Coronavirus: a rischio quasi 19 miliardi di valore aggiunto. Ecco la mappa degli effeti negativi sui territori

Una riduzione del valore aggiunto dell’Italia di quasi 19 miliardi di euro su base annua, pari al -1,2% rispetto al 2019.

E’ questa la stima degli effetti sull’economia dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus, in uno scenario nel quale la situazione attuale dovesse protrarsi fino alla fine del mese di aprile.

L’analisi effettuata da Unioncamere, in collaborazione con il Centro studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, sulla base dei dati al 2 marzo scorso, segnala che, ovviamente, l’impatto sarà più consistente nelle tre regioni maggiormente colpite dall’emergenza (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), nelle quali le possibili riduzioni della ricchezza prodotta sarebbero pari o di poco superiori al 2%.

Le Camere di commercio italiane sono pronte a fare la loro parte per sostenere imprese e territori. L’Unioncamere ha appena costituito una “task force” composta da presidenti di Camere di commercio di diverse aree del Paese che dovrà monitorare la situazione, individuare le misure più idonee e, al più presto, mettere in campo le azioni più urgenti per sostenere le imprese dei settori più colpiti.

Nei soli undici comuni della zona Rossa, secondo lo studio, il perdurare delle attuali limitazioni fino alla fine del mese di marzo provocherebbe la perdita di 238 milioni di euro di fatturato e quasi 140 milioni di valore aggiunto.

Nel caso in cui, invece, l’emergenza sanitaria dovesse proseguire, nella portata attuale, fino a fine giugno – stima Unioncamere – gli effetti negativi sull’economia italiana per il 2020 potrebbero salire a 37 miliardi di euro, con una riduzione del valore aggiunto del -2,3%. Una flessione che in Lombardia arriverebbe al -3,9% della ricchezza prodotta a livello regionale, in Veneto al -4,4% e in Emilia Romagna al -4,3%.

Secondo l’analisi, il forte impatto del diffondersi del virus sul turismo in tutte le regioni del Paese rischia di bruciare quasi 4 miliardi di valore aggiunto (-6,3% su base annua) per il calo delle presenze annunciato fino a fine aprile; la perdita di valore aggiunto potrebbe raggiungere i 7,7 miliardi di euro (-12,2%) nel caso l’emergenza attuale andasse avanti ma solo fino a giugno, salvando così le presenze attese nella stagione estiva.

Gli effetti del Covid-19 si potrebbero far sentire anche sulle nostre esportazioni: oltre il 10% delle vendite italiane all’estero, infatti, è diretto proprio verso quei Paesi che, allo stato attuale, hanno imposto maggiori restrizioni alla circolazione delle persone.




Torino. Emergenza cinghiali, per Marocco e Azzarà occorrono norme chiare

Il problema della presenza degli ungulati in zone rurali e ora anche urbane è da troppo tempo irrisolto e, oltre a mietere vittime sulle strade e a provocare danni economici all’agricoltura, mette in difficoltà le Città Metropolitane e le Province.

Il contenimento della fauna selvatica è infatti regolato da leggi nazionali e regionali che poi affidano a Province e Città Metropolitane la programmazione e l’attuazione”: lo sottolinea il Vicesindaco metropolitano Marco Marocco, commentando la notizia dell’abbattimento di alcuni cinghiali nel parco Mario Moderni di Roma.

“Non sono un cacciatore e nemmeno un animalista, – precisa Marocco – ma sono un amministratore pubblico. Qualcuno si deve occupare del problema a livello normativo e sopratutto finanziario, decidendo qual è la scala dei valori da prediligere e contemperando gli interessi e le sensibilità. In questo stallo istituzionale, oltre al dolore per l’abbattimento dei cinghiali, ma soprattutto per le troppe vittime della strada, la mia solidarietà va ai dipendenti della Città Metropolitana di Roma, che hanno applicato le norme con lealtà istituzionale e professionalità”.

Secondo Barbara Azzarà, Consigliera metropolitana delegata all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora, “il legislatore nazionale e quello regionale devono decidere quali priorità perseguire, quali e quante risorse destinare al contenimento della specie e con quali modalità le Città Metropolitane e le Province devono operare. Agricoltori e utenti della strada hanno il diritto di ricevere risposte rapide, efficaci e basate su una valutazione scientifica dei metodi migliori per ristabilire l’equilibrio naturale in termini di popolazione di ungulati presente sul territorio”.




Agrinsieme: contributi agricoli obbligatori, la tardiva emanazione del DM ha creato notevoli disagi per pagamento prima rata 2020

In prossimità della scadenza del 16 luglio 2020, termine ultimo per il pagamento della prima rata dei contributi agricoli obbligatori a carico di coltivatori diretti, coloni, mezzadri e imprenditori agricoli professionali dovuti per l’anno 2020, moltissimi operatori lamentano forti disagi legati all’espletamento delle pratiche; tali problematiche sono dovute, in particolare, ai ritardi nell’emanazione del decreto ministeriale recante i criteri per la definizione dei contributi obbligatori, che hanno fatto conseguentemente slittare la predisposizione sul portale INPS dei modelli F24 con causale LAA (lavoratori agricoli autonomi) per i pagamenti”.

Lo sottolinea il coordinamento di Agrinsieme, che riunisceCia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, che ha scritto alle istituzioni competenti per chiedere una proroga del termine suddetto.

“La ristrettezza delle tempistiche – spiega il presidente di Confagricoltura Alessandria e componente della Giunta nazionale di Confagricoltura, Luca Brondelli di Brondello – unita a diverse problematiche di carattere tecnico, quali interruzioni di servizio del sistema, sta creando non poche difficoltà nei processi legati al controllo e alla stampa del modello necessario alla predisposizione della prima rata dei contributi LAA entro il termine del 16 luglio”.

“Da più parti del Paese, inoltre, ci giungono segnalazioni di ulteriori difficoltà legate alla stampa dei documenti necessari e al conseguente invio al pagamento entro il termine indicato, a causa dell’enorme afflusso di utenti all’interno del portale, anch’esso dovuto ai ritardi nell’emanazione del decreto ministeriale” aggiunge Brondelli.

“Alla luce di quanto esposto, riteniamo di grande importanza accordare una congrua proroga così da permettere alle nostre sedi di effettuare gli adempimenti previdenziali e contributivi previsti senza dover gravare in modo oneroso sulle aziende; nell’impossibilità di arrivare a una soluzione di questo tipo, chiediamo in subordine di non applicare sanzioni in caso di ritardo nei pagamenti” conclude il presidente di Confagricoltura Alessandria Brondelli.




Industria calzaturiera italiana, male il terzo trimestre

Il comparto calzaturiero italiano segna una crescita contenuta nei primi nove mesi del 2023, registrando, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, un incremento sia del fatturato (+3% secondo l’indagine a campione tra gli Associati) che dell’export in valore (+3,2%). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, che rileva però un calo dei volumi. Dopo i recuperi del biennio precedente, tornano in negativo le paia vendute all’estero (-8,7% su gennaio-settembre 2022) come pure sul mercato italiano (-3,1%), con l’indice Istat della produzione industriale in flessione del -7,4%. Pesa la battuta d’arresto del terzo trimestre, che si è chiuso con un -7,2% nelle vendite estere in valore (-12,3% in quantità) e con un -1,5% nella spesa delle famiglie italiane.

Dopo una partenza molto positiva, il 2023 – spiega Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici – si è chiuso in frenata anche a causa dei forti aumenti nei costi che hanno inciso sulla marginalità delle imprese. Esaurito il rimbalzo post Covid, i ritmi di vendita hanno subìto un netto rallentamento che, innescatosi già in primavera, si è reso ancor più evidente nella terza frazione dell’anno. Un trend ampiamente previsto, non certo facilitato dall’incertezza indotta dal difficile contesto geopolitico internazionale in cui, alla guerra tra Russia e Ucraina, si è aggiunto il precipitare degli eventi in Medio Oriente, con rischio concreto di allargamento del conflitto oltre alla debolezza dell’economia in diverse importanti aree del mondo”.

Nel report emerge come, tra i principali mercati esteri, meglio nel complesso l’andamento di quelli comunitari che, pur cedendo il -6,1% in volume su gennaio-settembre 2022, sono cresciuti dell’8,5% in valore, mentre le destinazioni extra-UE mostrano un arretramento ancor più pesante in quantità (-13,4%), accompagnato da un segno negativo anche in valore (-1,2%).

Accanto alla tenuta della Francia (+1% circa in volume e +17,1% in valore) si conferma la forte contrazione (-32,4% nelle paia e -22,5% in valore) dei flussi diretti in Svizzera, tradizionale hub logistico delle multinazionali del fashion (che hanno almeno parzialmente sostituito il transito nei depositi elvetici con spedizioni dirette ai mercati finali di destinazione). Sono peggiorate sensibilmente nel terzo trimestre (con cali di oltre il -20%) le vendite verso gli USA (che nei primi 9 mesi segnano -21,7% in quantità e -7,4% in valore) e la Germania (-16,6% nelle paia e stabile in valore). Performance sempre premianti in Cina (+17,2% in volume e +12,2% in valore), malgrado un ridimensionamento in valore nella terza frazione (ma il prezzo medio al paio, superiore ai 200 euro, resta di gran lunga il più elevato). E’ poi proseguita la ripartenza di Russia e Ucraina (+40% e +88% in valore rispettivamente su gennaio-settembre 2022), sebbene le vendite in questi due mercati restino ancora al di sotto del periodo prebellico.

Sul fronte nazionale, inoltre, se il 2023 ha visto crescere i flussi turistici, con positive ricadute sullo shopping di stranieri in visita nel Belpaese, gli acquisti di calzature delle famiglie italiane hanno evidenziato un andamento poco brillante, chiudendo i primi 9 mesi con segni negativi (sia nelle paia, -3,1%, che in spesa, -1,3%) sullo stesso periodo 2022 e, soprattutto, al di sotto del 5% circa a confronto coi livelli pre-pandemici del 2019, già largamente insoddisfacenti dopo anni di continue erosioni. L’autunno anomalo, dalle temperature quasi primaverili, ha affossato gli acquisti di abbigliamento e scarpe invernali.

Infine, non si arresta il processo di selezione tra le aziende (-148 imprese, tra industria e artigianato, nei primi 9 mesi, pari al -3,9%) nonostante resista l’occupazione (+2,1%, seppur ancora inferiore di circa un migliaio di addetti rispetto ai livelli 2019). Segnali poco incoraggianti provengono però dalla ripresa del ricorso alla CIG nella filiera pelle (+6,1%).

La Presidente di Assocalzaturifici, Ceolini,  ha colto l’occasione della presentazione dei dati economici del settore calzaturiero per intervenire sull’approvazione in via definitiva del disegno di legge sul Made in Italy e della legge di Bilanzio 2024: “Sono soddisfatta per queste misure che prevedono interventi di valorizzazione e promozione di asset strategici per il rilancio del Paese in termini economici ed occupazionali. In particolare la tutela delle filiere strategiche tramite il fondo sovrano per il Made in Italy e il sostegno alle fiere internazionali. Li ritengo due strumenti imprescindibili per valorizzare le PMI manifatturiere del nostro Paese e aumentarne la competitività sui mercati internazionali. Alla stregua del fondo per la transizione digitale che nel nostro caso è di rilievo anche per il contributo alla certificazione ambientale VCS. Inoltre plaudo all’aumento delle risorse destinate alla lotta per la contraffazione e all’Italian Sounding, due fenomeni deleteri per le nostre produzioni, e all’ulteriore proroga al 30 luglio 2024 della scadenza per presentare la domanda di riversamento spontaneo relativo al credito d’imposta R&S indebitamente percepito. Quest’ultimo è un tema spinoso che sta diventando insostenibile per le nostre aziende. È necessario quanto prima che venga approvato il decreto attuativo per la creazione degli albi dei certificatori accreditati per  definire in maniera chiara cosa sia davvero inseribile a livello di ricerca e sviluppo. L’unica soluzione per garantire chi ha operato nel rispetto delle regole”.



Saipem e Garbo insieme per lo sviluppo di una nuova tecnologia per il riciclo delle plastiche

Saipem e Garbo, azienda chimica italiana, hanno sottoscritto un accordo per il supporto all’industrializzazione, lo sviluppo e la commercializzazione a livello globale di una nuova tecnologia per il riciclo delle plastiche.

Si tratta di ChemPET, una tecnologia di depolimerizzazione di cui Garbo è proprietaria, che consente di convertire i rifiuti plastici di polietilene tereftalato, comunemente noto come PET, in nuovo PET di alta qualità e, quindi, di alto valore per l’industria chimica e alimentare. L’accordo prevede, inoltre, la collaborazione tra Saipem e Garbo per la realizzazione su scala industriale del primo impianto di riciclo chimico della plastica in Italia, localizzato a Cerano in provincia di Novara.

ChemPET si basa su una tecnologia a riciclo chimico che, a differenza di quello meccanico, permette di riciclare tipologie di plastica per cui oggi non esistono soluzioni alternative (come, ad esempio, le plastiche colorate) e produce materiale di maggiore qualità che, a differenza del processo meccanico, non perde le proprie proprietà man mano che si ricicla. ChemPET, inoltre, consente una maggiore semplicità del processo e della gestione di sottoprodotti e non prevede l’utilizzo di sostanze infiammabili o pericolose. Rappresenta, dunque, una soluzione alla crescita di domanda prevista per il riciclo di materiali plastici e di PET in particolare, anche alla luce di normative sempre più stringenti.

Oggi il PET è, infatti, utilizzato principalmente per la produzione di bottiglie e packaging. Fabrizio Botta, Chief Commercial Officer di Saipem, ha commentato: “Questo accordo è in linea con la strategia Saipem nei segmenti industriali low carbon e ci consente di arricchire il nostro portafoglio di tecnologie e soluzioni disponibili per l’economia circolare e la chimica sostenibile”. Guido Fragiacomo, CEO di Garbo, ha dichiarato: “Questo accordo permette a ChemPET di consolidare la leadership tecnologica in ambito crPET tramite l’immediata industrializzazione delle 2 unità da 22,5 kTA di Cerano ed il licensing della tecnologia su scala globale”.




Confagricoltura Piemonte: clima ed emergenza sanitaria condizionano l’annata agraria

L’andamento dell’annata agraria che si chiude l’11 novembre analizzato in una conferenza stampa on-line di Confagricoltura Piemonte, con gli interventi di presidente e direttore regionale di Confagricoltura Enrico Allasia ed Ercole Zuccaro, dell’assessore regionale all’agricoltura Marco Protopapa, del presidente di Unioncamere Piemonte Gian Paolo Coscia, del presidente di ANBI Piemonte(l’associazione che rappresenta i consorzi irrigui e di bonifica) Vittorio Viora, del presidente dell’Ente Risi Paolo Carrà, del presidente nazionale dell’UNCEM (Unione dei comuni montani) Marco Bussone e del componente della Giunta nazionale Confagricoltura Luca Brondelli di Brondello.

Confagricoltura evidenzia un andamento positivo delle produzioni vegetali, con prezzi in rialzo – ma non ancora a livelli ottimali – per i cereali. Raccolto non abbondante per la frutta, ma con produzioni di alta qualità. Ottima la vendemmia. L’emergenza Covid-19 manda in crisi il comparto zootecnico: prezzi cedenti per polli, suini, latte e per la carne di razza Piemontese. Scarso il raccolto di miele.

 

L’inverno tiepido, il più caldo degli ultimi 63 anni, con precipitazioni leggermente inferiori alla media, non ha favorito la ripresa vegetativa. Anche in primavera le temperature sono state superiori alla media e le piogge leggermente inferiori alla media. Aprile e maggio hanno fatto registrare alcune precipitazioni eccezionali. L’estate è trascorsa calda con temperature un po’ sopra la media, con precipitazioni abbondanti, alcune delle quali anche di fortissima intensità, specialmente nel mese di agosto, con venti forti e violente grandinate che in ogni caso non hanno compromesso i raccolti. L’autunno, a parte l’alluvione del 2-3 ottobre, ha finora fatto registrare temperature più o meno in media, così come le precipitazioni, con scarsi passaggi di perturbazioni atlantiche.

Per quanto riguarda l’andamento delle produzioni vegetali – chiarisce Confagricoltura – il raccolto di grano tenero è stato scarso (dal 10 al 15% in meno rispetto al 2019), con prezzi in rialzo da settembre, a livello soddisfacente. Produzioni in calo anche per l’orzo, che in alcune zone registra perdite di rese del  20-30%. Ottime qualità e produzioni abbondanti per il mais, con prezzi in rialzo. Annata difficile per il riso: le zone di produzione – spiegano i tecnici di Confagricoltura Piemonte – sono state colpite da una violenta grandinata il 24 settembre, al confine tra Pavia e Novara, e delle fortissime piogge cadute il 2 e 3 ottobre: la produzione sarà inferiore di circa il 10 – 15% rispetto l’anno scorso. Il raccolto è di buona qualità e i prezzi sono interessanti. Buona la produzione di leguminose, con prezzi incoraggianti per la soia.

Nel comparto frutticolo produzioni in calo, fino al 40% in meno rispetto al 2019, per pesche e nettarine, con qualità e prezzi soddisfacenti. Bene anche albicocche e susine, mentre per il kiwi continuano a registrarsi problemi fitosanitari agli impianti; i danni da gelo primaverile hanno ridotto la produzione. Soddisfacente la produzione di nocciole, ma con prezzi cedenti rispetto all’anno scorso. Buono il raccolto di castagne e di piccoli frutti; tiene la produzione di fragole, con la diffusione di coltivazioni fuori suolo.

Interessante la produzione orticola, con vistosi incrementi dei consumi e dei prezzi. Buona la campagna 2020 del peperone di Carmagnola, seppur con una produzione leggermente in calo rispetto all’anno scorso.

Annata eccellente, favorita dal buon clima estivo, per le coltivazioni foraggere e per i pascoli montani.

Ottima la vendemmia, con produzioni nella media e qualità eccellente, soprattutto per i vini rossi.

Sul fronte gli allevamenti zootecnici Confagricoltura evidenzia che sono aumentate le produzioni di carne avicole. Dopo l’innalzamento dei prezzi in primavera per il lockdown, a settembre il prezzo dei polli da carne era in flessione del 9,6% rispetto allo stesso periodo del 2019. Buona anche la produzione di uova di galline, in aumento di quelle allevate a terra.

Per quanto riguarda i bovini da carne l’emergenza sanitaria Covid-19 ha impattato pesantemente sui consumi e sui prezzi. Con il blocco del canale della ristorazione i danni maggiori si sono registrati nel comparto degli allevamenti di razza Piemontese: i bovini sul mercato all’ingrosso hanno ridotto di circa il 40% il prezzo rispetto all’anno precedente.

In difficoltà – fa rilevare Confagricoltura – anche il mercato del latte bovino: anche in questo caso l’emergenza sanitaria ha fatto diminuire il consumo di latte fresco e i produttori hanno perso circa il 20-25% del prezzo rispetto all’anno scorso.

In crisi anche il mercato dei suini: oggi gli allevatori producono ben sotto i costi di produzione. Scarsa la produzione di miele, a causa del meteo instabile e delle conseguenti fioriture intermittenti nel periodo primaverile.

L’emergenza sanitaria ha acuito le difficoltà del settore primario, già fortemente indebolito. Le produzioni zootecniche hanno subito un calo generalizzato della domanda, in particolare per quanto riguarda carne suina e bovina e latte fresco, a causa del prolungato lockdown primaverile. Il colpo – spiegano i dirigenti di Confagricoltura Piemonte – è stato accusato pesantemente anche dal comparto vitivinicolo, che oggi fa registrare giacenze in cantina superiori al livello fisiologico e guarda con preoccupazione ai prossimi mesi, periodo tradizionale di feste che quest’anno si terranno sicuramente in forma limitata.

In questo contesto – rileva Confagricoltura – diventa indispensabile favorire la competitività delle imprese, consolidare le strutture aziendali, non trascurare gli investimenti in innovazione e sviluppo, assicurare una promozione coordinata del nostro agroalimentare in Italia e all’estero.

Per Confagricoltura la Regione e il Governo nazionale dovranno impegnarsi su questo su questi obiettivi, per dar modo alle imprese di poter ripartire con fiducia non appena le condizioni lo permetteranno. In questa situazione diventa perciò indispensabile sfruttare tutte le risorse a disposizione, a partire da quelle del programma di sviluppo rurale che continua a manifestare forti deficit per quanto riguarda la capacità di spesa: la chiusura del periodo di programmazione è fissata al 31 dicembre e anche se sarà possibile effettuare successivamente i pagamenti già impegnati, al 30 settembre erano stati erogati soltanto il 55% dei fondi a disposizione per il periodo 2014-2020. Confagricoltura Piemonte ha già manifestato alla Regione le preoccupazioni degli imprenditori agricoli, chiedendo di accelerare la conclusione delle istruttorie avviate e la liquidazione dei contributi alle aziende.

Per quanto riguarda la prossima programmazione Confagricoltura ha avanzato alla Regione una serie di proposte, che puntano al rafforzamento delle imprese e al sostegno a progetti immediatamente cantierabili, che per fortuna ci sono.

Per l’organizzazione degli imprenditori agricoli è necessario uno sforzo comune, nel quale deve prevalere il senso di responsabilità per far ripartire, proprio con l’agroalimentare, la nostra economia in modo da far crescere l’occupazione e assicurare una giusta remunerazione per gli agricoltori che operano sul territorio.

Confagricoltura rivolge inoltre un appello alle istituzioni per la difesa e la salvaguardia del territorio, evidenziando due emergenze.

La prima: sono sempre più gravi i danni provocati dai selvatici, cinghiali in particolare, alle coltivazioni agricole: la proliferazione eccessiva di questa specie va contenuta in ogni modo.

Infine l’ultima alluvione di inizio ottobre ha purtroppo confermato che il clima sta cambiando e che è necessario fronteggiare questa emergenza con un impegno concreto: bisogna assicurare un’adeguata manutenzione a fiumi e torrenti, favorire il ripristino delle reti irrigue minori, investire per la creazione di invasi. Per Confagricoltura è tempo di superare i blocchi ideologici che paralizzano gli interventi sul sistema idrogeologico per favorire una vera tutela dell’ambiente naturale e delle attività agricole che sono il vero presidio del territorio.

 

 




CCIAA Torino: Ecco i nomi dei 215 Maestri del Gusto 2021-2022

Svelati questa mattina, dopo lunga attesa, i nomi dei 215 Maestri del Gusto 2021-2022, selezionati da Camera di commercio, Slow Food e Laboratorio Chimico camerale per rappresentare al meglio la tradizione e il futuro dell’enogastronomia torinese.

 

È un momento in cui abbiamo bisogno di buone notizie e i nostri Maestri del Gusto, in costante crescita negli anni in termini di numero e di qualità, rappresentano davvero una buona notizia per questo territorio, perché sono proprio loro tenacemente a tenere alto il nome della migliore tradizione enogastronomica torinese – ha sottolineato il Presidente della Camera di commercio di Torino Dario Gallina.Per questo abbiamo voluto rendere noti oggi i risultati della selezione, rinviando a tempi più consoni la consueta cerimonia di premiazione: chi diventa Maestro del Gusto o chi si riconferma come tale ha, infatti, la legittima urgenza di far conoscere l’ottimo risultato sia ai propri clienti più affezionati, ma soprattutto ai nuovi consumatori, che proprio in un periodo come questo possono attivamente sostenere l’economia locale acquistando prodotti torinesi eccellenti, anche in vista del Natale”.

 

Siamo davvero felici di poter annunciare, anche in questo anno particolare e difficile per tutti, i Maestri del Gusto di Torino e provincia 2021-2022. Si tratta di un progetto virtuoso che andrebbe preso come esempio nella promozione e tutela delle eccellenze di un territorio. Quest’azione – sostiene Carlo Bogliotti, Amministratore delegato di Slow Food Editore – negli anni ha invogliato molti altri a fare sempre meglio, a inventare nuove vie di produzione e di distribuzione gastronomica locale e a metterle a disposizione di un pubblico sempre più informato ed esigente. Per questo salutiamo i nuovi e “vecchi” Maestri del Gusto con particolare attenzione. Siamo giunti alla decima edizione di questo evento, un’iniziativa che vede da sempre la collaborazione di Slow Food. Una cifra tonda che avrebbe meritato una celebrazione con tutti i crismi del caso, con tutti i protagonisti in presenza, ma siamo sicuri che avremo occasione al più presto di recuperare ciò che ora ci impongono le restrizioni sanitarie. Nel frattempo, abbiamo a disposizione un elenco e un racconto di 215 aziende esemplari in cui fare acquisti e che possiamo sostenere per godere nelle nostre case delle loro meraviglie”.

 

I Maestri 2021–2022

L’ampio lavoro di selezione realizzato ogni due anni da Camera di commercio di Torino, Slow Food e Laboratorio Chimico camerale ha individuato per questa edizione 215 aziende, distinte in 26 categorie, dalle aceterie ai viticoltori, passando per pasticcerie, gelaterie, case da tè, liquorerie, panetterie, macellerie e molte altre.

 

Sono 75 i Maestri con sede principale a Torino, gli altri 140 in provincia, sparsi tra comuni dell’hinterland fino alle vallate di alta montagna. Tra questi aziende agricole, casari, viticoltori, ma anche piccole botteghe “boutique” nei centri storici di molti comuni. Tra sedi principali e secondarie, sono 90 infatti i comuni che possono vantare la presenza di almeno un maestro nel proprio territorio.

 

190 le aziende riconfermate dalla precedente selezione, tutte realtà che, una volta entrate nel progetto, hanno proseguito nel cammino di miglioramento e crescita proposto, confermando costantemente o addirittura migliorando i livelli di qualità già raggiunti. Sono 107, invece, i “Maestri da sempre”, ovvero i premiati da almeno 5 edizioni consecutive, e 14 le aziende presenti nel progetto dalla prima edizione del 2002.

 

Sono ben 25, inoltre, i nuovi Maestri, che entrano oggi a far parte della famiglia, dopo aver superato una rigorosa selezione che partiva da 61 candidature. Tra questi, ad esempio, si trova la pasticcera che produce salatini minuscoli e piccole paste elaborate del peso non superiore ai 4 grammi, il panettiere specializzato in grissini colorati, il macellaio che propone salumi aromatizzati al gin, l’apicoltore che fa viaggiare le api in tour dalla pianura all’alta montagna per ottenere un miele dai mille sapori, la giovane specializzata nella produzione di sciroppo d’ambra, ottenuto attraverso la macerazione dei fiori in acqua e zucchero.

 

Si compone così un articolato universo fatto di storie d’azienda e scelte di vita, giovani imprenditori e artigiani da generazioni, prodotti tradizionali e innovazioni inedite, gusti familiari e nuovi accostamenti, tutto rigorosamente all’insegna della qualità, della scelta delle migliori materie prime, della tipicità, dell’osservanza delle norme igienico – sanitarie e dei requisiti definiti nel regolamento tecnico, dalle buone pratiche ambientali all’informazione al consumatore, dalla promozione del territorio ai prodotti locali, come verificato con le visite e le analisi del Laboratorio Chimico camerale.

 

Per quanto riguarda le 26 categorie, quella più numerosa è rappresentata dalle pasticcerie con 25 selezionati, seguita dai viticoltori (19) e dalle gelaterie e dalle macellerie, con 18 Maestri. Un solo rappresentante per le aceterie, solo 2 le salumerie e le case da tè, mentre arrivano a 3 Maestri le drogherie, i produttori di gofri e miasse, le liquorerie, i molini, le pescherie, i produttori di oli e quelli di vermut: un affresco completo di antico e moderno per comporre la migliore tavola tipica torinese.

 

Sempre più frequenti poi, nella grande famiglia dei Maestri, le “contaminazioni” o le collaborazioni tra vari esercenti, con eventi di presentazione congiunti, l’utilizzo reciproco delle materie prime nella creazione di nuove proposte o semplicemente la presenza di alcuni prodotti di altri Maestri del Gusto nei rispettivi punti vendita.

 

Le aziende che entrano a fare parte del progetto sono costantemente coinvolte in iniziative e attività; per citarne solo alcune, in questo momento si possono trovare i Maestri nelle vetrine virtuali di Terra Madre Salone del Gusto, di Golosaria Fiera Online o sulle pagine social dell’iniziativa Freisa Friday mentre, se realizzabili, sono già in programma il prossimo anno eventi come il Festival del Giornalismo Alimentare, Messer Tulipano, Una Mole di Panettoni, Vendemmia Torino, Dolci portici, Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola, Degustè, Festival del Teatro e Letteratura della Val di Susa e tanti altri appuntamenti diffusi sul territorio torinese e non solo.

 

Durante questo particolare 2020, inoltre, molti Maestri sono stati protagonisti di gesti di grande solidarietà, attraverso donazioni di prodotti agli operatori sanitari e alle mense cittadine, dimostrandosi così anche Maestri di solidarietà. Proprio in questi giorni, infine, moltissime aziende si stanno riorganizzando per fornire attraverso l’asporto o il delivery i propri prodotti ai cittadini di Torino e provincia.

 

Tutti i nominativi e gli indirizzi dei Maestri del Gusto sono sul sito  interamente rinnovato, con schede di approfondimento per ciascun Maestro, su Facebook (15.200 follower) e Instagram (1.460 follower). Gli stessi Maestri sono sempre più spesso sul web: sono 182 le aziende che hanno una pagina facebook, 107 sono su Instagram, 180 hanno un sito, 62 propongono l’acquisto on line.

 

 

 




Il settore agroalimentare e la sfida climatica, prospettive e strategie per il Piemonte

Gli eventi meteorologici estremi come incendi, inondazioni e siccità sono diventati l’incognita principale per le 3.600 industrie agroalimentari e delle bevande del Piemonte che occupano 38.000 addetti. Per fornire un quadro degli strumenti politici e finanziari a supporto di questa filiera Confindustria Piemonte e Confindustria Cuneo in collaborazione con Intesa Sanpaolo, hanno organizzato il convegno ‘Il settore agroalimentare e la sfida climatica’ nella sede associativa del capoluogo della Granda.

L’agroalimentare piemontese è pronto ad affrontare la sfida climatica, grazie alla qualità dei suoi prodotti riconosciuta a livello globale anche grazie all’impegno diretto nella sostenibilità di processi e filiere. Uno stato di salute ottimo confermato anche dai dati forniti dalle nostre imprese per l’indagine congiunturale relativa a questo trimestre, nel settore alimentare emerge infatti chiaramente l’intenzione di aumentare investimenti e occupazione, produzione ed export grazie ad ordini a medio lungo termine in forte aumento. A preoccupare le imprese, oltre alla sfida climatica, anche l’aumento dei costi delle materie prime e della logistica, che impatto la redditività e si uniscono ad uno scenario internazionale particolarmente complesso. Sono temi che le istituzioni conoscono, c’è una larga condivisione, saranno massimi impegno e collaborazione” ha spiegato Marco Brugo Ceriotti, da pochi giorni Presidente della Commissione Agrindustria di Confindustria Piemonte, che rappresenta 366 imprese, di cui 168 nel cuneese, per un totale di oltre 20mila addetti, di cui la metà nella Granda.

Ad aprire i lavori, il saluto istituzionale di Chiara Bardini, Presidente della Sezione Agroalimentare di Confindustria Cuneo“Gli effetti del cambiamento climatico rispetto all’attività delle aziende agroalimentari sono stati piuttosto evidenti, anche in termini di maggiori costi: zuccheri, farine, latte e derivati, cacao sono derrate agricole che hanno subito forti oscillazioni di prezzo in questi ultimi due anni, causate anche da raccolti al di sotto delle aspettative. Le variate condizioni hanno significativamente impattato sulle strategie di approvvigionamento delle aziende di trasformazione, che si sono trovate a dover valutare cambi repentini di disponibilità delle principali commodity. Diventa quindi indispensabile mettere in atto all’interno delle nostre aziende strategie che tengano in considerazione un controllo sempre più attento delle filiere agricole non solo localmente confrontandosi con le politiche agricole messe in atto a livello europeo”.

Ha poi preso la parola Stefania Crotta, Direttore Ambiente Energia e Territorio della Regione Piemonte, che nel suo intervento ha sottolineato come nella Politica Agricola Comune per il periodo 2023–2027 ci sia una dotazione finanziaria di 750 milioni di euro per il Complemento per lo sviluppo rurale, dei quali andranno a beneficiare nei prossimi anni oltre 50mila aziende agricole su un milione di ettari di superficie agricola. Di questi circa 257 milioni di euro sono assegnati sulle misure agro-climatico-ambientali, mentre circa 268 milioni sono destinati a sostenere gli investimenti di aziende e imprese. Anche il Programma Regionale FESR 2021-2027 in questa programmazione assegna risorse importanti, circa 202 milioni, al contrasto ai cambiamenti climatici, prevenzione rischio di catastrofe e resilienza.

Sono poi intervenuti Pasquale Di Rubbo, team leader della Direzione generale Agri della commissione europea, ed Enrica Spiga, Research Department di Intesa Sanpaolo. A seguire una tavola rotonda, dedicata ad alcune storie d’impresa. Ad aprire questa seconda parte dei lavori è stato Lorenza Cipollina, Head of Communication&Governement Affairs di Mondelez che ha raccontato l’impegno sulla sostenibilità di Fattorie Osella. È stata poi la volta di Fausto Rinaudo, a.d. di Granda Zuccheri e Trae, Paolo Sartirano, titolare della Sartirano Figli cantine e vigneti e Roberto Signetti, responsabile commercial di Molino Signetti&C. In conclusione gli interventi di Federico Spanna, del settore fitosanitario e servizi tecnologici scientifici della Regione Piemonte, e Piermario Romagnoli, direttore area Agribusiness Piemonte Sud e Liguria Intesa Sanpaolo che ha sottolineato come “un territorio ricco di eccellenze come il Piemonte, che nel 2023 ha continuato ad accrescere l’export dei distretti agroalimentari di oltre il 2%, deve porre attenzione all’emergenza climatica e alle sue ripercussioni investendo in sostenibilità e nella modernizzazione dei processi produttivi e di governance.  Progettualità che Intesa Sanpaolo, grazie alla Direzione Agribusiness, consente di affrontare fornendo alle aziende servizi innovativi e di supporto all’operatività quotidiana con consulenza specializzata nell’ambito dello sviluppo sostenibile, tutela e internazionalizzazione attraverso investimenti di lungo periodo in relazione al Programma Agribusiness. Un programma parte integrante del più ampio piano ‘Il tuo futuro è la nostra impresa’ che ha stanziato 120 miliardi di euro per le imprese fino al 2026”.




Ebano spa di Novara porta il capitale sociale di Cef publishing a un milione

Sviluppare in Italia il mercato della FAD, la formazione a distanza, con l’obiettivo di consolidare il posizionamento come principale player italiano del settore.

E’ con questi obiettivi che Ebano spa ha aumentato ad un milione il capitale sociale di CEF Publishing e l’ha trasformata in SPA.


La holding fondata e guidata dal Presidente della Piccola Industria di Confindustria Carlo Robiglio, a fine estate, aveva rilevato le quote di minoranza di CEF, diventandone proprietaria al 100%.

“Puntare sulla formazione è fondamentale per la crescita del Paese”, dichiara Robiglio. “Competenza e formazione continua saranno la chiave per l’occupazione e con CEF vogliamo fare la nostra parte. La ratio di questa scelta è nella volontà di irrobustire la capitalizzazione della società, che realizza corsi di formazione in modalità FAD per il mercato consumer.

Lavoriamo per apportare notevoli innovazioni di processo, con aspettative concrete di positive ricadute a breve, nonché innovazioni di prodotto, che a medio termine dovrebbe mettere ancor più CEF Publishing nella condizione di competere come azienda leader, nel mercato di riferimento nazionale”.

“Mai come in questa epoca – continua Robiglio – e, direi, in questo preciso momento ancor più per il nostro Paese, è fondamentale aggiornare e rafforzare continuamente le competenze. Il rischio altrimenti, in una società ipercompetitiva, è che in breve diventino obsolete, con la conseguente inevitabile fuoriuscita dal mondo del lavoro. La formazione continua a distanza può contribuire a reinserire la fascia 40/50 anni nel mondo del lavoro.


Dobbiamo passare dal concetto del ”valore del titolo” (cioè qualche cosa di acquisito e riconosciuto una volta per tutte e per la vita) al “valore della competenza” (che deve essere continuamente acquisita ed implementata) dove la formazione, insieme alla persona, diventano centrali”.

Sono i numeri a rappresentare la costante crescita del Gruppo Ebano: circa 18 milioni di fatturato nel 2018 ed una crescita negli ultimi 6 anni dell’800%, 8 società controllate, 15 partnership produttive, più di 250 dipendenti e collaboratori, una clientela media annuale che ormai supera le seimila unità per il solo business della formazione a distanza e un piano di crescita per linee interne ed esterne con investimenti nel solo 2018 di 700 mila euro.


L’azienda è stata premiata da Deloitte a maggio a Milano nella sede di Borsa Italiana con il Premio “Deloitte Best Managed Companies” (BMC): il riconoscimento rivolto alle aziende che si sono distinte per strategia, competenze, impegno verso le persone e performance, promosso da Deloitte in collaborazione con ALTIS Università Cattolica, Confindustria e ELITE, il progetto del London Stock Exchange Group che supporta lo sviluppo e la crescita delle imprese ad alto potenziale.


Il Gruppo Ebano, tramite Cef Publishing, è anche in Elite, il programma internazionale nato in Borsa Italiana nel 2012 in collaborazione con Confindustria e dedicato alle aziende più ambiziose, con un modello di business solido ed una chiara strategia di crescita. Il Gruppo è fortemente impegnato nel sociale e nella sostenibilità. La politica aziendale di Ebano, volta a perseguire alti standard in termini di sostenibilità e impatto sociale, ha permesso, attraverso la partecipata Cef Publishing, di ottenere la Certificazione b Corp®, rilasciata dalla B Corporation, l’ente non-profit americano.

I numeri di Cef Publishing

Più di quarantamila corsisti in dieci anni. Nella gran parte dei casi, destinatarie dei corsi di formazione a distanza sono donne. Accade in quattro delle cinque aree tematiche finora proposte  dai corsi di Cef Publishing: Estetica e benessere (98%), Sanità (97%), Sociale (92%), Animal care (76%). L’unica eccezione: la ristorazione. Corsi come quello per “Cuoco professionista chefuoriclasse” attraggono in pari misura uomini e donne. Non solo. La ristorazione è anche una delle due aree, insieme a Estetica e benessere, in cui i corsi di Cef Publishing/Gruppo Ebano registrano una frequenza pari ad almeno il 20% anche nelle regioni meridionali.


Tra i docenti dei corsi  lo Chef stellato Antonino Cannavacciuolo per il corso “Cuoco professionista CHEFuoriclasse” e il truccatore e imprenditore nel mondo della cosmetica Diego Dalla Palma per il corso “Professionista della Bellezza e del Benessere. Percorso Immagine”.
In generale, il tasso di maggior frequenza si rileva nel Nord Ovest (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia), con oscillazioni che, a seconda delle tematiche, vanno dal 36 al 39% degli iscritti complessivi.

I numeri degli iscritti ai corsi di Cef Publishing/Gruppo Ebano dicono che la Fad è utilizzata soprattutto da soggetti con un titolo di studio medio: diploma professionale o maturità. A seconda della tipologia di corsi, l’incidenza sul totale passa da un minimo del 26% a un massimo del 37% per la maturità e da un minimo del 29% a un massimo del 37% per il diploma professionale.
Non manca una fascia cospicua di corsisti in possesso di licenza media, così come, sul fronte opposto, una quota di laureati, con incidenza che sfiora il 10%.


Quanto all’età dei corsisti, per almeno il 70-80% si tratta di soggetti dai 17 ai 45 anni. Con partecipazione complessivamente più folta per la fascia 26-35, mentre tra i più giovani (17-25) sono particolarmente seguiti (41%) i corsi dell’area Animal care.


La formazione a distanza, tra gli altri meriti, ha quello di ridurre tempi, costi e inquinamento ambientale, in una logica di sviluppo sostenibile sempre più attuale e inderogabile. 




Vaccinazione nelle aziende, Confindustria avvia mappatura degli spazi disponibili

Parte oggi per concludersi venerdì 19 marzo la mappatura degli spazi che le imprese potranno mettere a disposizione per incrementare la rete dei luoghi dove svolgere le pratiche vaccinali.

Le informazioni vengono raccolte attraverso un questionario aperto anche alle imprese non associate a Confindustria e saranno poi condivise con le autorità competenti.

«Un segno tangibile del contributo che il mondo produttivo vuole dare per rafforzare la campagna vaccinale nazionale in questa delicata fase di emergenza – commenta Marco Gay, Presidente di Confindustria Piemonte. In questi mesi abbiamo più volte manifestato la massima disponibilità delle nostre imprese e dei medici del lavoro che operano in azienda.  Siamo certi che il territorio non mancherà all’appello».

L’indagine predisposta da Confindustria a livello nazionale nasce nell’ambito del dialogo avviato con il Commissario Straordinario per la gestione dell’emergenza Gen. Francesco Paolo Figliuolo, con cui si sta lavorando a un protocollo che consenta di vaccinare anche sui luoghi di lavoro.

«Credo sia inoltre necessario – conclude Gay – promuovere una campagna di arruolamento straordinaria che coinvolga tutte le figure professionali capaci di effettuare i vaccini, affinché si possa immaginare un ritorno alla normalità in tempi il più possibile ragionevoli».