Cura Italia, Assessore Poggio: “Misure insufficienti e dimenticati interi settori”

Il DL Cura Italia – commenta l’assessore regionale alla Cultura, al Turismo ed al Commercio Vittoria Poggio – ci lascia molto perplessi. Le misure di sostegno alle imprese più colpite non solo sono infatti palesemente insufficienti, ma dimostrano anche che il Governo si è completamente dimenticato di interi settori.

Penso ad esempio a tutto il mondo della moda, ma anche a molti altri settori, come la gioielleria, i fioristi, le cartolibrerie, i negozi di arredamento e a tutto quanto è stato incluso nella sospensione dell’attività prevista dal Dpcm dell’11 marzo ma escluso dalle misure di sostegno del Cura Italia. Perché?

E non solo, penso anche a tutte quelle attività che per Decreto possono stare aperte, con tutti i rischi e le preoccupazioni del caso, per garantire la salute propria e dei propri dipendenti, al fine di rendere servizi di prima necessità, che certamente vedono drasticamente ridotti i loro fatturati e che sono, anch’esse, escluse da alcune importanti misure di sostegno. Ancora una volta mi chiedo: perché?

Prendendo come esempio tutto il settore moda, che tra l’altro è uno dei settori che maggiormente contribuisce all’immagine del Brand Italia nel mondo, possiamo certamente affermare che dal punto di vista economico questa crisi, agisce già su una patologia pregressa del settore (come testimonia il dato sulla nascita-mortalità degli ultimi otto anni in cui hanno chiuso in Italia 52mila punti vendita della moda a fronte di 26mila nuove aperture, con un saldo negativo di 26.399 unità. Da 141.212 negozi di moda al 31 dicembre 2011 a 114.813 punti vendita al 31 dicembre 2019) rischi davvero di far registrare un numero di chiusure non immaginabile, mettendo la tenuta dell’intero settore, come tutti gli altri, fortemente a rischio dal punto di vista economico.

Sul fronte del mercato interno si è assistito, infatti, negli ultimi giorni in cui era concessa l’apertura ai negozi una decisa flessione dei ricavi, raggiungendo medie drammatiche del 60% tenendo conto anche dei luoghi non ancora raggiunti dal contagio.

Sul fronte dell’incoming estero, si fa presente inoltre che l’impatto del turismo non ricade solo sulle attività direttamente comprese nel settore, appunto, turistico-ricettivo, ma ha ricadute forti anche sugli altri settori della distribuzione e del commercio al dettaglio e su tutti i soggetti culturali che operano nel nostro territorio, indipendentemente dalle scritture contrattuali. L’ultima Indagine di Banca d’Italia sul Turismo Internazionale, pubblicata il 18 giugno 2019, evidenzia che su un budget complessivo di 41,71 miliardi di euro destinato dai turisti stranieri per i viaggi in Italia, la quota destinata allo shopping, pari a 7,34 miliardi di euro, rappresenta la terza voce di spesa (17,6%), dopo i 9,2 miliardi di euro per la ristorazione (22,1%) ed i 18,15 miliardi di euro per l’alloggio (43,5%). In Italia, lo stallo di arrivi di turisti cinesi che rappresentano il 28% dello shopping, ma anche di russi (12%), americani (11%), ed arabi (5%) ha provocato da gennaio un danno rilevante che si stima possa anche arrivare ad una perdita superiore ai 5 miliardi di euro per le attività di questi settori. Tutti ora interessati anche dal provvedimento di sospensione dell’attività disposto dal Dpcm dell’11 marzo 2020, ma dimenticati dai provvedimento del DL Cura Italia.

I settori del commercio al dettaglio, inoltre, sono anche quelli maggiormente colpiti da questa crisi, anche per far fronte alle scadenze dei pagamenti dei fornitori, programmate secondo logiche di normalità sulla base di previsioni di vendite nella stagione che sicuramente non si concretizzeranno.

Un problema che coinvolge l’intera filiera, sviluppandosi secondo logiche di produzione e di vendita in un lungo e impegnativo iter temporale che va dalla presentazione delle collezioni alla raccolta degli ordini (effettuate tra giugno/luglio 2019), per passare attraverso le diverse fasi di produzione fino alla messa a disposizione dei prodotti al cliente finale (febbraio/marzo 2020) che avviene dopo circa otto mesi dall’ordine. E così per gli ordini della prossima stagione autunno/inverno 20/21 conclusi da poco.

Per questo, servono eccezionali misure per la “Quarantena commerciale” a partire dall’inclusione del settore moda e di tutti quelli del commercio al dettaglio attualmente esclusi (gioiellerie, cartolibrerie, arredamento, etc) tra quelli maggiormente colpiti dalle disposizioni restrittive ed elencati nell’art. 61 del Decreto Legge n. 9 del 16 marzo 2020.

Non si comprendono, infatti, le motivazioni per cui questi settori non rientrino tra quelli previsti nell’art. 61, che beneficiano, tra l’altro, di una sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria fino al 30 aprile 2020.

Non si capisce inoltre perché il Dl Cura Italia, per queste imprese (non tutte, peraltro, perché si esclude una fetta di aziende con più punti vendita o che operano con l’estero, realizzando fatturati superiori a 2 milioni di euro) preveda solo in via residuale, nonostante la chiusura obbligatoria disposta ex DPCM dell’11 marzo e le presumibili impossibilità di un ritorno a breve ad una tanto auspicata normalità, la sospensione dei versamenti da autoliquidazione per il solo periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 marzo 2020, mentre per i settori riconosciuti come “più colpiti” ex art. 61, senza peraltro alcun limite di ricavi, tale periodo è esteso al 30 aprile 2020.

Chiediamo dunque che,- conclude l’assessore Poggio – nel corso dell’iter parlamentare, questi importantissimi settori siano ricompresi tra quelli elencati nell’art. 61 con il riconoscimento ufficiale di essere considerati tra i maggiormente colpiti dalla crisi. Sono settori, lo ribadisco, che meritano attenzione, rappresentando uno dei traini della nostra economia e del nostro made in Italy.”




Confindustria Piemonte: il digital divide ulteriore freno all’economia

Coronavirus, se lo stop all’attività deriva dalla mancanza di Internet. Il delegato per l’Agenda Digitale di Confindustria Piemonte, Fabrizio Gea: i ritardi del nostro territorio aggravano una situazione già critica. Le proposte del sistema industriale piemontese, per imprese e territori.

“In questa drammatica circostanza in cui le aziende devono fermare la loro produzione, per decreto o per prudenza o per l’interruzione della loro filiera a monte o a valle, l’importanza dell’utilizzo delle tecnologie digitali e di conseguenza dell’infrastruttura di connessione alla rete è emersa in tutta la sua grandezza”.

È questo l’allarme lanciato da Fabrizio Gea, imprenditore ICT e delegato di Confindustria Piemonte per l’Agenda Digitale.

“Internet è un’infrastruttura di base – come strade, autostrade, ferrovie, come la TAV e il Terzo Valico – irrinunciabile per la trasformazione digitale e oggi, paradossalmente, questa crisi ha improvvisamente portato tutti alla piena consapevolezza: adesso abbiamo davanti un problema che possiamo trasformare in un’opportunità”.

Lo smart working sarebbe infatti una soluzione efficace, oltreché lecita e sicura, per svolgere importanti attività aziendali, dalle vendite al marketing, dall’amministrazione all’ingegneria, dall’R&I alla formazione. Ma non è possibile, per diversi motivi, affidarsi alla connessione domestica del collaboratore: occorre dotarlo di apparati idonei (router) che, da un lato, garantiscano un agile traffico dati e, dall’altra, consentano di configurare la postazione domestica con le medesime protezioni (in tema di privacy e di Cybersecurity) e prestazioni (in termini di applicativi) della rete aziendale.

Una soluzione a questo aspetto viene direttamente dal mercato: gli operatori delle telecomunicazioni stanno già proponendo soluzioni specifiche, le quali però, per quanto offerte a tariffe “dedicate” al contesto, rappresentano pur sempre un onere aggiuntivo che si aggiunge alle difficoltà economiche che le nostre aziende sono chiamate ad affrontare nel prossimo futuro. In molti casi, inoltre, è anche necessario formare il lavoratore a questa modalità operativa, che purtroppo non è ancora molto diffusa tra le aziende.

Vi sono poi ancora ampie zone del territorio che non dispongono di una adeguata copertura di rete, fissa o mobile. Molte aziende operano purtroppo in zone tuttora non raggiunte dalle infrastrutture in banda ultralarga e per questo aspetto scontano un grave impatto negativo in termini di competitività.

Il sistema economico, infine, non è fatto solo di imprese: operatori turistici e commerciali sono ovunque, anche in quella quota importante del territorio del Piemonte che sono le valli, e lì spesso – come fortemente e più volte denunciato da ANCI e UNCEM – manca addirittura la copertura mobile.

Quindi, in una situazione di emergenza, per tramutare il problema in un’opportunità ecco le prime due proposte di Confindustria Piemonte: la prima per le imprese, la seconda per i territori.

“Per le imprese chiediamo alla Regione un sostegno economico, ad esempio in forma di voucher, affinché le aziende possano attivare contratti di servizio abilitanti lo smart working per i propri dipendenti, sostenendo anche i necessari fabbisogni di formazione necessari a superare l’eventuale “analfabetismo digitale”.

“Per i territori, pur condividendo gli sforzi della Regione per accelerare il piano BUL per la posa della fibra, riteniamo che la rete mobile sia oggi quella che offre maggiori prospettive, consentendo l’impiego immediato dei router domestici basati su SIM. Ma poiché essa stessa non è ancora sufficiente in termini di copertura, sarebbe auspicabile una ricognizione, sotto coordinamento regionale, di tutte le opzioni che potrebbero portare all’installazione del più alto numero possibile, nel minor tempo possibile – come ad esempio è stato fatto per servire il nuovissimo ospedale di Verduno – di antenne cellulari temporanee”.
Queste le proposte del sistema industriale piemontese, nelle parole di Fabrizio Gea.
“Insieme ce la possiamo fare: insieme ce la faremo”.




Controlli e sanzioni sugli scarichi abusivi nella cintura sud di Torino

L’emergenza Coronavirus non ferma gli illeciti in materia di abbandono di rifiuti, anzi a volte li agevola, vista la scarsa presenza di persone sul territorio e la necessariamente ridotta vigilanza. Il periodo di chiusura forzata di molte attività artigianali e commerciali ha indotto alcuni imprenditori scorretti a fare pulizia nei loro magazzini e a liberarsi dei materiali di risulta scaricandoli nelle campagne semideserte.

La scorsa settimana soltanto nella prima cintura a sud di Torino gli agenti della Polizia metropolitana della Direzione sistemi naturali hanno rilevato numerosi scarichi “seriali” di rifiuti: tre cumuli di paraurti e materiali di carrozzeria, altri tre mucchi di vecchi serramenti e portoncini condominiali, di stracci e di plastiche, che sono state oltretutto incendiate.

Poiché lo smaltimento di questi rifiuti costa molto ai Comuni e quindi ai contribuenti, la Direzione sistemi naturali della Città Metropolitana è attiva per vigilare sul rispetto delle norme in materia. Grande attenzione viene posta alla sicurezza del personale. Gli agenti si spostano utilizzando ognuno un’auto di servizio, sono dotati di mascherine FFp2 e guanti in lattice.

Nei luoghi in cui è necessario effettuare sopralluoghi arrivano con vetture diverse due agenti, che operano a debita distanza e si tengono in contatto via radio. Nel contrasto al fenomeno dell’abbandono di rifiuti si fa uso anche di tecnologie di videosorveglianza, per individuare i produttori e i trasportatori abusivi. Grazie a moderne attrezzature di piccolissime dimensioni, la Polizia metropolitana tiene sotto controllo molte discariche abusive. I trasgressori vengono denunciati e devono rimuovere i rifiuti a loro spese. I mezzi di trasporto vengono confiscati nel caso siano stati utilizzati per disfarsi di rifiuti classificati come pericolosi.




Ravanelli: momento delicato per il Paese, pronti a collaborare con il Presidente designato Bonomi per la ripartenza

Il cambio al vertice di Confindustria avviene in un momento molto complesso e delicato per il nostro Paese, per aziende e imprenditori.

Per questo il nostro augurio di buon lavoro al Presidente designato Carlo Bonomi è sentito e saremo a sua disposizione per collaborare e fornirgli tutto il sostegno necessario a superare nel miglior modo possibile l’attuale emergenza e soprattutto affrontare la successiva fase di rilancio, fondamentale per riavviare il motore economico del Paese.

Un sincero e doveroso ringraziamento a Vincenzo Boccia che ha saputo guidare con determinazione l’Associazione e a Licia Mattioli che con la sua candidatura ha contribuito ad arricchire la dialettica e il confronto nel percorso di scelta del nuovo Presidente.

 




Confargianato: in Piemonte 49mila imprese 150mila addetti pronti a ripartire

Riprogrammare, ripartire, riqualificare. Le imprese delle costruzioni di Torino e del territorio vanno oltre la crisi e pensano già alla riapertura dei cantieri. Ed è proprio su questa spinta che Confartigianato Edilizia Torino ha voluto porre le basi per pianificare la ripresa del comparto, che mette insieme in Piemonte 49mila imprese artigiane edili con 150mila addetti mentre a Torino e provincia se ne contano circa 24mila.

La sospensione delle attività produttive non essenziali in contrasto alla diffusione del virus, prevista dal primo DPCM del 22 marzo (e il successivo DM Mise del 25 marzo), ha riguardato anche i cantieri e l’edilizia privata.

“Si mettano subito in atto misure per garantire la sopravvivenza delle imprese artigiane edili e venga adottato un Piano di opere pubbliche e di incentivi per sostenere l’edilizia privata. Servono, con urgenza, immediate misure ad hoc per le costruzioni – afferma Stefano Vanzini, referente area edilizia di Confartigianato Torino – Il rilancio del settore dovrà svilupparsi parallelamente sul piano nazionale e su quello locale.

Nel primo caso è necessario portare al 100%, per almeno 2 anni, la detrazione per gli interventi di ristrutturazione e risparmio energetico, compresi quelli per la progettazione, l’impiantistica, l’arredamento e il “verde”, mentre nel secondo caso sono necessari fondi locali (regionali) per un piano di riqualificazione delle strutture turistico-ricettive, delle scuole, per ri-incentivare il recupero e l’ammodernamento degli immobili privati, e per l’ammodernamento delle infrastrutture pubbliche locali.

Chiediamo, inoltre al Comune di abbuonare la tariffa di occupazione del suolo pubblico per i cantieri bloccati dall’emergenza sanitaria e di non pagare l’Imu per i capannoni che in questo momento non sono produttivi. Di contro migliaia e migliaia di piccole imprese edili rischiano di chiudere definitivamente”.

Gli effetti negativi del Coronavirus, come era purtroppo prevedibile, hanno colpito duramente il comparto delle costruzioni del Piemonte e di Torino. A oggi i cantieri chiusi, pubblici e privati, interessano circa 49mila imprese artigiane che hanno lasciato a casa circa 150mila addetti.

“Per battere paura e virus – continua Vanzini – occorre estendere, almeno per i prossimi 2 anni, le agevolazioni previste per il bonus facciate a tutti gli interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica degli immobili. Questo consentirebbe ai proprietari di avere un incentivo fiscale di grande interesse per effettuare interventi che altrimenti avrebbero posticipato.”

“Inoltre il cambiamento dei comportamenti e delle abitudini post Coronavirus – conclude Vanzini – imporrà interventi che consentano di conformarsi alle nuove regole relative alle distanze sociali alla privacy per meglio garantire la salute di tutti.”

“I costruttori artigiani post lockdown – afferma Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – puntano anche sul rilancio dei lavori pubblici. La crescita del nostro territorio passa imprescindibilmente da una adeguata dotazione di infrastrutture pubbliche, per questo crediamo sia urgente reperire fondi pubblici, snellire le procedure, dotare le Amministrazioni Locali di risorse per accantierare le opere e favorire le imprese locali nella realizzazione degli interventi, tutte azioni che potrebbero sostenere l’impresa e l’occupazione e lasciare un territorio meglio infrastrutturato e dotato di tutte le utilities necessarie a renderlo fruibile sia dal punto di vista turistico sia dei servizi per i residenti”.

Per le imprese, inoltre, è fondamentale derogare alle regole sugli appalti pubblici e cercare di velocizzare le opere e quindi affidare i lavori a imprese che abbiano effettivamente la capacità di realizzarli secondo prezzi sostenibili e non con il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso a imprese che passano solo in subappalto speculando sul lavoro dei subappaltatori.

“Ovviamente – conclude De Santis – la ripartenza dovrà essere condizionata da tutte le misure di protezione della salute dei dipendenti. Siamo stati i primi e anche adesso continiamo a sostenere come la tutela dei lavoratori non sia subordinabile ad alcun interesse economico. Siamo certi che ripresa e attività in sicurezza saranno compatibili”.




UPO e Fase 2 emergenza COVID-19, le nuove disposizioni del Rettore

L’UPO ha recepito il DPCM dello scorso 26 aprile con cui il Governo ha introdotto ulteriori disposizioni e misure per il contenimento del contagio da Covid-19 e varato la cosiddetta “Fase 2”.

In questa fase è ammessa la riapertura di alcune attività; sono consentiti in misura limitata alcuni spostamenti; rimane vietata ogni forma di assembramento e sospesa l’attività didattica in presenza negli istituti di formazione di ogni ordine e grado.

L’UPO sta dotando le strutture dei dispositivi di prevenzione e di sicurezza necessari (apparecchi per la rilevazione della temperatura, mascherine, guanti, disinfettanti, ecc.) e per sanificare a fondo gli ambienti prima della riapertura. È stato inoltre identificato un gruppo di lavoro composto da personale tecnico-amministrativo che avrà il compito di predisporre le linee guida e le operazioni necessarie per la ripresa.

In base a queste premesse il rettore Gian Carlo Avanzi e il direttore generale Andrea Turolla hanno disposto che l’attività didattica prosegue a distanza, come pure gli esami (da oggi sostenibili anche in forma scritta a distanza) e le tesi di laurea, di master e di dottorato; le strutture rimarranno chiuse al pubblico fino al 24 maggio e il pubblico esterno continuerà a rivolgersi agli uffici via email o telefono o in videoconferenza.

Alcune strutture saranno riaperte per consentire l’accesso ai soli laboratori di ricerca dal 4 maggio, coerentemente con le attività di sanificazione. Chi vi accederà dovrà avere DPI idonei. Le biblioteche rimangono chiuse al pubblico, garantendo l’assistenza remota per l’accesso alle risorse elettroniche disponibili online.

L’attività amministrativa continua nella modalità di lavoro agile fino al 24 maggio. Restano invariate le aperture delle portinerie del Complesso Perrone a Novara, del DISIT ad Alessandria, del Complesso San Giuseppe a Vercelli, di Ipazia e di Palazzo Bellini a Novara; a queste strutture si aggiunge il DSF a Novara con orario 9.00 – 17.00.
In questo periodo l’UPO provvederà a informare e a formare il proprio Personale sul comportamento igienico-sanitario nei luoghi di lavoro.




#ripartipiemonte, anche il settore delle costruzioni è ripartito in regolarità

La fase 2 è cominciata ed anche il SETTORE DELLE COSTRUZIONI si è messo in movimento,  in Italia alcuni cantieri pubblici erano già ripartiti ed ad oggi sono circa il 50 % dichiara il Segretario Generale Feneal Uil Piemonte, GIUSEPPE MANTA.

 

In Piemonte sono ripartiti i cantieri del Terzo Valico dei Giovi con tutte le precauzioni e con l’insediamento del Comitato Aziendale della Sicurezza come previsto dal protocollo all’interno dell’accordo Interconfederale del 24 aprile 2020 firmato da CGIL CISL UIL, Mit, Ministero del Lavoro, Stazioni Appalti Pubblici e Parti.

 

In tutte le province come FENEALUIL FILLEA CGIL FILCA CISL Piemonte abbiamo chiesto l’istituzione urgente dei Comitati Territoriali per andare incontro alla ripresa con la certezza che la sicurezza sia applicata su tutti i cantieri sia pubblici che privati.

 

Si presume che entro il 18 maggio quasi il 100% delle imprese sopravvissute riprendano il lavoro. Le difficoltà sono dovute al reperimento dei DPI quali mascherine, guanti ecc..

Tramite gli Enti Bilaterali del Settore si è cercato di provvedere aiutando imprese e lavoratori purtroppo i tempi di consegna sono lunghi e non tutti sono riusciti a reperirli.

 

La ripresa dovrà essere monitorata su molti aspetti, non si può mettere a repentaglio la salute dei lavoratori per il profitto e nello stesso tempo bisogna salvaguardare le imprese regolari e sane dalla concorrenza sleale da parte di imprese irrispettose delle regole che possono trovare terreno fertile.

Dalle organizzazioni nazionali è arrivato un monito al settore attraverso un comunicato stampa in cui i tre Segretari Nazionali Panzarella (FENEAL UIL) Genovesi (FILLEA) e Turri (FILCA) dichiarano:  “Ai tanti che oggi dichiarano di voler combattere il lavoro nero, consigliamo una semplice ed efficace operazione: vincolare tutti gli incentivi per risparmio energetico, sisma bonus, ristrutturazioni al possesso del Durc di Congruità. Cioè alla documentazione emessa dalle Casse Edili che certifica che i lavori per cui lo Stato ci mette praticamente l’intero importo, sono stati svolti da un numero congruo di lavoratori, e che è stato applicato correttamente il Contratto Collettivo edile”.

Purtroppo sembra che la Regione Piemonte voglia proseguire per altre strade che rischiano di creare notevoli problemi sia dal punto di vista della regolarità che dalle infiltrazioni mafiose.

Nel disegno di Legge Regionale n.95 presentata il 5 maggio 2020 al Titolo 5 , Art 65 e 66 affronta questi due argomenti lasciando le maglie troppo larghe per quanto riguarda la regolarità in nome di una ripartenza a tutti i costi mettendo le regole in secondo piano.

Nel Settore Edile che è uno dei settori più colpiti dal problema delle infiltrazioni mafiose e malavitose non esigere immediatamente da parte delle imprese il certificato antimafia può essere controproducente e soprattutto la proroga del durc al 31 gennaio 2021 rischia di essere devastante.

Si dà modo alle imprese irregolari di non esibire il Documento di Regolarità Contributiva per oltre un anno con danno ai lavoratori ed alle imprese serie e regolari.

Queste imprese possono permettersi per un anno di non pagare contribuzione INAIL INPS e CASSA EDILE e in un anno come Sindacato delle Costruzioni abbiamo visto nascere moltissime imprese che incassati i soldi dei SAL (Stato Avanzamento Lavori),  non hanno pagato i lavoratori, i fornitori ed i contributi, hanno dichiarato la chiusura.

C’era già stata la proroga a livello nazionale sino al 15 giugno 2020 e come OO.SS. non eravamo soddisfatte, questa ulteriore proroga chiesta dalla regione Piemonte è inconcepibile.

Il Settore ha bisogno di imprese sane ed in regola che non vengano messe in difficoltà da imprenditori da quattro soldi che approfittano di falle nel sistema dei controlli, i lavoratori hanno bisogno di avere certezze della retribuzione, della contribuzione e dei versamenti in Cassa Edile, se per un anno non hanno versamenti in cassa edile ma l’impresa continua il lavoro impunemente rischiano di non ricevere la Gratifica Natalizia, le Ferie, l’Anzianità Professionale oltre al TFR ed i contributi pensionistici.

RIPARTI PIEMONTE deve avvenire in regolarità non deve prevedere norme che inficiano la regolarità già difficoltosa del settore che conta a livello nazionale oltre 400 mila lavoratori irregolari.

INDAGINE NUMERI EDILIZIA E CIG FENEALUIL PIEMONTE

 




Ravanelli: “Doveroso intervenire sull’emergenza, ma riprendere subito programmazione strategica”

Siamo consapevoli che l’emergenza economica legata alla pandemia ha portato inevitabilmente a una rimodulazione del Piano Competitività elaborato in precedenza dalla Regione Piemonte, spostando l’attenzione sulla necessità contingente di assicurare liquidità a famiglie e micro-piccole aziende.

Parte delle nostre osservazioni formulate con il contributo di tutto il sistema delle Associazioni Territoriali e di Ance Piemonte sono state accolte e tenute nella giusta considerazione. Apprezziamo inoltre l’impegno dell’amministrazione regionale a riprendere prima possibile il percorso comune iniziato con il Piano di Competitività.

Come sempre, Confindustria sarà pronta a dare il suo contributo costruttivo per lavorare in sintonia su una visione di sviluppo del territorio a medio lungo termine, a partire come primo step prioritario dalla nuova programmazione dei Fondi SIE 2021-2027.

È indispensabile, infatti, entrare al più presto nel merito di quei progetti, e delle relative risorse, ritenuti strategici per il sistema delle imprese piemontesi e in grado di rappresentare una vera e propria ripartenza strutturata della nostra economia: in particolare, internazionalizzazione, compresa l’attrazione degli investimenti, Città della Manifattura 4.0, Parco della Salute e Centro di ricerca Biotech, Alta Formazione professionalizzante e Politiche attive del Lavoro».

Questo il commento del Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli al DDL Riparti Piemonte di imminente approvazione.




Protocollo d’intesa tra CCIAA Torino e Consorzio Pinerolo Energia – CGIL – CISL – UIL

La Camera di commercio di Torino, il Consorzio CPE, CGIL CISL UIL hanno siglato il 19 maggio scorso un protocollo d’intesa di grande rilevanza per il pinerolese, in particolare in questo specifico momento. Da questo accordo nasceranno opportunità di promozione e sviluppo del pinerolese attraverso l’analisi e il monitoraggio del tessuto economico locale.

Un primo fronte di attività si sta sviluppando attraverso la collaborazione nell’ambito dei lavori del Gruppo Ripartiamo Insieme, lanciato da Consorzio Cpe e CGIL CISL UIL nelle scorse settimane. La Camera di commercio, in qualità di osservatore privilegiato della realtà economica, fornisce in questo ambito supporto nell’interpretazione dello sviluppo imprenditoriale del territorio e contribuisce a promuovere, dati alla mano, l’attuazione di specifiche iniziative per il territorio pinerolese.

L’esperienza avviata potrà essere un valido punto di partenza nel quale costruire e sperimentare progetti di collaborazione, anche in ottica di un possibile ampliamento dell’esperienza ad altri territori.

“Sono quasi 14mila le imprese registrate nel territorio pinerolese e circa 3mila le unità locali: negli ultimi 3 anni il tasso di crescita imprenditoriale di questo territorio ha registrato costantemente un segno negativo, e anche i dati del primo trimestre 2020, che ancora non considerano l’effetto Covid, confermano lo stesso trend, con un -0,95% – spiega Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino. – Per questo si rende ancor più necessario riunire intorno allo stesso tavolo tutti gli attori del territorio perché lavorino insieme nell’elaborazione di progetti e iniziative comuni. Questo è il senso del protocollo siglato e delle iniziative che metteremo in pista nelle prossime settimane, secondo un modello che potremo replicare anche in altre aree della provincia”.

“Riteniamo strategico per il rilancio del territorio Pinerolese, promosso dal Consorzio CPE, e per tutte le attività del Gruppo Ripartiamo Insieme – ha affermato il Presidente Francesco Carcioffo – disporre dell’autorevole affiancamento di competenze e conoscenze della Camera di commercio di Torino che, nel suo ruolo, rappresenta un faro sulla situazione reale del territorio con i suoi punti di forza e le sue debolezze. Ciò ci consentirà di indirizzare e favorire scelte di sviluppo territoriale che si fondino su un quadro certo del tessuto economico pinerolese e non di mere supposizioni delle esigenze.”

“La collaborazione avviata con la Camera di commercio di Torino, attraverso la sottoscrizione del protocollo per la promozione del Pinerolese, è un altro importante passo che dà continuità al percorso iniziato nel settembre del 2019 con il CPE per il rilancio del territorio. – hanno affermato Andrea Ferrato CGIL – Vittorio Di Vito CISL – Teresa Cianciotta UIL – La conoscenza e l’analisi del tessuto produttivo, delle sue vocazioni, è un punto fondamentale per la creazione di un piano di rilancio in grado di garantire opportunità di lavoro stabile e dignitoso. Auspichiamo che questa collaborazione possa ancor più consolidarsi all’interno del progetto “Ripartiamo Insieme” e attrarre, oltre alle preziose competenze, anche risorse per il Pinerolese.

La situazione nel Pinerolese

Sono 13.903 le imprese registrate al primo trimestre 2020 nell’ambito del territorio sul quale opera il CPE, che comprende 47 comuni del territorio della città metropolitana torinese1. Se si tiene conto anche delle 3.001 unità locali presenti (stabilimenti produttivi, sedi secondarie, magazzini, laboratori, ecc..), il numero di localizzazioni d’impresa sale complessivamente a 16.904 unità.

Analogamente a quanto avvenuto nel torinese, anche il territorio del pinerolese ha scontato negli ultimi anni una scarsa dinamicità imprenditoriale, registrando tassi negativi di crescita delle sedi di imprese qui insediate (dati dalla differenza tra tasso di natalità e mortalità imprenditoriale).

Tuttavia, l’incidenza del tessuto economico del pinerolese sul territorio provinciale nell’ultimo triennio è rimasta costante negli anni, pari a circa il 6,4% del totale provinciale.

Nei primi dieci comuni per numero di imprese converge oltre il 60% delle sedi di imprese presenti nell’area del pinerolese, tenuto conto che solo Pinerolo conta oltre 3.500 attività.

È Cavour il comune a più alta densità imprenditoriale per abitante.

1 Oltre ai 45 che fra essi rientrano nella zona omogenea del Pinerolese si aggiungono i comuni di None e Volvera, solitamente riconducibili all’Area Metropolitana Sud

Il territorio pinerolese ha anche una caratterizzazione produttiva che lo distingue dalla provincia torinese nel suo complesso. La presenza di imprese agricole è molto più significativa rispetto all’incidenza del settore a livello provinciale (il 18,7% a confronto con il 5,4% torinese), e anche la manifattura (il 10,4% a fronte del 9,4%) e il settore edile (il 16,5% contro il 14,8%) qui registrano una più significativa presenza di imprese. D’altro canto, risulta meno incidente la presenza di attività commerciali, che nella provincia rappresentano poco meno di un quarto delle imprese e qui pesano per il 20%, e quella dei servizi alle imprese, che qui non superano il 18% e che invece ad oggi rappresentano il settore più numeroso nella provincia torinese (il 26% del totale).

In analogia al resto del territorio, tuttavia, nel primo trimestre del 2020 (rispetto al medesimo periodo del 2019) sono i servizi – ricettivi, alla persona e alle imprese – a crescere – mentre industria, edilizia, agricoltura e commercio vedono calare lo stock di imprese.




Da Confartigianato Torino lo stop alle polemiche sul “contributo Covid” di acconciatori ed estetisti

Confartigianato Imprese Torino mette stop alle polemiche di questi giorni sul fatto che la riorganizzazione del lavoro a causa del Covid-19 nei due settori abbia indotto alcuni titolari a ritoccare il listino dei prezzi.

“E’sbagliato generalizzare attaccando l’intero settore del benessere artigiano – sottolinea Giuseppe Falcocchio, responsabile area Benessere di Confartigianato Torino – a fronte di chi ha voluto aumentare i prezzi, la maggior parte degli operatori non ha praticato ritocchi”.

“Sottolineiamo come non esistano prezzi imposti in questo lavoro – rimarca Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – ma la qualità del servizio e tutta l’attenzione che viene garantita ai clienti per curare la loro bellezza e salute, potrebbe giustificare la scelta di un parrucchiere di rivedere il proprio listino. Quello che non va fatto, è giustificare l’aumento con dicitura “contributo Covid – 19”: questa è una cosa che non può sussistere e non deve passare il messaggio che i costi della ripartenza vengano scaricati sul cliente”.

“Particolarmente nei centri estetici – aggiunge Falcocchio – molte attenzioni e molti dispositivi di protezione facevano già parte delle dotazioni necessarie. Piuttosto a mancare, o difficilmente reperibili, sono proprio i dispositivi di protezione”.

Confartigianato Torino sottolinea come l’aumento dei prezzi sia imputabile non tanto all’acquisto di prodotti, quanto all’aumento dei tempi di lavoro.

“Parrucchieri ed estetisti – continua Falcocchio – da sempre assicurano e garantiscono igiene e sicurezza degli strumenti e degli ambienti; il problema, adesso, è che le operazioni di disinfezione e di ulteriore pulizia, che vengono svolte dopo il passaggio di ogni cliente, allungano gli orari di esercizio”.

Confartigianato Torino ricorda anche come chi ha ritoccato il listino, potrebbe averlo fatto perché sta proponendo soluzioni diverse, magari integrando ulteriori servizi ai trattamenti, o prodotti che sanno essere graditi dalla clientela.

“Credo che ognuno sia libero di guadagnarsi la fiducia dei propri clienti – conclude De Santis – e molte persone, particolarmente in questo periodo, lo apprezzano ancora di più. Ai clienti infatti viene offerto benessere psicofisico anche grazie alla costante formazione, che ha un costo, che i professionisti del settore svolgono e di cui si fanno carico”.