Indagine di Confindustria Torino sull’impatto del Covid19: ecco i risultati per le aziende torinesi

Ancora forte l’utilizzo dello smart working, molta incertezza sul futuro, una produzione che fa affidamento principalmente sugli ordini stranieri, e mancanza di liquidità. In sintesi questo è lo scenario in cui si trovano a vivere le aziende torinesi, fotografato da una Survey condotta dall’Unione Industriale di Torino.

“L’indagine fotografa un tessuto industriale che s’impegna e che sta cercando di uscire da quest’emergenza, pur utilizzando strumenti che ritiene ancora inadeguati rispetto alla gravità della situazione e dovendo affrontare forti problemi di liquidità.

Le imprese manifatturiere sono quelle che scontano maggiore incertezza sulla quantificazione dell’impatto e sui tempi di uscita dalla crisi. I risultati sono chiari: tra i problemi più avvertiti, al primo posto restano la liquidità, i pagamenti e le difficoltà normative. Tutto ciò è insostenibile.

Tuttavia, questa rilevazione ci regala anche un dato molto importante: le aziende vedono l’innalzamento dei costi per la sicurezza come elevato, ma sostenibile. Una volta di più, le imprese del nostro territorio dimostrano quanto la cultura della salute di tutti sia radicata nel loro modo di essere, e fondamentale premessa per ogni attività produttiva.

E proprio in ragione di questo, i criteri del click day per l’assegnazione dei 50 milioni del bando Impresa Sicura sono stati una grandissima delusione: è inaccettabile umiliare le aziende che hanno investito in progetti per la sicurezza, attraverso una procedura per il click più veloce, durata meno di un secondo.

La responsabilità non è una lotteria. Sarebbe stato più opportuno utilizzare altri strumenti, come ad esempio il credito d’imposta. Abbiamo bisogno di ragionamenti di politica industriale di ampio respiro, per poter accorciare i tempi della ripresa, permettendo alle aziende di ricominciare a crescere”, dichiara Dario Gallina, Presidente dell’Unione Industriale di Torino, commentando i dati della rilevazione sugli effetti della pandemia del Covid-19 sulle imprese torinesi.

Tale indagine, effettuata dall’Unione Industriale nell’ultima decade di maggio, ha visto la partecipazione di 247 aziende torinesi, di cui 157 manifatturiere e 100 appartenenti al settore terziario.

In seguito al termine del lockdown, la ripresa delle attività economiche risulta ancora parziale. Solo il 57% delle aziende di servizi e il 48% di quelle manifatturiere, infatti, è ripartito con oltre il 75% del personale.

Tra i problemi riscontrati dalle imprese in questa fase, il più sentito riguarda la liquidità e i pagamenti, giudicati come significativi dal 72% degli intervistati. La stessa percentuale ha ritenuto altrettanto preoccupanti le problematiche relative agli aspetti normativi, particolarmente intricati e in costante aggiornamento. Sono state, inoltre, avvertite difficoltà derivanti dagli aspetti organizzativi, molto impattanti soprattutto per il settore dei servizi, con il 26%, contro il 10% del manifatturiero. Meno sentite, infine, le problematiche relative alla carenza di forniture (maggiormente avvertite nei servizi, con il 17%), mentre la carenza di personale non è stato ritenuto un problema in nessun settore.

Per quanto riguarda gli ordini, la domanda italiana è crollata in modo grave per il 47% degli intervistati, e in modo abbastanza significativo per un ulteriore 34%. Regge, al contrario, l’export, che ha visto una contrazione impattante per il 37% e meno significativa per il 21% delle aziende.

Un aspetto particolarmente interessante riguarda i costi dell’adeguamento sanitario, che sono considerati elevati, ma sostenibili da oltre il 60% delle imprese. Un dato che riflette profondamente la cultura della sicurezza radicata nelle aziende del nostro territorio.

Alla domanda relativa alla valutazione dell’impatto della crisi, gli imprenditori hanno risposto che gli effetti sono ancora troppo imprevedibili. Solo il 31% si ritiene attrezzato per superarla, mentre un ulteriore 30% non ritiene di poter ancora fare previsioni, e il 26% si dice certo di conseguenze molto serie. Solamente il 10% vede questa situazione come un’opportunità.

Sicuramente la normalità è ancora lontana. Le previsioni sull’uscita dalla crisi, infatti, non vedono risposte certe: se le aziende dei servizi sono lievemente più ottimiste sui tempi di uscita (il 19% prevede entro l’estate e il 27% entro fine anno), nel manifatturiero quasi un terzo delle imprese ritiene impossibile fare previsioni.




Confindustria Torino e ordine ingegneri, protocollo d’intesa per gestione cantieri

L’Associazione Imprese di Impianti Tecnologici dell’Unione Industriale di Torino (AIT) e l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino hanno sottoscritto un Protocollo d’Intesa con l’obiettivo di collaborare sul tema della sicurezza nei cantieri, alla luce dell’emergenza Covid19.

Tale accordo avrà il compito di semplificare il dialogo tra imprese e professionisti, con particolare riferimento ai rapporti tra i soggetti coinvolti nella gestione dei cantieri in opera.

Il settore delle costruzioni edili e impiantistiche, infatti, è uno di quelli maggiormente toccati dalla complessità delle norme di sicurezza, nella fase di riapertura dopo il lockdown. Il Presidente di AIT, Carlo Antonio Gandini, sottolinea le difficoltà affrontate dalle imprese per far fronte ai maggiori costi derivanti dall’applicazione dei protocolli di sicurezza in cantiere: “Dalle stime effettuate presso i cantieri delle nostre associate, sono scaturiti numeri molto significativi, che abbiamo condiviso con l’amministrazione regionale e che sono stati utili a fornire una base oggettiva a quanto previsto nella deliberazione cosiddetta Riapri Cantieri“.

“I costi aggiuntivi” – prosegue Gandini – “nell’ordine del 12%, riguardano la revisione delle misure del piano di sicurezza del cantiere, l’incremento delle spese generali per l’appaltatore e l’incremento dell’importo contrattuale, a ristoro della perdita di produttività correlata all’applicazione di misure anti Covid”. Conclude: “Problematiche come questo aggravio di spese, unitamente alla necessità di bilanciare standard di sicurezza, qualitativi e sostenibilità economica, ci hanno portati a istituire questo nuovo strumento di dialogo con l’Ordine degli Ingegneri, nostri abituali interlocutori. Confidiamo che possa aiutarci a fornire risposte adeguate nell’immediato, mantenendo un canale privilegiato di collaborazione in futuro”.

Oltre all’adozione di linee guida comuni per la gestione delle problematiche condivise, il Protocollo prevede l’istituzione di un Tavolo di Lavoro permanente – composto da consulenti e funzionari dell’Unione Industriale e da referenti indicati dall’Ordine – che avrà il compito di rispondere a esigenze e difficoltà operative riscontrate sui cantieri, sia nella fase di allestimento che nell’esecuzione delle opere, al fine di individuare possibili soluzioni attraverso momenti di formazione e informazione rivolti a imprese, professionisti e stakeholder.

Questa prima diretta collaborazione tra l’Ordine e l’Associazione di Imprese di Impianti Tecnologici potrà, inoltre, contribuire alla definizione di soluzioni a nuove e non banali problematiche relative alla gestione di alcuni impianti: la questione della climatizzazione di ambienti, ad esempio, per cui le esigenze di tutela della salute imporranno di rinunciare a parte del ricircolo di aria. In molti casi è poi particolarmente complesso il bilanciamento tra la necessità di non penalizzare i consumi e la garanzia di mantenere standard elevati di sicurezza, con attenzione ai costi correlati.

 

“L’accordo stipulato tra l’Ordine e l’Associazione è l’espressione di una volontà condivisa volta alla promozione della cultura della sicurezza a 360 gradi”, afferma Alessio Toneguzzo, Presidente degli Ingegneri torinesi.

“Con questa firma ci assumiamo l’impegno di mettere a disposizione competenze, esperienza e capitale relazionale per un ambizioso obiettivo comune: condividere soluzioni per gestire situazioni complesse come, ad esempio, le misure anti-contagio COVID-19 nei cantieri e in altri luoghi di lavoro”, precisa il Presidente.

 




Confindustria Torino e Anfia scrivono a Conte: sostegno e salvaguardia del settore automotive

Preoccupati per le sorti del settore automotive, un settore chiave dell’industria manifatturiera italiana, finora non considerato dai provvedimenti governativi per il sostegno alla ripartenza dell’economia, il presidente dell’Unione Industriale di Torino, Dario Gallina, e il presidente di ANFIA Paolo Scudieri, hanno oggi rivolto un appello, inviando una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

“Sollecitare un intervento governativo è vitale per recuperare l’operatività del settore automotive e la sua capacità di sviluppo decisiva per il progresso economico” – si legge nella lettera.

“Il Covid-19 ha impresso una svolta drammatica al settore dell’automotive – spiegano – determinando una paralisi senza precedenti in termini di domanda e di produzione. Serve modellare una politica di sviluppo industriale in grado di sostenere un lungimirante riavvio del settore automobilistico per garantire una ripresa economica. Purtroppo non abbiamo ritrovato adeguata sensibilità e attenzione per l’automotive nel contesto dei provvedimenti governativi fino ad ora assunti”.

“Esistono misure – proseguono Gallina e Scudieri – che possono essere adottate subito e che possono sbloccare lo stallo del mercato dell’auto, che darebbero un rilancio all’intero settore, e avrebbero, tra l’altro, anche un effetto leva per le casse dello Stato, che vedrebbe ripagati gli sforzi temporanei con un incremento di gettito, come sempre garantito da vendita, possesso e utilizzo dei veicoli”.

Tra le misure proposte dall’Unione Industriale e da ANFIA c’è l’attuazione immediata di incentivi che, oltre a permettere ai consumatori di sostituire la vettura, determinerebbero anche “una riduzione delle emissioni” – si legge nella lettera – “rinnovando il vetusto parco circolante, e darebbero sostegno alle oltre 300.000 famiglie che vivono grazie al settore automotive, facendole tornare al lavoro e risparmiando anche le tante risorse oggi spese per la cassa integrazione”.

L’idea è di estendere l’ecobonus attualmente in vigore anche alle auto ad alimentazione alternativa con emissioni medie di CO2 da 61 a 95 g/km, allargando così la platea dei beneficiari, pur restando in linea con gli obiettivi europei di graduale decarbonizzazione della mobilità. E’ opportuno anche prevedere incentivi all’acquisto – con o senza rottamazione – di veicoli commerciali leggeri fino a 12 t, con uno schema differenziato per classi di peso e alimentazione.

Sarebbe molto utile, infine, l’introduzione di un incentivo all’acquisto delle numerose vetture e veicoli commerciali leggeri attualmente in stock presso i concessionari e i produttori (prodotti fino al 25 marzo 2020), in modo da facilitarne lo smaltimento, evitando blocchi al riavvio della produzione.

Oltre alle misure attuabili nel breve termine, i due presidenti chiedono al presidente del Consiglio “azioni ben più ampie, impegnative e coordinate, e che il governo italiano si faccia promotore di un’istanza di politica industriale a Bruxelles, presso gli organi comunitari, per attuare una politica di raccordo con le istituzioni europee e di pressione sul livello comunitario”, poiché “le filiere produttive dell’auto si stanno ridislocando su basi continentali e se le imprese italiane non saranno coinvolte in maniera determinante, si rischia non solo il ridimensionamento economico dell’Italia, ma una perdita di efficacia dell’industria europea nel suo complesso”.

Per rendere il loro appello ancora più incisivo, l’Unione Industriale di Torino e ANFIA hanno anche trasmesso un ordine del giorno a Comuni e Regione Piemonte con “l’augurio che venga adottato e che sindaci e Presidente della Regione Piemonte diventino portavoci attivi presso il Governo del rilancio del settore automotive. In questo momento tanto terribile, la coesione e la determinazione comune – concludono – rappresentano la nostra forza”.

 




DL Rilancio, Filippa (Cnvv): Si dovrebbe chiamarlo DL “elemosina”

Più che “rilancio” si dovrebbe chiamarlo DL “elemosina”. Sono mesi che sentiamo parlare di miliardi come fossero noccioline. Provate a chiedere a qualche imprenditore che conoscete, a qualche barista, a qualche ristoratore, albergatore o negoziante ormai chiuso da oltre due mesi se ha ricevuto un solo euro; alcuni, pochi, hanno avuto dalle banche un prestito che dovranno restituire.Le imprese di tutti i settori vogliono continuare a lavorare e a produrre ricchezza e benessere, ma hanno bisogno di una visione di lungo termine che favorisca concretamente lo sviluppo attraverso forti investimenti e una reale semplificazione normativa».

Il presidente di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv), Gianni Filippa, commenta con queste parole il Decreto Legge n. 34/2020 da poco pubblicato in Gazzetta ufficiale.

«È bene ricordare – spiega – che l’Italia ha una grande capacità industriale e turistica e che non dobbiamo distruggere quanto costruito in tanti anni. Se, infatti, escludiamo gli interessi il bilancio primario dell’Italia dal 1995 al 2018 è stato in attivo di 724 miliardi, ma nello stesso periodo abbiamo pagato interessi sul debito pubblico per 1.862 miliardi. Uno dei problemi del nostro Paese è quindi il “danno reputazionale”: ci è costato, negli ultimi 10 anni, oltre 250 miliardi in più di interessi passivi rispetto al tasso che avremmo pagato se fosse stato uguale a quello tedesco o francese. Il nostro Paese ha quindi tutti gli strumenti per poter continuare a essere competitivo, ma a industria, artigianato, turismo e commercio servono misure strutturali, non soluzioni temporanee».

«Soltanto per fare due esempi – prosegue Filippa – è necessario che il bonus per le ristrutturazioni in edilizia sia utilizzabile da subito, per evitare che l’iter burocratico troppo complesso ne ritardi l’attuazione di molti mesi, vanificando la capacità di avviare subito investimenti. Non dovrebbe più succedere, poi, quanto accaduto con il bando di Invitalia sul contributo alle aziende per i dispositivi anti-Covid: chi è riuscito a inviare la domanda nei primi 60 secondi riceverà il rimborso, gli altri no. Uno stato civile eroga i contributi a chi li merita, non a chi si prenota prima…».

«Adesso – conclude il presidente di Cnvv – dobbiamo iniziare a pensare a un rilancio “vero”, che tenga presente le nuove esigenze, mettendo al centro l’uomo e che passa da forti investimenti in infrastrutture di comunicazione, materiale e digitale, scuole, università, nuove esigenze abitative, sanità, gestione delle acque e dei rifiuti. Serve un programma su più anni e che sia pianificato in modo serio, non con il sistema degli appalti al ribasso e con una burocrazia che frena ogni iniziativa orientata allo sviluppo. Il rilancio di cui abbiamo bisogno, infine, deve promuovere sempre più il Made in Italy, che ha ancora un’ottima immagine nel mondo e che dobbiamo continuare a potenziare con la qualità dei nostri prodotti. La Regione Piemonte ha attivato una lodevole iniziativa che dovrebbe portare contributi alle attività commerciali in tempi che spero brevi. Usciamo però dalla retorica dell’“andrà tutto bene”, perché se continuiamo così andrà tutto male, nella direzione di una decrescita che rischia di essere davvero infelice».




Una procedura semplificata di composizione delle crisi per evitare il fallimento delle PMI

Da Torino una proposta legislativa elaborata dal Centro Crisi, insieme con l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Torino, con la Fondazione “Piero Piccatti e Aldo Milanese” e con l’Ordine degli Avvocati di Torino.

Una procedura semplificata (rispetto a quella prevista nel Codice della crisi) di composizione assistita delle crisi, uno strumento agile e rapido che consentirà alle PMI italiane di ristrutturarsi ed evitare il fallimento, mediante la negoziazione di accordi con il ceto creditorio e i vari stakeholders, salvaguardando così il valore produttivo, sociale ed erariale dell’azienda e tutelando i livelli occupazionali nel drammatico scenario di crisi globale causato dalla pandemia di COVID-19: questo il contenuto della proposta legislativa elaborata dal Centro Crisi (Centro di Ricerca interdipartimentale su Impresa, Sovraindebitamento e Insolvenza dell’Università di Torino), in collaborazione e con l’adesione dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Torino, l’Ordine degli Avvocati di Torino e la Fondazione “Piero Piccatti e Aldo Milanese”

Il testo è stato inoltrato al Governo nell’auspicio che la proposta possa essere inserita nella conversione del Decreto Liquidità dello scorso 11 aprile.

“Le ripercussioni economiche e finanziarie provocate dall’epidemia di Covid-19 non verranno meno a breve termine, ma si protrarranno per un periodo temporale piuttosto ampio – spiega Maurizio IRRERA, Ordinario di Diritto commerciale dell’Università di Torino, e Presidente del Centro CRISI – La prolungata limitazione e, in molti casi, la totale sospensione delle attività produttive, determinate dall’emergenza sanitaria, stanno producendo effetti pesantissimi, e in alcuni casi devastanti, su tutte le PMI, che rappresentano comunque oltre il 95% del tessuto economico italiano.

Con l’eccezione di alcuni comparti strategici esentati dalle misure restrittive, la generalità delle subirà gli effetti di un incremento sensibile dei costi (conseguenti all’adozione delle misure igienicosanitarie), che andrà a sommarsi ad un calo significativo del fatturato (a causa delle limitazioni dell’attività, dell’annullamento di ordini, etc.): il che comporterà la necessità per le imprese di assorbire perdite rilevantissime che saranno solo in minima parte mitigate dal ricorso agli ammortizzatori sociali ed alle provvidenze previste dalla legislazione di emergenza”.

“Nell’attesa che a settembre del 2021 entri in vigore il Codice della Crisi (decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14), abbiamo elaborato una procedura semplificata, che non prevede l’intervento del Tribunale (se non in via di opposizione da parte dei creditori), a cui le PMI potrebbero accedere – aggiunge Maurizio IRRERA – Infatti, con questo strumento verrebbe consentito alle PMI di negoziare in modo rapido ed efficace accordi con tutti o con alcuni dei creditori, al fine di riorganizzarsi e continuare a operare dopo il superamento della crisi, salvaguardando così i livelli occupazionali e il valore dell’azienda.

Peraltro, le attuali procedure di concordato, già difficilmente percorribili per le complessità, gli ostacoli procedurali e il costo elevato che comportano – risultano ancor più inidonee a gestire l’eccezionale situazione in atto, soprattutto per le PMI. Le già limitate forze di cui dispongono le Sezioni fallimentari dei nostri Tribunali saranno insufficienti a gestire il sovraccarico di procedure concorsuali minori che inevitabilmente si genererà nei mesi a venire, da qui la necessità di favorire la soluzione stragiudiziale tramite accordi negoziati tra tutte le parti coinvolte sotto la regia delle Camere di Commercio”.

 

IL CENTRO CRISI

Il Centro Crisi – Centro di Ricerca interdipartimentale su Impresa, Sovraindebitamento e Insolvenza dell’Università di Torino nasce da una iniziativa di Maurizio Irrera e Stefano A. Cerrato, entrambi professori ordinari di Diritto commerciale presso la Scuola di Management ed Economia dell’Università degli Studi di Torino, allo scopo di contribuire attivamente al processo di policy-making del diritto delle procedure concorsuali, all’indomani della pubblicazione del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), destinato ad entrare in vigore il 1° settembre 2021.

Si apre dunque una fase di studio, analisi, confronto e riflessione sulle molteplici novità, anche sistematiche, che il Codice introduce e con le quali ci si dovrà confrontare, in alcuni casi fin da subito; la recente pandemia da Covid-19 ed i suoi gravi riflessi sull’economia ha reso ancora più centrale i temi della crisi e degli strumenti per affrontarla.
In tale contesto, il Centro Crisi vuole porsi quale luogo fertile di studio e analisi del “nuovo” e del “nuovissimo” diritto delle procedure concorsuali ed a tal fine ha riunito al suo interno oltre cinquanta fra studiosi, magistrati, professionisti e operatori con lo scopo di avviare un percorso di ricerca, anche interdisciplinare, sui temi della crisi.

Ambisce, altresì, a costituire un interlocutore privilegiato delle istituzioni, anche territoriali, per la messa a punto e la concretizzazione di politiche di intervento e di sostegno al mondo delle imprese, in grado di prevenire o, comunque, di affrontare con mezzi idonei la crisi. Attenzione particolare è altresì rivolta ai temi del sovraindebitamento ed ai riflessi sociali ed economici del fenomeno.




Ravanelli: “Doveroso intervenire sull’emergenza, ma riprendere subito programmazione strategica”

Siamo consapevoli che l’emergenza economica legata alla pandemia ha portato inevitabilmente a una rimodulazione del Piano Competitività elaborato in precedenza dalla Regione Piemonte, spostando l’attenzione sulla necessità contingente di assicurare liquidità a famiglie e micro-piccole aziende.

Parte delle nostre osservazioni formulate con il contributo di tutto il sistema delle Associazioni Territoriali e di Ance Piemonte sono state accolte e tenute nella giusta considerazione. Apprezziamo inoltre l’impegno dell’amministrazione regionale a riprendere prima possibile il percorso comune iniziato con il Piano di Competitività.

Come sempre, Confindustria sarà pronta a dare il suo contributo costruttivo per lavorare in sintonia su una visione di sviluppo del territorio a medio lungo termine, a partire come primo step prioritario dalla nuova programmazione dei Fondi SIE 2021-2027.

È indispensabile, infatti, entrare al più presto nel merito di quei progetti, e delle relative risorse, ritenuti strategici per il sistema delle imprese piemontesi e in grado di rappresentare una vera e propria ripartenza strutturata della nostra economia: in particolare, internazionalizzazione, compresa l’attrazione degli investimenti, Città della Manifattura 4.0, Parco della Salute e Centro di ricerca Biotech, Alta Formazione professionalizzante e Politiche attive del Lavoro».

Questo il commento del Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli al DDL Riparti Piemonte di imminente approvazione.




Confindustria Torino, Gallina: “Non si può esludere il settore auto”

Nel Decreto Rilancio non possono mancare le misure a sostegno dell’auto – commenta Dario Gallina, Presidente dell’Unione Industriale di Torino. “La loro assenza sarebbe indice di una grave miopia, che rischierebbe di far collassare un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese e del nostro territorio”.

Gli ultimi dati, raccolti nel contesto della crisi scaturita dall’emergenza sanitaria, mostrano un sostanziale azzeramento delle vendite. Secondo le prime stime, il 2020 rischia di registrare un calo di oltre mezzo milione di immatricolazioni, corrispondente al crollo del 25% del mercato nazionale.

“Ciò porterà delle ricadute pesantissime in termini occupazionali per una filiera che rappresenta circa il 6% del PIL italiano – aggiunge Gallina. – Per questo è importante agire con immediatezza e senza esitazioni, con interventi mirati che stimolino la domanda e la capacità produttiva, salvaguardando in questo modo la filiera e migliaia di posti di lavoro”.

“In linea con quanto già richiesto dall’Anfia e condiviso da tutte le categorie sindacali, chiediamo – aggiunge il Presidente degli industriali torinesi – che sia immediatamente previsto un incentivo per l’acquisto di auto e veicoli commerciali in stock da parte di cittadini e imprese: l’immobilizzazione delle vetture nei concessionari, infatti, rischia di rallentare la ripresa delle attività produttive, con le prevedibili ricadute economiche e sociali. Inoltre, per coniugare le esigenze ambientali e commerciali con quelle della filiera, servono incentivi per l’acquisto di vetture eco-compatibili, sia di livello alto, sia per quanto riguarda quelle di fascia più bassa, che in particolare include i modelli prodotti nel nostro Paese”.

In Piemonte operano circa 750 imprese automotive, pari al 35% dell’intero comparto nazionale, con oltre 70mila occupati diretti e indiretti e un fatturato che, prima dell’emergenza, costituiva circa il 40% di quello totale del settore. A seguito dell’emergenza, attualmente i lavoratori meccanici in cassa integrazione nel nostro territorio sono circa 50mila.

“Il futuro dell’automotive – conclude Gallina – si decide ora, per questo serve una visione complessiva di politica industriale e un progetto di sviluppo a lungo termine.

Se oggi il Governo perdesse l’occasione di inserire incentivi alla domanda, potremmo non essere in grado di attenuare l’impatto di questa crisi, che ha colto il settore auto proprio mentre cambiava pelle, in un momento di epocale transizione tecnologica. Ora la sfida è quella di proseguire sulla strada verso una sempre maggiore sostenibilità, salvaguardando l’occupazione e la sopravvivenza delle nostre imprese”.

 




Abolizione IRAP, grandi opere e pagamenti dalle PA per ripartire

Le necessità delle aziende a fronte della crisi innescata dalla pandemia sono ormai conclamate, ma le risposte del Governo non sono state finora all’altezza. Per questo non possiamo che appoggiare e condividere le parole del P​residente designato Carlo Bonomi e la sua proposta di abolizione dell’IRAP.

Sarebbe un segnale importante per sostenere le imprese che stanno tentando di recuperare la produttività, dopo essersi impegnate al massimo per garantire un rientro dei lavoratori in piena sicurezza. Come stiamo purtroppo constatando, il tema della burocrazia ha colpito nuovamente e frenato l’entusiasmo, forse eccessivo, con cui all’inizio sono stati annunciati provvedimenti che poi si sono scontrati con una realtà fatta di lungaggini e complicazioni estenuanti.

Altra richiesta prioritaria che sosteniamo riguarda il pagamento dei debiti alle imprese da parte delle PA, così come prioritario è sbloccare le opere pubbliche e infrastrutturali che sono un prerequisito essenziale per la ripresa economica, a partire da quelle già dotate di copertura finanziaria

Così il Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli commenta l’intervista del Presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi durante la trasmissione “Piazza Pulita” su La7 di ieri, 7 maggio 2020.




Confindustria Piemonte, Ravanelli: “A imprese e famiglie tutto il sostegno”

Aspettavamo questo giorno, la ripresa delle attività. Certo, è un riavvio segnato da limitazioni e nuove norme di comportamento per cittadini e lavoratori, essenziali alla tutela della salute.

Le aziende stanno dimostrando capacità di adattamento nel rispettare le prescrizioni e grande energia, applicando quanto previsto dai protocolli e auspichiamo di poter recuperare produttività e posizioni di mercato, anche se sappiamo che sarà un percorso lungo.

Lo dicono chiaramente gli ultimi dati del Centro Studi Confindustria: la produzione industriale in marzo e aprile registra una perdita di oltre il 50% e non possiamo attenderci, con la fine del lockdown, un recupero veloce, da un lato per la prudenza che le famiglie nel riprendere le abitudini di spesa precedenti, dall’altro per il fatto che le imprese dovranno smaltire scorte accumulate negli ultimi mesi. Plausibile quindi che la maggior parte delle aziende lavorerà a regime ridotto per diverso tempo: i dati relativi agli ordini parlano infatti di un calo in volume del 44,6% in aprile su marzo (-42,1% annuo), quando sono diminuiti del 23,7% su febbraio (-52,7% annuo).

Uno scenario estremamente incerto, dunque, dove imprese e famiglie hanno bisogno di tutto il sostegno possibile, mentre il Governo tarda a dare risposte, in particolare per quello che riguarda i finanziamenti garantiti dallo Stato e le tutele per i dipendenti, la CIG straordinaria che tarda a essere versata.

 

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Confindustria Torino: II° edizione dell’indagine sugli effetti della pandemia sulle imprese piemontesi

L’indagine fotografa un Piemonte che s’impegna e che sta cercando di affrontare questa emergenza senza precedenti utilizzando forme di lavoro inedite, come lo smart working, che porteranno positive opportunità nel futuro. Ma la resistenza delle aziende non può essere infinita.

I risultati dell’indagine sono chiari: senza la liquidità in tanti non riusciranno a ripartire. Se le priorità sono la salute e la sicurezza di tutti, dobbiamo essere consapevoli che più si protrae la chiusura delle aziende, più aumenta il rischio della loro non riapertura e della conseguente perdita di migliaia posti di lavoro.

Bisogna ora pensare ad una fase 2 che garantisca un accesso immediato al credito e ne snellisca le procedure permettendo a tutti di ripartire e lavorare in completa sicurezza” dichiara Dario Gallina, Presidente dell’Unione Industriale di Torino, commentando i dati della seconda indagine di Confindustria sugli effetti della pandemia del Covid-19 sulle imprese italiane.

Tale indagine è stata effettuata a livello nazionale da Confindustria, e ha visto la partecipazione di 506 aziende piemontesi, il cui 95% ha dichiarato di aver subito l’impatto negativo del Coronavirus.

In seguito all’emanazione dei DPCM del 22 e del 25 marzo 2020, risulta che in Piemonte quasi un’azienda su due ha dovuto interrompere in toto la propria attività (40%), mentre il 33,2% l’ha chiusa parzialmente. Tale interruzioni hanno determinato un danno che il 22% del campione regionale ritiene “gestibile” mentre per oltre il 67% è considerato “severo” o “significativo”. Solo il 2% ha considerato l’impatto da Covid “trascurabile”.

In media, rispetto alla normalità (marzo 2019), si è assistito ad un calo, su scala regionale, del 33,8% del fatturato e del 33,1% delle ore lavorate. Rispetto ai due parametri, il Piemonte ha scontato un calo leggermente sopra la media italiana.

Lo smart working è stato diffusamente impiegato ove il 28% dei dipendenti totali delle aziende intervistate svolge attualmente il proprio lavoro da casa. Il 44,4% del campione risulta inattivo, mentre quasi per l’84% dei dipendenti si ricorre ad ammortizzatori sociali (CIGO, FIS, etc.).

Infine è stato chiesto agli imprenditori quali provvedimenti governativi fossero più efficaci per mitigare gli effetti negativi di questa emergenza sanitaria: l’esigenza comune segnalata è la necessità di liquidità attraverso finanziamenti a condizioni agevolate per riavviare le attività produttive.

L’indagine è stata avviata on line e vi hanno partecipato oltre 4000 aziende, di cui 505 imprese piemontesi: un campione ridotto che non può considerarsi statisticamente rappresentativo della totalità delle imprese del Piemonte ma che, tuttavia, è altamente indicativo dell’impatto che il COVID e i provvedimenti governativi hanno avuto sul tessuto imprenditoriale regionale.