“Lo scenario sta cambiando – conclude il Presidente – e si sta avviando una nuova era di innovazione che aprirà diverse opportunità di sviluppo, che potranno essere colte solo se si riuscirà a gestire questo momento estremamente difficile e di contrazione mondiale del mercato. Per questo, serve una strategia nazionale di lungo periodo da parte del Governo, con una attenta politica industriale a sostegno dell’automotive, perché su questo si misurerà la capacità attrattiva del nostro territorio”.




Confindustria Piemonte e Unione industriale di Torino: La Tav deve accelerare

La TAV non è un tema che riguarda solo Torino e il Piemonte, ma una questione di rilevanza nazionale ed europea. Le notizie relative ai nuovi scontri sul cantiere di San Didero che hanno trovato eco oltre la cronaca locale dimostrano quanto sia importante non abbassare la guardia, perché quanto sta succedendo è inaccettabile.

Anche se ora il Paese è impegnato a superare la pandemia, è fondamentale mantenere alta l’attenzione delle istituzioni su un’opera che, dopo anni di crisi, ha un ruolo chiave nella ripresa e nel processo di sviluppo, grazie alle sue ricadute economiche e occupazionali».

Così i Presidenti di Confindustria Piemonte Marco Gay e dell’Unione Industriale di Torino Giorgio Marsiaj tornano a ribadire la rilevanza dell’opera e condannano nuovamente ogni forma di protesta violenta.