Programma Alcotra: le proposte di Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta per i progetti transfrontalieri

Il vicepresidente della Regione Piemonte, Fabio Carosso, l’assessore della Regione autonoma Valle d’Aosta Luigi Bertschy e l’assessore della Regione Liguria Andrea Benveduti, in occasione di un incontro in video-conferenza svoltosi giovedì 23 aprile, hanno condiviso l’importanza di attivare ogni strumento utile per limitare gli impatti negativi della crisi sanitaria sul tessuto economico e sociale dei propri territori, gravemente colpiti dall’emergenza COVID-19.

In tal senso, gli assessori hanno richiesto congiuntamente all’Autorità di gestione del Programma europeo di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia Alcotra, in cui sono coinvolte le tre Regioni italiane, di adottare appropriate misure per favorire l’erogazione immediata dei finanziamenti ai partner dei progetti in corso di realizzazione, semplificare e velocizzare le procedure del programma e attivarsi per verificare la possibilità di ri-orientare attività progettuali ancora da realizzare a favore di operazioni che rafforzino l’intervento pubblico di contrasto all’emergenza sanitaria, economica e sociale in atto.

Abbiamo impostato un modus operandi molto collaborativo tra le nostre tre Regioni – dichiarano i tre assessori – a livello sia politico sia tecnico per l’utilizzo dei fondi previsti dal Programma Alcotra. In particolare, in quest’occasione, abbiamo voluto imprimere un segnale significativo all’approccio che i fondi europei devono avere nei confronti dei territori sia italiani sia francesi, che in questo momento sono gravemente colpiti dall’emergenza COVID. Con la nostra proposta intendiamo favorire una maggiore immissione di liquidità e incentivare la spesa nel breve periodo nei territori transfrontalieri. Siamo convinti che quest’approccio troverà la condivisione delle Regioni francesi così come della Commissione”.

 




Finanziamenti e sospensione mutui, Confartigianato Cuneo: “Meno burocrazia e tempi rapidi”

Da troppo tempo ormai le piccole e medie imprese del nostro territorio stanno vivendo senza certezze sul futuro. Contestualmente all’inizio dell’emergenza sanitaria per molte di loro si sono bloccati i flussi di pagamenti ed è venuta a mancare la liquidità necessaria ad onorare le spese di prima necessità.

C’è bisogno di agire in tempi rapidi per evitare che alla pandemia si aggiunga un default economico. Le misure prese dal Governo sono una boccata d’ossigeno, ma devono uscire dagli enunciati e divenire rapidamente azioni concrete. Il mondo delle PMI è allo stremo, non può più aspettare».

Queste le parole di Luca Crosetto, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo, l’Associazione che in questi giorni con i suoi professionisti sta assistendo le PMI cuneesi a districarsi tra i mille rivoli delle normative per accedere ai finanziamenti previsti.

E ancora una volta ad essere un ostacolo alla sopravvivenza imprenditoriale è la burocrazia, che allunga inevitabilmente i tempi e i modi operativi. Anche in un momento di emergenza epocale, com’è quello che stiamo vivendo, gli imprenditori per accedere al finanziamento fino a 25 mila euro, previsto nel Decreto “Liquidità” a garanzia statale, si ritrovano a doversi confrontare con alcuni vincoli burocratici delle banche che relegano la loro necessità di liquidità immediata, in ranghi temporali più lenti.
Questa volta quindi alla buona volontà del Governo di accelerare sembra porre un freno proprio il mondo bancario.

“Senza uno scudo penale alle banche non sarà automatico concedere prestiti alle imprese, anche se garantiti dallo Stato – hanno spiegato dall’ABI (Associazione Banche Italiane) – Ci sono le norme penali sull’antiriciclaggio ma anche le norme fallimentari che costituiscono ostacoli pesanti all’attività degli istituti di credito”.

Insomma, le Banche in queste operazioni non si sentono sufficientemente tutelate e chiedono che si eviti il ribaltamento di responsabilità su di loro nel caso in cui le misure offerte alle imprese non sortissero gli effetti sperati e le aziende cadessero in stato di insolvenza con possibili conseguenze di procedure fallimentari.

«Probabilmente la misura governativa a causa della fretta presenta qualche lacuna normativa. – sottolinea Crosetto – Ben vengano quindi le osservazioni, ma una volta valutate ed eventualmente inserite, sarebbe opportuno si procedesse spediti verso i risultati concreti. Le imprese sono senza carburante per i loro motori. Abbiamo bisogno che l’economia riparta subito, in caso contrario ne andrà del futuro del nostro Paese. La concorrenza estera si è già fatta sentire in modo pesante, non possiamo più rimanere fermi o perderemo quote di mercato irrecuperabili».

C’è poi altro aspetto poco chiaro, questa volta nel precedente Decreto ministeriale “Cura Italia” riguardante la sospensione delle rate del mutuo sulla prima casa. Nel documento si evidenzia che la misura è consentita ai lavoratori autonomi, ai liberi professionisti e ai titolari di ditte individuali artigiane che dichiarino di aver registrato nel trimestre successivo al 21 febbraio 2020, un calo del proprio fatturato medio giornaliero nel suddetto periodo superiore al 33% del fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre 2019.

Non viene fatta menzione però della possibilità di accesso anche per i soci d’azienda, i quali dovrebbero invece essere equiparati ai titolari. Un’altra lacuna normativa pendente sull’attività bancaria, che in questo caso si ritrova ad operare a propria discrezionalità nei confronti della clientela.

«All’interno di Confartigianato Cuneo – aggiunge ancora Crosetto – è attiva una vera e propria task force di esperti in materia creditizia, in grado di supportare le imprese nei percorsi utili all’ottenimento delle agevolazioni previste dai recenti decreti. I rapporti consolidati tra la nostra Associazione e le banche del territorio fanno sì che ogni criticità o cavillo normativo possa essere superato attraverso un proficuo confronto tra le parti. Invitiamo quindi tutte le imprese in difficoltà a prendere contatti con i nostri uffici per richiedere consulenze ed approfondimenti in merito».




Usura, allarme per la Fase 2

Rischio indebitamento e possibilità di ricorso a prestiti d’usura, soprattutto all’inizio della fase 2. Quando le attività ripartiranno, alcune a corto di liquidità, il pericolo sarà concreto e attuale. Questa la conclusione dei lavori dell’Osservatorio regionale sui fenomeni di usura estorsione e sovra indebitamento, che si è riunito ieri in un incontro in videoconferenza.

Le stime di Ires, pur in assenza di dati ancora certi, è che l’aumento di persone a rischio sia nell’ordine di 1 a 10. Hanno partecipato diverse associazioni ed enti coinvolti nel progetto, come Libera, appunto Ires, Usr, Federconsumatori e diverse Fondazioni (San Matteo, La Scialuppa, Operti), oltre a esperti del settore.

Secondo Libera, “La criminalità organizzata si sta attrezzando per sostituire il welfare che non arriva”. In generale, di fronte alle pesanti ricadute finanziarie che l’emergenza Coronavirus ha sulla società, l’Osservatorio del Consiglio regionale intende rispondere diffondendo capillarmente la conoscenza dei molteplici strumenti capaci di difendere i più deboli dalle offerte degli usurai. Una campagna di comunicazione che sarà rivolta particolarmente ai soggetti più deboli economicamente.

La seduta straordinaria dell’Osservatorio è stata coordinata dai due consiglieri delegati dall’Udp, Giorgio Bertola e Gianluca Gavazza.

“L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando con il conseguente lockdown di tutte le attività ha creato purtroppo uno nuovo spazio di azione per la criminalità organizzata che svolge attività usurarie e una maggiore facilità di infiltrazione nelle imprese – ha affermato Bertola. Allo stesso tempo sono calate drasticamente le richieste di aiuto dei cittadini coinvolti a causa proprio della difficoltà attuale di raggiungere gli enti e le associazioni che offrono soccorso e sostegno. In questo contesto l’attività dell’Osservatorio del Consiglio regionale è ancora più preziosa sia per esaminare l’andamento del fenomeno sia per proporre soluzioni resilienti e diffondere le informazioni tra i cittadini.”

“L’usura è una seconda pandemia – ha spiegato Gavazza – . Se fino all’anno scorso risultavano a rischio povertà soprattutto gli anziani, oggi l’indice di rischio povertà è quello economico e tocca soprattutto le famiglie. Bisogna diffidare dall’amico buono che propone un aiuto immediato pensando che tanto non appena si riprende a lavorare, si restituisce tutto subito e si salva l’azienda. Quell’amico al tempo della pandemia si trasformerà in nemico nella normalità che proporrà di cedere l’azienda, lasciandola guidare al diretto interessato che diventerà un impiegato con il minimo dello stipendio e il massimo dei rischi. Sappiamo bene che questo fenomeno esiste da tantissimo tempo, da sempre. Ma mai come oggi dobbiamo impegnarci, anche come Osservatorio, non solo con un grande lavoro di sensibilizzazione e informazione, con tutti i limiti dovuti alla quarantena e alla mancanza di contatto umano, ma dobbiamo anche cercare di alleggerire quella burocrazia dei pagamenti da parte degli Enti pubblici che spesso per le imprese diventano una maledizione”.

Pur in assenza di dati precisi, la sensazione diffusa tra i componenti dell’Osservatorio, operatori qualificati di fondazioni ed enti che si occupano delle vittime dell’usura, è come detto che la platea dei potenziali soggetti a rischio è in forte aumento. Si teme soprattutto in vista della cosiddetta “fase due” nella quale probabilmente molti lavoratori, sia autonomi sia dipendenti, potrebbero rimanere senza introiti o con entrate minime, per mancanza di lavoro.




Contro il parassita del riso arrivano 197mila euro

Via libera a contributi per 197mila euro finalizzati alla lotta al parassita del riso: la terza Commissione (presidente Claudio Leone) ha espresso parere preventivo favorevole all’unanimità all’atto deliberativo della Giunta regionale per la concessione nel 2020 di contributi a favore delle aziende agricole per le perdite di produzione e per i costi aggiuntivi sostenuti a seguito di interventi di controllo di infestazioni parassitarie da nematode gallligeno del riso.

Questo parassita è soprattutto diffuso nel Sudest asiatico, in Sud Africa, Nord America e America Latina, mentre in precedenza non era mai stato segnalato in Europa.

“Tenuto conto della gravità dei danni provocati dal nematode, della sua possibile diffusione e del pericolo che esso rappresenta per l’economia risicola piemontese – ha sottolineato l’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa – il Settore Fitosanitario e servizi tecnico scientifici, in collaborazione con l’Ente nazionale risi, ha tempestivamente attivato interventi di monitoraggio, eradicazione e contrasto alla diffusione di questo parassita”.

In Piemonte, è soprattutto nei Comuni di Buronzo (Vc), Mottalciata (Bi) e Gifflenga (Bi) dove sono stati riscontrati i principali focolai dell’infestazione.

Per il 2020 la Regione ha stanziato, come detto, la cifra di 197mila euro. Il principale sistema di lotta al parassita è la continua e prolungata sommersione delle risaie, con il divieto di coltivazione del riso per il tempo necessario all’eradicazione del nematode. I contributi – a seguito dei sopralluoghi del Settore fitosanitario regionale – vanno a coprire parte dei costi sostenuti dalle aziende per tale sommersione, per la gestione delle risaie così trattate e per la perdita di reddito derivante dalle mancate coltivazioni.

L’infestazione può provocare danni ingenti alle coltivazioni di riso: nel Sudest asiatico, per esempio, si riportano perdite comprese tra il 20 e l’80% del raccolto, a seconda del tipo di coltivazione, delle condizioni ambientali e della tipologia del suolo.

Nel dibattito, Carlo Riva Vercellotti (Fi) ha sollecitato una maggiore velocità nei tempi di gestione delle pratiche e ha chiesto il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati per chiedere al Governo nazionale di definire il livello di tolleranza.

Sarah Disabato (M5s) ha chiesto informazioni sulle ricerche sinora effettuate nei Paesi d’origine del parassita, e sulla mappa delle aziende piemontesi coinvolte.

Sean Sacco (M5s) si è soffermato sulle modalità di semina del riso e sui sistemi di irrigazione.

Federico Perugini (Lega) ha richiamato le modalità di controllo per l’erogazione dei contributi.




Nuove competenze nell’unità di crisi della Regione

L’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha affidato a Paolo Vineis, 69 anni, originario di Alba, epidemiologo di fama internazionale e attualmente professore al Centre for Environment and Health School of Public Health dell’Imperial College di Londra, la responsabilità della nuova Area di programmazione epidemiologica a supporto alla Pianificazione strategica.

A renderlo noto il commissario straordinario Vincenzo Coccolo e l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, che hanno condiviso la scelta di allargare il novero delle competenze necessarie a gestire la nuova fase dell’emergenza.

Come osserva Icardi, “l’epidemia sta uscendo dalla prima fase emergenziale e occorre ordinare l’esperienza di questi mesi in funzione delle scelte che andranno compiute per l’immediato futuro, anche in vista del ritorno di possibili focolai di infezione, potenziando gli strumenti della pianificazione strategica. Oltre ai superconsulenti di Ferruccio Fazio per la riorganizzazione della sanità territoriale, l’Unità di Crisi ha inteso arricchirsi di nuove, qualificatissime competenze professionali che faranno squadra con il Comitato tecnico-scientifico nella gestione strategica dell’emergenza sanitaria”.

L’organigramma dell’Unità di Crisi comprende altre novità: il coordinamento regionale dell’Area di psichiatria, rappresentato dal direttore di psichiatria dell’Asl To4 Massimo Rosa; il coordinamento regionale dell’Area di psicologia, affidato al presidente dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte, Giancarlo Marenco; l’affidamento a Elide Azzan, direttore sanitario dell’Asl di Novara, del coordinamento della nuova area di collegamento con il Dipartimento di Emergenza 118, che di fatto sostituirà l’area di Maxiemergenza guidata da Mario Raviolo.




Consiglio regionale Piemonte: rifiuti verso l’Ato unico

Per la gestione dei rifiuti anche il Piemonte punta all’Ato unico. In quinta Commissione, presieduta in videoconferenza da Angelo Dago, si è svolta da parte dell’assessore Matteo Marnati la presentazione della riforma che porterà a questa nuova organizzazione. L’Ato è l’ambito territoriale omogeneo costituito per la gestione dei rifiuti.
Tecnicamente, si è trattato delle prime determinazioni in merito al disegno di legge 88 presentato dalla Giunta, “Modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2018”, vale a dire le norme in materia di gestione dei rifiuti e servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

L’assessore ha spiegato che la nuova organizzazione prevede appunto un Ato unico e Sub-Ambiti di area vasta, corrispondenti con gli attuali consorzi.

Nel dettaglio l’Ato unico:

  • approva il piano d’ambito regionale sentiti i sub-ambiti di area vasta che, in coerenza con le indicazioni e i criteri stabiliti dal piano regionale, è finalizzato a programmare l’avvio a trattamento della frazione residuale indifferenziata, del rifiuto organico e del rifiuto ingombrante e la realizzazione degli impianti a tecnologia complessa individuati in ragione delle esigenze di riciclaggio, recupero e smaltimento;
  • approva il conseguente piano finanziario, determina i costi del segmento di servizio di competenza e fornisce ai consorzi di area vasta i relativi dati per la predisposizione dei piani  finanziari da proporre ai comuni;
  • definisce il modello organizzativo e individua le forme di gestione del segmento di servizio di competenza;
  • definisce la propria struttura organizzativa;
  • approva le modifiche della convenzione che disciplina la forma di cooperazione tra gli enti di area vasta;
  • fornisce ai consorzi di bacino indicazioni uniformi per la gestione delle raccolte in coerenza con le caratteristiche dell’impiantistica regionale;
  • fornisce indicazioni e/o linee guida per l’espletamento della funzione di controllo da parte dei Consorzi di area vasta che detengono partecipazioni in società in house;
  • svolge la funzione, eventualmente avvalendosi dei consorzi di area vasta, di Ente di governo d’ambito come prevista dall’Autorità di regolazione.

La trattazione del provvedimento proseguirà nelle prossime sedute.

In precedenza la Commissione aveva svolto l’audizione dell’Ente di gestione delle Aree protette delle Alpi Marittime in merito al progetto “Life wolfalps”. I dati esposti hanno evidenziato la presenza sull’arco alpino italiano di circa 45 branchi con quasi 300 lupi sull’arco. In Piemonte branchi sono 27 e 151 i lupi in tutto.

 




Sono 23.319 (+465 rispetto a ieri) le persone positive al Covid 19

Sono 23.319 (+465 rispetto a ieri) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte. Su base provinciale: 3.065 Alessandria, 1.314 Asti, 861 Biella, 2.223 Cuneo, 2.148 Novara, 11.329 Torino, 1.059 Vercelli, 967 Verbano-Cusio-Ossola, 219 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 134 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 261 (-12 rispetto a ieri). I ricoverati non in terapia intensiva sono 2.914. Le persone in isolamento domiciliare sono 12.018. I tamponi diagnostici finora eseguiti sono 120.387, di cui 61.937 risultati negativi.

Sono 70 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 16 al momento registrati nella giornata di oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente dall’Unità di crisi può comprendere anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 2.668 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 512 ad Alessandria, 139 ad Asti, 155 a Biella, 207 a Cuneo, 236 a Novara, 1.137 a Torino, 149 a Vercelli, 104 nel Verbano-Cusio-Ossola, 29 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.




Banda ultra larga, il Piemonte all’11° posto, raggiunti solo il 57% dei cittadini

Dall’11 marzo, a causa del COVID 19, oltre il 60% delle imprese artigiane del Piemonte sono state costrette a sospendere l’attività e azzerare la produzione.

In questo periodo di emergenza sanitaria e di lockdown per le imprese artigiane, è emersa in modo importante l’esigenza di utilizzare le infrastrutture di base, come internet e la connessione alla rete per lo smart working o per l’e-commerce e il marketing.

 Confartigianato Imprese Piemonte ricorda come una fetta ancora limitata di piemontesi possa beneficiare della banda ultra larga, un servizio ormai essenziale. Un recente studio dell’Associazione di Categoria sull’offerta di accesso ad Internet in banda ultra larga, ha rivelato come il Piemonte, con una copertura del 57,6% della popolazione (dato composto da una quota del 24,6% relativa alla velocità 30-100 Mbps e da una quota del 33,0% relativa alla velocità 100-1.000 Mbps), occupi a livello nazionale appena l’undicesimo posto.

A livello provinciale piemontese, le più fortunate sono le famiglie di Torino il cui territorio è coperto al 71,7%. Seguono quelle di Novara (copertura al 56,0%), Vercelli (48,1%), Alessandria (47,9%), Asti (36,8%), Cuneo (34,4%) e Verbano 33,1%.

Sono questi i dati salienti del rapporto su “E-commerce – Acquirenti on line in Piemonte”, analisi condotta dall’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Piemonte, su fonte Istat tra il 2017 e 2018 (ultimo dato disponibile).

Tra le piccole imprese artigiane è ancora bassa la propensione a effettuare vendite mediante il commercio elettronico. Tra le criticità segnalate: un terzo denuncia i costi connessi all’avvio dell’e-commerce superiori ai benefici attesi, pesano poi la logistica (20%), e i problemi dei pagamenti online (9,1%).

“In Piemonte – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Piemonte – vi sono zone che non dispongono di un’adeguata copertura di rete soprattutto alcune zone del cuneese e del verbano non sono raggiunte dalle infrastrutture in banda ultralarga. Un problema molto sentito nelle aree montane ma non solo. C’è tanta retorica sul fatto che questa crisi cambierà la nostra organizzazione del lavoro oltre che le abitudini di vita, spingendoci verso una sempre più marcata digitalizzazione.

Ma la realtà è che questa pandemia, direbbero gli economisti marxisti di un tempo, è marcatamente classista. Sopravviveranno i privilegiati, il ceto urbano che può lavorare da casa con lo smart working, che può ordinare spesa e cibo tramite app di consegna a domicilio, i cui figli seguono le lezioni on line, e che può vendere beni e servizi grazie alla banda ultra larga. Gli altri, i non-privilegiati, il virus non li renderà migliori, semplicemente saranno ancora più esclusi e scompariranno”.

“La vendita on line – continua Felici – potrebbe aiutare le piccole imprese artigiane a superare il drammatico momento del lockdown in attesa della cosiddetta ‘fase 2’ che imporrà una pesante riorganizzazione della propria attività, con relativi costi soprattutto per garantire la sicurezza. Senza contare che ci sarà anche un ridimensionamento del personale. Se invece si dovesse prolungare lo stop delle attività oltre i primi giorni di maggio, quindi continuare a non produrre, perdere i clienti e non incassare, nel prossimo mese non si potrà più pagare gli stipendi ai dipendenti, e molte imprese chiuderanno definitivamente”.




La Regione Piemonte prepara gli atti per tutelarsi contro Report

Rammaricata per l’operato dei responsabili della trasmissione Report, andata in onda lunedì scorso su Rai Tre, in quanto non hanno fornito una rappresentazione della gestione dell’emergenza Coronavirus in Piemonte corrispondente a quanto emerge dalle interviste e dalla documentazione filmata registrata, la Regione ha diramato in serata la seguente nota.

La Regione non nega che vi siano anche criticità, ma, come emerge da punti di seguito evidenziati, deve sicuramente ricorrere allo strumento giudiziario per la tutela della propria immagine e dei propri interessi gravemente lesi.

Ad esempio, dalle immagini relative al bar dell’ospedale di Alessandria, questo è presentato come luogo potenzialmente fonte di contagio per la presenza di una attigua sala di attesa, dove stazionerebbero pazienti sospetti covid. E’ sufficiente un sopralluogo per accertarsi che non esiste alcuna sala d’attesa e che per i pazienti covid vi sono percorsi dedicati che non intersecano mai percorsi di personale e pazienti non covid.

La ricostruzione fornita sull’acquisto delle mascherine Miroglio è errata. Non è esatto che non avrebbero certificazione, invece sono prodotte in conformità all’articolo 16 del Decreto legge “Cura Italia”, oltre ad essere testate e certificate ad uso sociale in ambito nazionale e internazionale. Parimenti inesatto affermare che le mascherine Miroglio “non sono mai arrivate”.

Sono state invece consegnate a centinaia di migliaia all’Unità di Crisi (le prime 500 mila donate a titolo personale da Giuseppe Miroglio, azionista del Gruppo) e successivamente distribuite a Comuni, associazioni del Coordinamento regionale della Protezione civile, Amministrazioni statali (Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco…) e medici di base (unitamente a quelle chirurgiche).

Parlare di un “pasticcio piemontese”, così come si cita nel titolo della trasmissione, a giudizio della Regione, è un discutibile espediente mediatico, che confonde atti prodotti da Uffici periferici delle Asl, sui quali l’assessore non poteva avere conoscenza diretta, con gli atti prodotti dall’Unità di Crisi su questioni di fondo di primaria importanza, come le norme sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Miscelare atti prodotti da enti diversi, come avessero una unica genesi, è una travisazione della realtà.

A ciò si aggiunga che le risposte verbali e scritte alle domande, puntualmente fornite dagli intervistati, sono state utilizzate dagli autori della trasmissione Report parzialmente, tanto che i telespettatori non hanno avuto la possibilità di farsi un’idea obiettiva delle tematiche affrontate.




Confagricoltura Piemonte chiede di sostenere i giovani agricoltori

La crisi che si generando a causa dell’emergenza COVID-19 corre il rischio, secondo le stime dei più autorevoli centri di ricerca economica, di provocare un calo del prodotto interno lordo del 19% e un’esplosione della disoccupazione che per fine anno è prevista attorno al 9%.

Sono dati preoccupanti – dichiara il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasiache devono indurci a individuare misure straordinarie per favorire nuove opportunità di lavoro. È per questo che torniamo a chiedere alla Regione di utilizzare le economie che si stanno generando nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale per finanziare tutte le domande in graduatoria dei giovani che hanno aderito al bando 4.2.1 dell’anno 2016 relativo agli investimenti aziendali”.

Confagricoltura ritiene che con le economie che si realizzeranno occorrerà finanziare questi progetti, richiesti da giovani con aziende caratterizzate da una potenziale ottimale dimensione economica. “Si tratta di investimenti in larga parte già realizzati in autofinanziamento – sottolinea Allasia – e perciò immediatamente collaudabili e pagabili, che determinerebbero tra l’altro un rapido incremento delle performance di spesa del PSR”.