CCIAA di Cuneo e UNCEM insieme per la digitalizzazione di imprese ed enti locali

Un piano di investimenti certo, sicuro nei tempi di attuazione, a beneficio di tutte le imprese. Camera di Commercio di Cuneo e Uncem, insieme con Anci chiedono insieme, alle istituzioni centrali e regionali, di accelerare il Piano nazionale per la banda ultralarga e realizzare infrastrutture capaci di limitare il divario digitale che si sta ampliando tra le aree urbane e le zone rurali. A beneficio delle imprese, dei distretti che resistono nelle valli, degli Enti locali, delle intere comunità. Non a caso la Camera di Commercio di Cuneo è impegnata nell’attuazione del programma Ultranet, varato da Ministero dello Sviluppo economico e Unioncamere per superare “l’analfabetismo digitale”, la mancanza di reti (anche telefoniche), la crecende disparità tra territori. Gap di sviluppo che limitano la crescita economica e il benessere.

Ferruccio Dardanello, Presidente della Camera di Commercio, non ha dubbi: “Sul Piano banda ultralarga è necessaria un’accelerazione e occorrono tempi certi – sottolinea – . Il ruolo del sistema camerale, con il progetto Ultranet, è diffondere la conoscenza e la consapevolezza delle opportunità della connessione, per favorire da un lato la sostituzione dei ripetitori e da un altro la  domanda e l’offerta di servizi digitali alle imprese e alle comunità locali, oggi imprescindibili in un territorio che vede nel turismo e nell’export i pilastri del proprio sviluppo”.Da mesi, Anci Piemonte ha lanciato a Regione e Mise la proposta di istituire dei “digital angels” capaci di sostenere Pubblica amministrazione e anche imprese nella transizione al digitale. “Non senza però un’adeguata infrastrutture – evidenzia il Vicepresidente Anci Piemonte, Michele Pianetta, delegato all’Innovazione – Perché se non puoi navigare, se la connessione manca, se la linea cade, se non puoi telefonare, è impossibile per un Comune o per un’azionda pensare di innovare processi o digitalizzarli. Nessuno vuol restare indietro. Il Piano banda ultralarga è in ritardo e Anci vuole lavorare per evitare ulteriore perdite di tempo”.

“Abbiamo tutte le Unioni montane, tutti i Comuni che aspettano i poter utilizzare fibra ottica e avere infrastrutture moderne – sottolinea Lido Riba, Presidente Uncem Piemonte – Il tempo passa, le città vanno avanti, si modernizzano, mentre nei nostri territori le imprese scontano ritardi e non riescono a essere competitive come vorrebbero. Per questo l’impegno congiunto Uncem e Camera di Commercio è importante. Diamo una sveglia a chi deve attuare il Piano banda ultralarga. E con la Regione, con il CSI Piemonte, troviamo strumenti per la digitalizzazione dei processi, a partire dal cloud e dalla sicurezza nella gestione dei dati“.

 




Minori: rischio aumento povertà ed esclusione

In Piemonte il 13% dei minori versa in situazione di povertà relativa mentre salgono al 27,9 quelli a rischio di povertà ed esclusione sociale. Il dato, che si riferisce all’ultima rilevazione del 2017, è stato fornito in occasione del convegno “Dialoghi sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a trent’anni dalla Convenzione Onu”, che si svolge oggi alla Cavallerizza Reale di Torino.

“Ogni volta che si parla di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dovremmo chiederci se la società riesca a offrire il meglio di sé ai propri bambini. È un interrogativo che interpella sia la nostra coscienza di uomini – di padri e di madri – sia il nostro impegno di cittadini. Di cittadini italiani, che si preoccupano del futuro delle nuove generazioni e di cittadini del mondo, che pensano alle condizioni dell’infanzia nei Paesi in cui vengono calpestati e violati i diritti più elementari dei piccoli”, ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia portando il saluto dell’Assemblea

L’evento – occasione per fare il punto sull’attuazione della Convenzione di New York con particolare riguardo alla situazione del Piemonte – è realizzato dal Consiglio regionale del Piemonte con l’Ufficio della garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino.

La garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza Ylenia Serra, a pochi giorni dalla nomina, ha sottolineato come “la Regione Piemonte per prima si sia dotata di un Assessorato specifico per le Politiche sociali dei bambini e della casa per rendere ancor più effettiva la tutela dell’infanzia” e che tra i temi che le stanno più a cuore c’è quello dei minori disabili. “Tanto bisognerà fare – ha aggiunto – per rendere davvero effettiva l’inclusione e dare sostegno alle famiglie anche attraverso un’attenzione particolare al territorio che consenta di diffondere in maniera capillare la cultura educativa”.

La relazione introduttiva è stata svolta dalla garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza emerita Rita Turino, che ha presentato una sorta d’istantanea sulle condizioni dei bambini e dei ragazzi in Piemonte dall’inizio del suo mandato, avvenuto nel 2016. Tra i principali dati emersi, spicca il continuo calo della natalità, che non sembra invertire la rotta: “Dei circa 4,4 milioni di abitanti del Piemonte all’inizio del 2019 – ha dichiarato – solo il 15% sono minori, mentre l’età media della popolazione è di 47 anni. La popolazione straniera incide sul totale per il 9,8%, il cui 21,3% è costituita di minori provenienti da 124 paesi extraeuropei e 44 europei, in prevalenza rumeni, marocchini e albanesi”.

Le famiglie, a fine 2017, erano 2 milioni, con una media di due componenti per gruppo familiare. Di queste, solo il 29,3% ha figli di minore età e l’11,6% è costituita da un solo genitore (madri nel 77,3% dei casi; padri nel 22,7). I minori stranieri non accompagnati che hanno soggiornato in Piemonte sono stati 971 nel corso del 2018, in calo di 36 unità rispetto all’anno precedente. Dei 664.300 bambini e ragazzi residenti sul territorio regionale, l’8,5% sono stati seguiti nel corso del 2017 dai servizi sociali e l’1,2% è portatore di una qualche forma di disabilità. Sono stati 1.131 i minori inseriti in strutture residenziali: 38,6% di questi di cittadinanza straniera e di questi 343 minori stranieri non accompagnati. A questo numero si aggiungono 112 giovani adulti tra i 18 e i 21 anni e 426 bambini accolti in struttura con un genitore maggiorenne. Si tratta complessivamente di 1.669 minori, pari allo 025% della popolazione. Altri 1.397 sono stati accolti in affidamento familiare: 314 stranieri (22,5%) e 99 minori stranieri non accompagnati.

Nel 2017 sono stati circa 50.000 minori seguiti da equipe di neuropsichiatria infantile, per un totale complessivo di circa 400.000 prestazioni, cui vanno aggiunti 2.500 minori seguiti dai servizi di psicologia. Complessivamente si tratta dell’8,2% della popolazione.

15.000 hanno certificazione di disabilità che richiede sostegno specifico in ambito scolastico. La percentuale di allievi con disabilità è pari al 13,7% e rimane invariata negli ultimi anni. Si concentra però nell’alveo della Città metropolitana.

I lavori del convegno continuano nel pomeriggio con un focus su contenuto e limiti del diritto d’ascolto del minore nel processo civile penale.




Sì del Cal all’autonomia differenziata

All’unanimità il Consiglio delle Autonomie locali (Cal) ha dato parere favorevole alla proposta di delibera per il riconoscimento di un’autonomia differenziata della Regione Piemonte, in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione: la proposta individua nuove materie su cui la Regione intende chiedere ulteriori competenze legislative e amministrative e integra con nuove funzioni quelle già oggetto di richiesta nella delibera approvata nella scorsa legislatura.

Nella seduta odierna, presieduta da Davide Crovella e alla quale è intervenuto il vicepresidente della Regione Fabio Carosso, l’assemblea, tenuto conto delle osservazioni di Anci, Anpci, Uncem, Città metropolitana e Legautonomie, ha valutato con favore le richieste contenute nel testo presentato dalla Giunta regionale di una maggiore autonomia in ambito sanitario, ambientale, scolastico così come in tema di infrastrutture, che consentirebbe un intervento diretto da parte della Regione e una maggior disponibilità di risorse.

Tra le richieste pervenute in particolare da Anpci, c’è quella di riservare attenzione alle politiche di sviluppo e promozione dei piccoli comuni di tutto il territorio, non solo delle aree montane.

Parere favorevole all’unanimità anche rispetto all’altro punto all’ordine del giorno, la proposta di legge che modifica le attuali disposizioni in tema di servizi necroscopici, introducendo la possibilità di trasportare la salma dal luogo del decesso a quello per il commiato anche in comuni di altre regioni e che il trasporto possa avvenire entro 24 ore dal decesso indipendentemente dell’accertamento di morte, ma comunque con certificazione del medico curante o convenzionato con il sistema sanitario nazionale.




Confagricoltura chiede lo stato di crisi per il maltempo

Confagricoltura ha chiesto alla Regione Piemonte di dichiarare lo stato di crisi per gli eventi calamitosi.

“Apprezziamo l’impegno delle istituzioni, a tutti i livelli, che sono impegnate con ogni mezzo per fronteggiare l’emergenza – ha dichiarato il presidente regionale di Confagricoltura Enrico Allasia– e riteniamo indispensabile che la Regione dichiari lo stato di crisi, per poter intraprendere immediatamente tutte le azioni necessarie per fornire aiuto alle aziende in difficoltà, sia per la gestione dell’emergenza, sia per la ripresa dell’attività agricola”.

Anche se non saranno raggiunti i livelli dell’alluvione del novembre 2016 – sottolinea Confagricoltura Piemonte –  si presentano molte criticità con esondazioni, soprattutto nelle zone di pianura del sud Piemonte, e frane in quelle collinari, mentre in alta montagna permane un marcato pericolo di valanghe fino al fondovalle.

L’emergenza maltempo evidenzia ancora una volta la fragilità del territorio e la necessità di intervenire non più con misure tampone, ma con piani prioritari per le popolazioni, oltre che per le aziende. Occorre rivedere i programmi di manutenzione dei corsi d’acqua per mettere in sicurezza intere aree, prevenendo ulteriori dissesti idrogeologici che causano purtroppo vittime e milioni di danni all’agricoltura.

“A una prima valutazione – precisa il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccaro – la situazione appare molto grave e si temono ulteriori peggioramenti: molte zone in provincia di Alessandria sono state sommerse dalle acque del Bormida e nel capoluogo il Tanaro è esondato. Nell’Astigiano hanno sofferto particolarmente i comuni a Sud della provincia.

Nel Canavese, al confine con la Valle d’Aosta, si registrano frane e smottamenti”.
Le sedi territoriali di Confagricoltura, al lavoro con oltre 50 tecnici per una prima analisi dei danni, rilevano che nella quasi totalità delle zone allagate in cui sono stati seminati grano e orzo si è perso tutto e prima di poter entrare nuovamente nei terreni per lavorarli, e quindi riseminare, occorrerà attendere la fine dell’inverno.

L’orticoltura conta danni al 100% per le verdure in campo, in particolare nelle province di Alessandria e Torino: verze, cavoli, cavolfiori, broccoli e spinaci, sono completamente persi. Totalmente allagati molti vivai, in particolare di pioppi, nella provincia di Cuneo.

Di seguito, nel dettaglio, la situazione rilevata dai tecnici di Confagricoltura nelle diverse province.

Provincia di Alessandria
Nel territorio della pianura casalese si registrano vasti allagamenti di campi senza danni alle strutture; rimangono da verificare i danni nelle zone di Coniolo e Terranova dove il Po è esondato. Danni ai pioppeti, ma non ai livelli del 2016. Sicuramente sarà necessario effettuare lavori di sistemazione e livellamento dei terreni.

Allagamenti anche nella zona collinare della Valle Cerrina con qualche piccola frana nella zona di Villadeati. Grande preoccupazione per le semine autunnali non ancora ultimate che difficilmente potranno essere realizzate.

Dalle verifiche effettuate nel Novese risulta che sono numerosi i seminativi e i prati allagati in diversi punti della pianura alessandrina. Alcune strade poderali e interpoderali sono state compromesse. Microfrane si segnalano in quasi tutte le aree viticole del Novese e del Gaviese. In particolare nel Comune di Gavi, la cascina Sciottra, dell’Azienda Agricola La Centuriona registra un danno rilevante, dovuto al collasso di una vasta area collinare di una decina di ettari che ha distrutto irrimediabilmente almeno 5 ettari di vigneto.

L’Acquese è una delle aree più colpite. Le aziende con terreni in pianura, alla destra e sinistra della Bormida, registrano allagamenti delle colture a seminativo (grano e orzo) e delle coltivazioni arboree a pioppeto, noccioleto e vivaio, con depositi di sedimenti vari da rimuovere. In tutte le zone collinari si sono verificate frane e smottamenti di ogni tipo, che interessano coltivazioni di vigneto, e compromissione di strade poderali. Ci sono ancora paesi e frazioni isolati per le strade interrotte dalle frane.

Si segnala in particolate una frana che ha interessato un fabbricato dell’azienda Marenco in Regione Contero nel Comune di Strevi, che ha abbattuto un muro perimetrale devastando i vani abitati che sono stati prontamente evacuati nella giornata di sabato 23.

Nell’Ovadese oltre agli allagamenti e alle erosioni dei campi dovuti all’esondazione dei fiumi, rii, ruscelli e fossi, si sono accentuati i danni già provocati dall’ultimo evento alluvionale del 21 ottobre, anche con ulteriori frane e smottamenti dei terreni.

Il Tortonese si segnalano allagamenti diffusi, non tanto dovuti a esondazioni di torrenti, ruscelli, rii e rogge, quanto all’incapacità dei terreni di assorbire la notevole quantità di acqua caduta in poche ore. Ai danni dello scorso 21 ottobre si aggiungono, a livello strutturale, danni degli eventi degli ultimi giorni, con frane su vigneti e colture collinari, oltre a problemi di viabilità, specialmente interpoderale.

La zona attorno al capoluogo (Alessandria) è la più colpita; l’esondazione del fiume Bormida ha interessato i fabbricati di alcune imprese in sponda destra, nell’area immediatamente a valle del ponte per Spinetta Marengo (chiuso dal pomeriggio di sabato alle 18.00 di domenica 23 novembre).

I terreni lungo l’intera asta del fiume Tanaro fanno registrare allagamenti ed esondazioni di piccole rogge e rii dal confine con la provincia di Asti fino alla confluenza con il Po. Il bacino del Bormida lungo l’intera asta fluviale, dalla confluenza con il Tanaro in comune di Alessandria, scendendo verso la confluenza con l’Orba in comune di Castellazzo e nei comuni di Borgoratto, Gamalero, Castelspina, Sezzadio, Cassine, Castelnuovo Bormida, Rivalta Bormida, Strevi e Acqui Terme mostra vistosi allagamenti.

Data l’impraticabilità delle strade e dei terreni, la verifica e il conteggio dei danni sono ancora in corso, soprattutto nelle zone allagate dove l’acqua deve ancora ritirarsi completamente.

Provincia di Asti
Nella zona di Villanova e Villafranca si registrano allagamenti dei campi dovuti alla fuoriuscita di acqua da fossati di scolo dei terreni. I problemi riguardano sia le semine già effettuate, sia quelle future, ma anche l’impossibilità di distribuire in campo letami e liquami, con un conseguente eccessivo accumulo degli stessi nelle vasche di stoccaggio.
A causa dell’esondazione del Tanaro nell’area “dell’Isolone” (la parte di pianura più fertile della provincia, che ricade nel territorio nei comuni di Asti, Azzano, Rocca d’Arazzo e Castello di Annone), sono state allagate vaste aree golenali nei comuni di Rocchetta Tanaro e Cerro Tanaro.

Nel Comune di San Damiamo sono state chiuse le strade confinanti con il Borbore.
Si segnalano allagamenti e smottamenti di media entità nella zona di Montechiaro d’Asti.
Si segnalano allagamenti e smottamenti di media entità nella zona di Costigliole.
Nella valle del fiume Belbo, comuni di Nizza e Canelli, si segnalano diversi problemi a carico delle strade comunali e provinciali per numerose frane e smottamenti.  Si segnalano anche danni a causa delle inondazioni per la fuoriuscita del fiume Bormida, anche se meno gravi di quelli verificatisi nell’Acquese.

Provincia di Cuneo
Si contano numerosi e diffusi allagamenti di media o piccola entità, con la situazione più grave a Cardèdove la piena del Po e dei rii minori, a causa anche della mancata pulizia degli alvei, ha provocato l’allagamento dell’intero abitato. È stato necessario abbattere un ponte, che faceva da diga, per far defluire l’acqua.

Più ingenti, poi, i danni nelle zone collinari e pedemontane della Granda, nonostante la neve caduta sopra i 1.200 metri abbia fortunatamente mitigato le conseguenze. Si registrano frane diffuse negli appezzamenti condotti a noccioleto e a vigneto, che si aggiungono ai numerosi danni causati alla viabilità secondaria in tutta l’area del Monregalese e dell’Alta Langa, con la chiusura di diverse strade, dalle provinciali alle poderali. Gli smottamenti impediscono una regolare circolazione e, soprattutto, richiederanno importanti opere di ripristino per evitare problemi maggiori e permettere il normale accesso ai fondi.

Nelle aree di pianura il bilancio è particolarmente pesante per le colture seminative (cereali autunno-vernini e prati), le cui piantine hanno subito danni da asfissia per immersione. Diverse, poi, le aziende che non sono riuscite a seminare in tempo, a causa delle ripetute piogge del mese di novembre, e che quindi si troveranno costrette a variare piano colturale.

Su questa situazione grava anche il divieto di spandimento dei liquami che scatterà il prossimo 1° dicembre.

Bloccate, infine, anche tutte le operazioni di riconversione degli impianti e la messa a dimora di nuovi noccioleti e varietà frutticole. Tra i danni indiretti da segnalare che l’autunno piovoso, in particolare, potrebbe avere serie ripercussioni sulla difesa fitosanitaria delle piante nei prossimi mesi.

Provincia di Torino
Si segnalano terreni allagati in vaste aree pianeggianti, un po’ in tutta la provincia, con danni alle coltivazioni orticole in pieno campo: cavoli, cavolfiori, verze, broccoli, spinaci. Si registrano smottamenti nelle aree collinari, con particolari problemi nei comuni di Cavour, dove si registrano tre frane nelle zone Rocca e guado di Zucchea; in comune di Bricherasio, con frane in località Rivà, Via Molarosso, Strada Santa Caterina e Strada Canavero, dove le strade sono state chiuse al traffico. Si segnalano allagamenti della strada provinciale Bricherasio – Garzigliana, allagamenti in località Braide di Bricherasio.

Il fiume Chisola è esondato in più punti, causando danni alle coltivazioni di orzo, grano e loietto nei comuni di Volvera e None.
A Vigone si registrano allagamenti nelle località Quintanello, Fontanette, nell’area della circonvallazione e nell’area del cimitero di Cercenasco.
Allagamenti sono segnalati anche tra Villastellone, Santena, Poirino e Riva presso Chieri.
Preoccupa l’evoluzione del maltempo attesa per i prossimi giorni, soprattutto per la tenuta delle aree collinari del Canavese verso la Valle d’Aosta, dove si registrano già alcuni movimenti franosi.

Si segnalano inoltre forti criticità per le aziende di allevamento che da oltre un mese non riescono a distribuire nei campi gli effluenti zootecnici: fino a febbraio, per le limitazioni imposte dalle normative ambientali, non sarà più possibile effettuare le concimazioni con i liquami, ma a causa dell’allungamento dei tempi molte imprese si troveranno con le vasche di stoccaggio piene prima della scadenza prevista.

Province di Vercelli – Biella
Vaste zone allagate, in particolare nei comuni di Caresana, Asigliano, Motta de’ Conti, dove i terreni dovranno essere ripristinati e livellati. Allagamenti anche nelle risaie, dove sono previste difficoltà a effettuare le semine per i sovesci.
Frane e smottamenti sono segnalati in Valsesia e nel Biellese.

Province di Novara e Vco
I laghi d’Orta e Maggiore sono sopra il livello di guardia; si segnalano allagamenti delle risaie, con difficoltà a effettuare le semine per i sovesci.




A 25 anni dall’alluvione: ricordare per cambiare

Ciò che è accaduto 25 anni fa e che sfortunatamente continua ad accadere deve spronare tutti noi verso una più ampia consapevolezza dei rischi del territorio, affinché si mettano in atto tutte le misure adeguate di previsione e di prevenzione per una politica di sviluppo e gestione contro la violenza degli elementi naturali, così da scongiurare altri eventi luttuosi”.

Così ha dichiarato Stefano Allasia, presidente del Consiglio regionale dando inizio alla seduta straordinaria aperta che si è svolta martedì, 5 novembre, presso il Centro Congressi dell’Unione industriale di Torino, dedicata alla commemorazione della tragica alluvione che colpì duramente gran parte del Piemonte nel 1994, causando 70 morti, 2.226 sfollati e ingenti danni in tanti comuni delle province di Cuneo, Asti, Alessandria, oltre che nel Torinese e nel Biellese.

Alla proiezione di un filmato Rai su quei drammatici giorni, con l’esondazione del Po, del Tanaro e di molti loro affluenti, è seguita la lettura dei nomi delle vittime da parte del giornalista Rai Gianmario Ricciardi, che ha ricordato la grande emozione di raccontare in presa diretta quel caos “che ci era capitato addosso così in fretta da non permetterci di prendere coscienza della sua gravità”, ma anche “la mobilitazione generale della gente, dei piemontesi che nella tragedia hanno saputo dare il meglio di sé”.

“Questa celebrazione vuole essere un modo per stringerci vicino a chi ha subìto un lutto, ma come amministratori dobbiamo anche impegnarci a cambiare le cose”, ha dichiarato il presidente della Giunta regionale Alberto Cirio.

“In tal senso abbiamo chiesto al governo una maggiore autonomia nel poter certificare l’esistenza di una calamità naturale e lo stato di emergenza, ciò aiuterebbe per una questione di tempestività e quindi di giustizia nel riconoscimento del danno.

Gli eventi alluvionali dei giorni scorsi nell’Alessandrino ci hanno permesso di verificare che i grandi invasi hanno tenuto. Le opere compiute hanno reso il Piemonte più sicuro, ma rimane il problema dei rii, dei piccoli torrenti e degli impianti fognari delle città. Nella tutela ambientale, poi, dobbiamo affrontare il problema senza pregiudizio ideologico ma con buon senso, senza denunciare un sindaco che ha fatto tagliare un albero in un rio per evitare un disastro. Ecco perché al governo chiediamo anche di autorizzare un vademecum per intervenire in caso di disastro ambientale, per non lasciare soli gli amministratori locali nella gestione del rischio e per rendere il Piemonte più sicuro”.

“La piena dei fiumi fu terribile ma la gestione dei soccorsi fu un esempio di organizzazione e di capacità di reagire propria di noi piemontesi”, ha affermato Paolo Demarchi (Lega) che ha ribadito come “non sia sufficiente saper ricostruire ma occorra soprattutto saper prevenire, ciò che è accaduto deve spronare verso la consapevolezza del rischio idrogeologico”. Paolo Bongioanni (Fdi) citando ad esempio l’allora sindaco di Piozzo, ha sottolineato l’importanza del lavoro e del coraggio degli amministratori locali, di quei sindaci che si rimboccarono le maniche, compirono anche gesti eroici e che talvolta ebbero vicissitudini giudiziarie solo perché si assunsero la responsabilità di prendere decisioni in emergenza.

“A prescindere dal colore politico delle amministrazioni rimane oggi un problema drammatico”, ha dichiarato l’assessore ai Rapporti con il Consiglio regionale, Roberto Rosso, “quello della pulizia dei fiumi e la gestione dell’idrografia minore. È un impegno che dobbiamo assumerci per creare le condizioni affinché non si debbano più piangere morti, i rischi non sono ancora stati del tutto eliminati”.

“La sicurezza del territorio è ancora un’idea per il futuro e non del presente, perché da troppo tempo continuiamo a lavorare in emergenza”, ha commentato il capogruppo Pd Domenico Ravetti. “In Italia nel 2018 sono stati sottratti 51 chilometri quadrati di verde a causa della cementificazione, che cresce nonostante si riducano Pil e occupazione. Servono politiche nuove per evitare i cambiamenti climatici, la perdita delle biodiversità e per condividere nuove traiettorie rispetto al modello di crescita economica che ha generato forti diseguaglianze”.

Maurizio Marello (Pd) ha citato tre eredità positive emerse dall’alluvione del 1994: “la cultura della Protezione civile e il suo metodo di pianificazione, il sentimento dei piemontesi che hanno dato prova di fierezza, solidarietà e rara laboriosità e infine le opere compiute in seguito, grazie a risorse spese bene”.

L’importanza dello stanziamento di fondi che, a seguito di quei tragici eventi, sono stati ben impiegati è stata ricordata anche dal consigliere Ivano Martinetti (M5s): “I lavori compiuti nel 2016 hanno permesso di scongiurare un nuovo disastro nell’albese, un’ulteriore prova del fatto che manutenzione e prevenzione devono essere la parola d’ordine e la strada tracciata è quella del Piano Proteggi Italia del primo governo Conte che interviene in tal senso con quasi 11 miliardi”.

“L’Italia è il Paese dei campanili ma di fronte a immani tragedie sappiamo fare squadra e ripartire”, ha affermato l’assessore alla Sanità Luigi Icardi. “Oltre al lavoro straordinario dei sindaci e dei volontari l’intero sistema paese funzionò con il contributo di tutti, dalla Guardia di finanza ai Carabinieri, dai Vigili del fuoco agli Alpini e anche il governo centrale fu ben presente sul territorio”.

Durante il dibattito generale sono intervenuti con testimonianze e riflessioni anche: Dario Gallina, presidente Unione Industriale Torino,Paolo Lanzavecchia, sindaco di Canelli, Claudio Castello, sindaco di Chivasso, Paolo Borasio, assessore comunale di Alessandria, Carlo Vietti, sindaco di Druento, Simone Gallo, sindaco di Feisoglio, Luigi Gallareto, sindaco di Monastero Bormida, Federico Gregorio, sindaco di Narzole, Mariacristina Capra, sindaco di Santo Stefano Belbo, Giovanni Franchino, sindaco di Tavagnasco, Eraldo Botta, sindaco di Varallo Sesia, Marco Marocco, vicesindaco Città metropolitana di Torino, Marco Bussone presidente Uncem Piemonte, Vincenzo Bennardo del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Cuneo, Michele Franzé, Generale dei Carabinieri in carica nel 1994, Giacomo Verda, Comandante I° reggimento artiglieria terrestre da montagna in carica nel 1994, Luigi Cinaglia, Generale Regione militare nord ovest in carica nel 1994, Franco Cravarezza, comandante II reggimento alpini in carica nel 1994, Ugo Cavallera, assessore regionale all’Urbanistica, Trasporti e Viabilità nel 1994, Emilia Bergoglio, assessore regionale all’agricoltura nel 1994, Vincenzo Coccolo, dirigente regionale del settore opere pubbliche e difesa del suolo nell’anno 1994, Estella Gatti, dirigente regionale nel 1994, Mauro Gola, presidente Unione industriali Provincia di Cuneo, Mauro Casucci, Unione italiana lavoratori, Silvia Marchetti, Unione Generale del lavoro, Gabriella Semeraro, Confederazione Generale del lavoro, Roberto Bertone del Coordinamento volontariato della Protezione civile,Sergio Pirone, Corpo volontari antincendi boschivi e Giovanni Capulli, presidente Ordine dei geologi del Piemonte.

In conclusione dei lavori è intervenuto l’assessore regionale alle Opere pubbliche, Difesa del suolo e Protezione civile, Marco Gabusi, che ha dichiarato: “Accanto all’evitare che il buon intento dei legislatori nel trovare i soldi si areni nei meandri della burocrazia, occorre sviluppare un percorso culturale e ripartire dalla conoscenza storica dei fiumi e del sapere dei geologi e dei tecnici. La materia non è semplice, ma abbiamo la forza delle conoscenze acquisite a cui dobbiamo aggiungere un po’ di praticità, sfruttando al meglio i fondi per dare una prospettiva nuova al nostro Piemonte. Ci stiamo impegnando coinvolgendo tutte le intelligenze che abbiamo, incluso il Consiglio regionale”.




L’industria piemontese chiede una finanziaria che intervenga sulle urgenze economiche del Paese

La consueta indagine congiunturale trimestrale, realizzata da Confindustria Piemonte, segnala la perdurante debolezza del clima di fiducia, con ampie differenze settoriali e territoriali.


Nel comparto manifatturiero le attese su produzione, ordini ed export restano lievemente sfavorevoli, con indicatori appena al di sotto del punto di equilibrio tra previsioni di crescita e di contrazione dell’attività. Le indicazioni delle imprese sono in linea con la fase di stagnazione descritta dai più recenti dati sull’economia italiana: PIL, produzione industriale, costruzioni, consumi.


L’indagine di settembre conferma la netta dicotomia tra settore manifatturiero e terziario. Nel terziario, infatti, le imprese esprimono ancora valutazioni decisamente ottimistiche, con indicatori allineati a quelli di giugno e marzo.

Il disallineamento tra manifattura e terziario, peraltro comune ad altri paesi industriali, è ormai una costante degli ultimi mesi.


D’altra parte, anche nell’industria manifatturiera la complessiva solidità di altri indicatori sembra escludere la probabilità di recessione, almeno nell’immediato. Restano infatti attestati su valori positivi gli indicatori consuntivi: il tasso di utilizzo degli impianti è fermo al 75%, un livello sicuramente elevato.

Il ricorso alla CIG è senza dubbio aumentato negli ultimi trimestri ma rimane comunque contenuto. Stabili sono anche gli investimenti, programmati da un quarto delle aziende. Sostanzialmente stabili le previsioni sull’occupazione. Infine, non aumentano in misura rilevante i ritardi nei pagamenti.


A livello settoriale soffrono in particolare tessile, automotive, metallurgia ed edilizia col suo indotto. Qualche segnale di miglioramento dalla meccanica strumentale. Buone prospettive per alimentare e manifatture varie (gioielli, giocattoli, ecc.); benino la chimica, molta incertezza nella gomma-plastica.

A livello territoriale, come abbiamo anticipato, le differenze sono ampie. Da un lato, a Cuneo, Alessandria, Novara e nel Canavese la maggioranza delle imprese esprime valutazioni favorevoli. Diverso il clima di fiducia prevalente a Torino, Vercelli, Verbania e Biella, alle prese con condizioni di mercato più problematiche.

Nel torinese la rilevazione di settembre evidenzia un deciso peggioramento delle aspettative: i saldi ottimisti-pessimisti arretrano di una decina di punti rispetto a giugno. Tengono export e occupazione.

Stabile il tasso di utilizzo degli impianti, investimenti in lieve crescita. Non si chiude la forbice tra piccole e grandi imprese, con le grandi (oltre 50 addetti) che registrano saldi positivi, contrariamente alle piccole (meno di 50 addetti), dove prevalgono i pessimisti.

Un’analisi più approfondita mostra come siano soprattutto le micro-imprese (sotto 10
addetti) a essere fortemente pessimiste.

«In Piemonte, come nelle altre aree industriali del nostro Paese, non si intravedono soluzioni immediate alla fase di stagnazione e incertezza che ha caratterizzato gli ultimi trimestri – commenta Fabio Ravanelli, Presidente di Confindustria Piemonte -. Alle difficoltà congiunturali si intrecciano le crisi di settore nell’automotive, nel tessile o nell’edilizia.


È motivo di conforto la tenuta di importanti indicatori come CIG (in crescita ma lontana dalla soglia di allarme), tasso di utilizzo degli impianti, investimenti e occupazione. Ma nel breve periodo non è realistico immaginare un’accelerazione: non la giustificano le proiezioni
molto caute sull’economia italiana e il rallentamento dell’Europa».


Dario Gallina, il Presidente dell’Unione Industriale di Torino, esprime con forza la preoccupazione degli industriali torinesi per la permanente debolezza della situazione economica, negativamente influenzata dai dazi e caratterizzata da una crescita zero, che ora rischia di trasformarsi in recessione:

«C’è la necessità che il Governo intervenga già con la Finanziaria sulle maggiori urgenze e con azioni di politica industriale a sostegno dell’export e dei settori più in difficoltà, a partire dall’auto. Il rischio è che la nostra industria e il nostro Paese si stacchino dai principali competitor e partner europei. Non possiamo restare ingessati da sterili beghe politiche; dobbiamo reagire in fretta alla situazione di emergenza».


Riportiamo in dettaglio i principali risultati dell’indagine.


Comparto manifatturiero.
Per le oltre 900 aziende del campione, restano negative le attese su produzione e ordini per il quarto trimestre 2019.
In particolare il saldo sulla produzione totale passa da -2,3% a -1,5% e quello sugli ordinativi totali da -3,2% a -4,9%. Rallentano anche le attese sull’export, che passano da +0,3% a -0,1%. Lievemente più caute ma ancora leggermente positive le previsioni sull’occupazione: il saldo passa da +4,3% a +2,1%.


Resta forte la correlazione tra produzione e propensione alle esportazioni. Le aziende più ottimiste sono le medie esportatrici, che esportano tra il 30 e il 60% del fatturato (saldo +6,9%); seguono le grandi esportatrici, che esportano oltre il 60% del fatturato, con saldo ottimisti pessimisti pari +0,9% e quelle che esportano dal 10 al 30% del fatturato (saldo 0,0%). Ancora negative le attese per le imprese che vendono all’estero meno del 10% della produzione, con saldo del -7,7%.


Si accentua ulteriormente il divario tra la performance delle imprese con oltre 50 addetti e quelle più piccole, con saldi rispettivamente pari a +3,4% (era 1,9% a marzo) e -4,2% (era +4,5%).


Aumenta di un punto il ricorso alla CIG, che interessa ora il 12,7% delle aziende, una percentuale in lenta crescita negli ultimi trimestri.


Variano di poco le aziende con programmi di investimento di un certo impegno, che passano dal 24,5% al 24,9%. Stabile il tasso di utilizzo della capacità produttiva, che si attesta al 75% un valore non lontano dai livelli pre-crisi. Poche variazioni nella composizione del carnet ordini, in particolare il 20,6% delle aziende ha ordini per meno di un mese, il 48,6% ha ordinativi per un periodo di 1-3 mesi, il 18,9% per 3-6 mesi, l’11,9% per oltre 6 mesi.


La media complessiva dei tempi di pagamento è di 83 giorni; sale a 96 giorni per la Pubblica Amministrazione, in calo significativo rispetto ai livelli prevalenti di 4-5 anni fa. È fornitore degli enti pubblici circa il 18% delle aziende manifatturiere. In calo il numero di imprese che segnalano ritardi negli incassi (26,1%).


A livello settoriale le aziende non metalmeccaniche esprimono attese ancora negative, passando dal -4,1% al -1,9%. Il saldo delle imprese metalmeccaniche è negativo per la prima volta dopo 18 trimestri positivi (dal +0,9% al -0,9%).

Il comparto macchinari e apparecchi torna positivo, dopo lo scivolone del terzo trimestre e passa da -1,2 a +8,5; restano in crisi la metallurgia (da -13,5 a -10,3%) e l’automotive (da 0,0% -2,9%); brusca frenata per l’industria elettrica ed elettronica (da +27,6% a 0,0%).

Tra gli altri comparti manifatturieri, spicca l’andamento ancora positivo dell’alimentare, che non conosce crisi e passa da +7,8% a +12,0%, della chimica (da +2,0% a +5,3%), delle manifatture varie (da +6,0% a +11,0%) e del legno (da +12,5% a +7,1%). Gelata per gli impiantisti (da +8,3% a -22,9%), mentre è negativo il saldo per la gomma-plastica (da -10,0% a -1,9%). Resta profonda la crisi del tessile, soprattutto biellese (che passa dal -19,5% al -12.1%), del cartario-grafico (da -22,0% a -2,5%) e dell’edilizia (da -4,1% a -10,0%).


A livello territoriale, si segnala la ottima
performance di Canavese (da +25,9% a +31,3%), Alessandria (da -7,1% a +10,7%), Novara (da +15,2% a +7,1%), Cuneo (da +3,8% a +5,1%). Inversione di tendenza ad Asti (da +7,9% a -3,2%), mentre restano negative le attese a Torino (da -0,9% a -8,1%), Verbania (da -6,9% a -14,3%) e Vercelli (da -13,5% a -5,0%). Si accentua la crisi a Biella, dove il saldo ottimisti pessimisti, è negativo da un anno (-14,8% il salto ottimisti-pessimisti).


Comparto dei servizi
Le oltre 300 aziende del campione esprimono valutazioni positive, ben più ottimistiche rispetto al manifatturiero: quasi tutti gli indicatori registrano saldi positivi a due cifre.
In particolare, il saldo ottimisti-pessimisti sui livelli di attività migliora di 2,5 punti percentuali (da +17,3% a +19,8%), quello sull’occupazione passa da +18,2% a +18,5%. Positivo anche il saldo per ordini totali, che passa da +13,9 a +16,1%.


Diminuiscono le imprese con programmi di investimento di un certo rilievo (da 26,4% a 22,0%).
Andamento positivo per tasso di utilizzo delle risorse (84%), mentre è quasi nullo il ricorso alla CIG, attestato allo 0,6%, invariato rispetto a giugno.


Qualche variazione per la composizione del carnet ordini. Il 12,0% delle aziende ha ordini per meno di un mese, il 32,0% ha ordinativi per un periodo di 1-3 mesi, il 20,6% per 3-6 mesi e il 35,4% per oltre 6 mesi. Da notare che il portafoglio ordini oltre i 6 mesi è considerevolmente più frequente nel terziario rispetto al manifatturiero (dove supera di poco il 10%).


Leggero rialzo per i tempi di pagamento. La media è di 69 giorni: il ritardo sale a 92 per la Pubblica Amministrazione, con cui ha rapporti di fornitura circa il 45% delle aziende del campione. Il 28% delle imprese segnala ritardi negli incassi.