La Città metropolitana di Torino fotografa il divario di genere fra i suoi dipendenti

La Città metropolitana di Torino aveva, alla fine del 2020, 789 dipendenti, di cui 426 di sesso maschile e 363 di sesso femminile. Su 15 dirigenti, 6 erano di sesso femminile, ma nelle categorie D e C, che includono i funzionari, le donne erano più numerose (categoria D 144 uomini, 149 donne, categoria C 107 uomini, 185 donne). E anche con un livello più elevato di istruzione: le donne laureate erano il 18% contro il 12% dei dipendenti di sesso maschile. Il divario fra i due sessi, dal punto di vista del lavoro nell’Ente di area vasta, insomma, risultava abbastanza contenuto (e lo è ancora, nonostante i mutamenti nell’organico avvenuti nel 2021, che non inficiano però il quadro generale). Ma come nel resto d’Italia, sulle donne pesa decisamente di più la conciliazione delle esigenze familiari sulla vita lavorativa e quindi fanno un ricorso più elevato alle opportunità a disposizione: permessi, part time, aspettativa, vicinanza al luogo di lavoro.

È quanto emerge da un’indagine interna avviata dalla Direzione Istruzione e sviluppo sociale della Città metropolitana di Torino e sviluppata grazie al lavoro di una tirocinante, Anna Maria Berloco Scalera del corso di laurea magistrale Politiche e servizio sociale, per capire chi sono le lavoratrici della Città metropolitana, quali ruoli ricoprono, quali sono stati i loro percorsi scolastici e di carriera: i risultati sono stati presentati in occasione della Giornata internazionale della donna, lunedì 7 marzo nella sede di corso Inghilterra e on line: come ogni anno, un’occasione di incontro con le dipendenti e i dipendenti dell’ente .

La ricerca ha cercato di raffigurare le funzioni ricoperte dalle donne nelle diverse Direzioni e all’interno delle Società partecipate, raccogliendo storie, esperienze e riflessioni delle lavoratrici che, con impegno e creatività, sono riuscite a trovare un equilibrio tra differenti ruoli e conciliare la cura della famiglia con la propria realizzazione professionale.

“Questo è il primo degli incontri della rassegna che abbiamo chiamato Women@work“ ha spiegato la consigliera delegata metropoliattana alle politiche sociali e di parità Valentina Cera “che proseguirà con altri appuntamenti, perché l’attenzione alle tematiche di parità deve essere una costante. Oggi c’è una direttiva europea che impone alle pubbliche amministrazioni di porre rimedio al gender gap per poter accedere ai finanziamenti dei fondi europei. Anche se la situazione è migliorata, le donne sono più istruite e hanno più opportunità, esiste sempre quell’invisibile tetto di cristallo che le fa arrivare sempre un po’ sotto agli uomini”.

Un “tetto” che si ripresenta in svariate situazioni, dai convegni- come hanno sottolineato la consigliera delegata alle attività produttive Sonia Cambursano e la consigliera di Parità della Città metropolitana Michela Quagliano – così come nello smartworking – a cui ha dedicato una relazione dal titolo “L’equilibrio tra lavoro e vita privata nel post pandemia” di Sonia Bertolini, professoressa associata in Sociologia del Lavoro presso il Dipartimento cultura politica e società dell’Università degli studi di Torino: per molte donne il lavoro agile rappresenta un’opportunità per conciliare meglio vita privata e lavoro ma spesso anche una dimensione “porosa” in cui le due dimensioni si confondono e sovrappongono e che si rivela particolarmente stressante.




CNA Impresa Donna Piemonte: “Il lavoro delle donne è strategico, contribuisce a crescita dell’economia”

Il Piemonte è la seconda Regione del Nord Ovest per presenza di imprenditrici

Resilienti, combattenti, creative, tenaci, innovative, consapevoli di essere una risorsa per il Paese. Dopo tante parole oggi le donne lavoratrici sono in attesa di azioni concrete. Il lavoro delle donne, se sostenuto e riconosciuto finalmente strategico, contribuisce alla crescita dell’economia e alla creazione di una società più giusta.

Per le donne imprenditrici della CNA Piemonte la via maestra verso la parità di genere passa per la promozione della cultura del lavoro e dell’autoimprenditorialità. Il primo passo per conseguire effettive pari opportunità, combattere la violenza sulle donne e innalzare la qualità della loro vita è infatti il raggiungimento dell’indipendenza economica e una sempre maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Mai come ora è determinante rilanciare e valorizzare l’occupazione femminile, sia attraverso il lavoro autonomo che attraverso quello subordinato. L’Europa, con un piano di grandi riforme e di investimenti strutturali indispensabili per la ripresa, ha chiesto al nostro Paese un impegno chiaro che possa condurre al superamento dei tanti gap riguardanti il lavoro femminile. La risposta del policy maker italiano è stata pronta: parte degli obiettivi del PNRR vanno proprio in questa direzione.

“Tra i principali ostacoli che le donne affrontano quotidianamente nel fare impresa vi sono la difficoltà di conciliare gli impegni familiari con la vita professionale e il persistere di opportunità di guadagno economico non soddisfacenti, sia se considerate in termini assoluti sia rispetto a quelle maschili. È tuttavia significativo che, pur operando in condizioni talora meno favorevoli di quelle degli uomini, le imprenditrici si siano ricavate uno spazio sempre più ragguardevole nel sistema produttivo del Paese e forniscano un apporto considerevole alla crescita dell’economia italiana.

Superare le disparità di genere in maniera strutturale è di vitale importanza affinché le donne possano esprimere il loro massimo potenziale, affermando pienamente il loro ruolo di “risorsa primaria” e non ancillare per lo sviluppo del Paese”, afferma la presidente di CNA Impresa Donna Piemonte Rossella Calabrò, forte dei dati contenuti nello studio L’Imprenditoria femminile in Italia, pubblicato oggi dal Centro Studi di CNA.

I numeri del Piemonte

Il Piemonte è la seconda Regione del Nord Ovest con il maggior numero di donne imprenditrici.

Per capire meglio il dato nazionale occorre guardare le cifre riportate da Unioncamere Piemonte sul bilancio anagrafico delle imprese femminili nel 2021.

A fine dicembre 2021 le imprese femminili con sede in Piemonte ammontavano a 96.433 unità, in aumento rispetto alle 95.879 del 2020, ma ancora leggermente inferiori rispetto alle 96.591 di fine 2019.

Le aziende in rosa rappresentano una fetta importante del tessuto imprenditoriale regionale, raggiungendo una quota del 22,5% delle imprese complessivamente registrate in Piemonte; operano prevalentemente nei settori del commercio, dell’agricoltura e dei servizi alla persona; nel 11,8% dei casi sono guidate da straniere; il 10,8% è amministrato da giovani imprenditrici: è questo l’identikit delle imprese femminili registrate in Piemonte.

Nel corso del 2021, il Registro imprese delle Camere di commercio piemontesi ha registrato la nascita di 6.138 imprese femminili, a fronte delle 5.403 che hanno, invece, cessato la propria attività (al netto delle cancellazioni d’ufficio): il saldo tra i due flussi è risultato, dunque, positivo per 735 unità, traducendosi in un tasso di crescita del +0,8%.

Sebbene il dato sia meno brillante rispetto a quello del sistema imprenditoriale valutato nel suo complesso (+1,1%), l’imprenditoria femminile piemontese manifesta una maggiore vivacità, sia in termini di natalità (tasso del 6,4%, a fronte del 5,9% registrato per il totale delle imprese), che di mortalità (tasso del 5,6%, contro un 4,8%).

La dinamica mostrata dalla componente femminile del tessuto imprenditoriale piemontese appare, tuttavia, meno intensa rispetto a quanto osservato a livello complessivo nazionale (+1,5%).

Un quarto delle 96.433 imprese guidate da donne svolge la propria attività nel commercio, seguito, a distanza ragguardevole, dalle attività dell’agricoltura, che concentrano il 13,3% delle realtà imprenditoriali, e dalle altre attività dei servizi, in cui trovano spazio le attività dei servizi alla persona, che convogliano il 12,0% delle aziende. Quote significative di imprese femminili operano, inoltre, nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (9,8%) e in quelle immobiliari (7,8%).

Valutando l’incidenza delle imprese femminili sul totale delle registrate per settore, si segnala l’importante specializzazione femminile delle altre attività dei servizi (oltre il 57,6% delle imprese è amministrato da donne), delle attività di alloggio e ristorazione (31,3%) e di noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (30,5%).

Analizzando la dinamica espressa dalle imprese nel corso nel 2021 emerge come, a fronte di una crescita complessiva dello 0,8%, esistano rilevanti differenze settoriali.

Le imprese femminili hanno subito ancora una contrazione nel comparto agricolo (-1,5%) e sono rimaste sostanzialmente stabili in quello turistico (-0,1%). Uno sviluppo di intensità limitata ha riguardato le altre attività di servizi (+0,6%), il commercio e l’industria manifatturiera (entrambi i settori con un tasso di crescita del +0,8%). Le attività immobiliari hanno vissuto un incremento dell’1,2% e il Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese del +3,1%. Il ritmo espansivo ha assunto maggior intensità nelle attività finanziarie e assicurative (+3,6%), nel comparto delle costruzioni (+4,2%) e soprattutto nelle attività professionali scientifiche e tecniche (+6,4%).

Le Province piemontesi

L’analisi territoriale rivela come la componente femminile assuma una rilevanza maggiore nei sistemi imprenditoriali di Alessandria (23,2%) e di Novara, Verbania e Asti, realtà in cui le imprese femminili rappresentano il 23,0% delle imprese provinciali. A Vercelli l’incidenza delle imprese “in rosa” si attesta al 22,9% e a Cuneo al 22,6%. Al di sotto della media regionale, infine, risulta la concentrazione di imprese femminili a Torino (22,3%) e a Biella (20,8%).

Quanto alla dinamica esibita nel corso del 2021, si evidenziano variazioni positive per la maggior parte delle province. Solo Alessandria (-0,3%) e Cuneo (-0,2%) segnano dati ancora, seppur debolmente, negativi. Asti registra una variazione piatta (+0,1%), mentre Biella manifesta una crescita di mezzo punto percentuale, seguita a breve distanza da Vercelli (+0,6%).

Al di sopra della media regionale appare il risultato delle imprese in rosa di Verbania (+0,9%), Novara (+1,3%) e Torino (+1,3%).

Non solo impresa. Donne lavoratrici in proprio e dipendenti.

Riprendendo nuovamente le conclusioni del report nazionale del Centro Studi CNA, nel 2020 il tasso di occupazione femminile italiano (percentuale delle donne occupate rispetto alla popolazione femminile in età lavorativa) si attestava al 52,1%, quasi venti punti meno rispetto a quello maschile (71,8%). Oltre a risultare il secondo più basso dell’Unione Europea (solo in Grecia la percentuale di donne che lavorano è più bassa che in Italia), il tasso di occupazione femminile si è ridotto in maniera più marcata di quello maschile rispetto al 2019 (rispettivamente -2,0 punti percentuali contro -1,5 punti percentuali) evidenziare quanto la pandemia esplosa in quell’anno sia stata penalizzante soprattutto per le donne, sia a causa della specializzazione produttiva, che le vede più presenti nei settori più colpiti dalla crisi (moda, settore turistico, servizi per la persona, organizzazione di eventi), sia perché “costrette” a dovere provvedere all’assistenza di figli e anziani durante i mesi del lockdown.

Oltre ad avere meno opportunità lavorative, le donne in Italia continuano a percepire retribuzioni più basse di quelle maschili a parità di lavoro e mansioni. Basti dire che, nella media delle imprese del settore privato, la retribuzione oraria dei dipendenti di sesso maschile supera quella femminile di 7,2 punti percentuali.

Occorre però sottolineare come gli squilibri retributivi che penalizzano le donne diminuiscono in modo considerevole con il ridursi della dimensione di impresa, dice CNA nel suo report. Se infatti la retribuzione oraria maschile supera quella femminile di 17,1 punti percentuali nelle grandi imprese, nelle microimprese il differenziale retributivo tra uomini e donne si assottiglia notevolmente e non tocca i 2 punti percentuali (+1,8% a favore degli uomini).

 

I dati appena citati, riguardanti i divari salariali e l’impegno lavorativo delle donne nel sistema produttivo, evidenziano quanto nelle imprese più piccole l’aspetto relazionale tra lavoratori e datori di lavoro risulti fondamentale e come la conoscenza diretta tra loro, facilitata proprio dalla piccola dimensione aziendale, consenta una valutazione dei dipendenti legata al merito, alla efficienza e non influenzata da pregiudizi di alcun tipo.

Considerazioni analoghe possono essere effettuate a proposito della presenza delle lavoratrici dipendenti nelle imprese suddivise secondo la dimensione. Complessivamente, le lavoratrici rappresentano il 40,5% dell’occupazione totale delle imprese nel settore privato. Questa quota risulta però molto più elevata nelle microimprese (0-9 addetti) nelle quali supera i 47 punti percentuali.

 

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Confagricoltura Alessandria sull’Ucraina: no al protezionismo alimentare

“Spetta alla Commissione Europea il compito di assicurare il regolare funzionamento del mercato unico. Va respinto qualsiasi tentativo di ‘protezionismo alimentare’ tra gli Stati membri dell’Unione”.

E’ la ferma presa di posizione del presidente di Confagricoltura Alessandria, Luca Brondelli, sulla decisione assunta dal Governo ungherese di sospendere le esportazioni di grano per assicurare i rifornimenti interni e contenere la crescita dei prezzi.
“Anche la Bulgaria – aggiunge Brondelli – ha stabilito di aumentare per precauzione gli stock pubblici di cereali per un ammontare di 1,5 milioni di tonnellate, con il risultato pressoché scontato di ridurre i volumi delle vendite all’estero”.


“A seguito dei drammatici avvenimenti in corso in Ucraina, i mercati internazionali delle principali materie prime agricole sono sotto pressione
– sottolinea il Presidente di Confagricoltura Alessandria – ma vanno respinte le iniziative nazionali unilaterali all’interno dell’UE. La capacità produttiva di cereali dell’Unione è tale da poter gestire anche questa difficilissima situazione. Serve però un coordinamento della Commissione, alla quale abbiamo già chiesto di rimuovere, in vista dei nuovi raccolti, i limiti all’utilizzo dei terreni agricoli”.

L’auspicio di Confagricoltura Alessandria è che la crisi in Ucraina si risolva il più rapidamente possibile al tavolo negoziale. Dagli eventi in atto emerge comunque la necessità di verificare se le scelte fatte sulla nuova PAC siano idonee a salvaguardare la capacità produttiva europea e l’efficienza delle imprese che producono per il mercato.

“C’è anche un altro elemento a destare forte preoccupazione: nei giorni scorsi il ministero dell’Industria e del Commercio della Russia ha raccomandato agli operatori di sospendere le esportazioni di fertilizzanti. Le vendite all’estero di nitrato di ammonio sono già state bloccate fino ad aprile. Le conseguenze possono essere particolarmente pesanti sul piano della disponibilità e dei prezzi. Rischiamo una contrazione dei raccolti” commenta il Presidente dell’Organizzazione agricola alessandrina.

La Federazione Russa produce 50 milioni di tonnellate di fertilizzanti, circa il 15% dell’intera produzione mondiale. L’Unione Europea e il Brasile sono i principali acquirenti. “La situazione va attentamente monitorata – puntualizza infine Brondelli – Potrebbe rendersi indispensabile una reazione concertata in sede multilaterale per garantire al massimo le operazioni colturali in vista dei nuovi raccolti”.




Pnrr e transizione digitale, l’Istat nel Progetto del Catalogo Nazionale Dati

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede una linea di investimento dedicata alla Transizione Digitale e, in particolare, alla componente dati e all’interoperabilità tra le basi informative delle pubbliche amministrazioni, denominata Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND).

L’investimento prevede la realizzazione di un Catalogo Nazionale Dati (NDC), con l’obiettivo di fornire un modello e uno standard comune e favorire lo scambio, l’armonizzazione e la comprensione delle informazioni tra le amministrazioni pubbliche nell’ambito della Piattaforma Digitale Nazionale Dati. Il Catalogo metterà a disposizione degli enti vocabolari controllati e classificazioni capaci di rendere più funzionale l’accesso a basi informative diverse.

Ciò sarà reso possibile attraverso un lavoro di mappatura delle banche dati e dei flussi informativi, di documentazione di schemi di dati e distribuzione del catalogo. Tutto nell’ottica di un rafforzamento della sicurezza nella PA, in termini di cybersecurity e di maggiore efficienza e accessibilità dei servizi.

Grazie alle proprie competenze tecniche e metodologiche, l’Istat sarà il soggetto attuatore del progetto Catalogo Nazionale Dati, fornendo anche servizi di formazione e di supporto per accompagnare le pubbliche amministrazioni nel percorso di transizione digitale.
Per gestire la complessità del progetto è prevista la costituzione di: un Comitato di attuazione per il governo e l’indirizzo dell’accordo, cui partecipano il Dipartimento per la trasformazione digitale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Istat, ma aperto anche ad altri possibili soggetti pubblici, quali Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), PagoPA e Cnr.

Per lo sviluppo del Piano progettuale, che prevede un budget di 10,7 milioni di euro, è richiesto un importante impegno di risorse umane di elevata competenza tecnica da reclutare mediante nuove assunzioni. Per l’Istat, specificatamente, è previsto il reclutamento fino a 25 persone a tempo pieno.

 




Cuneo. Nel 2021 sono nate 852 aziende a conduzione femminile

Le imprese femminili iscritte al 31 dicembre 2021 al Registro camerale sono 14.950 con un’incidenza del 22,6% sull’universo delle imprese complessivamente registrate in provincia di Cuneo e un grado di imprenditorialità esclusivo  dell’86,9%, più alto rispetto a quello regionale e nazionale (rispettivamente dell’82,9% e dell’80,9%). Più di tre su dieci svolgono la propria attività nel settore dell’agricoltura, otto su dieci sono imprese individuali, l’11,5% è guidato da giovani donne, il 7,3% è amministrato da straniere: è questo l’identikit della componente femminile del sistema imprenditoriale cuneese nel 2021.

 

 

L’analisi dei dati del Registro imprese della Camera di commercio di Cuneo evidenzia come anche le imprese femminili abbiano sofferto le criticità registrate dal sistema imprenditoriale nel suo complesso e, in particolare, le ricadute negative della pandemia. A fronte della nascita di 852 aziende a conduzione femminile, quota in aumento rispetto al 2020 quando le iscrizioni ammontarono a 737, ne sono cessate 883 (al netto delle cancellazioni d’ufficio), numero inferiore rispetto alle 929 dell’anno precedente.

Il saldo tra i due flussi (iscrizioni e cancellazioni non d’ufficio) è negativo per 31 unità e si traduce in un  tasso di  crescita, comunque migliore rispetto a quello registrato nel 2020, del -0,2%, conseguenza di un discreto dinamismo sul fronte della natalità (+5,7%) non compensato da quello della mortalità (+5,9%)Il dato è meno positivo sia rispetto a quello piemontese (+0,8%) e a quello nazionale (+1,5%), ma migliore rispetto al tasso di crescita registrato in ambito provinciale dal tessuto imprenditoriale complessivo (-0,6%). A livello regionale le imprese femminili della provincia di Cuneo, con un peso del 15,5%, si posizionano subito dopo quelle della provincia di Torino.

Le imprese femminili in provincia di Cuneo e in Piemonte

Anno 2021

Imprese femminili registrate Tasso imprese femminili* Tasso di crescita
Cuneo 14.950 22,6% -0,2%
Piemonte 96.433 22,5% 0,8%

Fonte: elaborazione Camera di commercio di Cuneo su dati InfoCamere

* % di imprese femminili sul totale delle imprese registrate

 

 

L’analisi della presenza delle imprese femminili nei diversi settori economici evidenzia che il comparto merceologico più rappresentato è quello dell’agricoltura (32,4%), che quasi un’impresa su cinque svolge attività commerciali e che più di una su dieci è impegnata nelle altre attività dei servizi, incluse parrucchiere e lavanderie. Quote significative operano, inoltre, nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (9,2%) e nelle attività immobiliari (6,1%). Valutando l’incidenza delle imprese femminili sul totale delle registrate per settore spicca la forte specializzazione femminile nelle altre attività dei servizi (il 64,9% delle aziende del settore è amministrato da donne) e nei servizi di ricettività, con alberghi e ristoranti (34,5%).

Esaminando in dettaglio i singoli settori emergono dinamiche diverse. Alla contrazione dello stock registrato nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (-0,8%) e alla stabilità del commercio (0,0%), si contrappone la crescita del numero di imprese femminili iscritte in agricoltura (+8,3%), nelle attività immobiliari (+3,3%) e nelle altre attività di servizi (+1,7%).

 

I principali settori di attività economica delle imprese femminili

registrate in provincia di Cuneo

Anno 2021

Settore  Imprese femminili registrate al 31/12/2021 Tasso imprese femminili % sul totale delle imprese femminili Tasso di var. % annuo dello stock
Agricoltura, silvicoltura, pesca 4.851 25,8% 32,4% 8,3%
Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli 2.813 24,4% 18,8% 0,0%
Altre attività di servizi 1.763 64,9% 11,8% 1,7%
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione 1.369 34,5% 9,2% -0,8%
Attività immobiliari 913 21,4% 6,1% 3,3%

Fonte: elaborazione Camera di commercio di Cuneo su dati InfoCamere

 

L’analisi per forma giuridica conferma che le imprenditrici prediligono organizzare la propria attività come ditta individuale, opzione scelta nel 75,6% dei casi, a fronte di una frequenza del 61,9% osservata a livello complessivo provinciale. Tale scelta è favorita dalla minor onerosità di avvio di questa forma giuridica anche se un rapido turnover è evidenziato da elevati tassi di natalità (6,2%) e mortalità (6,7%). Seguono le società di persone e le società di capitale con incidenze del 14,9% e 8,0% (sono rispettivamente il 22,3% e il 13,6% per l’universo delle imprese cuneesi). Chiudono le altre forme giuridiche, tra le quali trovano spazio le cooperative, che riuniscono l’1,5% delle aziende a conduzione femminile.

 

“Durante la pandemia l’imprenditorialità femminile è stata fortemente penalizzata, ma constato con piacere che i dati resi noti dalla Camera di commercio rappresentano la grande determinazione delle donne cuneesi – sottolinea Egle Sebaste, presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile. Superata la fase più critica dell’emergenza sanitaria le imprese femminili sono tornate a svilupparsi in modo piuttosto significativo. Il Comitato per l’Imprenditoria Femminile – continua Sebaste – è disponibile a fornire supporto alla crescita personale delle imprenditrici su temi essenziali quali la finanza aziendale, il self improvement e la capacità di fare rete.”

 

L’esame della natimortalità delle imprese femminili per forma giuridica rivela un graduale processo di strutturazione delle attività per far fronte alle nuove sfide di mercato: le società di capitale hanno registrato un tasso di crescita positivo (+3,0%), frutto di una natalità (+6,6%) quasi doppia rispetto all’indice di mortalità (+3,6%). Il saldo tra i flussi di iscrizioni e cessazioni è, invece, negativo per tutte altre forme giuridiche. Chiudono infatti il 2021, con un tasso  di  crescita  di segno meno, le società di persone (-0,4%), le imprese individuali  (-0,5%) mentre le altre forme sono stabili.

 

 

Fonte: Camera di commercio di Cuneo su dati InfoCamere

 

 

 

 

 

 




“Via le plastiche dalle Alpi” di European Research Institute e PoliTO

23 escursioni, di cui 15 con pulizia di 197 km di sentieri per un totale di 98 kg di rifiuti di plastica raccolti (circa mezzo chilo a km), 20 campionamenti di neve prelevati in 5 aree della Alpi occidentali dal versante piemontese del Gran Paradiso alle Alpi Marittime, 238 volontari coinvolti: questi alcuni dei numeri da presentare giovedì 3 marzo presso il Politecnico di Torino per A-Stop the ALPs becoming Plastic MountainsEvitiamo che le Alpi diventino montagne di plastica.

Il progetto altamente innovativo e sviluppato nel corso di tutto il 2021, è stato ideato e realizzato dall’European Research Institute di Torino, e ha goduto del fondamentale apporto scientifico del Dipartimento di Scienze Applicate e Tecnologia del Politecnico di Torino, coordinato dalla professoressa Debora Fino e dall’ingegner Camilla Galletti.

 

Il progetto, il primo sulle Alpi, di queste dimensioni geografiche e con questa varietà di interventi, si è sviluppato su diversi livelli: sensibilizzazione all’inquinamento da plastica, educazione, formazione, prevenzione, ricerca.

A “monte” di questa attività una larga compagine di attori: 4 rifugi alpini ‘pilota’; 8 scuole, 33 classi, 660 studenti coinvolti (dalle elementari alle scuole superiori); 19 eventi di formazione per professionisti della montagna, 56 ore, 380 partecipanti.

 

Stop the ALPs becoming plastic mountains si è svolto in collaborazione con i rifugi Guido Muzio (valle Orco-Gran Paradiso), Les Montagnards (val d’Ala-valli di Lanzo), Selleries (val Chisone-Parco Orsiera Rocciavré) e Pagarì (valle Gesso-Parco Alpi Marittime) e finanziato da European Outdoor Conservation Association (EOCA) che ha premiato la proposta – insieme ad altre 5 in ogni angolo del Pianeta: Brasile, Colombia, Spagna e Gran Bretagna – al termine di una selezione tra 180 programmi da tutto il mondo. Il progetto ha l’obiettivo di proteggere l’habitat di alta montagna, uno degli ultimi ambienti incontaminati dell’Europa meridionale, dall’inquinamento da plastica perché, contrariamente a quanto si possa pensare, azioni indiscriminate e incoscienti contribuiscono a colpire anche i territori più selvaggi e puri delle vette alpine, quindi anche quella straordinaria biodiversità e quegli ambienti che sono alla base del benessere e dell’economia delle aree più avanzate dell’intera Europa. Un patrimonio messo a rischio non solo dal cambiamento climatico, ma anche dall’invasivo inquinamento da plastica.

 

In questi ultimi 5 anni – spiega Franco Borgogno, Responsabile Progetti Ambientali di European Research Institute – abbiamo acquisito una grande esperienza sul tema dell’inquinamento da plastica: dall’Artico al Mediterraneo, dai fiumi alla neve. Attraverso un’azione ‘sistemica’ e strutturale sulle montagne, vogliamo valorizzare e proteggere le Alpi come fonte di benessere per le grandi aree urbane che le circondano, l’intero continente, e i rifugi alpini come elementi chiave della sostenibilità e della sensibilizzazione”. E prosegue “Queste attività ci hanno permesso di coinvolgere un grande numero di persone e, grazie al successo che hanno riscosso, di poter proseguire il lavoro ampliando notevolmente l’area di intervento e il numero di iniziative. Con il nuovo progetto CleanAlps, che durerà fino al luglio 2023 ed è finanziato da The North Face Explore Fund, arriveremo a 40 interventi di pulizia sui sentieri di tutte le Alpi nord-occidentali, formeremo professionisti della montagna e relativi amministratori, e svolgeremo ulteriori interventi educativi nelle scuole, sensibilizzando la popolazione locale e non alla citizen science. Infatti, non solo puliremo i sentieri ma – seguendo i protocolli internazionali – catalogheremo tutto ciò che raccoglieremo in modo da registrare dati che rendano più semplice la prevenzione. Tutti potranno partecipare a questa attività di ricerca scientifica, immersi nella meraviglia delle Alpi: basta contattarci”.

 

“Questo progetto ha subito attirato la mia attenzione – spiega Debora Fino, Resources Manager del Green Team del Politecnico di Torino, “perché credo che una Università pubblica al servizio del Paese si debba impegnare per proteggere e salvaguardare uno tra i beni più preziosi che abbiamo, le Alpi, che costituiscono un patrimonio culturale di grande valore e un insieme di ecosistemi naturali di rara bellezza”.




Consiglio regionale: In Aula il Piano energetico ambientale regionale

La riduzione dei consumi, l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili e la costante ricerca dell’efficienza energetica sono i macrobiettivi del Piano energetico ambientale regionale (Pear).

L’assessore Matteo Marnati ha presentato ieri in Aula la proposta di deliberazione di approvazione del piano ricordando quanto dichiarato al Parlamento dal governo Draghi che sta “lavorando per evitare le conseguenze della crisi, dovuta ad un possibile ammanco di gas russo. Il piano di emergenza dovrebbe portare alla riduzione dei consumi e delle soglie di temperatura per il riscaldamento delle abitazioni e, al limite, anche alla sospensione delle forniture sia di metano e sia di energia elettrica”.

“Gli indirizzi del piano – ha proseguito Marnati – ci porteranno forse persino a superare gli obiettivi del pacchetto energia pulita, che sono stati posti a livello europeo in ottica di sostenibilità. Sono due gli obiettivi del Pear: orientare le politiche regionali nella direzione di quelle del pacchetto Clima energia del piano nazionale integrato; sostenere e promuovere una intera filiera industriale di ricerca. Tra le fonti, i tre assi principali sono: il rafforzamento della filiera corta della biomassa; spingere sul settore idroelettrico; promuovere l’energia solare. A cascata ci sarà spazio anche per l’energia eolica e lo sfruttamento del biogas. Entro il 2030 vogliamo ridurre del 30% il consumo di energia e portare al 50% le rinnovabili, solo elettriche, rispetto all’obiettivo totale del 27,6 %. Quindi i quattro settori principali sono: le fonti rinnovabili; l’efficienza energetica principalmente agendo sugli edifici civili e sui trasporti; le reti e la generazione distribuita; il potenziamento della green economy. Rileviamo che rispetto all’obiettivo posto dal Governo e, cioè, di avere almeno un 15% di produzione da energie rinnovabili nell’anno 2020, noi siamo già arrivati, in quella data, al 18%”.

Durante la discussione generale sono intervenuti: Alberto Avetta (Pd), Marco Grimaldi (Luv), Matteo Gagliasso (Lega), Sean Sacco (M5s), Carlo Riva Vercellotti e Paolo Bongioanni (Fdi), Giorgio Bertola (M4o) e Paolo Ruzzola (Fi).

Al termine della discussione generale è stato avviato l’esame di 11 dei trentasette emendamenti presentati: due dell’assessore Marnati sugli obiettivi fissati e nove di Marco Grimaldi (Luv) che sottolineano lo stato attuale della crisi climatica e ecologica.




Precariato in sanità, prorogati i contratti fino a fine anno

Come intende procedere la Regione Piemonte per stabilizzare il personale amministrativo sanitario finora coinvolto a tempo determinato? Questo il tema al centro dell’interrogazione a risposta immediata che il capogruppo Pd, Raffaele Gallo, ha rivolto all’assessore alla sanità Luigi Icardi.

“Nell’attesa di capire quali percorsi intraprendere per la stabilizzazione – sottolinea l’assessore Icardi –  abbiamo prorogato fino a fine anno i contratti. Le stabilizzazioni, sia in ambito sanitario che in ambito amministrativo nel settore sanità, sono vincolate ai limiti di spesa del Bilancio 2022 e a quanto è stato stabilito dalla Legge Madia per il personale della pubblica amministrazione assunto a tempo determinato. Due sono  le strade che abbiamo davanti:   la stabilizzazione diretta, per la quale  la legge prevede che il candidato possieda i seguenti requisiti: risultare in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge Madia con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione; sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime; sia stato reclutato a tempo determinato, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse; abbia maturato, al 31 dicembre 2022, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni. C’è poi, una seconda strada – conclude l’assessore –  che è quella della stabilizzazione per concorso. L’amministrazione può bandire un concorso pubblico, il quale deve essere riservato però, sino ad un massimo del 50% dei posti disponibili al personale precario che abbia maturato alcuni specifici  requisiti.”

“Nei periodi emergenziali, grazie ai fondi Covid si è riusciti a sopperire alla necessità di personale attraverso avvisi pubblici per assunzioni a tempo determinato. Tuttavia, queste persone che tanto si sono spese durante le ondate dell’emergenza, si trovano, oggi a dover convivere con una costante situazione di precariato e con contratti che sono solo stati prorogati” –  spiega il presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Raffaele Gallo.“Ritengo – prosegue  – che sia doveroso adoperarsi in tutti i modi possibili per una stabilizzazione definitiva.  un modo per rafforzare la sanità territoriale e non disperdere professionalità importanti per la nostra Regione. La proroga dei contratti fino alla fine dell’anno non è una soluzione, ma solo un rinvio del problema

Durante i question time è stata data risposta anche alle seguenti interrogazioni a risposta immediata di  Silvio Magliano (Moderati) In Piemonte il lavoro per i giovani è un miraggio. Come si sta muovendo questa Giunta per migliorare l’occupazione giovanile?; di Sean Sacco (M5S)  Problemi relativi alla mobilità delle persone in Valle Stura e Valle Orba. Blocco contemporaneo di più sistemi di trasporto; di Domenico Rossi (Pd) Criticità sulla delega alla cooperazione internazionale all’assessore Marrone; di Marco Grimaldi (Luv) su criticità del progetto del nuovo ponte sul torrente Ceronda a Venaria; di Alberto Avetta (Pd) su ASLTO4. A rischio 300 posti di lavoro.




Cia e Confagricoltura Alessandria: Pomodoro da industria: «Prezzo inaccettabile»

Trattativa sul prezzo del pomodoro 2022, Cia e Confagricoltura Alessandria dicono no alla proposta dell’industria: «Così non va: il prezzo è inaccettabile. Le aziende agricole stanno fronteggiando un aumento dei costi oltre il 20% con rincari energetici ormai fuori controllo e la morsa della siccità».
I produttori di pomodoro della provincia di Alessandria sono contrari alla proposta avanzata finora dall’industria. Si è bloccata a 94 euro a tonnellata la trattativa sul prezzo del pomodoro da industria per la campagna Nord Italia 2022. «È inaccettabile. Le aziende stanno fronteggiando un aumento dei costi oltre il 20% con rincari energetici ormai fuori controllo e la morsa della siccità che preannuncia onerosi interventi irrigui» commentano i presidenti provinciali Daniela Ferrando (Cia) e Luca Brondelli di Brondello (Confagricoltura). Intanto in Spagna e Portogallo l’accordo è già chiuso con un prezzo riconosciuto ai produttori che supera i 100 euro a tonnellata.

Le due Organizzazioni chiedono di anticipare il Tavolo tra Op (organizzazioni dei produttori) e Industria convocato per l’11 marzo: «Dobbiamo trovare la quadra al più presto – proseguono i vertici provinciali – altrimenti mettiamo a rischio il lavoro di tutti. Così si affossano le imprese agricole, con evidenti danni per l’intera filiera produttiva».

Oltretutto il mercato internazionale è tonico come del resto quello interno nonostante la pandemia e l’inflazione che sale. L’Italia si conferma in cima alla classifica dei produttori e trasformatori dell’oro rosso (il 60% delle conserve “made in Italy” vola all’estero).
Dichiara Davide Sartirana, produttore e presidente di Zona Cia Alessandria: «Il prezzo proposto per la stagione 2022 aumenta dai 93 euro/tonnellata (su base 100 grado brix) a 94 euro, circa l’un per cento in più, rispetto ad un aumento dei costi che secondo le stime previsionali sarà di oltre il 30% rispetto all’anno passato. Questo è chiaramente insostenibile per i produttori di pomodoro, i quali saranno sicuramente curiosi di verificare se il prezzo esposto al consumatore finale del prodotto lavorato sarà aumentato solamente dell’un per cento».
Giuseppe Alferano, presidente della OP Verde Intesa e presidente di Zona di Alessandria di Confagricoltura Alessandria, afferma: «E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che i costi di produzione sono in costante aumento: dalle piantine da trapiantare al gasolio, dai concimi ai fertilizzanti. I nostri ricavi si assottigliano nonostante il lavoro sia sempre fornito con impegno e costanza e raggiunga spesso i massimi livelli di qualità. Non possiamo essere sempre bistrattati così. Le trattative non hanno dato esito finora per la miopia degli industriali».
«Non comprendiamo affatto la proposta avanzata dal settore industriale. Sediamoci subito attorno al tavolo e stringiamo un accordo che sia soddisfacente per gli agricoltori. Siamo alla vigilia dei trapianti, che avverranno in condizioni di grave siccità» concludono Brondelli e Ferrando.




Guerra in Ucraina: aumento del prezzo delle materie prime agricole

Oltre al dramma umanitario, l’inizio delle ostilità in Ucraina sta anche causando un dramma dal punto di vista commerciale ed economico. Tra le conseguenze nefaste che si stanno registrando in seguito allo scoppio della guerra vi è anche il vertiginoso incremento del prezzo delle materie prime agricole.

Mais e grano tenero sono i prodotti agricoli che maggiormente dipendono dalle importazioni da Russia e Ucraina e il prezzo di queste commodities è destinato a salire ulteriormente, mentre al momento non si registrano variazioni sul grano duro, quello destinato alla produzione della pasta, il cui prezzo risente soprattutto della mancata produzione in Canada e dei rincari dei costi di produzione.

Nelle ultime ore – rilevano i tecnici della Confagricoltura di Asti – si è registrato un aumento che sfiora il 10% per il grano. Per mais e soia l’incremento è, rispettivamente, del 5% e del 4%.

Sull’andamento delle quotazioni – sottolinea il presidente di Asti Agricoltura Gabriele Baldi incide prima di tutto il blocco dell’attività nei porti dell’Ucraina. I mercati riflettono l’assoluta incertezza sui tempi e sulle modalità per la ripresa delle esportazioni di prodotti agricoli”.

Questa guerra sta generando problemi insostenibili per tutto il comparto agricolo, in modo particolare per gli allevatori, che rappresentano sicuramente la categoria maggiormente danneggiata”, afferma Enrico Masenga, coordinatore del settore tecnico della Confagricoltura di Asti. “Dall’aumento del prezzo dei cereali – alla base di tutti i mangimi animali – deriva un innalzamento dei costi di alimentazione che si attestavano già su valori elevati. Ne consegue quindi una perdita netta per ogni capo allevato e una forte difficoltà da parte delle aziende a sostenere i costi di allevamento”.

Stessa sorte anche per i produttori di cereali che non riescono a beneficiare di questi aumenti in quanto sono costretti a fare i conti con un incremento di gas e petrolio che ha fatto lievitare considerevolmente i costi di produzioni, in modo particolare per quanto riguarda i concimi.  “Il grano è aumentato del 30% (20% in più rispetto allo scorso anno con un ulteriore incremento del 10% dallo scoppio della guerra) – continua Masenga –  mentre i concimi sono aumentati del 250%: ci troviamo quindi di fronte ad un saldo totalmente negativo. Rispetto agli anni precedenti, l’aumento dei costi va ad erodere il maggiore introito ricavato dalla vendita”.

All’aumento dei costi, si aggiunge anche la tensione nei Paesi che sono i principali destinatari dei cereali prodotti in Ucraina e nella Federazione Russa”, dichiara Mariagrazia Baravalle, direttore di Asti Agricoltura. “E’ il caso dell’Egitto e della Tunisia, dove le scorte disponibili sono in grado di coprire il fabbisogno interno fino a giugno. Inoltre, sono state riviste al ribasso le previsioni relative ai raccolti di cereali in Argentina e Brasile a causa di una stagione particolarmente secca”.

Auspichiamo in tempi brevi un piano di ripresa per arginare l’impatto della crisi in atto per sostenere i redditi degli agricoltori tagliati dalla crescita dei costi di produzione, salvaguardando il potenziale produttivo del sistema agroalimentare europeo”, affermano il presidente Baldi e il direttore Baravalle. “ La riduzione della produzione avrebbe effetti particolarmente negativi sull’inflazione”.