Bando per ricerca personale a tempo determinato per emergenza COVID -19

L’Unità di Crisi della Regione ha aperto un bando di reclutamento a tempo determinato per reclutare personale con il profilo di collaboratore professionale sanitario – assistente sanitario da destinare alle aziende sanitarie del Piemonte.

La procedura di ingaggio sarà gestita direttamente dalle singole aziende interessate.

Le domande di ammissione dovranno essere esclusivamente prodotte mediante procedura telematica, pena esclusione, entro il 21 maggio 2020. Il testo del bando




Prezzo del latte, Confagricoltura: “Quotazioni in calo per gli allevatori, nessun beneficio per i consumatori”

Nel mese di aprile mediamente la quotazione del latte alla stalla è diminuita dal 10 al 15% rispetto al mese di marzo, ma i consumatori non ne hanno tratto nessun beneficio.

Il prezzo al consumo, infatti, è rimasto invariato: questo significa che, nell’ambito della filiera, gli allevatori hanno dovuto comprimere i loro margini, lavorando sotto il costo di produzione, mentre altri soggetti, in particolare la distribuzione organizzata, hanno fatto valere le loro posizioni di forza, creando una forte difficoltà nel comparto che rischia di aggravare ulteriormente una situazione già delicata per le nostre campagne.

Guido Oitana, rappresentante degli allevatori di Confagricoltura Piemonte, che è intervenuto questa mattina in videoconferenza al tavolo del latte convocato dalla Regione Piemonte, ha chiesto all’Assessore all’Agricoltura Marco Protopapa di adottare iniziative in favore del settore lattiero-caseario, per far sì che gli allevatori possano trovare un’adeguata remunerazione dal loro lavoro.

In Piemonte – ricorda Confagricoltura – sono attive circa 1.750 aziende produttrici di latte vaccino, concentrate in prevalenza nelle province di Cuneo e Torino, con un totale di circa 121.000 vacche allevate, per una produzione annua di circa 1.080.000 tonnellate di latte (1.080.000.000 di litri) e un fatturato del prodotto all’origine di circa 430 milioni di euro.

Nel primo trimestre 2020, nonostante il sensibile caso di importazioni di latte dall’estero, a causa blocco del canale Ho.Re.Ca, si è registrata una contrazione dei consumi che ha modificato il mercato: sono diminuite le vendite di prodotto fresco, mentre è aumentata la trasformazione dei prodotti e la produzione dei formaggi. Inoltre, complice la crisi economica delle famiglie, sono aumentate le importazioni di latticini e formaggi a basso prezzo.

Abbiamo proposto alla Regione – spiega il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccarodi favorire una miglior trasparenza della filiera per garantire la correttezza dei pagamenti. Abbiamo inoltre chiesto alla Regione di coinvolgere nel confronto la distribuzione organizzata, per evitare di creare posizioni dominanti in grado di condizionare il mercato”.

Confagricoltura ritiene che sia indispensabile proseguire il confronto nella filiera, chiedendo in modo unitario al Governo e all’Unione Europea un intervento straordinario per fronteggiare la crisi di mercato che si è generato nel comparto lattiero caseario, per superare questa stagione di difficoltà e poter riprendere un percorso di collaborazione indispensabile per la tenuta economica e sociale del nostro territorio.




#RipartiPiemonte il nuovo striscione sul Palazzo della giunta

#ripartipiemonte  è il messaggio che Giunta e Consiglio regionale hanno voluto lanciare per questa nuova fase a tutti i piemontesi con uno striscione di otto metri esposto, questa mattina, sulla facciata della Regione Piemonte, in piazza Castello a Torino, alla presenza del vicepresidente della Giunta Fabio Carosso e del presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia.  Un segnale importante proprio nella giornata in cui  tutte le attività commerciali, dopo un lungo periodo di lockdown,  hanno riaperto le porte al pubblico.

Davanti a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale, è stato invece posizionato un nuovo totem caratterizzato dall’hashtag #iorestoprudente e un invito a continuare a mantenere la distanza di sicurezza, lavare spesso le mani e usare la mascherina.

“Nel disegno di legge “Riparti Piemonte” che approderà in aula consiliare la prossima settimana – ha sottolineato il presidente Allasia  –  sono previste una serie di ulteriori misure per mettere benzina a questo Piemonte che ha bisogno di ripartire. Nella speranza che continuino ad arrivare notizie confortanti sul fronte sanitario, c’è la necessità di supportare il sistema economico, qui è in gioco la sopravvivenza delle nostre imprese e di tutto il sistema produttivo della nostra regione.

“Il nostro Piemonte riparte. Le nostre imprese, le nostre famiglie hanno la necessità di riprendere le loro attività e poter ritornare a rivivere un po’di normalità, anche se nulla sarà come prima – dichiara il vicepresidente Carosso – L’invito è quello di usare prudenza, mantenere il distanziamento sociale e dove non è possibile utilizzare la mascherina, ma ricominciare a recuperare un po’ di normalità e soprattutto di apprezzare le bellezze della nostra regione e gustare le nostre eccellenze”.




Moda, 1.621 imprese artigiane stanno subendo il peggior impatto dall’emergenza sanitaria

Le 1.621 imprese artigiane del comparto moda del Piemonte (tessile, abbigliamento, pelle), con 5579 addetti (a Torino sono 627 con 1753 addetti), risultano tra quelle che stanno subendo il peggior impatto negativo dall’emergenza sanitaria: sono state le prime a dover chiudere le saracinesche per la pandemia che vedranno azzerare il fatturato per l’intera stagione e dovrebbero riaprire il 18 maggio tra mille problemi da affrontare, tra cui l’importante crisi di liquidità e la gestione della sicurezza aziendale.

Il 50% rischia di non poter più riaprire ed è costretta a prolungare forzatamente il lockdown a data da destinarsi.

Una forza, quella dell’artigianato italiano della moda, costituita da 35.914 piccole imprese, il 63,5% delle 55.491 realtà del settore, e che occupa più di 158mila addetti artigiani su oltre 311mila.
Le imprese artigiane del settore moda sono prevalentemente a conduzione familiare e sono a rischio di chiusura definitiva: una intera filiera artigianale della moda può essere spazzata via.

Come dimostrano la realtà del nostro territorio, il sistema moda non è solo grandi firme, è anche una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi unici. Da semprela ricetta vincente è stata quella di presentarsi sul mercato con creatività e qualità soprattutto per contrastare la concorrenza da parte di aziende che utilizzano il brand “artigianale”, quando di fatto si tratta di prodotti importati o realizzati in serie e di lavoratori che operano senza il rispetto delle normative a cui sono invece sottoposti i loro colleghi.

“La voglia di ripartire, di aprire le nostre botteghe e ricominciare a creare c’è. La volontà di mostrare l’eccellenza delle nostre creazioni, simbolo del Made in Italy nel mondo, fiore all’occhiello della tradizione manifatturiera artigiana del Piemonte e dell’intero Paese è rimasta invariata – spiega Daniela Biolatto, Presidente area moda di Confartigianato Imprese Piemonte– ma tutto questo è possibile solo se ci saranno interventi straordinari per salvare le imprese del comparto moda. Oggi, è arrivato il momento di riaprire ma dobbiamo fare i conti con i mancati incassi di una stagione che temiamo non possa ripartire con l’azzeramento del fatturato relativo alla collezione primavera – estate e con l’annullamento di cerimonie ed eventi che pregiudicano le attività delle nostre sartorie.”

“Per le poche imprese che potranno riaprire esigiamo, anche, più chiarezza per le modalità di riapertura – prosegue Biolatto – per poterci organizzare sul fronte della sicurezza. Molte imprese del tessile si sono reinventate, per affrontare i mancati incassi, producendo mascherine e camici ma oggi abbiamo in bottega una intera collezione invenduta che potrebbe già andare in saldo. Come facciamo a recuperare una intera stagione andata persa? Come facciamo a sostenere una ulteriore spesa per la sanificazione quotidiana dei nostri ambienti? Come facciamo a far provare i nostri abiti e igienizzarli dopo ogni prova? Queste ed altre incognite pesano come macigni sulle imprese del comparto moda”.

“In questo contesto – conclude Biolatto – le imprese stanno facendo i salti mortali per continuare a lavorare, per garantire i posti di lavoro e gli stipendi ai dipendenti. Ma fin da subito dobbiamo abituarci all’idea che i consumi saranno più contenuti, perché le persone sono psicologicamente provate e refrattarie a spendere per acquistare capi fashion. Purtroppo, anche il tanto atteso Decreto rilancio arriverà fuori tempo massimo. Voglio ricordare che il fattore tempo per un’impresa che sta annegando è l’elemento determinante per la sua sopravvivenza.”




Negozi, ristoranti, bar e imprese nelle zone montane che oggi non apriranno

Oggi troppi ristoranti, bar, negozi, imprese, partite Iva delle valli alpine e appenniniche, isole comprese, non apriranno. Non riusciranno a ripartire per una concorrenza di fattori che fa indignare. Sarà difficilissimo individuare le cause e forse è troppo semplice, inutile, dare le colpe.

Eppure il dato è chiaro e le mancate riaperture nei piccoli Comuni, nelle aree montane, nelle zone più remote del Paese, più in alto, sono un danno per tutti. Sono un danno per tutto il Paese, da Fontecchio a Roma, da Balme a Bari, da Dossena a Napoli, da Fonni a Venezia.

E così, a ogni telefonata ai rappresentanti di Uncem o di altre Associazioni datoriali, di ristoratori, professionisti, partite iva, gestori di bar e rifugi che non ce la fanno, non basta si formi e riformi il nodo alla gola che fa male e non lascia vedere il domani con fiducia.

Una bottega, una piazza, un borgo, un albergo, una pizzeria, una casa per anziani prossimi e comuni valgono quanto dieci ventilatori e li stiamo perdendo, scrive Giovanni Teneggi, Confcooperative.

Oggi le montagne e le aree interne hanno degli incredibili atouts da giocare, se riescono a vederli e a tradurli in progetto:

1. la gestione del cambiamento climatico, e un nuovo modo di interagire con l’ambiente

2. l’inclusione sociale, e la riduzione dei divari, lavorando su un nuovo concetto di comunità 3. la creazione di economie locali, anche micro, nella gestione oculata e sostenibile delle risorse del territorio (acqua, foreste, agricoltura, ecc. e prodotti derivati)

4. la riorganizzazione territoriale in una nuova visione di welfare e di servizi, anche ad appannaggio dei territori urbani, in un’ottica metromontana

5. il tutto, sostenuto da un trasferimento tecnologico “contestuale” e “appropriato”,

spiega Antonio De Rossi, Professore del Politecnico di Torino.

In questo scenario, sappiamo che non siamo più il “mondo dei Vinti” ma dobbiamo ancora accorgercene.

E così deve entrare in partita la Politica. Quella buona che deve attuare, ad esempio, la legge sui piccoli Comuni 158/2017, le mozioni sulla montagna approvate alla Camera dei Deputati il 29 gennaio 2020, la Piattaforma Montagna presentata agli Stati generali nazionali della Montagna il 31 gennaio 2020. Con tre necessità urgenti, fondamentali già da oggi:

1. Occorre lavorare con urgenza a una fiscalità differenziata e peculiare, dandosi tempi certi e regole, per le imprese nei Comuni totalmente montani del Paese, così da sgravare le imprese di troppe imposte che ne minano la competitività. La fiscalità si riequilibra dando forza all’Europa per inserire una web tax sulle piattaforme che oggi minano la concorrenza.
2. Occorre individuare subito una serie di sgravi burocratici per negozi, bar, imprese dei territori, ai sensi della legge 97 del 1994. Niente scontrino digitale per i prossimi due anni, regime forfettario fiscale, possibilità di voucher per il personale, eliminazione di Irap.
3. Occorre stanziare con urgenza le risorse previste dalla legge di bilancio 2020 e dal DL Rilancio per le attività economiche nelle aree interne e montane del Paese. Sono almeno 200 milioni di euro da ripartire alle imprese. E si uniscono a quanto le Regioni hanno previsto per favorire gli insediamenti nei Comuni montani. Uncem ha chiesto a tutte le Regioni di seguire il modello dell’Emilia-Romagna.

Tre urgenze che non rimuovono il nodo per le imprese che non ripartono. Sono troppe e moltissime sono ubicate nei Comuni montani. Sono quelle che hanno sempre agito con capacità di resistenza e che abbiamo sempre difeso, valorizzato, chiesto di proteggere alla politica e alle comunità. Non è vero che niente hanno fatto, politica e comunità. Ma occorre dare seguito a decisioni precise che sono state adottate e non bloccarle nelle burocrazie che non vogliono rispondere alla politica. Per questo occorre avere speranza e lavorare con fiducia. Togliendoci un nodo alla gola che anche noi, anche Uncem con i suoi rappresentanti, oggi ha nel guardare a chi non può riaprire.




La nuova ordinanza della Regione per la riapertura in Piemonte

Il presidente della Regione, Alberto Cirio, ha firmato l’ordinanza con il calendario delle riaperture in Piemonte, che sarà valida fino al 24 maggio 2020.

Da oggi, lunedì 18 maggio:

* tutti i negozi al dettaglio, saloni per parrucchieri, centri estetici, studi di tatuaggio e piercing e tutti i servizi per gli animali (oltre alle toelettature già attive, dog sitter, pensioni e addestramento); i Comuni potranno consentire orari di apertura più elastici ed estensivi per favorire la massima operatività delle attività commerciali e dei servizi alla persona;

* musei, archivi e biblioteche

* altre strutture ricettive ancora chiuse.

* sono inoltre consentiti:

– gli sport all’aria aperta in forma individuale rispettando la distanza minima di due metri (ad esempio: atletica, ciclismo, corsa, golf, tiro con l’arco, tiro a segno, equitazione, tennis, vela, attività acquatiche individuali, canottaggio, escursionismo, arrampicata libera, sci alpinismo, motociclismo, automobilismo, attività cinofila) e l’uso dei rispettivi impianti, centri e siti sportivi purché nel rispetto delle disposizioni di sicurezza (vietato in particolare l’utilizzo di palestre, luoghi di socializzazione, docce e spogliatoi fatto salvo per i locali di passaggio e i servizi igienici, per i quali i gestori dovranno garantire la corretta e costante sanificazione e igienizzazione, oltre ad assicurare il contingentamento degli ingressi, l’organizzazione di percorsi idonei e l’adozione di misure per garantire il distanziamento sociale ed evitare assembramenti, come ad esempio la prenotazione degli spazi e le turnazioni;.

le lezioni con l’istruttore, che in assenza della distanza di sicurezza avrà l’obbligo di uso della mascherina e di guanti monouso dove l’attività prevede il contatto con l’allievo;

– l’attivazione di nuovi cantieri di lavoro e la riattivazione di quelli eventualmente sospesi, oltre alla riattivazione dei tirocini extra-curriculari in presenza, purché nel rispetto delle disposizioni di sicurezza e prevedendo lo smart working dove non possibile garantire il distanziamento.

Da mercoledì 20 maggio:

* ritorno nei mercati dei banchi extralimentari (per consentire i tempi di adeguamento alle nuove linee guida per la sicurezza e permettere ai Comuni di tracciare i nuovi spazi sulle aree mercatali).

Da sabato 23 maggio:

* bar, ristoranti, trattorie, pizzerie, self-service, pub, pasticcerie, gelaterie, rosticcerie e delle altre attività di somministrazione alimenti (resta sempre consentito il servizio di asporto con orario esteso dalle 6 alle 22, la prenotazione da remoto diventa preferibile ma non più obbligatoria).

Per garantire la sicurezza e il contenimento del contagio da Covid-19, la riapertura di tutte le attività dovrà avvenire nel rispetto di quanto previsto dalle Linee di indirizzo per la riapertura delle Attività Economiche e Produttive approvate dal Governo in accordo con la Conferenza delle Regioni e allegate all’ordinanza. Rispetto alle indicazioni iniziali dell’Inail, accolgono e recepiscono le osservazioni delle Regioni, che dopo giorni di confronto con le associazioni di categoria avevano espresso al Governo le principali criticità connesse alla sostenibilità delle misure previste. “Un documento fondamentale – sottolinea Cirio – per il quale fino a stanotte abbiamo avuto una lunga trattativa con Roma, perché volevamo che il Governo le recepisse. Sono linee guida che garantiscono la sicurezza, ma scritte in modo da permettere anche l’operatività delle attività, cioè non solo riaprire ma davvero poter lavorare”.

“Non ci stancheremo di ripeterlo – rileva il presidente Cirio con l’assessore al Commercio Vittoria Poggio – Vogliamo aprire tutto, ma aprire per sempre. Per questo il Piemonte riparte con fiducia, ma anche in modo pragmatico, dando alle sue imprese e al suo territorio il tempo di adeguarsi alle linee guida che abbiamo preteso e ottenuto dal Governo, perché l’equilibrio tra sicurezza e sostenibilità economica è fondamentale per garantire il futuro di tutte le nostre attività”.

Tra le altre disposizioni contenute nell’ordinanza si segnalano:

– l’obbligo di utilizzare idonee protezioni delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto, ed in tutti i luoghi e le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza, fatto salvo per i bambini di età inferiore a sei anni, per i soggetti con forme di disabilità o con patologie non compatibili con l’uso continuativo dei dispositivi di protezione individuale;

– a questo scopo possono essere utilizzate mascherine di comunità, monouso o lavabili, anche autoprodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso; l ‘utilizzo delle mascherine di comunità si aggiunge alle altre misure di protezione finalizzate alla riduzione del contagio (come il distanziamento fisico, l’igiene costante e accurata della mani) che restano invariate e prioritarie;

– è mantenuto il divieto di ingresso ai visitatori in tutte le strutture pubbliche, private, convenzionate ed equiparate del servizio sanitario nazionale e nelle strutture socio-assistenziali (RSA, RA, RAF) salvo i casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura;

– non possono riaprire centri benessere, termali (eccetto quelli che erogano prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza), culturali e sociali;

– gli orari di apertura e le modalità di accesso ai cimiteri, parchi e giardini sono definiti dalle Amministrazioni comunali;

– sono consentite per i proprietari ed affidatari, nel rispetto della normativa vigente, le attività allenamento ed addestramenti di animali nelle strutture di ricovero e custodia;

– è consentito il servizio di custodia di animale d ‘affezione e le attività che riguardano le adozioni.




Continuano a scendere i ricoveri ospedalieri in Piemonte

Sono 29.547 (+64 rispetto a ieri) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivise su base provinciale: 3796 Alessandria, 1748 Asti, 1023 Biella, 2688 Cuneo, 2574 Novara, 15.025 Torino, 1248 Vercelli, 1100 Verbano-Cusio-Ossola, 254 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 91 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 101 (+1 rispetto a ieri), i ricoverati non in terapia intensiva 1620 (+58 rispetto a ieri). Le persone in isolamento domiciliare sono 8500. I tamponi diagnostici finora processati sono 249.371, di cui 138.585 risultati negativi.

Sono 18 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 1 al momento registrato nella giornata di oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 3612 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 617 Alessandria, 217 Asti, 176 Biella, 336 Cuneo, 309 Novara, 1608 Torino, 197 Vercelli, 122 Verbano-Cusio-Ossola, 30 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

L’Unità di Crisi della Regione Piemonte comunica che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 11.975 (+428 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 1090 (+29) Alessandria, 482 (+22) Asti, 525 (+2) Biella, 1232 (+49) Cuneo, 1038 (+12) Novara, 6328 (+258) Torino, 557 (+27) Vercelli, 619 (+29) Verbano-Cusio-Ossola, 104 (+0) provenienti da altre regioni.

Altri 3.739 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.




Ravanelli: “Doveroso intervenire sull’emergenza, ma riprendere subito programmazione strategica”

Siamo consapevoli che l’emergenza economica legata alla pandemia ha portato inevitabilmente a una rimodulazione del Piano Competitività elaborato in precedenza dalla Regione Piemonte, spostando l’attenzione sulla necessità contingente di assicurare liquidità a famiglie e micro-piccole aziende.

Parte delle nostre osservazioni formulate con il contributo di tutto il sistema delle Associazioni Territoriali e di Ance Piemonte sono state accolte e tenute nella giusta considerazione. Apprezziamo inoltre l’impegno dell’amministrazione regionale a riprendere prima possibile il percorso comune iniziato con il Piano di Competitività.

Come sempre, Confindustria sarà pronta a dare il suo contributo costruttivo per lavorare in sintonia su una visione di sviluppo del territorio a medio lungo termine, a partire come primo step prioritario dalla nuova programmazione dei Fondi SIE 2021-2027.

È indispensabile, infatti, entrare al più presto nel merito di quei progetti, e delle relative risorse, ritenuti strategici per il sistema delle imprese piemontesi e in grado di rappresentare una vera e propria ripartenza strutturata della nostra economia: in particolare, internazionalizzazione, compresa l’attrazione degli investimenti, Città della Manifattura 4.0, Parco della Salute e Centro di ricerca Biotech, Alta Formazione professionalizzante e Politiche attive del Lavoro».

Questo il commento del Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli al DDL Riparti Piemonte di imminente approvazione.




Riparti Piemonte: confronto Regione-Comune di Torino

Il Consiglio ha invitato il sindaco di Torino per un’audizione sulle misure del Riparti Piemonte e per un confronto con il Comune e la Città metropolitana. Così oggi Chiara Appendino ha partecipato alla Prima Commissione per le consultazioni sul Ddl 95.

Un incontro che, come ha spiegato il presidente della Prima Carlo Riva Vercellotti, “si è svolto sulla base del rispetto tra istituzioni e del dialogo. Le osservazioni del primo cittadino e quelle giunte dalle autonomie locali del Piemonte sono molto utili e saranno tenute nella giusta considerazione nel dibattito in corso”.

La sindaca ha ringraziato per la celerità con cui sono stati approvati dal Consiglio regionale i bonus per le categorie economiche, “in un momento complesso per la tenuta sociale dei nostri territori”. Appendino si è detta infatti preoccupata per le nuove povertà e ha espresso il timore “che le città possano trasformarsi in bombe sociali”. Per questo ha chiesto alla Regione di incrementare i fondi nazionali sui “Buoni spesa”, in modo da poter meglio gestire le emergenze che si stanno verificando in molti nuclei familiari. Un problema che riguarda anche il pagamento degli affitti, “e che dobbiamo risolvere se non vogliamo assistere al boom degli sfratti e a dover inserire in un percorso di edilizia pubblica già complicato nuove famiglie”.

Appendino si è detta poi concorde sull’obiettivo di rilanciare l’urbanistica, ma ha manifestato alcune perplessità tecniche sulle norme all’esame del Consiglio regionale. In particolare si è detta preoccupata che la riduzione del costo degli oneri sociali possa scaricarsi sui Comuni, e ha chiesto che si definiscano procedure sull’utilizzo del fondo regionale in grado di scongiurare questa possibilità. Perplessità anche su alcune nuove regole per semplificare gli appalti, “che rischiano di rallentarli perché potrebbero essere oggetto di ricorsi”.

Le procedure delle consultazioni in Commissione non prevedono un dibattito tra consultato e consiglieri, che possono solo fare domande. Il capogruppo di Fi Paolo Ruzzola ha tenuto però a rassicurare la sindaca di Torino sulla volontà di dare risposte nel dibattito consiliare ai temi da lei toccati: “Stiamo verificando con la Cassa depositi e prestiti la possibilità di incrementare le risorse per l’edilizia pubblica”.

Apprezzamento per la concretezza dell’intervento della sindaca di Torino è stato espresso da Alberto Preioni, capogruppo della Lega, che ha auspicato che sia un buon viatico per il confronto in Commissione e in Aula.

Domande sono state poste da Valter Marin (Lega), Mario Giaccone (Monviso), Marco Grimaldi (Luv), Daniele Valle e Diego Sarno (Pd).




Il CAAD in prima linea nella gestione sanitaria Fase 2

L’avvio della cosiddetta “Fase 2” dallo scorso 4 maggio ha generato come conseguenza diretta una necessità sempre maggiore di test molecolari, i cosiddetti tamponi, soprattutto per alcune specifiche categorie di lavoratori. In Piemonte, in particolare, sarà necessario incrementare notevolmente il numero di test dagli attuali 8/9.000 fino a circa 20.000 tamponi al giorno.

I laboratori attualmente attivi in Piemonte hanno realizzato al massimo 8.760 tamponi, ma si tratta comunque di un livello che non può essere garantito giornalmente. Infatti, la maggior parte delle strumentazioni usate per estrarre e amplificare l’RNA virale dai tamponi utilizzano reagenti e kit specifici – cosiddetti proprietari – la cui fornitura è limitata e non garantita.

Per sopperire a questa situazione la Regione ha prospettato due linee di azione: la prima mira a superare le criticità determinate dalla scarsità dei reagenti proprietari mediante il ricorso alla termolisi per l’estrazione dell’RNA virale e all’assemblaggio in house di un kit per la sua amplificazione.

La seconda linea prevista dalla Regione mira invece a incrementare la possibilità di eseguire test aumentando la dotazione di strumentazioni, creando nello specifico 3 nuovi laboratori dotati di macchinari che possano operare indipendentemente dal tipo di reagente utilizzato.

In particolare, la Regione ha fatto una richiesta specifica di spazi per ospitare queste strumentazioni e di personale qualificato per utilizzarle. Per ospitare i tre nuovi laboratori che saranno allestiti sono stati scelti il CAAD – Centro di Ricerca Traslazionale sulle Malattie Autoimmuni e Allergiche dell’Università del Piemonte Orientale, l’ASL di Biella e l’ARPA.
La Regione Piemonte sta perfezionando in queste settimane l’acquisto delle strumentazioni, che dovrebbe concludersi entro la fine del mese di giugno; dal canto suo il CAAD sta cercando di sottoscrivere una convenzione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara per individuare la figura professionale del microbiologo che avrà il ruolo di supervisore.

La scelta del CAAD, e soprattutto la sua disponibilità immediata, derivano da diversi fattori; innanzi tutto, come spiega il professor Claudio Santoro, Direttore del Centro: «Il CAAD non solo ha gli spazi “fisici” per allestire i laboratori, ma ha anche la possibilità di integrarsi facilmente con la rete ospedaliera per tracciare il numero di tamponi effettuati e soprattutto di soggetti postivi.

La nostra disponibilità, inoltre, si coniuga perfettamente con le tre missioni dell’Ateneo; non solo terza missione, per le evidenti ricadute “sociali”, ma anche formazione e ricerca. Non c’è attualmente una struttura in grado di rispondere in modo efficiente e rapido all’emergenza; questa situazione ci ha fatto capire che è necessario formare del personale con nuove competenze, che sarà in grado, in uno scenario futuro di questo tipo, di far fronte a criticità simili in tempi di risposta minori. Allo stesso tempo, potremo valutare in futuro migliorie e alternative al processo di analisi, grazie a una nuova capacità di ricerca».