Ricominciano il 26 gennaio le escursioni del progetto “Sentiero verde” in Piemonte e Liguria

Con il nuovo anno sono ripartite le attività dell’associazione di promozione sociale “Camminare Lentamente” di Villanova d’Asti, patrocinate dalla Città Metropolitana di Torino, in particolare per quanto riguarda l’iniziativa “Sentiero Verde 2020. Il programma prevede nell’anno appena iniziato ben 31escursioni, di cui 8 a Torino e nel territorio metropolitano torinese.

Conoscere il tuo pianeta è un passo verso il proteggerlo”, scriveva l’esploratore e oceanografo francese Jacques-Yves Cousteau: con questo spirito, l’associazione, da quest’anno affiliata all’ENDAS-Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale, valorizza una concezione della vita in armonia con la natura, che promuove la lentezza come valore sociale e la sostenibilità come unica strada verso un futuro sano per il pianeta.

Le attività di “Sentiero Verde” iniziano domenica 26 gennaio con la passeggiata “Borghi tra i boschi” a Passerano Marmorito (Asti), e proseguiranno fino al 10 novembre.

Il primo appuntamento sul territorio metropolitano è previsto per domenica 19 aprile: l’escursione “Cammino del Romanico” partirà alle 9,30 da Andezenoe durerà tutto il pomeriggio. A seguire gli appuntamenti a Meana di Susa domenica 24 maggio, a Montaldo Torinese sabato 20 giugno, giovedì 16 luglio a Pecetto Torinese, sabato 19 settembre a Chieri in occasione della manifestazione “Puliamo il mondo!”, domenica 4 ottobre a Castiglione Torinese, domenica 25 ottobre a Cambiano e domenica 8 novembre a Torino.

Le escursioni proposte da “Camminare lentamente” da un lato stimolano la sensibilità naturalistica e ambientale dei partecipanti e dall’altro valorizzano il patrimonio storico, artistico e architettonico piemontese. La proposta dell’associazione si estende anche alle generazioni più giovani: dopo il successo delle edizioni 2018 e 2019, si replica il progetto di sensibilizzazione “A piccoli passi”, rivolto ai bimbi da 0 a 6 anni accompagnati dai genitori o dai nonni, con cinque passeggiate ed escursioni su misura per i più piccoli, previste nei venerdì 3 aprile a Pessione, 8 maggio a Chieri, 22 maggio alla Madonna della Scala di Chieri, 18 settembre a Chieri e 9 ottobre a Cambiano. “A piccoli passi” è un’iniziativa ideata dall’associazione Camminare Lentamente in collaborazione con l’asilo nido Cucciolo di Chieri. Le passeggiate sono a partecipazione gratuita e iniziano alle 17.

Il programma completo, la descrizione dei percorsi e tutte le informazioni si possono trovare sul sito www.camminarelentamente.it




Nel Defr 535 milioni per i trasporti

È confermato lo sforzo della Regione Piemonte di circa 55 milioni per i fondi destinati al settore dei trasporti – ha spiegato oggi l’assessore ai Trasporti Marco Gabusi in seconda Commissione – per poter mantenere l’ammontare di 535 milioni di euro di cui 235 appannaggio del solo trasporto su ferro.

Nella seduta presieduta da Mauro Fava, Gabusi ha spiegato e illustrato il documento finanziario ed economico 2020-21 relativamente alle materie di sua competenza.

Nel corso della relazione l’assessore ha definito come obiettivo prioritario quello di giungere all’espletamento delle gare per il trasporto su gomma senza dover ricorrere a deroghe.

Su sollecitazione di Carlo Riva Vercellotti (Fi), l’assessore ha anche ricordato la necessità di migliorare le linee cosiddette minori, d’incrementare il numero dei treni intercity e di prevedere fermate a Chivasso (To) e Novara da parte dei treni ad alta velocità come avvenuto per altre Regioni.

Maurizio Marello (Pd) ha auspicato che la visione del sistema ferroviario piemontese dev’essere inquadrata in chiave regionale e non solo locale, sostenendo un Piemonte attualmente “Torinocentrico” e a due velocità, a discapito delle periferie.

Giudizio condiviso da Ivano Martinetti (M5s) secondo il quale è importante sviluppare, attraverso un sistema moderno ed efficiente di trasporto, il turismo e le imprese senza dimenticare l’accessibilità per i disabili.

Nella stessa seduta è stato rimandato in Commissione Urbanistica l’esame di modifica alla normativa regionale di due proposte di legge in materia urbanistica, sulla tutela e il riuso del suolo che erano state inserite all’ordine del giorno. Motivo del rinvio, la richiesta poi accolta, da parte di Maurizio Marello (Pd) di inserire un’analoga proposta in materia, di cui è primo firmatario Daniele Valle (Pd).

Nel frattempo, si è deciso di procedere all’avvio delle consultazioni on line, con scadenza oltre la metà del mese di febbraio, su tutti e tre i provvedimenti.

La conclusione dei lavori ha visto – dopo il parere positivo espresso dalla Commissione Bilancio sulla norma finanziaria che riduce da 130mila a 13mila euro annui la spesa sulla navigazione sul Po – licenziato il disegno di legge numero 43 “Intesa Interregionale tra le Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte, per l’esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di navigazione interna sul fiume Po e idrovie collegate”.

Il risparmio è in ragione di un’attività commerciale che è certamente interessante ma che al momento non è ancora implementabile.

La norma consente di ridurre a un decimo la spesa annuale a carico della Regione mentre per il pagamento delle quote sospese, del triennio 2017-2019, oltre a quella dell’anno in corso, lo stanziamento previsto per l’esercizio 2020 è di 44mila euro mentre nel biennio 2021-2022 sarà di 13mila euro.

Il provvedimento è stato licenziato con i voti favorevoli di Forza Italia, Lega e Partito Democratico.

 




Industrie a rischio di incidente rilevante

Riprendono dal 23 gennaio al 4 febbraio le esercitazioni dei Piani di emergenza esterna degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante situate sul territorio metropolitano.

Si tratta di esercitazioni, coordinate dalla Prefettura di Torino che ha dato atto a una sollecitazione del Ministero dell’Interno, che avvengono per “posti di comando” e hanno preso il via nell’autunno del 2018.

Gli stabilimenti che testeranno i loro piani di emergenza fra giovedì 23 e venerdì 24 gennaio 2020 sono “Rivoira spa” di Chivasso, Albesiano Sisa Vernici di Trofarello, Cia Technima Sud Europa di Roletto, Cartiera Giacosa di Front Canavese.

In particolare, Rivoira Gas produce e miscela numerose varietà di gas per uso medicale, industriale o civile; Albesiano produce e miscela vernici per il settore automotive e per l’elettroisolamento, Cia produce bombolette spray mediante riempimento con gas propellente; Cartiera Giacosa produce carta, resine fenoliche e melamminiche e carta impregnata con tali resine.

A cavallo fra l’autunno 2018 e l’inverno 2019 erano stati testati i Piani di emergenza di Ahlstrom Munskjo di Mathi, Eni di Robassomero, Esso Italiana di Chivasso, Carmagnani Piemonte di Grugliasco, Liquigas, Autogas Nord, Eni e Butangas nel Comune di Volpiano. L’obiettivo è testare in fasi successive i piani di emergenza di tutti gli stabilimenti del territorio metropolitano.

Stabilimenti a rischio “incidente a rischio rilevante”: la legge ‘Seveso’

Per aumentare il livello di sicurezza degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, oltre ai controlli e alle autorizzazioni, la normativa comunitaria di riferimento (tre direttive europee c.d. “Seveso”, recepite, in ultimo, dal d.lgs. n. 105 del 26 giugno 2015, che sostituisce il d.lgs. 334/99) individua come essenziale la predisposizione, da parte delle autorità competenti, di strumenti di pianificazione dell’emergenza idonei a gestire con tempestività e organizzazione le fasi immediatamente successive ad un evento.

I principali obiettivi della pianificazione sono:

  • predisporre e testare uno schema di allertamento efficace che consenta di venire tempestivamente a conoscenza dell’evento comunicato, di norma, dal gestore dello stabilimento;

  • isolare un’area convenientemente scelta con posti di blocco stradali, in modo da diminuire il numero di persone soggette agli effetti dell’evento e da favorire le operazioni di soccorso e dei Vigili del Fuoco;

  • indicare le modalità di allarme e il comportamento da seguire in caso di emergenza;

  • pianificare le azioni di competenza di ciascun Soggetto preposto;

  • fornire e mantenere aggiornato un quadro conoscitivo dell’attività a rischio e del

  • territorio circostante.

Nascono così i Piani di emergenza esterni, la cui emanazione, obbligatoria – salvo particolari e motivate eccezioni – per tutti gli stabilimenti soggetti al d.lgs. 105/2015, è di competenza della Prefettura di Torino.

La Città metropolitana di Torino per i Piani d’emergenza

La Prefettura ha incaricato, mediante un decreto prefettizio la Città metropolitana di Torino per mezzo delle strutture della Direzione Rifiuti, bonifiche e sicurezza dei siti produttivi, con il mandato di:

  • provvedere alla raccolta dati e alla redazione dei Piani di emergenza esterni (Pe);
  • partecipare al gruppo di lavoro tematico del quale fanno parte anche: Regione Piemonte (Settore grandi rischi ambientali), Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Torino, Arpa Piemonte (Dipartimento Piemonte Nord Ovest). Partecipano inoltre la Protezione Civile della Città metropolitana, la Protezione Civile della Regione e di volta in volta i Comuni territorialmente interessati; il gruppo definisce gli elementi fondamentali della pianificazione sulla base dei dati tecnici disponibili.

Il Pee è condiviso in una riunione “plenaria” con la partecipazione dello stabilimento e di tutti gli enti e società coinvolte a vario titolo, e in seguito emanato con decreto dal Prefetto di Torino e trasmesso ai destinatari.

 




Competitività e innovazione: un piano d’azione comune per sostenere lo sviluppo delle imprese

Con il nuovo anno riprende il percorso di confronto tra amministrazione regionale e sistema delle imprese con l’obiettivo di mettere insieme competenze e azioni nei diversi ambiti di attività.

Dopo infrastrutture e turismo, il nuovo incontro ha coinvolto gli Assessori regionali Matteo Marnati (Ambiente, Energia, Innovazione e Ricerca) e Andrea Tronzano (Bilancio, Programmazione Economico-finanziaria, Patrimonio, Sviluppo delle attività produttive e delle PMI) e il Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli, sui temi relativi a competitività e innovazione e le sfide che l’industria del futuro, anche in Piemonte, si trova ad affrontare.

Oltre che sugli specifici ambiti, è stata condivisa dai presenti la necessità di lavorare su tematiche trasversali – quali digitalizzazione ed economia circolare – che vanno a coinvolgere i vari settori. Nell’occasione, Confindustria Piemonte ha ribadito la propria disponibilità nel dare il massimo supporto al Piano per la competitività regionale attualmente in corso di definizione.

La velocità del cambiamento cui è chiamata oggi l’impresa è esponenziale – ha sottolineato il Presidente Ravanelli Innovazioni dirompenti, nuove tecnologie, nuovi mercati e, allo stesso tempo, l’emergere di sensibilità diffuse, quali la crescente attenzione alla tutela del pianeta, condizionano i piani strategici e impongono mutamenti rapidi nei modelli di business. L’azienda, per competere, deve quindi essere necessariamente innovativa, digitalizzata, interconnessa e sostenibile e va supportata in questo suo percorso con azioni mirate ed efficaci. Per questo accolgo con favore la disponibilità dell’amministrazione regionale a un confronto costruttivo, utile a tracciare insieme le linee di intervento necessarie al tessuto produttivo in una visione di medio periodo”.

Un partner importantissimo a fianco della Regione per lavorare insieme alla ripresa del sistema economico piemontese – ha commentato l’Assessore Matteo Marnati – Stiamo lavorando con Confindustria per raccogliere le nuove istanze del mondo industriale, dalla banda larga, all’economia circolare fino alla digitalizzazione dei processi delle imprese piemontesi”.

Abbiamo sin dall’inizio del nostro mandato dichiarato che volevamo lavorare insieme al parternariato per il rilancio dell’economia della nostra Regione – conferma l’Assessore Andrea Tronzano – la nostra intenzione è di condividere un percorso che consenta di recuperare PIL e occupazione e riporti il Piemonte ad essere una Regione traino del nostro Paese. Questa sfida, che certamente è ambiziosa, richiede una forte coesione e condivisione delle scelte strategiche. Se tutti insieme andiamo nella stessa direzione anche le imprese recupereranno fiducia e slancio nonostante le difficoltà che affrontano quotidianamente”.

È un percorso complesso che necessita di misure di sostegno e sviluppo, attualmente in fase di definizione o revisione: la nuova programmazione dei fondi europei 2021-2027, la ridefinizione delle strategie di specializzazione intelligente S3, la nuova policy per i cluster e i poli di innovazione regionali, la sostenibilità e l’economia circolare sono temi prioritari su cui Confindustria Piemonte conferma la sua disponibilità a fornire competenze e supporto, in un’ottica di piena collaborazione con la Regione per la definizione di un piano d’azione comune.

Un ultimo focus dell’incontro ha riguardato il comparto automotive – la più importante filiera industriale del Piemonte per storia, fatturato, occupati, tecnologie – che sin dal 2008 sta attraversando una difficile fase di riposizionamento, ulteriormente complicata dalle correnti rivoluzioni tecnologiche (auto elettrica, connessa, guida autonoma) e dalla situazione globale. Confindustria e Regione Piemonte stanno comunque lavorando da tempo, anche a livello nazionale e internazionale, per ridare impulso al settore, con l’obiettivo primario di non disperdere la ricchezza industriale accumulata in più di un secolo e di conservare, e se possibile incrementare, i livelli occupazionali.

È assolutamente prioritario che le iniziative in atto da parte di Imprese, Atenei ed Enti di ricerca, Amministrazione Regionale e Associazioni delle Imprese proseguano in modo coordinato e integrato, al fine di rafforzare l’attrattività del territorio piemontese come hub del settore al fine di sviluppare e mantenere una visione unitaria dell’obiettivo complessivo cui il territorio guarda: una nuova filiera automotive.




La Regione in difesa dei lavoratori Auchan

Evitare i licenziamenti dei lavoratori Auchan. Questo l’obiettivo dichiarato dall’assessore regionale  al lavoro Elena Chiorino, oggi in aula, interrogata dalla consigliera del M5S Francesca Frediani, sul futuro dei punti vendita Auchan di Rivoli e di tutto il Piemonte, dopo l’acquisizione del gruppo da parte di Conad.

L’assessorato – ha specificato Chiorino –  è in contatto con le parti coinvolte  e ha seguito e segue la vicenda sia a livello regionale sia a livello nazionale. Siamo ora in attesa di verificare il pronunciamento dell’Autorità Antitrust che definirà il perimetro delle acquisizioni da parte di CONAD e che dovrebbe avvenire entro la fine di gennaio. Dal provvedimento dell’Antitrust dipenderà anche la sorte delle sedi più grandi (in Piemonte Torino, Venaria e Cuneo) e  la perimetrazione delle possibili acquisizioni da parte di CONAD” .

Il programma di ristrutturazioni delle sedi ex AUCHAN è in capo a Margherita Distribuzione, la società partecipata Conad che ha acquisito tutte le attività che in Italia facevano capo ad AUCHAN, per mettere in sicurezza l’azienda e di intervenire sulla realtà aziendale, profondamente in crisi, attraverso interventi di risanamento e ristrutturazione, con razionalizzazione dei costi e rilancio delle attività commerciali. Margherita Distribuzione, nel corso dell’incontro svoltosi al MISE lo scorso dicembre 2019, ha confermato che il 60% della rete AUCHAN è transitato o transiterà in CONAD, con l’acquisizione di 112 PDV, mentre il restante 40% sarà affidato ad operatori terzi fermo restando l’impegno di CONAD ad aprire trattative con questi ultimi al fine di negoziare al meglio le clausole per la tutela dei livelli occupazionali.

“La situazione più critica riguarda il punto vendita di Rivoli  – ha ribadito nella sua interrogazione la consigliera Francesca Frediani del M5S – dove le serrande sono ormai abbassate per il riallestimento ed i 177 lavoratori sono in cassa integrazione. Prospettive non positive anche per gli altri punti vendita di Torino (Corso Romania), Venaria Reale (TO) e Cuneo sui quali pende il pronunciamento dell’Autorità Antitrust che sta esaminando il programma di ristrutturazione aziendale. La Giunta si attivi per capire se ci siano esuberi all’orizzonte almeno per quanto riguarda Rivoli e scongiurare questa prospettiva aprendo un dialogo con la proprietà. Inaccettabile che le acquisizioni nella grande distribuzione vengano fatte sulla pelle dei lavoratori”.

Durante la sessione del question time è stata data risposta anche alle interrogazioni di Domenico Rossi (Pd) sulle aree protette dall’Ente parco del Ticino e del Lago Maggiore; di Silvio Magliano (Moderati) sull’inaccessibilità ai pubblici uffici dell’Asl To di via Cavezzale; di Domenico Ravetti (Pd) sull’emanazione del bando sulla ricerca; di Paolo Bongioanni (FdI) sulla chiusura della strada provinciale 239 di Cuneo; di Monica Canalis (Pd) sull’estensione dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica; di Sean Sacco (M5S) sull’inconferibilità delle nomine della Giunta regionale in ATC; di Marco Grimaldi (LUV) sugli esuberi lavoratori della Martor; di Sarah Disabato (M5S) sulla nomina dei presidenti degli enti di gestione delle aree protette.




Navigazione sul Po, verso la riduzione di spesa per il Piemonte

Espresso parere positivo sulla norma finanziaria del Ddl che ridurrà la spesa per la navigazione sul Po da 130mila a 13mila euro annui. La votazione, all’unanimità, si è svolta nella seduta odierna della prima Commissione, presieduta da Carlo Riva Vercellotti.

In rappresentanza della Giunta regionale era presente l’assessore alla Sanità, Luigi Icardi. Motivo della riduzione? Il fatto che nel tratto subalpino, il Po non è utilizzato per la navigazione commerciale.

Il provvedimento è intitolato “Intesa Interregionale tra le Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte, per l’esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di navigazione interna sul fiume Po e idrovie collegate. Ratifica ai sensi dell’articolo 117, comma ottavo della Costituzione”.

La norma consente di ridurre la spesa annuale a carico della Regione Piemonte appunto a un decimo, da 130mila a 13 mila euro. Per il pagamento delle quote, sospese, del 2017, 2018 e 2019, oltre che quella del 2020, lo stanziamento previsto per l’esercizio 2020 è di 44 mila euro. Lo stanziamento previsto sia per il 2021 che per 2022, è di 13 mila euro.

Il Ddl 43 ritornerà, quindi, in seconda Commissione per l’approvazione definitiva.

Nella seduta è iniziata anche la discussione generale della proposta di legge 5 “Modifiche alla legge regionale 3 agosto 2011, n. 15 (Disciplina delle attività e dei servizi necroscopici, funebri e cimiteriali). Modifiche della legge regionale 31 ottobre 2007, n. 20 (Disposizioni in materia di cremazione, conservazione, affidamento e dispersione delle ceneri”. La discussione è stata sospesa per consentire nei prossimi giorni la riunione di un gruppo di lavoro informale per sciogliere i nodi tecnici emersi nel dibattito.




Città Salute Novara, decisi i relatori

Saranno i consiglieri Riccardo Lanzo (Lega) per la maggioranza e Domenico Rossi (Pd) e Sean Sacco (M5s) per la minoranza i relatori in Aula del disegno di legge 62, “Norme relative al finanziamento del Presidio ospedaliero Città della Salute e della Scienza di Novara”.

Lo si è stabilito questa mattina in Commissione Sanità, presieduta da Alessandro Stecco, nel corso del dibattito generale sul provvedimento, presentato per la Giunta regionale dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi.

Il Ddl, il cui iter in Commissione era iniziato nella seduta del 9 dicembre, nasce da una richiesta del Nucleo di valutazione del Ministero per far sì che la Regione garantisca l’importo delle rate che l’Azienda ospedaliera novarese dovrà pagare ogni anno.

Nei mesi scorsi, inoltre, la Giunta regionale ha sottoscritto un protocollo d’intesa con la Cassa depositi e prestiti per valutare la congruità dei costi previsti dal partenariato pubblico-privato, la collaborazione con l’Azienda ospedaliera di Novara alla stesura di tutti gli atti di gara relativi al presidio ospedaliero e la possibilità di finanziare, eventualmente, il progetto a tassi inferiori.

In attesa che la relazione della Cassa depositi e prestiti sulla congruità dei costi venga inviata e sia data alla Giunta e al Consiglio regionale la possibilità di analizzarlo prima di approvare il provvedimento in Aula, la Commissione esaminerà una serie di emendamenti presentati dai gruppi Pd e M5s.

Nel dibattito sono intervenuti per la maggioranza LanzoFederico Perugini e Sara Zambaia (Lega) e per la minoranza Rossi, Raffaele GalloDomenico Ravetti (Pd) e Sacco (M5s).

La Commissione ha anche iniziato l’esame del Documento di economia e finanza regionale (Defr) 2020-2022 per l’espressione del parere consultivo sulle materie di competenza.

Per quanto riguarda la Sanità, tra i punti più importanti spiccano l’impegno per la riduzione delle liste d’attesa attraverso: l’elaborazione di linee guida uniformi per il territorio già a partire dal momento della prescrizione della prestazione, il potenziamento dei protocolli per deviare l’erogazione di alcune prestazioni specialistiche dall’ospedale alle farmacie dei servizi e ai medici di base, il prosieguo del Patto della Salute che preveda l’impiego di medici specializzandi in reparto a partire dal terzo anno e dei progetti legati al Cup unico regionale.

Si procederà con il riordino della rete ospedaliera anche per quanto riguarda le Case della Salute, monitorandone l’attività, verrà dato nuovo impulso per rendere sempre più accessibile la sanità digitale, a partire dal fascicolo sanitario elettronico. Per quanto riguarda l’edilizia sanitaria verranno portate avanti tutte le iniziative programmate.

Il dibattito è stato aperto da Giorgio Bertola (M5s) per richiesta di approfondimenti.

Per il Pd RossiGallo e Ravetti, e per Luv Marco Grimaldi hanno denunciato la sostanziale mancanza di novità rispetto a quanto stabilito dalla Giunta nella scorsa legislatura, evidenziando la necessità di elaborare un Piano sociosanitario regionale.




1 impresa su 3 è guidata da donne

Un milione e 340mila imprese, 3 milioni di occupati e un forte apporto al sistema dell’istruzione e del welfare di natura privata, così importante per agevolare la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro delle famiglie.

E’ la fotografia delle imprese femminili, scattata dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere.

Nella scelta di aprire una attività autonoma, sono molte le donne che preferiscono orientarsi verso i settori che offrono servizi alle famiglie, come quelli che si occupano di istruzione, o che operano nella sanità e nell’assistenza sociale. In questi ambiti, infatti, più di una impresa su tre è gestita da donne, con tassi di femminilizzazione, quindi, ben superiori a quello medio (22%).

“La predilezione femminile per questi settori – ha dichiarato Tiziana Pompei, vice segretario generale di Unioncamere – è confermata anche nel lavoro dipendente. Secondo le ultime previsioni Excelsior di Unioncamere e Anpal, relative alla domanda di lavoro delle imprese nel mese di gennaio, le donne continuano a essere maggiormente richieste soprattutto nei servizi alle persone (30% richieste di personale femminile). A seguire le imprese ricercano dipendenti donne soprattutto nei servizi di alloggio, ristorazione e turistici (28% richieste di personale femminile) e nel commercio (26%)”.

I dati al 30 settembre scorso mostrano che nell’Istruzione le 9.600 imprese femminili sono oltre il 30% del totale, con un aumento di circa 1.500 unità rispetto a settembre 2014.

Nel campo sanitario e dell’assistenza sociale, poi, le 17mila imprese femminili oggi esistenti rappresentano quasi il 38% del totale, con un incremento di oltre 2.400 imprese rispetto a cinque anni fa e una forte specializzazione nella cura e nell’assistenza all’infanzia.

A dimostrarlo sono le 3.400 attività femminili che gestiscono servizi di asili nido, baby-sitting e assistenza diurna per minori disabili, che sono quasi l’82% di quelle registrate (4.170) e risultano in aumento di circa 200 unità rispetto a 5 anni fa.

Questa rete di imprese dedita alla cura dei bambini si configura, insomma, come una sorta di “soccorso rosa” per i papà e le mamme lavoratrici, e risulta particolarmente numerosa e fitta in alcune regioni (Lombardia e Lazio innanzitutto), meno diffusa, invece, nelle regioni più piccole, come Valle d’Aosta, Molise  e la Basilicata.

 




Borghi alpini e appenninici del Piemonte, on line la prima mappatura

Sono 4.231 i borghi alpini e appenninici del Piemonte. Li ha censiti l’Uncem, sulla base di dati regionali, e ha inserito le schede realizzate dalle 56 Unioni montane di Comuni del Piemonte nel volume di quasi 600 pagine dal titolo “Borghi alpini e borghi appenninici del Piemonte. Dati_Numeri_Scenari_Sfide”, scaricabile a questo link: https://uncem.it/wp-content/uploads/2020/01/UNCEM-borghi-montagna-Piemonte-gen2020-rid.pdf

Solo nelle Unioni montane del Torinese sono 1845 i borghi alpini, mentre sono 1450 i borghi del Cuneese. Segue la montagna biellese con 573, poi il Verbano Cusio Ossola con 208 e infine l’Appennino astigiano e alessandrino, a quota 155. Altissimi i numeri dell’Unione montana di Comuni del Pinerolese (Val Pellice) con 478 a cui si aggiungono altri 41 borghi alpini nel Pinerolese Pedemontano, confluito nell’Unione che ha come capoluogo Luserna San Giovanni. Record anche per l’Unione montana delle Valli Chisone e Germanasca, con 469 borghi. Seguono la Valle Varaita con 378 e il Biellese Orientale con 252.

Il lavoro di Uncem Piemonte sui borghi è iniziato 15 anni fa. Dal 2008 a oggi, la Regione Piemonte ha investito oltre 45 milioni di euro sulla rivitalizzazione dei borghi alpini. Un percorso che ha fatto strada in Italia. “Una grande nostra sfida – spiegano Lido Riba, Presidente Uncem Piemonte e Paola Vercellotti, ingegnere, Vicepresidente – dare vita a migliaia di case abbandonate, lasciate cadere, ruderi o poco più.

Avevamo convinto nel 2008 la Regione a investire risorse europee. Ci siamo riusciti e 32 borghi, dopo molto lavoro e burocrazia, tornarono a vivere. Oggi sono gioielli, anche con microimprese nate e che resistono. Altri hanno più seconde case o sono stati trasformati in alberghi diffusi. Un’opera immensa che altre Regioni ci hanno copiato.

E hanno fatto bene”. Uncem ha poi lavorato con la Regione per i bandi del Programma di Sviluppo rurale che nel 2016 hanno permesso la mappatura dei borghi, ora concentrata nel report, e anche sui due altri bandi rivolti ai Comuni (11 milioni di euro di dotazione) per la realizzazione di infrastrutture e il miglioramento degli spazi pubblici e di strutture ed infrastrutture culturali-ricreative nelle borgate.

Il report arricchirà il sito www.borghialpini.it, realizzato da Uncem due anni fa, dove sono schedati tutti i borghi che sono anche identificabili in Piemonte dl cartello stradale con il logo inventato dall’Unione nazionale dei Comuni e degli Enti montani.

 

Nel report Uncem per ogni borgata viene riportato, tra il resto il nome del Comune e della borgata, popolazione, il numero totale degli edifici compresi quelli in ristrutturazione e inutilizzati, il numero di edifici la cui epoca di costruzione è antecedente al 1946, il numero di edifici o manufatti di rilevanza architettonica, artistica, archeologica, storico-documentaria ed etno-antropologica, se vi sono energia elettrica, rete telefonica, raccolta rifiuti, gli interventi realizzabili per migliorare il borgo.
“Perché è utile questo lavoro? Questa è l’unica e prima mappatura scientifica delle borgate – spiega Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem, che ha curato i testi del volume sperando di poter estendere il report a tutte le Alpi e agli Appennini – Ci sono moltissimi numeri collegati a ogni borgo.
Questa non è una guida turistica, non è un catalogo di un’agenzia immobiliare, non è uno strumento di programmazione.

È una fotografia dell’esistente, sulla base di dati pubblici e inviati dalle Unioni montane alla Regione Piemonte nel 2016. Può essere uno strumento di lavoro per concentrare l’attenzione istituzionale ed economica sui borghi alpini e appenninici, per attrarre investimenti in un borgo che intero costa la metà di un appartamento in centro a Milano”.

“Alla Regione chiediamo di trovare nuove risorse per la rivitalizzazione dei borghi alpini e appenninici – evidenzia Lido Riba, Presidente Uncem Piemonte – sul Programma di sviluppo rurale in corso e su quello che partirà nel 2022. Fare impresa e vivere qui, in uno di questi 4.231 borghi censiti, è possibile.

Non certo una passeggiata, ed ecco perché politica e istituzioni devono trovare soluzioni su fiscalità e burocrazia per i borghi, oltre alle risorse economiche da investire per ricostruire gli immobili”. Devono essere borghi green e smart, come ci chiede Bruxelles che ha previsto specifici finanziamenti sugli Smart Villages nel suo Green New Deal.
“Sono i ‘Borghi del futuro’ lanciati dal Governo nel Piano per la Digitalizzazione del Paese, borghi del welfare e spazi per alberghi diffusi, social housing, cooperative di comunità, centri multifunzionali, comunità energetiche e associazioni fondiarie.
Tutti gli edifici devono essere green, a bassissimo impatto energetico, siu può fare anche con il recupero come ci insegnano il progetto Alcotra A2E Alpi Efficienza Energetica e l’Istituto di Architettura Montana del Politecnico di Torino.
Nei nostri borghi – sottolineano Bussone e Riba – sperimentiamo le migliori soluzioni per rigenerare spazi e comunità, per fare innovazione o, come piace in Piemonte ultimamente, per generare impatto sociale. I 4.231 borghi sono perfetti per questo e per molto altro, per processi di trasformazione dei territori che Uncem con i Comuni vuole intercettare e mettere a terra”.

 




Ancora scarsa la conoscenza e l’applicazione dell’economia circolare tra le imprese manifatturiere piemontesi

La principale motivazione che spinge verso i principi di economia circolare è la riduzione dei costi, il principale ostacolo la mancanza di esperienza o carenza di competenze sul tema

 

L’economia circolare rappresenta un nuovo paradigma economico emergente in grado di sostituirsi a modelli di crescita incentrati su una visione lineare, puntando ad una riduzione degli sprechi e ad un radicale ripensamento nella concezione dei prodotti e nel loro uso nel tempo. Essa rivaluta il potenziale economico degli output che oggi costituiscono solo un’esternalità negativa (rifiuti, scarti, inutilizzato) e propone di reimmetterli nel sistema, creando cicli rigenerativi.

Adottare un approccio circolare significa rivedere tutte le fasi della produzione e prestare attenzione all’intera filiera coinvolta nel ciclo produttivo, attraverso i principi base di eco-progettazione, utilizzo di energie rinnovabili, riciclo, riuso e recupero dei materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al minimo gli sprechi.

La sfida che si pone davanti al sistema produttivo risulta particolarmente importante perché richiede di adottare attività e processi di produzione e di consumo che siano sostenibili e in grado di gestire in modo consapevole ed efficiente le risorse del pianeta.

 

Per indagare il grado di conoscenza e di applicazione dei principi dell’economia circolare in Piemonte, Unioncamere Piemonte ha sottoposto un breve questionario a un campione significato di imprese manifatturiere regionali. La rilevazione è stata condotta nei mesi di ottobre e novembre e ha coinvolto 1.851 imprese aziende del territorio.

Dall’analisi effettuata è emerso come il 43% circa delle imprese manifatturiere intervistate non sia ancora a conoscenza di quelli che sono i principi base dell’economia circolare, la percentuale sale al diminuire della dimensione aziendale e risulta più elevata nei territori del nord-est, in particolare a Vercelli e Verbania.

 

A livello settoriale le carenze conoscitive più consistenti riguardano le industrie del legno e del mobile (47,8%) e quelle meccaniche (46,8%). Tra le imprese manifatturiere piemontesi che dichiarano, invece, di conoscere i principi base dell’economia circolare meno del 10% applica tali principi in maniera sostanziale, il 48% li attua solo parzialmente, mentre il 43% non li applica. Tra le realtà aziendali che applicano già i principi di economia circolare si rileva una particolare attenzione sul tema dei rifiuti, su quello della riduzione dei materiali e sul risparmio energetico.

 

Le Camere di commercio piemontesi hanno deciso quest’anno di intraprendere un primo progetto di informazione e formazione per le imprese sull’economia circolare – commenta il Presidente di Unioncamere Piemonte, Vincenzo Ilotte -. Il progetto ha come obiettivo quello di sensibilizzare le imprese e il territorio sui temi dell’economia circolare, nell’ottica di far acquisire una maggiore consapevolezza di pratiche e modelli di business sostenibili per l’ambiente che siano competitivi anche da un punto di vista economico. Sono le stesse imprese a testimoniare la necessità di un intervento su questi temi: il 43% delle aziende piemontesi dichiara, infatti, di non sapere cosa sia l’economia circolare. Il nostro dovere è rispondere alla necessità di approcciare questa tematica non solo da una prospettiva sociale”.

  

Il 31% di aziende ha già ridotto i rifiuti, il 46% sta iniziando a farlo e circa il 10% di aziende sta programmando queste azioni per il futuro. Il 45% sta già svolgendo e implementando attività di riduzione dei materiali/uso materiali riciclati/eco-design, il 20% sta pianificando queste azioni per il futuro, mentre un 10% dichiara di non avere in programma queste azioni.

 

Rispetto al risparmio energetico, il 54% delle imprese piemontesi che applicano i principi dell’economia circolare è orientato al tema del risparmio energetico, avendo già in corso o in via di implementazione le azioni di riduzione dei consumi, il 22,5% sta pianificando queste azioni per il futuro, il 9% non lo farà.

 

La principale motivazione che spinge le aziende piemontesi verso i principi di economia circolare è la riduzione dei costi (68,2% delle risposte), seguono il miglioramento dell’immagine del brand (vero soprattutto per le aziende tessili, alimentari e quelle petrolifere, plastiche, chimiche) e la risposta ad adempimenti legislativi.

 

 

Tra gli ostacoli che hanno, invece, limitato o impedito l’introduzione di pratiche di economia circolare troviamo la mancanza di esperienza o carenza di competenze sul tema (30,4% delle risposte), l’indisponibilità o insufficienza di informazioni (24,1%) e i costi elevati per introdurre l’innovazione (23,1%).

 In allegato, comunicato stampa dettagliato.