Affidare all’Arpa i controlli per la sicurezza sul lavoro

Contribuire a migliorare la sicurezza sul lavoro, affidandone la competenza all’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Piemonte. L’incidente di dicembre, con il crollo di una gru e la morte di tre addetti in via Genova a Torino, ha riportato sui tavoli istituzionali il tema della sicurezza sul lavoro.

E proprio sulla possibilità di affidare all’Arpa tale competenza ha relazionato oggi l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati, nell’ambito dei lavori della quinta Commissione presieduta da Angelo Dago.

“Tale opportunità – esordisce l’assessore Matteo Marnati –  sarebbe un’occasione per migliorare concretamente l’intervento del Pubblico in tema di sicurezza lavorativa. Si tratta di una proposta che certamente, oltre all’assessorato al’Ambiente, vedrebbe coinvolta anche la Sanità. Dopo i fatti di via Genova, sarebbe davvero un bel segnale che tale iniziativa fosse univoca da parte di tutto il Consiglio regionale, senza distinzioni tra maggioranza e opposizione.

Riconoscere espressamente all’Arpa il compito di vigilare, monitorare e controllare, vorrebbe dire avere un organismo pubblico super partes, che non incide sulle dinamiche di concorrenza tra i soggetti privati che oggi operano in tale ambito. L’ambizione – conclude – è quella di avviare l’iter per la modifica delle legge regionale entro un mese, in sede legislativa o con percorso ordinario di Commissione e aula, in modo che già in autunno Arpa possa rendersi operativa”.

“Si tratta di un tema delicato – ha aggiunto Angelo Robotto, direttore generale Arpa Piemonte – perché ci sono le competenze specifiche di Arpa ma anche ricadute e connessioni con la Sanità rispetto alla normativa sulla sicurezza su lavoro. Il confine tra ambiente e sanità è labile, questa è l’occasione per avvicinare i due ambiti.

Non è una novità che le verifiche periodiche su attrezzature di lavoro vengano svolte dalle Arpa: in ambito normativo nazionale, infatti, il decreto ministeriale del 2011 già equiparava alle Asl le Arpa.

In Piemonte, invece, nessuna disposizione della legge regionale 18 del 2016, attribuisce espressamente ad Arpa competenze specifiche in materia di verifiche impiantistiche. Ciò non comporterebbe alcuna integrazione di risorse, ma solo alcune unità di personale tecnico in più e garantirebbe una maggiore garanzia ed efficacia dei controlli”.

Dal 2018 al 2021 Arpa Piemonte, oltre ad aver effettuato attività di supporto alle Asl per accertamenti tecnici specialistici su attrezzature, ha svolto 1800 controlli su apparecchi di sollevamento e a pressione. Al momento, secondo l’elenco dei soggetti privati abilitati a verifiche periodiche, dei 95 soggetti abilitati in Italia 39 operano in Piemonte.

A conclusione dei lavori della commissione sono poi intervenuti i consiglieri Valter Marin (Lega), in merito alla possibilità che tale operazione richieda stanziamento aggiuntivo di risorse economiche ed umane e Marco Grimaldi (Luv), che ha chiesto di ricevere informativa rispetto allo stato attuale dei rapporti con le altre strutture di controllo e quali sarebbero gli articoli di legge da modificare.




Dal 10 febbraio gli Uffici provinciali – Territorio di Asti e Verbania passano al Sistema Integrato del Territorio

Dal 10 febbraio gli Uffici provinciali – Territorio di Asti e Verbania erogheranno i servizi catastali e cartografici mediante la nuova piattaforma digitale SIT (Sistema Integrato del Territorio). Grazie alla nuova procedura, che ha un’interfaccia più intuitiva, sarà più semplice e veloce consultare i dati catastali.

Per via della migrazione al nuovo sistema, dal 4 al 9 febbraio non sarà possibile trasmettere telematicamente gli atti di aggiornamento catastale agli Uffici provinciali – territorio di Asti e Verbania, mentre l’8 e il 9 febbraio gli Uffici interromperanno i servizi all’utenza per aggiornare il software utilizzato e migrare le banche dati.

Nessuna sospensione è prevista invece per le attività di pubblicità immobiliare, che pertanto funzioneranno regolarmente.




La Regione Piemonte e il CSI vincono il premio agenda digitale del Politecnico di Milano

La Regione Piemonte e il CSI vincono la settima edizione dei Premi Agenda Digitale promossi dall’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano. Il premio va a Yucca, la Smart Data Platform della Regione Piemonte , che si aggiudica il titolo di miglior progetto per la digitalizzazione in ambito pubblico nella categoria Agende Digitali Regionali”.

L’annuncio dei vincitori è avvenuto durante il convegno “Il digitale per la ripresa e la resilienza: connecting the dots” durante il quale l’Osservatorio ha presentato i risultati della sua ricerca 2021.

I Premi, come si legge nella nota dell’Osservatorio, hanno lo scopo di sostenere la cultura dell’innovazione digitale, generando meccanismi di condivisione delle migliori esperienze e dando visibilità alle PA più innovative, oltre a contribuire ai processi di ricerca tramite la raccolta strutturata di evidenze empiriche.
In questa edizione erano 4 le categorie in cui si poteva partecipare: “Attuazione dell’Agenda Digitale”, “Agende Digitali Regionali”, “Agende Digitali degli Enti Locali” e “Imprenditorialità al servizio delle PA”.

Il team di ricerca dell’Osservatorio ha analizzato 56 candidature, sulla base di sei criteri di valutazione. Dopo un’attenta valutazione sono stati individuati 12 progetti finalisti, 3 per categoria, esaminati da una Giuria composta da 43 esperti e sottoposti al voto del pubblico durante il convegno dell’Osservatorio Agenda Digitale. In particolare, il progetto della Regione Piemonte e del CSI, presentato con il titolo “Valorizzazione dei dati pubblici”, è arrivato primo nella categoria Agende Digitali Regionali”.

La smart data Platform della Regione Piemonte infatti è un sistema che aggrega dati provenienti dall’Internet of Things (telecamere, sensori, centraline meteo), dall’Internet of People (tweet) e dati pubblici e privati, prevede la condivisione delle informazioni raccolte, consente l’elaborazione dei dati in real-time e permette l’esposizione delle informazioni via API.

Oggi la piattaforma è utilizzata da più di 100 organizzazioni pubbliche e private con un patrimonio in continua crescita di oltre 10 miliardi di dati. Fra questi open data, dati privati e informazioni importanti come quelli relativi all’ambiente, provenienti da diversi parametri (temperatura, umidità, qualità dell’aria, luminosità, rumore, qualità dell’acqua) raccolti da circa 800 sensori e più di 1.000 stazioni di rilevamento dislocati in tutto il Piemonte.

“Sono particolarmente contento – afferma Matteo Marnati, Assessore regionale all’Innovazione – che Regione Piemonte e CSI abbiano ottenuto questo importante riconoscimento che dimostra come la tecnologia possa essere al servizio di cittadini e imprese e, nel contempo, conferma come queste soluzioni tecnologiche, che sulla trasparenza, partecipazione e innovazione fondano le proprie radici, siano particolarmente importanti. Penso ad esempio ai dati e alle informazioni che confluiscono e che riguardano l’ambiente, che si rivelano particolarmente significative per gli amministratori per l’elaborazione di strategie mirate.”

Sono orgoglioso che la Smart Data Platform Yucca – sottolinea Pietro Pacini, Direttore Generale del CSI Piemonte – abbia avuto questo riconoscimento significativo da parte dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Il CSI, da sempre attento al tema e all’importanza dei dati, ha sviluppato una piattaforma fortemente innovativa con tecnologie open source che permette di disporre di un punto unico di accesso al patrimonio informativo regionale. Si tratta di uno strumento importante in grado di valorizzare il grande patrimonio dei big data, utilizzandoli in modo efficace nel processo decisionale e nella realizzazione di servizi innovativi per cittadini e imprese.”




Marsiaj: “Pronti a collaborare con Sindaco Lo Russo per proporre al Governo una piattaforma programmatica sull’automotive”

“È ottima l’iniziativa annunciata oggi dal Sindaco di Torino Stefano Lo Russo di inviare al premier Draghi un documento condiviso con la Regione e gli attori del territorio che illustri la necessità di una piattaforma programmatica di interventi sul settore automotive. Noi siamo pronti a collaborare.

Da tempo sostengo che l’Italia deve dotarsi con urgenza di una politica industriale per il settore dell’auto e per quello più ampio della mobilità, come peraltro sta avvenendo nei principali Paesi europei: la Francia, la Germania e la Spagna.

Già oggi il rincaro di gas ed elettricità e la mancanza di alcune materie prime e di microchip stanno creando grandi problemi al settore, proprio mentre affronta una rivoluzione epocale dovuta alla transizione ecologica, così come prospettata dalle misure contenute nel pacchetto “Fit for 55” della Commissione Europea.

Nei prossimi anni, a causa del cambiamento tecnologico richiesto per la costruzione di auto elettriche, rischiamo di assistere alla chiusura di moltissime imprese italiane della componentistica auto, con la perdita stimata dai principali istituti europei di circa 70mila posti di lavoro.

Nella Legge Finanziaria, invece, non sono nemmeno più previsti incentivi all’acquisto di auto elettriche, che darebbero almeno una boccata d’ossigeno a un mercato in forte calo da molti mesi in tutto il nostro Continente. A ciò si aggiunge l’incognita sul piano industriale di Stellantis che sarà presentato il prossimo 1° marzo.

L’Italia ha le capacità industriali per continuare a mantenere un ruolo di guida nella mobilità futura. Ma occorre agire in fretta e in modo organico, creando una partnership virtuosa tra pubblico e privato”.




Agricoltura100, un’azienda di Caluso sul podio nazionale

C’è anche un’azienda torinese, la Società Agricola dei Fratelli Robiola di Caluso, sul podio di Agricoltura100, l’iniziativa di Reale Mutua e Confagricoltura nata nel 2020 e volta a promuovere il contributo dell’agricoltura alla crescita sostenibile e al rilancio del Paese, che misura il livello di sostenibilità dell’impresa considerando il numero e l’intensità delle iniziative adottate in tutte le aree produttive.

Il rapporto di Agricoltura100, realizzato da Innovation Team (società del Gruppo Cerved) ha preso in esame 2.162 imprese (+16,9% rispetto a quelle della prima edizione) sull’universo delle circa 715 mila imprese agricole attive iscritte alle Camere di Commercio, applicando coefficienti basati su tre variabili: area geografica, dimensione aziendale, specializzazione produttiva.

Il modello di scoring, elaborando ben 234 variabili, attribuisce a ogni impresa che ha partecipato all’indagine un punteggio su scala da 0 a 100, l’Indice AGRIcoltura100, che misura il livello generale di sostenibilità dell’impresa. Confluiscono in questo punteggio quattro indici parziali, relativi ad altrettante aree di sostenibilità ESGD: sostenibilità ambientale (E), sostenibilità sociale (S), gestione dei rischi e delle relazioni (G) e qualità dello sviluppo (D).

Il rapporto è stato presentato questa mattina (1 febbraio) a Roma, al Museo dell’Ara Pacis, al ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, con il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, il direttore generale di Reale Mutua Luca Filippone e il consigliere d’amministrazione della società assicuratrice torinese, il chivassese Vittorio Viora.

Terza in classifica generale di Agricoltura100 si è posizionata la Società Agricola F.lli Robiola Paolo e Lorenzo di Caluso (Torino), specializzata in coltivazioni foraggere e cerealicole, con allevamento di vacche da latte di razza pezzata rossa.

I fratelli Paolo e Lorenzo Robiola, di 38 e trent’anni, con le loro famiglie conducono un’azienda agricola biologica e biodinamica, praticando l’allevamento bovino allo stato semi brado: complessivamente allevano 500 animali, di cui 200 in lattazione, su circa 200 ettari di terreno. In azienda hanno introdotto, nel pieno rispetto dell’ambiente, innovazioni tecnologiche con l’uso dell’intelligenza artificiale, coniugando modernità e tradizione. Grazie alla collaborazione con l’Università di Torino hanno praticamente eliminato l’uso di concentrati dalla razione alimentare delle bovine, sostituendoli con  foraggi di qualità; le macchine operano sotto controllo GPS da remoto e gli effluenti zootecnici vengono distribuiti degli strumenti a basso impatto ambientale. Il latte prodotto viene commercializzato attraverso un’apposita filiera, che consente di valorizzare il lavoro svolto, garantendo anche la sostenibilità economica degli investimenti.

La sostenibilità e l’innovazione sono fortemente connesse – ha dichiarato Tommaso Visca, presidente di Confagricoltura Torino, complimentandosi con i giovani calusiesi – e le misure volute da Confagricoltura per il rinnovamento tecnologico del settore primario stanno accompagnando con successo le imprese agricole verso una maggiore competitività anche sul fronte della sostenibilità ambientale. Confagricoltura e Reale Mutua – ha aggiunto Visca –   con sostengono il processo di queste nuove giovani aziende che dimostrano come si possa svolgere in modo moderno e sostenibile uno dei mestieri maggiormente ancorati alla nostra tradizione”.




PNRR: iscrizioni online per ingegneri e architetti all’elenco telematico di Città metropolitana 

Dovranno essere iscritti all’elenco telematico degli operatori economici tutti gli ingegneri e gli architetti interessati ad ottenere incarichi professionali da Città metropolitana di Torino e dai Comuni del territorio convenzionati: un’operazione indispensabile anche e soprattutto in vista dell’avvio dei progetti del piano nazionale PNRR.

Per le procedure negoziate gestite direttamente da Città metropolitana e per quelle delegate quale stazione unica appaltante dai Comuni convenzionati è stato infatti costituito un elenco dal quale selezionare gli operatori economici qualificati per l’affidamento dei servizi di architettura ed ingegneria.

La procedura d’iscrizione per l’aggiornamento dell’albo è aperta fino al 17 marzo in via telematica all’indirizzo  sulla piattaforma Net4Market.

Le prestazioni che rientrano sono:

redazione di documenti di fattibilità delle alternative progettuali; redazione di progetti di fattibilità tecnica ed economica, definitivi ed esecutivi, compresi gli studi propedeutici nelle varie discipline: progettazione integrale dell’opera comprensiva di relazioni generale, tecnica e specialistiche, elaborati grafici e ogni altro documento necessario per la specifica fase progettuale; studi propedeutici e/o specialistici: rilievi planoaltimetrici e rilievi dei manufatti; relazione geotecnica; relazione idrologica; relazione idraulica; relazione archeologica; relazione geologica; relazione sismica e sulle strutture; indagini dei materiali e delle strutture per edifici o opere d’arte esistenti (compresa l’esecuzione delle prove sui materiali); verifica sismica delle strutture esistenti e individuazione delle carenze strutturali; progettazione antincendio; elaborati e relazioni per i requisiti acustici (compresa l’esecuzione di prove sul campo); relazione energetica, diagnosi energetica e certificazione energetica; -prestazioni di natura espropriativa e catastale; -relazione paesaggistica; -Studio di impatto ambientale o di fattibilità ambientale (VIA-VAS- AIA); -Piano di monitoraggio ambientale; direzione lavori, misure e contabilità; coordinamento della sicurezza nelle fasi di progettazione e di esecuzione; attività di supporto al Responsabile del Procedimento; studi di impatto ambientale e screening per procedure di verifica e valutazione di impatto ambientale; servizi di verifica del progetto; collaudo tecnico amministrativo in corso d’opera e finale o solo finale; collaudo statico; collaudo tecnico funzionale degli impianti.

Le categorie interessate sono:

edilizia, strutture, impianti, infrastrutture per la mobilità, idraulica, tecnologie della informazione e della comunicazione, paesaggio, ambiente, naturalizzazione, agroalimentare, zootecnica, ruralità, foreste, territorio e urbanistica

Le fasce d’importo arrivano fino a 215mila euro.

Ogni professionista è chiamato ad indicare puntualmente categoria, opere, prestazioni e sottoprestazioni con relativa fascia d’importo per cui richiede l’iscrizione .




Dichiarazione Redditi 2022 Online modelli definitivi. Spazio a Superbonus, ACE innovativa e bonus musica

Pronti i nuovi modelli dichiarativi 2022 con le relative istruzioni che le persone fisiche, le società e gli enti non commerciali utilizzeranno nella prossima stagione dichiarativa, per il periodo d’imposta 2021.

Da oggi sono disponibili infatti, sul sito delle Entrate, nella sezione dedicata ai modelli, sia la nuova versione Redditi 2022 per le persone fisiche, sia quelle aggiornate per gli Enti non commerciali, le Società di persone, le Società di capitali, Irap e Consolidato nazionale mondiale.

I nuovi modelli sono stati approvati con i provvedimenti firmati oggi dal direttore dell’Agenzia delle Entrate. Tra le novità di quest’anno, nel modello Redditi persone fisiche oltre al Superbonus al 110% sono presenti anche il bonus musica e il credito d’imposta per l’acquisto con Iva della prima casa per gli under 36, mentre nei modelli per Società di persone, Società di capitali ed Enti non commerciali entra la possibilità di dedurre più velocemente il maggior valore imputato ad attività “immateriali” nonché la nuova disciplina dell’ACE innovativa.

Dal Superbonus al bonus musica, le novità del Modello REDDITI PF – Il nuovo modello, da presentare in via telematica entro il 30 novembre, tiene conto delle nuove disposizioni introdotte per l’anno d’imposta 2021. In particolare, si va dagli adeguamenti del trattamento integrativo e dell’ulteriore detrazione a favore dei lavoratori dipendenti al Superbonus, dal nuovo “bonus musica” per le spese relative a scuole di musica, conservatori e cori al credito d’imposta per l’installazione di sistemi di filtraggio e miglioramento qualitativo dell’acqua.

Spazio anche per il credito d’imposta per l’acquisto con Iva della prima casa, dedicato agli under 36 e agli aumenti per le detrazioni riguardanti spese veterinarie e bonus mobili sostenute nel 2021. Inoltre, tra i crediti d’imposta, inseriti nel quadro CR, spazio alle nuove codifiche per fruire dei bonus per le spese di sanificazione delle strutture extra-alberghiere e di acquisto di dispositivi di protezione e di quelli per i depuratori d’acqua e per la riduzione del consumo di contenitori in plastica.

E ancora, nei quadri d’impresa è integrato il prospetto per l’applicazione della disciplina ACE, per consentire il calcolo della c.d. “ACE innovativa”, e sono recepite le novità in tema di “Patent box” con la maggiorazione del 110% dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a software, brevetti industriali, disegni e modelli che siano utilizzati nella propria attività.

Dall’ACE innovativa al nuovo Patent box, le novità dei Modelli REDDITI per società ed enti non commerciali – Anche i modelli REDDITI degli enti e delle società tengono conto delle novità per l’anno d’imposta 2021. In particolare, la nuova disciplina del “Patent box” con la possibilità di utilizzare, nella determinazione del reddito d’impresa e del valore della produzione ai fini IRAP, la maggiorazione del 110 per cento dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli utilizzati nello svolgimento della propria attività d’impresa.

Per usufruirne è stata prevista, inoltre, nel quadro OP la revisione del prospetto per l’esercizio dell’opzione nonché nel quadro RS, una sezione per l’indicazione dei dati relativi all’opzione e il monitoraggio dei dati utili relativi ai beni oggetto della “Patent box”.

Una nuova sezione XXIV del quadro RQ è stata predisposta per i soggetti che intendono dedurre più velocemente il maggior valore imputato ad attività immateriali, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP e di eventuali addizionali.

È stato, infine, integrato il prospetto (nel quadro RS) per l’applicazione della disciplina c.d. ACE per consentire il calcolo della nuova agevolazione “ACE innovativa” che permette di determinare l’agevolazione applicando un’aliquota del 15 per cento alla variazione in aumento del capitale proprio nel 2021 (che rileva per un ammontare massimo di 5 milioni di euro indipendentemente dall’importo del patrimonio netto) e per gestirne la fruizione alternativa sotto forma di credito d’imposta.

Nel quadro RU sono stati inseriti i crediti d’imposta istituiti nel 2021, tra i quali il credito per le spese di sanificazione 2021, il bonus teatro e spettacoli, il credito R&S farmaci e vaccini e quello per la ricerca biomedica, il credito per la formazione professionale di alto livello, il bonus per la riqualificazione delle strutture ricettive e il bonus per la digitalizzazione delle agenzie di viaggio e dei tour operator.




Bollette e materie prime: sette imprese su dieci si sono “giocate” la ripresa e il 7% paventa fermo attività 

Ci siamo già “giocati” gran parte della cosiddetta ripresa. Il caro bollette e il caro materie prime stanno gravando fortemente sul settore dell’artigianato e della micro impresa piemontese. Secondo i dati di un’indagine di CNA: 

  • Gli incrementi risultano infatti compresi tra il +18,6% nella filiera del turismo e il +33,1% nel settore delle costruzioni 
  • Le imprese che intendono ritoccare i listini al rialzo sono, infatti, il 62,8% nella manifattura e il 54,4% nelle costruzioni 
  • Il 77,5% ritiene invece che l’aumento del costo dell’energia possa determinare una riduzione dei margini di guadagno. Il resto si divide tra quanti pensano di dovere ridurre la produzione (10,6%) e quanti paventano addirittura il fermo dell’attività (6,8%) 
  • Il 37% delle imprese che intende rinviare gli investimenti programmati 

Sul fronte del caro materie prime, i numeri arrivano suddivisi per provincia all’interno della Regione Piemonte grazie a una sezione dedicata del rapporto Monitor Piccole Imprese 2021, presentato il 26 gennaio scorso e curato dal prof Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici all’Università di Padova, direttore scientifico di Research&Analysis di Community e responsabile scientifico del progetto Monitor Piccole Imprese di CNA Piemonte in collaborazione con UniCredit. 

  • In Piemonte i costi di approvvigionamento di materie prime sono aumentati in modo significativo per 81,3% delle imprese 
  • La metà fra gli interpellati (55,6%) dichiara aumentato il livello di prezzo dei prodotti finiti. Mentre il 41,2% ha ritenuto più utile mantenere i livelli di prezzo, assorbendo così la maggiorazione dei costi e limando i propri margini. Molto poche sono le ditte che hanno potuto abbassare i prezzi ai clienti (3,2%) 
  • In ambito provinciale, sono le ditte cuneesi (+61,2) e alessandrine (+61,2) ad avere incrementato maggiormente i prezzi finali, mentre verbanesi (+45,9), astigiane (+45,5) e biellesi (+42,4) sono fra quelle che più di altre l’hanno mantenuto invariato.  
  •  Chi in misura maggiore ha cercato un aumento dei prezzi finali sono state le ditte più strutturate (+61,5, 5-9 addetti). Soprattutto sono le ditte dell’edilizia (+70,2) ad aver incrementato i prezzi finali. 

“Il panorama che avevamo davanti qualche mese fa all’insegna dell’ottimismo e della crescita, oggi si porta dietro il tema del rallentamento. Elemento significativo ed estremamente preoccupante sono il calo dei consumi e l’aumento dell’inflazione che stiamo registrando nelle ultime settimane. Sono elementi che fotografiamo nei timori della popolazione e nella parallela risposta dei mercati. Per questo abbiamo chiesto e chiediamo che i decisori politici nazionali e regionali si impegnino prioritariamente su questo fronte” ha dichiarato il segretario regionale di CNA Piemonte Delio Zanzottera. “Dobbiamo lavorare insieme alla Regione Piemonte e alle altre istituzioni alla creazione di politiche pubbliche a favore delle nostre imprese in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. Siamo infatti ben lontani dalla fine dell’emergenza. Qualora questo momento rappresentasse la fine della pandemia come l’abbiamo vissuta, l’emergenza per le nostre imprese permarrà ancora per un tempo che non siamo in grado di circoscrivere”, ha aggiunto il presidente regionale di CNA Piemonte Bruno Scanferla. 

 

Bollette – Caro Energia: le imprese si riducono i guadagni o aumentano i prezzi finali, col rischio del blocco della produzione 

 Per le imprese che hanno partecipato all’indagine CNA nella media dei dodici mesi 2021 gli aumenti delle bollette risultano molto più marcati: rispetto al 2019 gli incrementi risultano infatti compresi tra il +18,6% nella filiera del turismo e il +33,1% nel settore delle costruzioni.  

La portata degli aumenti del prezzo dell’energia pagato dalle imprese potrebbe concorrere ad alimentare le pressioni inflazionistiche in maniera significativa nel 2022. Il 53% delle imprese crede infatti di trasferire i rincari sui prezzi dei loro prodotti. Di queste, il 44,7% intende farlo in misura parziale, l’8,4% interamente. 

 L’aumento dei prezzi di vendita nei prossimi mesi appare più probabile nei settori dell’industria: le imprese che intendono ritoccare i listini al rialzo sono, infatti, il 62,8% nella manifattura e il 54,4% nelle costruzioni. Si tratta di settori che, se da un lato presentano processi produttivi con consumi energetici in media più elevati, dall’altro subiscono un effetto a cascata poiché operano in filiere nelle quali già i fornitori di beni intermedi e di semilavorati hanno aumentato i prezzi di vendita in risposta al caro-energia. 

 La più alta incidenza della spesa per le materie energetiche sui costi totali riguarda in particolare le imprese manifatturiere, mentre il rincaro dei beni intermedi sta interessando soprattutto il settore delle costruzioni alle prese anche con la scarsità dei prodotti intermedi e dei semilavorati. A questo proposito è probabile che nel settore delle costruzioni, che ha registrato una forte espansione nel 2021, il 17,6% delle imprese che dichiara di volere traslare interamente i rincari sui prezzi di vendita sia costretta a farlo anche a causa delle difficoltà di approvvigionamento. 

La preoccupazione manifestata dal sistema produttivo nei riguardi dei rincari energetici, che molto spazio ha trovato nei media, è confermata dalle indicazioni delle imprese intervistate. Tra queste, infatti, solo il 5% immagina che l’impennata dei prezzi dell’energia non avrà effetti significativi sulla loro attività. 

 Il 77,5% ritiene invece che l’aumento del costo dell’energia possa determinare una riduzione dei margini di guadagno. Si tratta di un dato preoccupante considerando che la ripresa registrata nel 2021, pur significativa, non è stata sufficiente in molti settori a ripianare le perdite determinate dalla recessione innescata dalla pandemia. 

Il resto del campione si divide tra quanti pensano di dovere ridurre la produzione (10,6%) e quanti paventano addirittura il fermo dell’attività (6,8%). 

Rispetto alla media del campione, il timore di una diminuzione dei profitti appare più diffusa nel commercio (85,9%) e nei servizi per la persona (79,2%). Si tratta di quei settori che più di altri hanno subito le restrizioni sociali necessarie per contrastare la pandemia (le attività commerciali sono state spiazzate dalla forte diffusione delle vendite on-line mentre i servizi per la persona, che comprendono estetisti e parrucchieri, sono stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire). 

 La possibilità di dovere ridurre la produzione è paventata invece soprattutto dalle imprese manifatturiere (13,4%) che, come detto, sono quelle con consumi energetici mediamente più alti. Il fermo dell’attività è infine una eventualità considerata soprattutto dalle imprese operanti nella filiera del turismo (24%). 

Le imprese sono intenzionate a intraprendere iniziative per mitigare gli effetti negativi derivanti dal caro-bollette. 

La riduzione delle spese correnti, diverse da quelle attinenti all’acquisto dei prodotti energetici, è l’azione di contrasto maggiormente richiamata dagli intervistati (43,6%) insieme ad un più frequente aggiornamento dei listini (42%). Rilevante appare poi la quota di imprese che intende rinviare gli investimenti programmati (37%). Le azioni appena citate rappresentano evidentemente interventi di rapida attuazione, posti in essere per tamponare immediatamente l’emergenza. 

 Meno diffuse appaiono invece le azioni di natura strutturale. Le imprese che dichiarano di volere investire in tecnologie di efficientamento energetico sono infatti il 19,2% del totale, quelle che invece pensano di dovere ridurre gli organici e/o il monte salari sono rispettivamente il 10,8% e il 7,6% del campione. 

Questo il quadro generale. A livello settoriale però le risposte delle imprese risultano piuttosto eterogenee. 

 

La riduzione delle spese correnti diverse dall’energia è una strategia che risulta diffusa soprattutto nel settore dei trasporti (53,6%). Si tratta di un dato non sorprendente considerando il forte peso dell’energia stessa (in questo caso i combustibili per autotrazione) sul totale dei costi aziendali. 

La manifattura è invece il settore dove si intende contrastare il caro-energia con un mix di interventi. Da un lato, infatti, circa la metà delle imprese (il 50,8%) contempla la possibilità di aggiornare frequentemente i listini. Dall’altro, data la consapevolezza di operare in condizioni di forte concorrenza (molte imprese manifatturiere rivolgono la loro offerta anche oltre confine), appare molto consistente la quota di rispondenti che pensa di reagire al caro-bolletta rinviando al futuro investimenti già programmati (41%). 

Le scelte più drastiche, che implicano un ridimensionamento strutturale delle attività svolte, sono segnalate con maggiore frequenza nei settori che hanno riportato le maggiori perdite durante la recessione. Tra questi spicca la filiera del turismo dove molto consistente è la quota di imprenditori che crede di dovere licenziare (24%) e/o ridurre il costo complessivo delle retribuzioni/compensi (19,8%). 

 

I costi delle materie prime: Asti e Cuneo le più colpite 

 I costi di approvvigionamento di materie prime per le imprese sono aumentati in modo significativo per una parte cospicua (81,3%) delle interpellate, in una misura eccezionale rispetto a tutte le rilevazioni precedenti. Mentre solo per il 17,4% sono rimasti stabili nell’ultimo periodo e per una quota marginale (1,3%) sono diminuiti. Il saldo sale a +80,0, nettamente più elevato rispetto agli anni precedenti. 

Primo semestre 2021: i costi delle materie prime (rispetto al secondo semestre 2020; val. %) 

Costi materie prime  Aumento  Stabile  Diminuzione  Saldo 
2021  81,3  17,4  1,3  +80,0 
2020*  37,0  57,2  5,8  +31,2 
2019**  55,2  43,4  1,4  +53,8 
2018***  61,1  37,1  1,8  +59,3 
Province         
Alessandria  87,1  12,0  0,9  +86,2 
Asti  82,8  16,1  1,1  +81,7 
Biella  72,8  27,2  0,0  +72,8 
Cuneo  85,4  14,6  0,0  +85,4 
Piemonte Nord  80,5  17,8  1,7  +78,8 
Novara  80,9  19,1  0,0  +80,9 
Verbania-Cusio-Ossola  76,5  22,3  1,2  +75,3 
Vercelli  80,0  13,3  6,7  +73,3 
Torino  81,4  16,9  1,7  +79,7 
Dimensione         
1 addetto (titolare)  76,3  21,3  2,4  +73,9 
2-4 addetti  81,4  17,1  1,5  +79,9 
5-9 addetti  85,7  13,7  0,6  +85,1 
Oltre 10 addetti  83,2  16,8  0,0  +83,2 
Settore         
Manifatturiero  85,6  13,3  1,1  +84,5 
Edilizia  90,0  9,4  0,6  +89,4 
Commercio e servizi  71,0  26,8  2,2  +68,8 
Fatturato         
Fino a 50mila€  78,8  19,0  2,2  +76,6 
50-100mila€  79,9  19,4  0,7  +79,2 
101-500mila€  81,7  17,5  0,8  +80,9 
Oltre 501mila€  85,8  13,5  0,7  +85,1 
Apertura mercati         
Diretta  83,4  14,8  1,8  +81,6 
Indiretta  79,8  19,0  1,2  +78,6 
Domestico  81,9  17,0  1,1  +80,8 

 

All’interno dell’universo degli interpellati non si rilevano fratture di rilievo, a mettere in luce come il tema dei costi accomuni l’intero sistema produttivo. A voler individuare le realtà più problematiche possiamo sottolineare come le imprese alessandrine (87,1%) e cuneesi (85,4%) denuncino le maggiorazioni di costi più elevate, e così pure le ditte dell’edilizia (90,0%), quelle che presentano i fatturati più elevati (85,8%, oltre 500 mila €) o che hanno sbocchi diretti su mercati esteri (83,4%). In ogni caso, il tema dell’aumento dei costi coinvolge indifferentemente l’intero sistema produttivo. 

 

Primo semestre 2021: il prezzo dei prodotti finiti (rispetto al secondo semestre 2020; val. %) 

Prezzo prodotti finiti  Aumento  Stabile  Diminuzione  Saldo 
2021  55,6  41,2  3,2  +52,4 
2020*  21,3  69,1  9,6  +11,7 
2019**  26,2  66,7  7,1  +19,1 
2018***  31,0  62,8  6,2  +24,8 
Province         
Alessandria  63,8  33,6  2,6  +61,2 
Asti  48,9  47,7  3,4  +45,5 
Biella  47,8  46,8  5,4  +42,4 
Cuneo  62,2  36,8  1,0  +61,2 
Piemonte Nord  53,8  43,8  2,4  +51,4 
Novara  55,8  42,4  1,8  +54,0 
Verbania-Cusio-Ossola  47,1  51,7  1,2  +45,9 
Vercelli  57,1  35,8  7,1  +50,0 
Torino  56,1  40,3  3,6  +52,5 
Dimensione         
1 addetto (titolare)  51,4  43,8  4,8  +46,6 
2-4 addetti  53,6  42,8  3,6  +50,0 
5-9 addetti  63,8  33,9  2,3  +61,5 
Oltre 10 addetti  54,3  44,2  1,5  +52,8 
Settore         
Manifatturiero  46,8  49,7  3,5  +43,3 
Edilizia  71,2  27,8  1,0  +70,2 
Commercio e servizi  46,0  49,2  4,8  +41,2 
Fatturato         
Fino a 50mila€  48,7  47,0  4,3  +44,4 
50-100mila€  55,4  41,2  3,4  +52,0 
101-500mila€  59,1  38,3  2,6  +56,5 
Oltre 501mila€  63,7  34,9  1,4  +62,3 
Apertura mercati         
Diretta  61,3  35,6  3,1  +58,2 
Indiretta  53,2  41,6  5,2  +48,0 
Domestico  55,9  41,9  2,2  +53,7 

 

Parzialmente diversa è la questione dei prezzi dei prodotti finiti. Nonostante il costo dell’approvvigionamento sia aumentato per una quota importante, tale incremento si scarica solo parzialmente sul prezzo finale. La metà fra gli interpellati (55,6%) dichiara di avere realizzato un aumento, in decisa crescita rispetto alle precedenti rilevazioni. Mentre il 41,2% ha ritenuto più utile mantenere i livelli di prezzo, assorbendo così la maggiorazione dei costi e limando i propri margini. Molto poche sono le ditte che hanno potuto abbassare i prezzi ai clienti (3,2%). 

In questo caso, possiamo osservare alcune articolazioni interessanti: 

In ambito provinciale, sono le ditte cuneesi (+61,2) e alessandrine (+61,2) ad avere incrementato maggiormente i prezzi finali, mentre verbanesi (+45,9), astigiane (+45,5) e biellesi (+42,4) sono fra quelle che più di altre l’hanno mantenuto invariato. 

Chi in misura maggiore ha cercato un aumento dei prezzi finali sono state le ditte più strutturate (+61,5, 5-9 addetti). Soprattutto sono le ditte dell’edilizia (+70,2) ad aver incrementato i prezzi finali. 

Infine, sono state costrette a comprimere maggiormente i prezzi quelle imprese che hanno sbocchi diretti sui mercati internazionali (+58,2). 

Come si è potuto osservare, nel rapporto fra costi di approvvigionamento e definizione dei prezzi finali non esiste una correlazione simmetrica. Le ditte artigiane e le piccole imprese hanno conosciuto un aumento rilevante nel 2021 dei costi delle materie prime e dei servizi, ma cercano di contenere il rincaro dei prezzi finali, limando così i margini al fine di rimanere competitive sui mercati. Tuttavia, una simile strategia è plausibile per chi ha strutture dimensionali che consentano di distribuire all’interno dell’impresa il minor introito, chi realizza prodotti o servizi particolarmente richiesti dal mercato o è presente su mercati più ampi di quello domestico. Viceversa, le aziende con più difficoltà (le ditte edili o quelle con pochissimi addetti) cercano più di altre di scaricare il costo sul prezzo finale, ma con esiti che non sembrano sortire effetti particolarmente positivi

41,6  5,2  +48,0 
Domestico  55,9  41,9  2,2  +53,7 

 

Parzialmente diversa è la questione dei prezzi dei prodotti finiti. Nonostante il costo dell’approvvigionamento sia aumentato per una quota importante, tale incremento si scarica solo parzialmente sul prezzo finale. La metà fra gli interpellati (55,6%) dichiara di avere realizzato un aumento, in decisa crescita rispetto alle precedenti rilevazioni. Mentre il 41,2% ha ritenuto più utile mantenere i livelli di prezzo, assorbendo così la maggiorazione dei costi e limando i propri margini. Molto poche sono le ditte che hanno potuto abbassare i prezzi ai clienti (3,2%). 

In questo caso, possiamo osservare alcune articolazioni interessanti: 

In ambito provinciale, sono le ditte cuneesi (+61,2) e alessandrine (+61,2) ad avere incrementato maggiormente i prezzi finali, mentre verbanesi (+45,9), astigiane (+45,5) e biellesi (+42,4) sono fra quelle che più di altre l’hanno mantenuto invariato. 

Chi in misura maggiore ha cercato un aumento dei prezzi finali sono state le ditte più strutturate (+61,5, 5-9 addetti). Soprattutto sono le ditte dell’edilizia (+70,2) ad aver incrementato i prezzi finali. 

Infine, sono state costrette a comprimere maggiormente i prezzi quelle imprese che hanno sbocchi diretti sui mercati internazionali (+58,2). 

Come si è potuto osservare, nel rapporto fra costi di approvvigionamento e definizione dei prezzi finali non esiste una correlazione simmetrica. Le ditte artigiane e le piccole imprese hanno conosciuto un aumento rilevante nel 2021 dei costi delle materie prime e dei servizi, ma cercano di contenere il rincaro dei prezzi finali, limando così i margini al fine di rimanere competitive sui mercati. Tuttavia, una simile strategia è plausibile per chi ha strutture dimensionali che consentano di distribuire all’interno dell’impresa il minor introito, chi realizza prodotti o servizi particolarmente richiesti dal mercato o è presente su mercati più ampi di quello domestico. Viceversa, le aziende con più difficoltà (le ditte edili o quelle con pochissimi addetti) cercano più di altre di scaricare il costo sul prezzo finale, ma con esiti che non sembrano sortire effetti particolarmente positivi. 




“Allontanamento zero”, previsto tavolo di lavoro con Cirio

Per districare la matassa del Ddl 64 “Allontanamento zero. Interventi a sostegno della genitorialità e norme per la prevenzione degli allontanamenti”, è stato programmato per il 10 febbraio un incontro tra il presidente della Giunta regionale, Alberto Cirio sulle tematiche della legge in discussione, con le associazioni delle famiglie affidatarie e con alcuni docenti universitari. Al tavolo di lavoro sarà presente anche l’assessore al Welfare Chiara Caucino, che oggi era presente in Commissione Sanità, presieduta da Alessandro Stecco.

I lavori della Quarta sono comunque proseguiti, con l’esposizione degli emendamenti all’art. 1 e precisamente, l’illustrazione di tredici subemendamenti sottoscritti dai consiglieri delle opposizioni, primi firmatari Monica Canalis (Pd) e Marco Grimaldi (Luv), all’emendamento che riscrive il primo articolo della legge (finalità e i principi generali del provvedimento), presentato dalla Giunta.




Costi energetici: Filippa (Cnvv), “è in arrivo la tempesta perfetta” 

«Una tempesta perfetta, che potrebbe avere esiti devastanti per la nostra industria». Così il presidente di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv), Gianni Filippa, definisce l’aumento esponenziale dei costi di elettricità e gas naturale, che sta mettendo in crisi intere filiere produttive e non accenna a diminuire nel breve periodo.

«L’economia italiana, ma anche quella dei nostri territori – spiega Filippa – deve fronteggiare un drammatico aumento dei costi delle commodity energetiche, accompagnato da un significativo aumento dei prezzi delle materie prime. Il prezzo del gas è passato dai 9,9 centesimi di euro al metro cubo del 2020 ai 49 del 2021 (+396%), mentre i prezzi dell’energia elettrica sono passati dai 39 euro per MegaWattora del 2020 ai 125 del 2021 (+222%), con una fortissima volatilità nelle ultime quattro settimane dovuta principalmente ad attori finanziari che seguono dinamiche non compatibili con le logiche industriali.

A questi ritmi i costi energetici del 2022 potrebbero più che raddoppiare rispetto all’anno scorso, diventando insostenibili per molte aziende, che rischiano di dover interrompere l’attività. Purtroppo, non in tutti i Paesi nostri concorrenti sta succedendo la stessa cosa; per citare un esempio a noi vicino, in Francia il governo lo scorso ottobre ha allocato all’industria circa 100 TeraWattora (il 25% della produzione nazionale) al prezzo di 42,2 €/MWh e la scorsa settimana ha aumentato il contingente di energia prodotto da centrali nucleari per l’industria di un ulteriore 20%, una misura che su base annua è stimata in 20 miliardi di euro in valore».

«Per questo motivo – prosegue Filippa – il sistema Confindustria chiede al governo italiano alcune misure che dovranno essere prese con la massima urgenza: la cessione della produzione nazionale di gas ai settori industriali per dieci anni con anticipazioni dei benefici finanziari dal 2022; l’estensione dell’abbattimento degli oneri di sistema per gli impegni di potenza superiori ai 16,5 KiloWattora nel settore elettrico e l’aumento delle aliquote di agevolazione per le componenti parafiscali della bolletta nei limiti previsti dalla normativa europea.

Un intervento che non potrà essere realizzato a breve ma che è stimabile possa andare a regime entro un anno è anche l’incremento della produzione nazionale di gas naturale di almeno tre miliardi di metri cubi, che consentirebbe, attraverso un contratto decennale, la cessione alle aziende “gasivore” ad un prezzo compreso tra i 16 e i 20 €/mc. A queste misure si dovrebbe accompagnare l’aumento della remunerazione dell’interrompibilità tecnica dei consumi, sia di gas sia di energia».

«Importante – aggiunge il presidente di Cnvv – è anche una modifica strutturale del sistema gas europeo attraverso interventi sistemici con un nuovo meccanismo da applicarsi agli scambi “cross-border” tra stati membri che eviti la creazione di barriere tariffarie. Dobbiamo, inoltre, arrivare a una progressiva diversificazione delle direttrici di approvvigionamento del metano attraverso, ad esempio, il raddoppio del Tap, le importazioni dall’Algeria e le partecipazioni allo sfruttamento delle nuove disponibilità nel Mediterraneo.

Per quanto riguarda il mercato elettrico, invece, ulteriori misure da prendere nell’immediato sono la cessione di energia rinnovabile consegnata al Gse per un quantitativo di circa 25 TeraWattora e trasferita ai settori industriali ad un prezzo di 50 euro per MegaWattora, la compensazione dei costi indiretti derivanti dal meccanismo di scambio di quote di CO2 e alcune agevolazioni per le aziende più energivore. Sul piano strutturale, poi, nel settore elettrico è necessario intervenire accelerando il processo autorizzativo per lo sviluppo delle tecnologie di produzione da fonte rinnovabile, trasferendo al consumatore finale il trend di riduzione del costo delle nuove tecnologie, e intervenire, d’intesa con le Regioni, sulle modalità di assegnazione delle concessioni di derivazione idroelettrica secondo una logica di destinazione prevalente al consumo industriale».

«L’attività incessante del Consorzio “San Giulio”, la società per i servizi energetici di Cnvv – conclude Filippa – sta riuscendo a compensare, seppur parzialmente, l’aumento dei costi grazie a una gestione ad “Active Portfolio Management”. In mancanza di interventi strutturali da parte governativa, però, anche il nostro impegno diretto potrebbe rivelarsi insufficiente, con conseguenze irreparabili per il sistema manifatturiero».