Cassa integrazione artigiani, Felici: “Due mesi di attesa per la cassa di maggio e giugno”

Sono esaurite le risorse di competenza del Piemonte stanziate con il DL Agosto per i pagamenti della cassa integrazione per i lavoratori delle imprese artigiane, relativamente ai mesi di maggio e giugno. Nel mese di maggio ne hanno beneficiato 13.683 lavoratori, a fronte di un’erogazione pari a 12.546.230,12 euro mentre a giugno i lavoratori beneficiari sono stati 6.898 a fronte di 6.253.067,39 euro.

“Dopo un’attesa di circa due mesi, solo nei giorni scorsi sono state effettuate le erogazioni della cassa integrazione fino al mese di giugno -spiega Giorgio FELICI, presidente di Confartigianato Imprese Piemonte- l’ultimo provvedimento del Governo risale a metà agosto ma il percorso burocratico statale ha permesso solo ora di avere le somme a disposizione di FSBA, che a sua volta li ha subito distribuiti ai vari enti bilaterali in base al fabbisogno. Devono, però, essere ancora soddisfatte le richieste relative ai mesi di luglio, agosto e settembre”.

“Per molte delle nostre imprese -commenta Giorgio FELICI- è di vitale importanza accedere rapidamente agli ammortizzatori sociali, l’unico strumento che può garantirne sopravvivenza e ripresa. Per questo è urgente, molto urgente, che le erogazioni della cassa integrazione arrivino con puntualità per consentire il circolo di liquidità, consentendo alle imprese di mantenere in forza i propri collaboratori garantendo così la stessa sopravvivenza dell’impresa. È un dovere etico e sociale prima che economico, mettere in sicurezza le nostre imprese e i nostri dipendenti, occorrono fatti certi, rapidi e concreti per permettere a tutti di ripartire quando questa emergenza si concluderà”.




SOS lavoro, un’indagine conferma il pessimismo degli artigiani

Una recente indagine predisposta da Confartigianato conferma una valutazione pessimista degli artigiani sul futuro delle proprie imprese. Anche se la fase acuta della pandemia da Covid -19 sembra superata, gli effetti negativi sull’economia sono ancora ben presenti.

 

Il saldo relativo all’andamento occupazionale è decisamente negativo: –31,98%; anche le previsioni di assunzione di apprendisti registrano un saldo negativo del – 46,34%.

 

In questo contesto, le misure varate dal Governo, per fronteggiare le conseguenze economiche ed occupazionali derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, in materia di proroga forzata dei rapporti a tempo determinato, aggiungono un ulteriore onere sui datori di lavoro già provati dal lockdown.

La legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione del decreto-legge n. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio), ha modificato l’art. 93, aggiungendo il comma 1-bis, che “in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” dispone la proroga “di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa” dei “contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione”.

 

“Migliaia di posti di lavoro sono prorogati ex lege per un periodo equivalente a quello di sospensione dell’attività lavorativa anche se l’azienda non ha più bisogno di quella figura e senza che vi sia alcun collegamento con gli effettivi fabbisogni aziendali” sostiene Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino.

 

 “Questa norma è decisamente un controsenso che rischia di mettere in difficolta migliaia di imprese già pesantemente penalizzate da una crisi economica senza precedenti – aggiunge De SantisUna misura controproducente con costi diretti e indiretti elevatissimi che ancora una volta vengono scaricati sull’impresa, che è chiamata a farsi carico delle approssimazioni di una politica miope in materia di lavoro”.

 

“Sicuramente è opportuno che in una fase critica le aziende facciano la loro parte per aiutare la ripresa – continua De Santisma le imprese non possono essere trasformate in ammortizzatori sociali, c’è il serio rischio di rinviare a domani le chiusure di intere filiere di imprese artigiane. Le nostre imprese mandano un messaggio chiaro alla politica: incentivare l’occupazione in questo momento da solo non basta (la maggioranza del campione afferma che non assumerà comunque anche a fronte di incentivi). È necessario sostenere gli investimenti (bloccati o non programmati per i due terzi degli imprenditori) per far ripartire la domanda di beni e servizi, intervenire sulla eccessiva burocrazia che pesa come un macigno sulle imprese facendo lievitare costi e impegni, in termini di tempo e risorse”.

 

Condividiamo appieno le recenti parole di Monsignor Nosiglia – continua De Santis – che considera il lavoro il primo dovere della politica e che “non ci si può limitare un pure importante assistenzialismo che dura però poco tempo e lascia le cose come le ha trovate”. Apprezziamo anche la disponibilità della Sindaca che domenica ha accolto l’appello dei rappresentanti dei lavoratori assumendosi l’impegno ad aprire un tavolo condiviso: noi artigiani ci siamo sempre quando si tratta di condividere una visione, una strategia per il rilancio del lavoro e di Torino”.

 

Promossa, invece, la cassa integrazione allungata di 18 settimane per tenere la forza lavoro legata alla azienda. “Il prolungamento della cassa-prosegue De Santis-risponde all’esigenza specifica delle MPI di continuità dell’impresa che, nella professionalità dei collaboratori fondano la gran parte del loro successo. Si spiega dunque l’importanza assegnata allo strumento, positivo anche a fronte del vincolo del divieto al licenziamento. Anche il rischio che ci siano aziende che chiudono per impossibilità di conciliare il divieto al licenziamento per poi riaprire, pur presente, per i due terzi degli artigiani sarà un fenomeno contenuto”. “Positivi anche il sostegno alla cassa integrazione e la decontribuzione ma gli effetti positivi si vedono dove ci sono prospettive di rilancio del mercato come nel caso delle costruzioni. Su tutto pesa poi l’incertezza di una ripresa dell’emergenza sanitaria per la quale le MPI si attendono una strategia di Governo preventiva che eviti il ricorso a nuovi lockdown”.

 

In ogni caso, anche in Piemonte, nonostante la crisi epocale che sta attraversando, tante imprese artigiane faticano a trovare figure professionali formate e preparate.

In Piemonte, infatti, nel periodo pre-Covid compreso tra il 2018 e il 2019, le imprese avevano previsto 231.760 assunzioni, di cui 65.440 di difficile reperimento, pari al 28,2% del totale.

 

Le professioni più difficili da reperire in Piemonte sono analisti e progettisti di software, con una difficoltà di reperimento del 62,8% delle assunzioni. A seguire attrezzisti di macchine utensili e professioni assimilate con il 52,4%, ingegneri energetici e meccanici con il 47,6%, tecnici della vendita e della distribuzione con il 45%, elettricisti nelle costruzioni civili e professioni assimilate con il 44,7%, operai macchine utensili automatiche e semiautomatiche industriali con il 44,7%, meccanici e montatori di macchinari industriali e assimilati con il 44,6%, installatori e riparatori di apparati elettrici ed elettromeccanici con il 43,9%, cuochi in alberghi e ristoranti con il 41,9%, meccanici artigianali, riparatori automobili e professioni assimilate con il 36,5%, professioni sanitarie riabilitative con il 35,8% e tecnici esperti in applicazioni con il 35,2%.

 

“Ci rattrista sapere che l’artigianato, nonostante stia attraversando una crisi epocale, registra ancora un gap tra offerta e domanda di lavoro – conclude De Santis – Dedicarsi a un’attività artigianale non è facile per un giovane neanche se ha il vantaggio di rilevare l’azienda di famiglia: la tassazione è devastante, l’accesso al credito è puramente teorico. Ma quello che andrebbe ripensato è il concetto stesso di lavoro: l’artigianato è una scuola di vita, un servizio alla comunità che richiede impegno e dedizione quotidiano. È uno strumento educativo e di crescita capace di modellare i giovani, di renderli capaci di migliorarsi e di alzare ogni giorno l’asticella delle proprie prestazioni. Non è un mero luogo fisico da occupare per tutta la vita”.

 




Nel secondo trimestre del 2020 la cassa integrazione in Piemonte è stata superiore del 239,2%

In Piemonte, nel secondo trimestre dell’anno, come evidenziano i dati del Servizio politiche attive e passive del lavoro della UIL Nazionale, sono state autorizzate 180.289.592 ore di cassa integrazione (110.181.365 ordinaria, 44.378.933 fondi di solidarietà, 25.729.294 in deroga) in aumento del 239,2% rispetto all’analogo periodo del 2010, anno con la più alta richiesta di ammortizzatori sociali.

A livello nazionale, nello stesso periodo, sono state autorizzate 2.093.138.000 ore, con un incremento del 529,2%.

Nel secondo trimestre dell’anno, i lavoratori piemontesi tutelati sono stati in media 353.510.

Il Piemonte è al quarto posto in Italia per ore richieste, preceduto da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

 

DATI MENSILI REGIONALI

A giugno, in Piemonte, per effetto della fine del lockdown, sono state richieste 35.365.249 ore di cassa integrazione in diminuzione del 50,8% rispetto al mese precedente (-41,2% ordinaria, -70,3% fondi di solidarietà, -28,2% deroga).

 

“I provvedimenti per combattere la diffusione della pandemia di Covid-19 in Italia hanno reso necessario per la grande maggioranza delle imprese il ricorso alla cassa integrazione. In Piemonte, nel secondo trimestre del 2020, è stato autorizzato un numero di ore superiori del 239,2% rispetto al 2010, annus horribilis della lunga crisi iniziata nel 2008. La riapertura di molte attività nel mese di giugno ha determinato un dimezzamento delle ore autorizzate rispetto ai mesi precedenti.

Per scongiurare i rischi per la tenuta della coesione sociale è necessario assicurare la cassa integrazione a disposizione per tutto il 2020 e continuare a bloccare i licenziamenti.

L’emergenza economica, sociale e produttiva che sta attraversando il nostro Paese, unitamente agli interventi necessari per la sanità, richiedono una programmazione veloce e intelligente per poter utilizzare tutte le cospicue risorse messe a disposizione dall’Unione Europea”.

 

 

 




Torino apre uno sportello per aiutare chi vuole vivere e lavorare in montagna

Prima e durante il lockdown sono molte le persone che, stanche della stressante vita urbana, hanno pensato e pensano di trasferirsi a lavorare in montagna.

Ed è proprio all’insegna del motto “Vivere e lavorare in montagna” che nasce uno sportello di consulenza gratuita per chi immagina per sé e per la propria famiglia una vita di lavoro nelle Terre Alte.

Lo sportello nasce per iniziativa della Città Metropolitana di Torino e propone agli utenti un percorso di mentorship, networking e matching finalizzato a costruire percorsi di inserimento socio-lavorativo di vita e/o imprenditoriale di nuovi abitanti permanenti dei Comuni montani.

Per istituire lo sportello la Città Metropolitana ha chiesto la collaborazione del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino, che ha maturato notevole esperienze nello studio e nella ricerca nel campo dello sviluppo economico e sociale dei territori rurali e montani.

Inoltre è stata chiesta e ottenuta la collaborazione del centro per l’innovazione sociale SocialFare, che si occuperà della gestione dello sportello.

Per il momento l’attività di sportello avverrà da remoto, in modalità di videoconferenza, ma quando sarà possibile si prevede di localizzare fisicamente il servizio presso la sede della Città Metropolitana in corso Inghilterra 7 a Torino, nei locali dello sportello Informa-MIP nei giorni in cui non si svolge tale attività. Nella fase sperimentale lo sportello sarà attivo sino al 31 dicembre.

Le richieste di accesso possono essere inoltrate all’indirizzo e-mail 

Le progettualità emerse dai primi contatti per valutare le richieste di informazioni potranno dare origine ad incontri mirati e ad eventuali welcoming day sui territori di interesse dei nuovi abitanti, per far conoscere loro le possibilità di insediamento e di impresa in quei contesti. Nel caso gli utenti intendano avviare attività d’impresa saranno indirizzati al programma MIP-Mettersi in proprio, da cui saranno seguiti per una possibile implementazione della loro idea progettuale, qualora abbiano i requisiti di ammissibilità.

Sulla base dei risultati del business plan, gli utenti saranno anche supportati da alcuni service provider di InnovAree, per un’eventuale richiesta di credito e per la calibrazione dell’attività imprenditoriale nella direzione dell’innovazione sociale.

Gli utenti potranno inoltre essere supportati nell’ambito del Programma operativo FSE 2014-2020. La consulenza specifica e il tutoraggio sono previsti dalla misura 2 dell’azione 2 dell’asse 1 Occupazione, priorità 8i, finalizzata a supportare con servizi qualificati la nuova impresa o il neo lavoratore autonomo nei mesi successivi all’avvio della sua attività.

L’iniziativa trova le sue le radici nell’ambito del progetto InnovAree, promosso dal Collegio Carlo Alberto, dall’Uncem e da SocialFare, supportato dal Collegio Carlo Alberto su finanziamento della Compagnia di San Paolo e finalizzato a sperimentare un servizio integrato per promuovere lo sviluppo socialmente innovativo delle zone montane e delle aree interne del Piemonte.

Lo scopo di InnovAree è di connettere la “domanda di montagna” di soggetti a vocazione imprenditoriale con l’offerta di servizi dedicati.

Tra le iniziative sperimentate positivamente vi sono “Vado a vivere in montagna” e “Vieni a vivere in montagna”. La prima iniziativa, attiva dal febbraio del 2018, ha consentito a chi vuole sviluppare un progetto di impresa nelle Terre Alte del Piemonte di usufruire di un servizio gratuito di mentorship, networking e matching con enti interessati a supportare progettualità in tali aree, attraverso strumenti di credito, micro-credito e finanza etica.

Nel 2019 il servizio ha avuto una sua evoluzione con “Vieni a vivere in montagna”, enfatizzando il ruolo delle “Valli accoglienti” piemontesi nel costruire percorsi di inserimento socio-lavorativo e imprenditoriale di nuovi abitanti permanenti.

Il servizio ha raccolto in pochi mesi un centinaio di richieste di persone che, a vario titolo, vogliono spostarsi in montagna, non necessariamente con la prospettiva di creare impresa, ma anche con la semplice esigenza di cambiare residenza (e progetto di vita) mantenendo, o provando a trasferire in montagna, l’attività lavorativa attualmente svolta.

Il 28 maggio 2019 la Città Metropolitana di Torino ha aderito al protocollo d’intesa “Vieni a vivere in montagna”, per sostenere e promuovere lo sviluppo strategico, economico e sociale di iniziative e attività innovative di rilevanza sociale tese a favorire lo sviluppo locale, la coesione e la qualità sociale dei territori montani metropolitano.

Il protocollo è finalizzato a:

– sviluppare un approccio integrato verso l’erogazione di servizi di orientamento e supporto all’imprenditoria, al lavoro e all’insediamento abitativo, con un primo terreno di sperimentazione nelle aree montane delle Valli Pellice, Chisone e Germanasca, che coniughi sostenibilità economica e coesione sociale dei territori

– contribuire alla costruzione di un percorso multidimensionale di accoglienza rivolto a quanti intendano stabilirsi in modo permanente nelle aree montane, al fine di sviluppare attività imprenditoriali sostenibili o comunque per inserirsi nel mercato lavorativo locale, in relazione all’offerta del territorio

– creare sinergie e complementarietà, mettendo a disposizione reciproca, in relazione alle finalità del progetto InnovAree, le competenze, il network e l’expertise maturato

promuovere e dare visibilità alle attività congiunte, attraverso strumenti di comunicazione di rete, organizzare eventi e momenti di incontro di approfondimento.




A luglio 2020 crolla la domanda di lavoro delle imprese piemontesi

Sono circa 14.540 i contratti programmati dalle imprese piemontesi per luglio 2020, 13.750 unità in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-48,6%).

L’80% riguarderà lavoratori dipendenti, mentre solo il 20% sarà rappresentato da lavoratori non alle dipendenze. Nel 26% dei casi le entrate previste saranno stabili (era il 32% a luglio 2019), ossia con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato, mentre nel 74% saranno a termine (a tempo determinato o altri contratti con durata predefinita).

Complessivamente nel trimestre luglio-settembre 2020 le entrate stimate raggiungeranno le 32.670 unità, circa 40mila unità in meno rispetto a quanto previsto nello stesso periodo del 2019.

Queste alcune delle indicazioni che emergono dal Bollettino mensile del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal.

Delle 14.540 entrate previste in Piemonte nel mese di luglio 2020 il 14% è costituito da laureati (in diminuzione rispetto al 15% di luglio 2019) e il 36% da diplomati; le qualifiche professionali rappresentano il 24% mentre il 27% è riservato alla scuola dell’obbligo.

Per quanto riguarda la dinamica settoriale sono, ancora una volta, i servizi a formare la fetta più consistente della domanda di lavoro (74,8%, dato in crescita rispetto al 70% registrato nello stesso periodo dell’anno precedente), in particolare i servizi alle imprese e alle persone. Il comparto manifatturiero, che genera il 20% della domanda di luglio 2020, registra un calo di 3.870 unità rispetto a luglio 2019. In diminuzione anche le entrate programmate dalle imprese delle costruzioni, che passano da 1.570 di luglio 2019 a 700.

 

Il 18,1% delle entrate previste per febbraio 2020 nella nostra regione sarà destinato a dirigenti, specialisti e tecnici, quota superiore alla media nazionale (15%) e lievemente inferiore rispetto a quanto previsto nel luglio 2019 a livello regionale (21%), il 24,4% sarà costituito da operai specializzati e conduttori di impianti, il 42,2% riguarderà impiegati, professioni commerciali e dei sevizi e l’15,3% professioni non qualificate.

 

Permangono, infine, le difficoltà di reperimento di alcune figure professionali: in 28 casi su 100 le imprese piemontesi prevedono, infatti, di avere difficoltà a trovare i profili desiderati. Le professioni più difficili da reperire in regione a luglio 2020 sono gli specialisti in scienze informatiche fisiche e chimiche, gli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici e le professioni specifiche nei servizi di sicurezza, vigilanza e custodia.

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Chieri, al via “Workhieri”: dal Comune 20mila euro per tirocini

Il Comune di Chieri, in collaborazione con Agenzia Piemonte Lavoro-Centro per l’impiego di Chieri, ha approvato e finanziato con 20.220 euro il progetto «WORKHIERI», iniziativa finalizzata a favorire l’inserimento al lavoro di cittadini chieresi inoccupati o disoccupati, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, attraverso l’attivazione di tirocini da scolgersi presso aziende del chierese.

«WorKhieri è un intervento di politica attiva del lavoro finalizzato ad incrementare l’occupabilità dei nostri cittadini attraverso l’attivazione di 12 tirocini. L’indennità mensile di partecipazione al tirocinio sarà di 600 euro per i tirocini full-time di 40 ore settimanali e di 300 euro per quelli part-time di 20 ore settimanali. Come amministrazione comunale finanzieremo le indennità per i primi 3 mesi, mentre saranno le aziende a finanziare gli eventuali ulteriori 3 mesi. Il Comune finanzierà poi la formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso un corso di quattro ore», spiega l’assessore alle Politiche del lavoro e alle Politiche sociali Raffaela VIRELLI.

«Purtroppo, inizialmente al progetto avevano aderito 17 aziende ma dopo l’emergenza sanitaria si sono ridotte a sette-aggiunge l’assessore Raffaela VIRELLI-Alcune hanno personale in cassa integrazione, quindi non possono avviare tirocini, altre hanno chiuso. Anche questo è un segnale della grande difficoltà del tessuto produttivo locale, che ci fa temere il peggio per l’autunno».

 

Per partecipare occorre

  • prendere visione delle attività offerte sul sito del Comune di Chieri

(oppure presso lo Sportello Unico del Comune di Chieri o il Centro per l’Impiego di Chieri in via Vittorio Emanuele II, n. 1);

  • presentare domanda entro il 25 agosto 2020 al Centro per l’impiego di Chieri, tramite posta elettronica, al seguente indirizzo candidature.cpi.chieri@agenziapiemontelavoro.it, utilizzando l’apposito modulo.

Saranno le aziende aderenti a scegliere tra i candidati.

I tirocini verranno avviati alla fine del mese di settembre 2020.

 




Allasia: Atto di indirizzo caso Embraco, ci sia un intervento concreto da parte del Governo

L’importante oggi è cercare di garantire i livelli occupazionali e nel mentre elaborare una strategia che riporti investimenti e posti di lavoro sul territorio – ha commentato Allasia – Il fallimento di Ventures potrebbe favorire qualche compratore a discapito dei lavoratori ed è un’ipotesi che vorremmo scongiurare. L’Aula si è espressa in modo compatto votando un atto di indirizzo che chiede un intervento concreto da parte del Governo”.

Questa sera è stato votato un ordine del giorno da tutte le forze politiche a Palazzo Lascaris per ricostruire l’interlocuzione con il Governo e con il Mise per verificare la fattibilità delle ipotesi di riconversione dello stabilimento di Riva di Chieri nella produzione di dispositivi di protezione individuale/Covid-19 o di batterie al litio; confrontarsi con le associazioni di categoria e il mondo produttivo piemontese per verificare eventuali disponibilità ad investire sul sito industriale o assumere parte dei lavoratori; sollecitare i ministeri competenti a prendere le misure necessarie a salvaguardare tutti i posti di lavoro.




Avetta (PD): “Bene contributo a tirocinanti, si definiscano in fretta modalità e tempi di erogazione”

Sono lieto che la Regione Piemonte sia orientata a includere anche i tirocinanti tra le categorie che potranno beneficiare dei 10 milioni di euro previsti dal Riparti Piemonte a sostegno dei lavoratori privi di ammortizzatori sociali o che hanno subito una forte decurtazione della busta paga.

Però, bisogna fare in fretta e invito l’assessore al Lavoro e alla Formazione professionale Elena Chiorino a chiarire in Commissione tempi e modalità di erogazione”.

Lo afferma il consigliere regionale Alberto AVETTA (Pd), in occasione del dibattito in Consiglio regionale sull’Interpellanza con cui si chiedeva la riattivazione dei tirocini extracurriculari nelle aziende che avevano ripreso a lavorare nella Fase2.

L’emergenza Covid19 ha imposto la sospensione di tutti i tirocini curriculari ed extracurriculari. In Piemonte durante i tre mesi di lockdown sono stati sospesi circa 15.000 tirocini. Sappiamo che molte aziende hanno riattivato i tirocini, altre ancora non lo hanno fatto o li hanno definitivamente interrotti.

C’è, poi, il tema dei tre mesi in cui ragazze e ragazzi, che spesso arrivano qui da tutta Italia, si sono trovati senza indennità di tirocinio. Alcune Regioni come l’Emilia Romagna, la Toscana e il Lazio, hanno già stanziato risorse per coprire il mancato introito da parte dei tirocinanti per la durata della sospensione. Se crediamo che queste ragazze e questi ragazzi rappresentino davvero il patrimonio più grande del nostro sistema produttivo dimostriamolo con fatti concreti: il Piemonte eroghi un sostegno a conferma della fiducia che ripone in loro. Ma si deve fare in tempi rapidi se vogliamo che sia efficace”

 




Consiglio regionale: nessun rischio di occupazione e operatività per il Csi

Né da parte del Consiglio regionale né della Giunta, esiste alcuna volontà di alienare o depotenziare il Consorzio, anzi c’è il proposito di valorizzare un’azienda che negli ultimi anni ha raggiunto importanti risultati nella modernizzazione dei processi.

Sarà mia cura trasmettere al presidente della Giunta le istanze poste oggi dalla delegazione, siamo tutti coscienti che sono coinvolti 1000 lavoratori, per noi la valorizzazione del patrimonio professionale è importante”. Così il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia ha risposto alle Rsu del Csi, che con gli altri consiglieri presenti a Palazzo Lascaris, ha incontrato nella mattinata del 17 giugno.

Le Rsu, intervenute con vari rappresentanti, hanno esposto le loro preoccupazioni per l’emendamento che “muta la natura giuridica del Csi. Se perdiamo la nostra qualifica di ente di diritto pubblico – hanno spiegato – temiamo di non poter più operare in modo efficace nei confronti della Regione e degli altri cento entri consorziati”. In ogni caso, i rappresentanti sindacali hanno chiesto che “prima di eliminare lo status di ente di diritto pubblico, si effettui una discussione e un approfondimento su quale tipo di entità giuridica andremo a essere”.

“La proposta di emendamento non si pone in alcun modo l’obiettivo di avviare un percorso di vendita/privatizzazione del Csi – ha aggiunto Paolo Bongioanni (Fdi) – ma esclusivamente quello di riportare il Consorzio in una situazione di coerenza giuridica tra forma e sostanza. Questo al fine di evitare possibili rischi in ordine alla responsabilità in capo a organi di amministrazione e consorziati, nonché a tutela dei lavoratori”. Queste, ha precisato Bongioanni, sono le parole “dell’assessore Tronzano e come gruppo di maggioranza, ci facciamo garanti della tutela dei mille lavoratori del Csi”.

Per il Pd è intervenuto Daniele Valle, che ha sottolineato come “le preoccupazioni espresse dalle Rsu siano anche le nostre. Già nel 2018 un simile tentativo di riforma è stato bloccato, perché non esistevano certezze sulla nuova natura giuridica. Non dico che non si possa trovare un accordo, però mettiamoci al tavolo e definiamo una strategia condivisa”.

Il capogruppo della Lega Alberto Preioni ha ricordato di aver parlato della questione con l’assessore Matteo Marnati, il quale lo ha rassicurato trattarsi esclusivamente di una modifica tecnica, “una questione posta dagli uffici, che non mette a rischio i posti di lavoro, né l’operatività del Consorzio informatico”.

 




Cercare (e trovare) lavoro durante la ripartenza, come entrare nel radar dell’head hunter

C‘è chi ormai da mesi, da ben prima della crisi sanitaria, è alla ricerca di un nuovo lavoro. Altri, viste le incertezze crescenti in settori come quello ricettivo e della ristorazione, hanno deciso di iniziare a mandare le proprie autocandidature proprio in queste settimane. E tante altre persone ancora, pur avendo un’occupazione, hanno scelto di mettersi alla ricerca di un nuovo posto, per avere nuovi stimoli, nuove sfide e nuove possibilità di carriera.

La situazione, però, non è delle più semplici: il lungo e inedito lockdown, accompagnato dai timori delle imprese, rendono la ricerca di un nuovo lavoro più difficoltosa. Ma non certo impossibile, tanto più che molte imprese continuano a cercare nuovi talenti da inserire nel proprio organico, facendosi aiutare, soprattutto nel caso dei profili più qualificati, da esperti head hunter.

«Dopo un ovvio rallentamento tra metà marzo e inizio aprile» spiega Carola Adami, head hunter e CEO dell’agenzia di selezione del personale Adami & Associati «le nostre aziende clienti sono tornate a valutare l’inserimento di nuovi talenti a ritmi prossimi alla normalità. In queste ultime settimane, per esempio, abbiamo notato una decisa crescita delle richieste di profili informatici puri, nonché di altre figure altamente qualificate nell’ambito Finance ed Engineering. E se le imprese non hanno mai completamente smesso di ricercare dei profili strategici da inserire nei propri team» spiega l’head hunter «da metà aprile in poi c’è stato anche un importante aumento delle ricerche di lavoro da parte dei candidati» .

Chi si sta mettendo alla ricerca di un nuovo lavoro, dunque, deve affrontare un mercato del lavoro segnato sì da molte imprese desiderose di inserire nuove risorse, ma condito anche da un non trascurabile timore, e da un’elevata concorrenza.

Specialmente in questo momento i candidati dovrebbero quindi cercare di entrare nel radar dei cacciatori di teste. Ma come fare?

«Entrare in contatto con un head hunter non è certo impossibile: la principale via da seguire è quella di controllare le posizioni aperte sul portale di riferimento del cacciatore di teste.

È però necessario rivolgersi a dei professionisti specializzati nel settore di interesse, partendo dal presupposto che le migliori agenzie di head hunting si occupano solamente di aree specifiche, per poter offrire alle aziende e ai candidati il migliore dei servizi. Detto questo, è necessario presentarsi al meglio, rispondendo unicamente agli annunci in linea con la propria figura professionale e curando attentamente il proprio network, nonché la propria immagine online.

In ogni modo è importante impegnarsi per costruire un rapporto costruttivo e di fiducia con il proprio head hunter di riferimento: non si sa mai quando potrebbe arrivare l’offerta perfetta» conclude la Adami.