Green pass, Felici (Confartigianato Piemonte): “Governo forte con gli imprenditori e debole con i sindacati”

«La vicenda del Green Pass sui luoghi di lavoro e nelle mense aziendali è surreale, ma anche rivelatrice del fatto che i cd. rigoristi, a cominciare dal ministro Speranza, il rigore paiono volerlo applicare solo nei confronti dei piccoli imprenditori.

Evidentemente, tutte le misure di contenimento necessarie per un negozio, una bottega ed un ristorante non valgono laddove c’è una rappresentanza sindacale pronta a mobilitarsi contro le “discriminazioni dei lavoratori” e a difesa della “privacy”. Le mense, dicono taluni, non sono equiparabili ai ristoranti: evidentemente il Covid19 è meno infettivo quando circola nelle prime. Ai gestori delle mense, dicono taluni, si chiedono controlli oltre la loro mansione, mentre, si sa, commercianti, artigiani e ristoratori hanno una lunga e consolidata tradizione di controlli delle proprie clientele.

Quando abbiamo criticato il Green Pass nella misura in cui costringeva gli esercenti a trasformarsi in “buttafuori”, siamo stati additati come filo no-pass e no-vax. Ora, invece, di fronte alle posizioni dei sindacati registriamo il silenzio imbarazzato dei più intransigenti vaccinisti, segno che la “cinghia di trasmissione” tra partito e sindacato funziona ancora.

Abbiamo pagato il prezzo più duro alla pandemia, abbiamo sopportato lockdown e chiusure, abbiamo investito in sicurezza, dai plexiglass alle sanificazioni, e ora non accettiamo che il Governo faccia il forte solo con chi ha un bisogno disperato di lavorare  e si dimostri debole di fronte al sindacato. I dati epidemiologici devono valere per tutti. Se vaccini e Green Pass sono le armi più efficienti per sconfiggere la pandemia, allora non vi possono essere differenze tra imprenditori, lavoratori, operatori sanitari e scolastici.

A questo punto sarebbe preferibile l’introduzione dell’obbligo vaccinale anziché varare protocolli che distinguono un mondo del lavoro di serie A da uno di serie B. Forse i sindacati avrebbero fatto meglio a dare un contributo alla campagna vaccinale, dal momento che la maggior parte dei loro iscritti sono over 60, quindi particolarmente esposti. Si era detto e scritto che dopo la pandemia nulla sarebbe rimasto come prima: nulla, tranne il sindacato».




Cia e Confagricoltura: l’incremento del costo dei concimi cambia l’agricoltura

Volano i prezzi dei concimi a causa della mancanza di materie prime, ed è allarme per gli agricoltori: per i costi attuali, bisognerà rivedere le pratiche agronomiche.

A raccogliere le segnalazioni degli imprenditori sono Cia e Confagricoltura Alessandria, che rilevano l’aumento dei costi dell’energia, degli imballaggi e delle materie prime che freneranno l’economia, ripercuotendosi sulle tasche dei consumatori e minacciando la competitività dei settori produttivi. Si arriva ad un incremento dei costi dei fertilizzanti fino al 50% in più.

Alcune imprese produttrice hanno annunciato tagli; alla chiusura di alcuni stabilimenti nel Regno Unito, si è aggiunto l’annuncio del taglio del 40% della produzione in Europa da parte di uno dei principali produttori a livello mondiale di ammoniaca – da cui si ricavano i fertilizzanti – e primo operatore italiano del settore. In Italia, il mercato dei fertilizzanti vale circa un miliardo di euro. Oltre al costo aumentato, quindi, si va incontro anche ad un problema di reperibilità.

Un esempio concreto: negli ultimi due mesi per trasportare i prodotti ortofrutticoli di prima, IV e V gamma da un’azienda Confagricoltura, dalla Piana del Sele fino ai mercati del Nord Italia e in Germania i costi di trasporto sono cresciuti del 20%, del 30% per gli imballaggi in cartone e del 40% per le buste d’insalata.

Dichiara il presidente di Confagricoltura Alessandria, Luca Brondelli di Brondello: “Occorre tendere all’autosufficienza, valorizzando il settore agricolo anche nel suo ruolo di produttore di energia verde. In particolare il biometano è una grande opportunità per contribuire alla transizione energetica ed alla decarbonizzazione, diminuendo le importazioni di metano per le aziende agricole e utilizzando la rete gas come vettore di energia rinnovabile”.

Aggiunge il presidente provinciale Cia Alessandria Gian Piero Ameglio: “I prezzi del grano sono aumentati e a ruota anche quelli di concimi e trattamenti. Alcuni agricoltori dovranno rivedere le concimazioni autunnali e ridurre quelle primaverili, ma fare a meno del tutto dei fertilizzanti è praticamente impossibile. Si fa ricorso, per quanto possibile, al letame e ai liquami aziendali per chi fa zootecnia, e i coltivatori dovranno cogliere il momento migliore per la distribuzione. I prezzi alti portano speculazione, e a rimetterci sono gli agricoltori”.
Le aziende, inoltre, non sono esenti dal “caro bollette”, dall’aumento dei costi energetici e il gasolio agricolo negli ultimi due mesi ha avuto un rincaro del 25%.




Online la piattaforma telematica nazionale delle CCIAA per la composizione negoziata delle crisi

Ai nastri di partenza la composizione negoziata della crisi d’impresa attraverso la piattaforma telematica nazionale delle Camere di Commercio.

Perno fondamentale del nuovo istituto divenuto legge ad ottobre, è il sito  che costituisce il punto di riferimento su cui viaggia in automatico l’intera procedura volontaria, finalizzata a recuperare e riportare “in bonis” tutte le aziende, dalle commerciali alle agricole, che pur strutturalmente sane versano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico/finanziario.

La piattaforma camerale è composta da due aree, una pubblica di tipo informativo e l’altra “riservata” alle istanze formali, che guidano passo dopo passo l’imprenditore nel percorso individuato dalle misure attuative messe a punto dal ministero della Giustizia, per cercare di raggiungere, se ne esistono le condizioni, il punto di equilibrio migliore tra le diverse esigenze dei creditori e del debitore.

“L’assegnazione di questo compito alle Camere di commercio evidenzia una volta di più il ruolo strategico del sistema camerale – sottolinea il Presidente Mauro Gola. – Con l’attivazione di questa piattaforma telematica nazionale le Camere di commercio ribadiscono la propria competenza in ambito digitale e mettono a disposizione delle imprese uno strumento che faciliterà il dialogo tra aziende e pubblica amministrazione.”

Permettere alle imprese di riconoscere i segnali di crisi prima che si arrivi all’insolvenza, è fondamentale sia per le imprese interessate, ma anche per i creditori e l’indotto. Attraverso questo strumento, già nel giro di un anno e mezzo, si conta di potere contribuire a ridurre del 10% le oltre 48mila procedure concorsuali presentate tra il 2019 e il 2020. A regime si stima che la piattaforma possa essere utilizzata su scala nazionale da 10mila imprenditori che chiederanno la collaborazione di un esperto per ristrutturare l’azienda, redigere un piano di risanamento per evitare, così, di ricorrere alle tradizionali strade giudiziali, spesso anticamera del procedimento di liquidazione giudiziale.

Il convegno “La riforma della crisi d’impresa – Il nuovo istituto della composizione negoziata” in programma a Cuneo venerdì 26 novembre e organizzato in collaborazione con Confindustria Cuneo e gli Ordini professionali di commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro sarà occasione per acquisire informazioni sul nuovo ruolo delle Camere di commercio nella composizione delle crisi e sul punto di vista espresso da imprese e professionisti sulla riforma.
La legge prevede che gli imprenditori vengano affiancati da esperti per la ricerca e la messa in atto di possibili soluzioni. Per venire incontro alle esigenze dei professionisti interessati “Universitas Mercatorum”, ateneo telematico delle Camere di Commercio italiane, organizza la formazione prevista dalla legge attraverso un corso, suddiviso in 11 moduli, avente durata di 55 ore.




L’assessore all’agricoltura Protopapa: “La Regione sostiene i Distretti del cibo”

Grazie a un emendamento approvato nella seduta di ieri dal Consiglio regionale, la Regione Piemonte potrà contribuire alle spese di costituzione e avviamento dei Distretti del cibo.

Lo ha sottolineato l’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa rispondendo questo pomeriggio in Aula all’interrogazione a risposta immediata della consigliera Sarah Disabato (M5s) in merito alle azioni di sostegno alla filiera del food e, in particolare, dei Distretti del cibo del settore ortofrutticolo, per scongiurare possibili ripercussioni a livello metropolitano e regionale.

Disabato, prendendo spunto dalle recenti decisioni del titolare del gruppo T18 Piemonte di chiudere l’azienda, leader nella produzione e distribuzione di prodotti ortofrutticoli di qualità, ha domandato “quali azioni intenda intraprendere la Giunta regionale per sostenere e incentivare nuove modalità di commercio per il reparto ortofrutticolo, favorendone la crescita, la riorganizzazione e l’aggregazione con altre aziende”.

Protopapa ha ricordato che l’individuazione e il riconoscimento dei Distretti del cibo sono previsti dalla legge regionale 1/2019 e che il presidente della Giunta ha approvato con un decreto del 2020 le procedure per la loro costituzione.

“A oggi – ha aggiunto – è stata inoltrata agli uffici regionali la domanda di riconoscimento da parte del Distretto del cibo Chierese-Carmagnolese, che aggrega 25 Comuni della cintura di Torino e l’istruttoria è in fase avanzata. Altri territori, Casalese e Cavourese in particolare, hanno manifestato interesse e hanno avviato incontri informativi con l’assessorato”.

Il sostegno alla filiera ortofrutticola, ha concluso, “è comunque assicurato, in particolare per quanto riguarda la riorganizzazione e l’aggregazione, da un intervento specifico dell’Organizzazione comune dei mercati (Ocm) dei prodotti agricoli. In particolare, è previsto un contributo del 5% del fatturato per le aziende che si aggregano in Organizzazioni dei produttori (Op)”.

Nel corso della seduta l’assessore alla Cultura Vittoria Poggio ha risposto a nome dell’assessore Luigi Icardi alle interrogazioni di Davide Nicco (Fdi) sul nuovo primario di Carmagnola e Moncalieri (To) e di Monica Canalis (Pd) sul tracciamento dei contagi. Ha anche risposto a nome dell’assessore al Welfare Chiara Caucino all’interrogazione di Silvio Magliano (Moderati) sul rischio di chiusura dell’Ufficio pubblica tutela di Ivrea (To) e a nome dell’assessore all’Ambiente Matteo Marnati alle interrogazioni di Domenico Rossi (Pd) sull’adozione di un Piano regionale per la bioeconomia e l’economia circolare e di Marco Grimaldi (Luv) sull’iter per l’individuazione del sito unico nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari. L’assessore Marco Gabusi – infine – ha risposto alle interrogazioni di Alberto Avetta (Pd) sull’orario invernale della tratta Aosta-Ivrea-Torino e di Ivano Martinetti (M5s) sugli interventi alla linea ferroviaria Cuneo-Limone.




Confindustria CNVV: inizio 2022 ancora positivo per l’industria novarese e vercellese

Il 2022 inizia con aspettative ancora positive per l’industria delle province di Novara e di Vercelli, anche se gli elevati costi dell’energia e le difficoltà negli approvvigionamenti rischiano di impattare negativamente sulle prospettive di medio termine.

Secondo le previsioni congiunturali di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv) per il primo trimestre dell’anno (disponibili sul sito ) il saldo tra la percentuale degli imprenditori che si dichiarano ottimisti e quella di coloro che sono pessimisti sull’incremento della produzione si conferma positivo, anche se con dati lievemente contrastanti fra i due territori: in crescita nel Novarese (a 23,3 punti rispetto ai precedenti 20,8), in riduzione nel Vercellese (a 6,7 punti, rispetto ai 16,7 del quarto trimestre 2021, e in linea con il trend del Piemonte, che passa da 21,3 a 15,8). I saldi ottimisti/pessimisti relativi agli ordini, totali ed esteri, calano rispettivamente da 24 a 19 punti e da 13,9 a 4 punti nel Novarese, da 16,7 a 6,7 punti e da 13,6 a -2,7 nel Vercellese, a fronte di medie regionali in ribasso da 21,3 a 14,9 e da 8 a 1,2 punti.

«L’escalation dei prezzi energetici impatta su tutte le filiere – commenta il presidente di Cnvv, Gianni Filippa – e sta preoccupando il sistema produttivo; si stima che il costo dell’energia quest’anno possa addirittura raddoppiare rispetto al 2021. Alle incognite dell’emergenza sanitaria si aggiungono il rialzo dei prezzi delle materie prime e la difficoltà nel reperirle, con approvvigionamenti a costi sempre più elevati e tempi sempre più lunghi che, se non avranno effetti diretti sulla capacità produttiva, potrebbero comunque ridurre redditività e margini delle imprese».

Una lieve discrepanza territoriale è registrata anche dagli indicatori relativi al mercato del lavoro, con il saldo tra ottimisti e pessimisti relativo alla volontà di fare nuove assunzioni che cresce da 8 a 12,9 punti in provincia di Novara mentre si riduce da 11,8 a 7,9 in quella di Vercelli, con la media regionale sostanzialmente stabile a 14,4 punti. La percentuale di imprese che intendono fare ricorso alla cassa integrazione nel primo trimestre dell’anno cala dall’11,5% al 5,3% nel territorio novarese e risulta stabile (14,9%) in quello vercellese, mentre il Piemonte registra un calo dal 12,8% al 10,7%.

«Va sottolineata positivamente – aggiunge il direttore di Cnvv, Carlo Mezzano – la propensione agli investimenti “significativi” da parte delle aziende, che risulta superiore alla media regionale (29,7%) in entrambe le province: per quella di Novara ne ha in programma il 32,7%, rispetto al precedente 30,1%, per quella di Vercelli il 30,3%, a fronte del precedente 34,3%. Anche le intenzioni di effettuare investimenti sostitutivi rimangono su livelli elevati, passando dal 50,4% al 51,3% nel Novarese e dal 36,3% al 44,9% in provincia di Vercelli, con la media del Piemonte al 48,3%».

Con un calo dal 19,8% al 15,9% raggiunge il livello più basso degli ultimi dieci anni la percentuale di aziende che segnalano ritardi negli incassi in provincia di Vercelli, mentre in quella di Novara, che aveva toccato il minimo nella precedente rilevazione, si registra un lieve incremento, dall’11,8% al 14,3%. L’indicatore piemontese è stabile al 19,2%.

I dati relativi ai principali settori produttivi, elaborati in forma aggregata e con media ponderata sulle due province, confermano saldi ottimisti/pessimisti positivi sulle attese di produzione, anche se in riduzione rispetto al quarto trimestre 2021, sia nel metalmeccanico sia nella rubinetteria-valvolame, ma con un significativo calo degli ordini in entrambi i comparti. Lo stesso trend caratterizza l’alimentare, mentre il chimico e il tessile-abbigliamento registrano un forte incremento delle attese di produzione e degli ordini.

 




Confagricoltura: le prospettive di sanzioni alla Russia mettono a rischio il mercato dell’Asti spumante

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, evidenzia l’apprensione del mondo agricolo, sottolineando come l’aumento dei costi energetici, il rincaro dei cereali per l’alimentazione del bestiame e soprattutto il timore di una riduzione delle esportazioni di vino rappresentino uno scenario estremamente pericoloso per la nostra regione.

Nel 2020, sulla base dei dati elaborati da Confagricoltura, l’Italia ha esportato in Russia vini per un valore di 297 milioni di euro, di cui 179, 8 milioni di prodotto imbottigliato.

La Russia è uno dei principali mercati per gli spumanti italiani – afferma Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Piemonte –  e, tra i prodotti piemontesi, per l’Asti spumante”. L’export di vino spumante italiano in Russia rappresenta un valore di 116 milioni di euro.

La Russia, con un import di oltre 12 milioni di bottiglie di Asti spumante, rappresenta all’incirca un quarto del mercato delle bollicine docg ottenute dai 9.000 ettari di vigneti coltivati nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo.

Confidiamo nel lavoro delle diplomazie – dichiara Enrico Allasia – per prevenire la tragedia umanitaria, che è l’aspetto che ci preoccupa maggiormente,  e anche per evitare di mettere in crisi il nostro sistema produttivo”.

 




I giovani di Confagricoltura del Nord Italia ospiti di Cella Grande sul lago di Viverone

Innovazione, sostenibilità e transizione energetica, con un focus sulle nuove opportunità rappresentate  da agrisolare e biometano: questi i temi che che sono stati alla base dell’InterNord Anga – Associazione nazionale dei giovani agricoltori, che si è concluso oggi sul lago di Viverone (Biella), nell’azienda vitivinicola Cella Grande.

La riunione dei presidenti provinciali delle sezioni giovanili di Confagricoltura, che ha avuto anche un momento formativo con la visita all’impianto di produzione di energia rinnovabile da biogas della famiglia Bagnod a Piverone (Torino), ha consentito  ai giovani di confrontarsi sui principali temi di attualità e di scambiarsi esperienze imprenditoriali e progetti di innovazione.

L’associazione nazionale dei giovani agricoltori di Confagricoltura è aperta agli imprenditori agricoli e a coloro che vogliono approfondire la conoscenza del settore primario. Tra le iniziative dell’Anga c’è AGRINET Young,  che rientra nel più ampio “Agrinet. Network for the dissemination of CAP contents about sustainable agriculture based on innovation”, progetto sostenuto dalla Commissione Europea nell’ambito della Politica Agricola Comunitaria e promosso dal Gruppo di Comunicazione Icaro, insieme ai Giovani di Confagricoltura – Anga. Il progetto  ha l’obiettivo di diffondere l’informazione sui temi dell’agricoltura sostenibile, della sana alimentazione, del corretto uso delle risorse naturali, dell’innovazione tecnologica e della lotta ai cambiamenti climatici.

 

 




Decreto aiuti, Confagricoltura Alessandria: positiva l’attenzione al settore

“Concreti, in linea generale, gli interventi destinati alla liquidità e agli investimenti per le imprese. Apprezziamo in particolare i provvedimenti per le PMI agricole, della pesca e dell’acquacoltura che, secondo quanto riportato dal comunicato stampa del CDM, innalzerebbe al 100% l’intervento della garanzia diretta ISMEA per le imprese che hanno avuto un incremento dei costi per l’energia, i carburanti o per le materie prime”.

 

Questo il commento del presidente di Confagricoltura Alessandria, Luca Brondelli di Brondello, alle anticipazioni sul decreto-legge che introdurrà misure urgenti che riguardano le politiche energetiche nazionali, la produttività delle imprese e l’attrazione degli investimenti, oltre a politiche sociali e per contenere gli effetti della guerra in Ucraina.
Il provvedimento deciso dal Consiglio dei Ministri potenzia e crea nuovi strumenti per contrastare gli effetti della crisi scatenata dal conflitto russo/ucraino.

Per l’energia sono previste misure per ridurre i costi, semplificare le autorizzazioni per la realizzazione di nuovi impianti, con l’obiettivo di potenziare la produzione energetica nazionale. Su questo fronte esprimiamo soddisfazione per le specifiche misure volte a potenziare, specificatamente, la produzione di energia rinnovabile per il settore agricolo in un’ottica di diversificazione e non solo di autoconsumo, anche attraverso le misure del PNRR dedicate alla transizione verde.
“Sul fronte energetico, come Confagricoltura ha sempre sottolineato, è proprio l’agricoltura che può essere in prima linea per contribuire a diminuire la dipendenza energetica italiana dall’estero, a partire dal gas russo, attraverso il biogas agricolo. Abbiamo calcolato – continua Brondelli – che in poche settimane possiamo aumentare del 20% la produzione elettrica da biogas, per arrivare ad un aumento fino al 200% entro i prossimi tre anni. Importante anche la possibilità di utilizzare il concime organico (digestato) per rispondere alla minore disponibilità di fertilizzanti chimici dalla Russia”.
Confagricoltura Alessandria, infine, apprezza anche le misure previste per il rafforzamento dei crediti d’imposta, per gli investimenti in beni immateriali, per la formazione del personale dipendente finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze tecnologiche, nonché il credito d’imposta del 28% per gli autotrasportatori, riconosciuto per far fronte all’eccezionale incremento del costo del carburante. “Il primario – conclude il presidente dell’Organizzazione agricola provinciale Brondelli – con giusta attenzione e strategie appropriate può aumentare il suo già importante contributo al Paese, far crescere l’auto-approvvigionamento delle produzioni alimentari, limitare le dipendenze energetiche e contribuire a costruire una base economica solida e sostenibile per l’Italia”.




Industria della life science, il Piemonte apre una nuova fase

Il Piemonte si trova a cavallo tra due aree leader globali nelle life sciences: il bacino padano con Lombardia ed Emilia, e il Rhône-Alpes. Si viene così a creare un asse inedito che potrebbe replicare o addirittura estendere la Biovalley che già si è sviluppata tra Alsazia, Baden-Guttenberg e l’area di Basilea.

È questo uno dei temi discussi sulla base dello studio “L’industria della life science, il futuro del Piemonte?” nel corso di un evento promosso da Confindustria Piemonte, Ires Piemonte e UniCredit.

Lo studio parte dai dati globali. Nel mondo sono in fase di studio 15.000 nuovi farmaci, di cui 7.000 sono già in fase clinica. Gli investimenti stimati tra il 2019 e il 2024 sono pari a mille miliardi di dollari. Nel nostro Paese la filiera delle scienze della vita registra un valore della produzione di oltre 225 miliardi di euro, un valore aggiunto di 100 miliardi e 1,8 milioni di addetti. Il valore aggiunto totale (considerando anche l’indotto) corrisponde al 10% del PIL nazionale. Analizzando i grandi poli europei, la sola Biovalley che è oggi l’hot-spot leader in Europa, comprende 40 istituzioni scientifiche, 900 aziende (incluso il 40% delle più grandi aziende farmaceutiche del mondo), 100.000 studenti e più di 11 Life Science Parks. A Lione il polo Life science and health dà lavoro 72.500 persone, il 12% di tutta l’occupazione locale, con 2.100 stabilimenti con dipendenti e 1.600 studi clinici condotti ogni anno. A Milano, solo lo Human Technopole è una realtà in grado di attrarre 1.500 ricercatori, e si sta sviluppando all’interno di una filiera della salute che ha generato nel 2018 oltre 25 miliardi di euro di valore aggiunto e un indotto di oltre 24 miliardi.

Il Piemonte può invece contare oltre un quinto delle 571 imprese censite da Assobiotec, piazzandosi al secondo posto dopo la Lombardia, mentre è leader nell’incubazione di start-up, con il 24% del totale nazionale. Il cuore pulsante di questo ecosistema è il Bioindustry Park Silvano Fumero, oggi società benefit, creato negli anni’ 90 con una governance mista pubblica (Finpiemonte, Città Metropolitana di Torino, Camera di Commercio di Torino, Confindustria Piemonte e Confindustria Canavese) e privata. Oltre 27.000 metri quadri sono adibiti a laboratori, uffici, impianti pilota.

Sono 42 i soggetti insediati tra cui 5 grandi imprese, una media, 29 piccole, 4 centri di ricerca, 2 associazioni e la Fondazione ITS Biotecnologie e Nuove Scienze della vita, per un totale di più di 600 addetti. Uno sviluppo accelerato dal Polo di innovazione BioPmed, che integra importanti punti di forza nella ricerca (4 Università, Politecnico di Torino e centri di ricerca quali Fondazione Edo ed Elvo Tempia, Centro di Biotecnologie Molecolare MBC, INRIM Istituto nazionale di ricerca metrologica, Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte e della Valle d’Aosta), multinazionali del farmaco di importanza internazionale quali Bracco Imaging,  Merck Serono-RBM, AAA – Advanced Accelerator Applications a Novartis Company, insieme a piccole medie imprese che hanno saputo attingere a fondi di venture capital. A questa realtà consolidata, si affiancherà il Parco della Salute, della Ricerca e dell’Innovazione di Torino in grado di generare ulteriori sinergie fra sanità, ricerca, didattica, imprenditoria e residenzialità. L’obiettivo è ospitare più di 500 ricercatori, costituendo un’adeguata massa critica per sostenere la competizione internazionale nella filiera della salute, e accelerare il trasferimento tecnologico.

Il Piemonte si sta muovendo nella giusta direzione, forte della sinergia fruttuosa tra pubblico e privato, tra centri di formazione e ricerca avviata nell’ultimo ventennio. Penso all’importanza che ha avuto per il Bioindustry Park la presenza tra i soci fondatori del Gruppo Bracco, una delle realtà italiane più importanti nel settore e che, insieme a Merck, è stata propulsore grazie all’investimento costante in ricerca e innovazione e a interlocutori pubblici attenti a valorizzare l’opportunità. Oggi il Bioindustry Park può essere modello per lo sviluppo di un distretto con vision internazionale e attrattivo per le molte aziende interessate a investire nel comparto. Con un occhio di riguardo, sempre, allo sviluppo della ricerca, che è alla base di ogni ideazione, e alla capacità di fare rete anche trasversale con settori diversificati” spiega Fiorella Altruda, presidente Bioindustry Park.

Confindustria Piemonte ha inserito il settore della Life Science fra i 10 obiettivi verticali, 10 settori produttivi, 10 eccellenze sui quali puntare per il futuro della nostra economia, con il Piano Industriale del Piemonte, grazie agli investimenti che saranno resi possibili attraverso le risorse del PNRR e della prossima programmazione europee. Quello di oggi è un ulteriore confronto per la messa a terra delle risorse e permettere alle nostre Imprenditrici, ai nostri Imprenditori e ai nostri concittadini di cogliere le opportunità offerte dal PNRR e dai Fondi Strutturali per una nuova visione del futuro con, al centro, il lavoro e la ricostruzione della ricchezza, non solo economica ma anche sociale e culturale” ha sottolineato Marco Gay,  presidente di Confindustria Piemonte.

La natura senza precedenti della pandemia da Covid-19 ha dimostrato ancora una volta l’importanza di investire in ricerca e nell’innovazione, in tutti i settori dell’economia e, in particolare, in Life Science, dove le aziende biotecnologiche, farmaceutiche e di dispositivi medici sono state fondamentali per contenere e risolvere la crisi sanitaria. L’innovazione è per UniCredit una priorità e oggi più che mai, deve parlare un linguaggio globale. Con UniCredit Start Lab favoriamo le connessioni tra le start-up e le controparti sia industriali che finanziarie. In Italia, negli ultimi anni, abbiamo messo in contatto le start-up più promettenti con oltre 700 aziende e 800 investitori” ha spiegato Giusy Stanziola, del Start Lab & Development Programs di UniCredit.

Tornando ai dati dello studio, oggi il settore piemontese del farmaco in senso stretto, pesa in termini di imprese attive per il 5,71% sul totale nazionale, e circa l’8,8%, comprendendo anche i dispositivi biomedicali e il 7% sul totale dei servizi. In termini di addetti vale il 4,5% per il segmento manifatturiero e il 9,4% per quello dei servizi. Per quanto attiene alla produzione dei farmaci il Piemonte vale invece l’1% in termini di occupati e fatturato, e il 2,2% dell’export, pari a quasi un miliardo nel 2021.

In Piemonte ci sono 39 aziende in questo settore, e circa tremila sono gli occupati. La crescita del fatturato è costante a ritmi del 30% negli ultimi cinque anni, e del valore aggiunto (+36%). Ancora meglio la redditività, con un costo per addetto che è passato da 57.813 euro nel 2016 a 64.9992 euro, a fronte di ricavi pro-capite per lavoratore saliti da 331.987 a 401.091 euro.

La Lombardia genera 14,4 miliardi di ricavi dalle vendite, il Piemonte è staccato ad appena 801 milioni. Il comparto delle apparecchiature elettromedicali ed elettroterapeutiche registra un export di 800 milioni, di cui il Piemonte detiene una quota del 10%. Le vendite equivalgono a 160 milioni, raddoppiate rispetto al 2016.

Lungo tutta la filiera Life Science, decisivo è infine il ruolo del capitale umano. Secondo lo studio va sviluppata la formazione del medico ricercatore, per cui in Italia manca il sostegno e il coordinamento delle piccole esperienze frammentarie in corso. Nell’ambito dei corsi di laurea in biotecnologie e medicina sono da potenziare percorsi di formazione alla ricerca, integrati con i programmi di specializzazione e di dottorato, per consentire a studenti di alto potenziale l’avvio di una carriera nel campo della ricerca. Serve poi lo sviluppo dei dottorati industriali per favorire il trasferimento tecnologico, coinvolgendo le imprese del settore Life Science. Fondamentale sarà anche avviare con il sistema privato un tavolo di confronto, e Confindustria Piemonte ha ribadito l’impegno a fornire il suo contributo come interlocutore intermedio.

 




Confagricoltura: boom di acquisti di uova da parte delle famiglie, ma le imprese di allevamento sono in difficoltà

L’aumento dei costi energetici e il rincaro delle materie prime mette in difficoltà le imprese di allevamento avicolo. In Piemonte il comparto che può contare su 852 allevamenti avicoli (con oltre 22 milioni di animali allevati tra galline, anatre, faraone, polli da carne, tacchini, etc.).
In quest’ambito nella nostra regione sono attivi 339 allevamenti di galline ovaiole, con 2,6 milioni di capi allevati (6,3% del totale nazionale), che danno lavoro direttamente a oltre 1.000 addetti, per un fatturato all’origine che sfiora i 90 milioni di euro.
“Le spese per la produzione continuano a aumentare: al rincaro del prezzo dei mangimi negli ultimi mesi si è aggiunto, in modo pesante, il costo dell’energia – spiega Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte – che impatta negativamente sulla redditività delle imprese”.

Oreste Massimino, presidente degli allevatori avicoli di Confagricoltura Piemonte, aggiunge: “Anche se molte aziende hanno già attivato impianti per la produzione di energia da fonti solari, l’estate di quest’anno è stata particolarmente calda e le temperature elevate hanno costretto gli allevatori ad aumentare le spese per la ventilazione forzata e il raffrescamento degli ambienti, per garantire un adeguato livello di benessere animale”.
Il mercato delle uova è tonico; il costo al consumo contenuto, soprattutto in rapporto all’energia fornita e alla qualità delle produzioni, sta facendo crescere i consumi. Ogni italiano, mediamente, tra prodotto fresco e alimenti trasformati, consuma circa 219 uova all’anno. I listini all’ingrosso delle uova sono aumentati, ma l’incremento dei costi produttivi e la situazione di incertezza per l’andamento degli approvvigionamenti energetici disincentiva gli allevatori, che guardano con timore al futuro.
“In assenza di misure adeguate – dichiara Gabriella Fantolino, titolare di un’azienda di allevamento a Fiano Torinese e vicepresidente degli allevatori avicoli di Confagricoltura Piemonte – si rischia di andare incontro a una forte contrazione delle produzioni, anche a causa dei probabili ulteriori aumenti dei costi che si profilano nei prossimi mesi a seguito del peggiorare della crisi dovuta al conflitto russo-ucraino.”

Per questi motivi, oltre ai sostegni diretti agli allevatori già previsti a livello comunitario e nazionale e a quelli indispensabili e urgenti finalizzati a contenere il costo dell’energia, è importante che nelle sedi istituzionali competenti si promuovano azioni idonee a riposizionare sul mercato, in un ambito economicamente sostenibile, le uova di gallina prodotte in Piemonte, facendo in modo che le aziende possano collocare la produzione recuperando i costi di produzione. “Chiediamo maggiore attenzione dal mondo politico e dalle istituzioni – aggiunge Allasia – intervenendo per non disperdere un patrimonio di conoscenza e competenza di un comparto che produce proteine per l’alimentazione a un costo davvero contenuto per le famiglie”.

La filiera delle uova in Italia è costituita da circa 2.600 allevamenti, con 41 milioni di capi (75% al Nord), per una produzione annua di 12,6 miliardi di uova e un valore della produzione all’origine di 1,4 miliardi di euro.

Comunicato stampa