Dieta mediterranea vince la sfida mondiale

La dieta mediterranea nell’anno dell’emergenza sanitaria si è classificata come migliore dieta al mondo davanti alla dash e alla flexariana. Lo rende noto la Coldiretti sulla base del best diet ranking 2021 elaborato dal media statunitense U.S. News & World Report, noto a livello globale per la redazione di classifiche e consigli per i consumatori.

Il primato generale della dieta mediterranea è stato ottenuto grazie al primo posto ottenuto in ben cinque specifiche categorie: prevenzione e cura del diabete, difesa del cuore, mangiare sano, componenti a base vegetale e facilità a seguirla.

A contendere la vittoria della dieta mediterranea sul podio sono state quella dash contro l’ipertensione che si classifica al secondo posto e la flexariana, un modo flessibile di alimentarsi, al quarto posto la storica dieta ipocalorica weight watchers e al quinto la dieta della Mayo Clinic basata su una piramide che incrocia abitudini alimentari e comportamenti quotidiani come mangiare davanti alla tv, non fare attività fisica, assumere troppi zuccheri.

Il riconoscimento come miglior regime alimentare al mondo arriva a poco più di dieci anni dall’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco avvenuta il 16 novembre 2010, grazie a una virtuosa ed equilibrata lista di alimenti come pane, pasta, frutta, verdura, carne, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari che ha consentito all’Italia di conquistare il record di longevità in Europa.

Proprio l’emergenza sanitaria ha provocato una svolta salutista nei consumatori che hanno privilegiato la scelta nel carrello di prodotti alleati del benessere sia in Italia che all’estero. Lungo la Penisola infatti si registra un aumento medio del 9,7% dei consumi nel 2020 dei prodotti simbolo della dieta mediterranea come olio extravergine d’oliva, frutta e verdura fino alla pasta, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea. A guidare la classifica della spesa mediterranea in Italia è la frutta con un incremento degli acquisti dell’11%. Al secondo posto l’olio extravergine d’oliva dove i consumi aumentano del 9,7%, davanti a verdura, con una crescita del 9%, e pasta (+8.9%), grazie al boom fatto registrare da penne e spaghetti certificate fatte con grano 100% Made in Italy.

Ad essere avvantaggiate sono state nell’ordine le esportazioni nazionali di conserve di pomodoro (+17%), pasta (+16%), olio di oliva (+5%) e frutta e verdura (+5%) che hanno raggiunto in valore il massimo di sempre. Anche negli Stati Uniti nonostante l’attacco subito negli ultimi anni da parte di Donald Trump grande sponsor del fast food nel 2021 con il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la first lady Jill Biden, di origini italiane, la dieta mediterranea, prototipo di stile di vita salutare, bilanciato e amico dell’ambiente, è tornata protagonista alla Casa Bianca. Non a caso Biden ha rimosso i dazi sui prodotti Made in Italy imposti dal suo predecessore, salvando le esportazioni di mezzo miliardo di euro di specialità tricolori.

Il primo posto nella classifica mondiale delle diete è anche una risposta ai bollini allarmistici e a semaforo fondati sui componenti nutrizionali che alcuni Paesi, dalla Gran Bretagna al Cile alla Francia, stanno applicando su diversi alimenti della dieta mediterranea sulla base dei contenuti in grassi, zuccheri o sale. “I sistemi di etichettatura nutriscore e a semaforo è fuorviante, discriminatorio e incompleto e finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta” afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “si rischia di promuovere cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e di sfavorire elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche specialità come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano ed il prosciutto di Parma le cui semplici ricette non possono essere certo modificate”.

TOP FIVE DIETE NEL MONDO NEL 2021
1)      Mediterranea
2)      Dash contro l’ipertensione
3)      Flexariana, un modo flessibile di alimentarsi
4)      Weight watchers, ipocalorica
5)      Mayo Clinic che incrocia alimenti e comportamenti




Aumenti luce e gas: con il mercato libero risparmi fino a 217 euro. In calo rispetto al 2020

Il 2021 prende il via con bollette luce e gas più pesanti. In base all’aggiornamento trimestrale dei prezzi stabilito da Arera, l’Authority di settore, le famiglie in regime di maggior tutela tra gennaio e marzo del 2021 spenderanno di più per la luce (+ 4,5%), ma anche per il gas (+ 5,3%).

Il passaggio al mercato libero, quindi, è un’opportunità concreta per alleggerire le spese per le utenze. Tuttavia, passare al mercato libero permetterà risparmi (seppur di poco) inferiori rispetto al 2020. L’ultimo studio SOStariffe.it ha calcolato quanto sarà possibile mettere da parte, distinguendo tre profili- tipo di consumo: un single, una coppia e una famiglia di quattro persone.

Vita da single: risparmi medi di 132 euro in un anno, in calo rispetto al 2020 (-6,54%)

I dati sono stati ricavati da SOStariffe.it avvalendosi del proprio comparatore offerte luce e gas. I costi e gli importi sono stati simulati sulla base della promozione più conveniente nel mercato libero a gennaio 2021, posta a confronto con la migliore offerta di ottobre 2020, per ciascun profilo di consumo. Il primo profilo considerato è quello di un single residente a Milano, con fabbisogno di luce pari a 1400 kWh e di gas di 500 Smc.

Approfittando delle migliori tariffe del momento sul mercato libero, il single riceverà in media quest’anno una bolletta della luce di 268 euro e una del gas di 322 euro. Sommando entrambe le utenze arriverà a spendere 590 euro. Si tratta di somma ben più alta se confrontata con la stessa spesa per luce e gas di ottobre 2020, pari a 567 euro (circa il 4% in più). Dunque, i rincari del primo trimestre 2021 sembrano avere un impatto anche per i clienti che non sono più in regime di maggior tutela.

Nonostante tutto, il passaggio al mercato libero risulta comunque conveniente anche se un po’ meno rispetto allo scorso anno. L’indagine, infatti, ha evidenziato che lo stesso single nel corso del 2020 riusciva a risparmiare 141 euro su entrambe le bollette mentre nel 2021 potrà risparmiarne solo 132 (circa il 6,54% in meno).

Coppie: nel 2021 risparmi attesi di 141 euro, tra luce e gas. Più bassi del 2020 (-28,78%)

Il secondo profilo di consumo esaminato dall’Osservatorio SOStariffe.it è quello di una coppia che vive a Milano con un fabbisogno annuo medio di 2400 kWh di luce e 800 Smc di gas. Anche per le coppie le bollette del 2021 si rivelano più gravose. Pur approfittando dell’offerta più economica attualmente reperibile sul mercato libero, le coppie dovrebbero sostenere una spesa media annua di 411 euro di luce e 510 euro di gas. Considerate entrambe le utenze, dunque, si arriva a spendere una media di 921 euro nel 2021 a fronte di soli 848 spesi nel 2020 (pari al 8,64% in più).

Gli importi possono variare a seconda che si scelga un’offerta monoraria o bioraria. A risentire meno degli aumenti sono le offerte monorarie a prezzo variabile. Anche in questo caso il passaggio al mercato libero risulta sempre vantaggioso, tuttavia la convenienza si è purtroppo attenuata rispetto allo scorso anno. Le coppie nel 2020 hanno potuto risparmiare su entrambe le utenze fino a 199 euro. Nel 2021 i risparmi si fermano a 141 euro (circa il 28,78% in meno).

Famiglie: fino a 217 euro di risparmi nel 2021. Appena meno (-5, 82%) del 2020

I nuclei familiari si confermano, come lo scorso anno, il profilo di consumo in grado di ottenere i maggiori risparmi con il passaggio al mercato libero. L’Osservatorio SOStariffe.it si riferisce a una famiglia tipo di 4 individui, con casa a Milano e un fabbisogno annuo di 3400 kWh di luce e 1400 Smc di gas.

Dal report emerge che, pur approfittando delle offerte più economiche sul mercato libero a gennaio 2021, le famiglie dovranno sostenere costi più elevati nel corso dell’anno appena iniziato. Con una spesa che si aggira per l’energia elettrica sui 566 euro e per il gas attorno a 842 euro.

L’impegno economico complessivo per le due utenze è pertanto pari a 1408 euro annui, mentre lo scorso anno, ad ottobre, si attestava sui 1370 euro (circa il 2,76% in più). Il passaggio al mercato libero consente dunque alla famiglia-tipo di risparmiare più di tutti gli altri consumatori considerati: ben 217 euro nel corso del 2021. Purtroppo, anche in questo caso, si registra un lieve calo (-5,82%) rispetto ai risparmi del 2020, che si aggiravano su 230 euro annui.

Alcuni consigli di risparmio: usare il comparatore e controllare i dati in fattura

Come fare a individuare l’offerta giusta nel mercato libero? La prima regola, e anche la più importante, e quella di utilizzare un comparatore, come il tool semplice e intuitivo messo a disposizione da SOStariffe.it, grazie al quale sono stati rilevati i dati di questa indagine.

Altra regola d’oro per il risparmio è verificare tutti i costi in bolletta, per non avere sorprese dopo la sottoscrizione di un nuovo contratto. Cosa significa? La bolletta della luce e quella del gas sono composte di varie voci. Alcune sono identiche per tutti i fornitori, in quanto stabilite dall’Autorità di settore. Il costo a cui prestare maggiore attenzione è, per la luce, quello relativo al prezzo energia e, per il gas, la spesa materia prima gas. Nel mercato tutelato è Arera, infatti, a fissare e aggiornare ogni tre mesi questo costo. Mentre nel mercato libero è il fornitore che lo sceglie e lo modifica in base a quanto indicato nelle condizioni contrattuali. Per evitare rincari nel breve periodo, conviene attivare tariffe con prezzo che resti bloccato quanto più a lungo possibile.

Come cambiare fornitore nel modo più intelligente

Individuiamo a questo punto le promozioni riservate a chi è in cerca di nuovo gestore. Fornendo i dati presenti in bollette al nuovo gestore, potremmo procedere al cambio di fornitura nel giro di un mese. Altro espediente utile a risparmiare è scegliere le offerte dual fuel, ovvero le promozioni che comprendono una doppia fornitura energetica (luce e gas). Le comodità di queste soluzioni consistono nella ricezione di una sola bolletta per entrambe le forniture e nella presenza di sconti extra per l’attivazione congiunta oltre al vantaggio di rivolgersi a un solo interlocutore. Infine, è sempre buona norma leggere le opinioni degli altri clienti in merito ad un determinato fornitore. Tali opinioni sono disponibili, oltre che sui siti dei medesimi gestori, su portali specializzati. Anche SOStariffe.it ha creato, sul proprio sito, uno spazio con le opinioni degli utenti. Una sorta di “passaparola” che ci aiuta a scoprire la reputazione digitale del nostro futuro fornitore.




Cashback di Natale: costi, caratteristiche e domande da porsi

Il cashback di Natale è la misura ideata dal Governo per consentire ai cittadini italiani di recuperare il 10% di quanto speso con l’utilizzo di una carta di pagamento, fino a un massimo di 150 euro. SOStariffe.it ha analizzato i costi e le caratteristiche delle principali carte commercializzate in Italia nel mese di dicembre 2020, mettendo in evidenza i relativi vantaggi e svantaggi.

Tra le misure messe in atto dal Governo per combattere l’evasione fiscale, incentivando l’utilizzo dei pagamenti digitali, spicca il bonus cashback, in partenza dall’8 dicembre 2020, in via sperimentale, con il cosiddetto “cashback di Natale”. Il principio alla base di tale incentivo consiste nella possibilità di ricevere un rimborso pari al 10% degli acquisti effettuati, fino a un massimo di 150 euro, pagando con una carta di pagamento in sostituzione dei contanti.

Gli italiani sono noti per essere il popolo europeo a utilizzare meno le carte di pagamento elettroniche, alle quali, da sempre, preferiscono il contante, soprattutto in caso di cifre esigue. L’obiettivo del Governo è quello di fare in modo che gli strumenti di pagamento digitale vengano utilizzati con una frequenza maggiore, anche per le piccole transazioni.

Per andare incontro alle esigenze dei consumatori che non dispongono ancora di una carta di pagamento e che vorrebbero approfittare del cashback di Natale, SOStariffe.it ha preso in esame i costi e le caratteristiche delle migliori carte e messo a punto alcuni consigli su come scegliere la forma di pagamento digitale più adeguata rispetto ai propri bisogni.
Cosa considerare prima di scegliere una carta di pagamento digitale: 5 domande utili
Le carte di pagamento digitali non sono tutte uguali: per questo motivo è bene essere informati su quelle che sono le caratteristiche che le contraddistinguono in modo tale da essere orientati al meglio nella scelta. Una prima domanda che bisognerebbe porsi è relativa all’eventuale presenza di limiti di spesa, che si basa sull’analisi del plafond e di limiti giornalieri.

In secondo luogo, ci si dovrebbe chiedere quali sono i costi principali legati alla carta, in particolare quelli relativi alla sua emissione, al canone annuo e alle eventuali commissioni di ricarica. Si potrà poi valutare se attivare una carta di credito, che potrà essere a saldo o a rate, una carta di debito o una ricaricabile, chiamata anche carta prepagata.
Altri due elementi ai quali prestare grande attenzione sono la possibilità di utilizzare la carta dal proprio smartphone, e pagare in negozio con l’utilizzo delle app di pagamento, senza dover portare la carta con sé, e se sarà possibile gestire la carta da mobile, tramite l’utilizzo dell’home banking o del mobile banking.
I parametri dello studio condotto

Lo studio condotto da SOStariffe.it ha messo a confronto le condizioni contrattuali delle principali carte di pagamento disponibili in commercio nel mese di dicembre 2020 e per ognuna di esse ha tracciato quelli che sono i punti di forza e di debolezza.
Sono stati presi in considerazione il canone mensile, il contributo di attivazione, il prelievo presso l’ATM della stessa banca, e quello presso altre banche, all’estero in zona Ue e non Ue, oltre che i prelievi gratuiti inclusi nel singolo mese.

È stato incluso anche il costo delle commissioni presso i POS in Italia, Europa e negli Stati fuori dall’Europa, la massimale del prelievo e il plafond. A essere oggetto dello studio sono state le carte conto provviste di IBAN, le carte di credito a rate, le carte di credito a saldo, le carte di debito e le ricaricabili.

Le carte conto IBAN, ovvero le carte simili ai conti correnti
Il principale vantaggio legato all’utilizzo di una carta conto con IBAN è rappresentato delle funzionalità simili a quelle di un conto corrente. Essendo dotate di IBAN, queste carte consentono, ad esempio, di effettuare e ricevere bonifici, di domiciliare le utenze domestiche, di accreditare lo stipendio o la pensione.

Il canone mensile medio è pari a 3,71 euro, per l’attivazione sono necessari 0,91 centesimi, 0,41 per il prelievo presso l’ATM della stessa Banca e 0,60 per i prelievi all’estero in zona Ue, che sono pari a 1,86 euro (più una commissione dell’1,85%) in zona non Ue. Sono inclusi 5,5 prelievi gratuiti al mese.

Le commissioni per l’utilizzo del POS in Italia e in Europa sono assenti, mentre è previsto uno 0,69% in zona extra Ue. Il massimale del prelievo è pari a 442 euro, mentre il plafond raggiunge in media i 26.500 euro: si tratta del valore più alto fra tutti.
Nonostante le commissioni siano particolarmente ridotte o del tutto assenti, tra le debolezze di questa carta si possono annoverare i limiti bassi per il prelievo e i costi di gestione, che in alcuni casi possono essere elevati.

La differenza tra le carte di credito a rate e quelle a saldo
Le carte di credito possono essere a rate o a saldo: le prime convengono perché danno la possibilità di dilazionare le spese, mentre le seconde presentano plafond e vantaggi che possono essere personalizzati. Di contro, le carte di credito a rate possono prevedere tassi di interesse e commissioni elevati. Per le carte a saldo bisogna considerare commissioni elevate sul prelievo.

Il canone delle carte di credito a rate si aggira intorno ai 4,45 euro, mentre l’attivazione è pari a 3,18 euro circa. Sono previsti dei costi sui prelievi, che in Italia vanno da 1,38 euro con una commissione del 3,63%, mentre all’estero sono pari a 2,10 euro con una commissione del 3,79%. Sono inclusi 23 prelievi gratuiti al mese. Le commissioni per i pagamenti tramite POS sono presenti solo nei Paesi extra Ue e ammontano all’1,25%. Il massimale del prelievo è di 450 euro, mentre il plafond raggiunge i 2,687 euro.
Per quanto riguarda le carte di credito a saldo, invece, il canone mensile è più alto, ovvero pari a 6,23 euro, mentre l’attivazione è pari a 2 euro.

I prelievi in Italia sono pari a 1,38 euro e hanno un costo di commissione del 3,74%. In Europa si pagano 2,35 euro con commissioni del 3,74%, mentre in zona extra Ue i prelievi costano 2,90 euro, con commissioni del 2,81%. Sull’utilizzo del POS in zona extra Ue c’è una commissione dell’1,60%, il massimale del prelievo è di 637 euro, mentre il plafond ammonta a 4.056 euro.

I vantaggi e gli svantaggi delle carte prepagate
Le carte prepagate sono strumenti di pagamento molto interessanti, caratterizzate da un plafond di 11.588 euro e da un massimale del prelievo di 569 euro: possono essere attivate da tutti, anche dai minorenni e da chi non ha un conto corrente.

Il canone mensile è molto basso, pari a 0,41 centesimi, mentre per l’attivazione sono necessari 5,34 euro. Le commissioni per i prelievi vanno da 0,41 euro a 1,89 euro e sono maggiori nei Paesi extra Ue, nei quali è previsto un costo di 3,93 euro e una commissione dell’1,69%.

Sono inclusi 6 prelievi gratuiti al mese, mentre sui pagamenti con POS nei Paesi extra Ue viene applicata una commissione dell’1,47%. Tra gli svantaggi rientrano l’eventuale presenza di commissioni più elevate rispetto ad altri prodotti e l’assenza dell’IBAN.
Perché scegliere una carta di debito

Le carte di debito sono strumenti di pagamento digitali che prevedono costi di gestione e prelievo molto bassi, ma che devono essere collegate direttamente al conto corrente, quindi non possono essere attivate da tutti.

Il costo medio del canone è di 1,76 euro, mentre l’attivazione ammonta a 1,77 euro. I costi sui prelievi vanno da un minimo di 0,28 centesimi a un massimo di 2,27 euro, e quello delle commissioni per l’uso del POS in zona extra Ue è pari all’1,27%. Queste carte hanno in media un plafond di 5.679 euro e un massimale del prelievo di 1.368 euro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Coronavirus, 2918 decessi in una settimana, terapie intensive sopra soglia saturazione in 11 Regioni

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 4-10 novembre, rispetto alla precedente, l’incremento nel trend dei nuovi casi (235.634 vs 195.051), sia per il lieve aumento dei casi testati (872.026 vs 817.717), sia per l’incremento del rapporto positivi/casi testati (27% vs 23,9%) .

Crescono del 41,1% i casi attualmente positivi (590.110 vs 418.142) e, sul fronte degli ospedali, si registra un ulteriore aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (28.633 vs 21.114) e in terapia intensiva (2.971 vs 2.225); incrementano del 70% i decessi (2.918 vs 1.712). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 2.918 (+70,4%)
  • Terapia intensiva: +746 (+33,5%)
  • Ricoverati con sintomi: +7.519 (+35,6%)
  • Nuovi casi: 235.634 (+31%)
  • Casi attualmente positivi: +171.968 (+41,1%)
  • Casi testati +54.309 (+6,6%)
  • Tamponi totali: +121.410 (+9,1%)

«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma l’incremento di oltre il 40% dei casi attualmente positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, con gli ospedali sempre più vicini alla saturazione, oltre che sul numero di decessi, che nell’ultima settimana hanno superato quota 2.900».

Rispetto alla settimana precedente in quasi tutte le Regioni si rileva un lieve rallentamento dell’incremento percentuale dei casi che potrebbe dipendere sia dall’effetto delle misure di contenimento introdotte a fine ottobre, sia dalla saturazione della capacità di testing, visto che i casi attualmente positivi continuano ad aumentare ovunque. Destano particolare preoccupazione i tassi di occupazione ospedalieri: in 11 Regioni è stata superata la soglia di saturazione del 40% dei posti letto in area medica e in altre 11 Regioni quella del 30% per le terapie intensive (tabella).

Altro dato critico sulla gestione e sull’evoluzione dell’epidemia è il numero degli operatori sanitari contagiati dal momento che «negli ultimi 30 giorni – spiega il Presidente – si sono verificati 19.217 contagi, rispetto ai 1.650 dei 30 giorni precedenti. Oltre al rischio di focolai ospedalieri, in RSA e in ambienti protetti, preoccupa l’impatto sul personale sanitario, già in carenza di organico oltre che provato dalla prima ondata» (figura 3).

Il monitoraggio GIMBE della seconda ondata è stato oggetto lo scorso 10 novembre di un’audizione presso la XII Commissione Affari Sociali della Camera, dove il Presidente ha innanzitutto ribadito la necessità di rendere disponibili in formato aperto, dettagliati e interoperabili tutti i dati, richiamando la campagna  #datiBeneComune. Quindi ha rilevato le criticità tecniche dell’attuale sistema di monitoraggio della pandemia che informa le scelte di Governo: dalla limitata tempestività – dovuta ai tempi di consolidamento dei dati e ai crescenti ritardi di notifica da parte delle Regioni – che favorisce la corsa del virus, alla qualità e completezza dei dati regionali, dalla complessità tecnica al peso eccessivo attribuito all’indice Rt.

«L’attribuzione dei colori alle Regioni – ha spiegato Cartabellotta – viene effettuata utilizzando due parametri principali: lo scenario identificato dai valori dell’indice Rt e la classificazione del rischio attraverso i 21 indicatori del DM 30 aprile 2020. Tuttavia, il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide perché, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti». In particolare, Rt:

  • viene stimato solo sui casi sintomatici, circa 1/3 dei casi totali
  • si basa sulla data inizio sintomi che molte Regioni non comunicano per il 100% dei casi, determinando una sottostima dell’indice
  • è strettamente dipendente dalla qualità e tempestività dei dati inviati dalle Regioni
  • quando i casi sono pochi, rischia di sovrastimare la diffusione del contagio

«In questa fase di drammatica crescita dei contagi, rapida saturazione degli ospedali e impennata dei decessi – conclude Cartabellotta – il sistema di monitoraggio che informa le decisioni politiche secondo il DPCM del 3 novembre 2020 non è uno strumento decisionale adeguato. È tecnicamente complesso, soggetto a numerosi “passaggi” istituzionali, risente di varie stratificazioni normative, attribuisce un ruolo preponderante all’indice Rt che presenta numerosi limiti e, soprattutto, fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima. Ovvero, usando lo specchietto retrovisore, invece del “binocolo, si rallenta la tempestività e l’entità delle misure per contenere la curva epidemica. Senza un immediato cambio di rotta sui criteri di valutazione e sulle corrispondenti restrizioni, solo un lockdown totale potrà evitare il collasso definitivo degli ospedali e l’eccesso di mortalità, anche nei pazienti non COVID-19».

 




Affitti e seconda ondata Covid: crollano i prezzi del breve termine, tiene il transitorio

Il clima di incertezza e l’emergenza pandemica hanno avuto un effetto molto deleterio sul comparto degli affitti brevi: al momento il prezzo medio degli affitti brevi si è ridotto del 7% mentre l’ occupancy del 54,3%, il tutto al netto del periodo di lockdown.

A registrare questi cambiamenti i dati di Hostmate, società specializzata in servizi dedicati ai proprietari di appartamenti..

Secondo fonti interne a Hostmate è prevista una ulteriore riduzione del 25% del numero di appartamenti a disposizione per gli affitti brevi sui principali portali dedicati.

Per quanto concerne l’affitto transitorio, quello superiori a 30gg, il prezzo al momento tiene, riducendosi solo del 5%, il tutto favorito dal cambio dell’abitudine dei consumatori (inquilini/turisti) e dalla possibilità di prenotare per periodi superiori a 30 giorni attraverso portali come Booking e Airbnb. Al momento il 70% del portafoglio in gestione da Hostmate risulta affittato attraverso questa formula.

L’aumento della volatilità di mercato, generato dalla pandemia da Covid-19, ha aumentato la necessità da parte dei proprietari immobiliari di perfezionare i propri modelli previsionali di guadagno per poter prendere decisioni strategiche sulla base di dati di mercato aggiornati alla situazione attuale.

Per rispondere a questo bisogno e permettere ai proprietari immobiliari di avere un quadro chiaro circa la migliore strategia di messa a reddito da adottare, Hostmate ha investito nel potenziamento dei propri tool di data & analytics lanciando l’Acceleratore Immobiliare.

Attraverso i propri strumenti di analisi, affiancati dall’esperienza diretta sul campo, l’azienda identifica la migliore strategia di messa a reddito degli immobili sulla base dell’andamento corrente di mercato. Il tutto unito con le competenze nella gestione operativa di portafogli di immobili che permette l’implementazione delle soluzioni in tempi brevi ed in continuità.

“I tool proprietari Hostmate – afferma Maurizio Sicuro, COO Hostmate – calcolano i guadagni attesi nell’arco dei prossimi 12 mesi in base a diverse soluzioni di messa a reddito: affitto breve, affitto transitorio e affitto lungo. In seguito, in base alla scelta del proprietario, Hostmate implementa la soluzione”.

 

 




Bonus Internet, più risorse al Sud e fino ad un anno di connessione Internet casa gratuita 

Dalla fine del mese di ottobre, gli operatori di telefonia potranno iniziare a proporre le prime offerte riservate alle famiglie che rientrano nei requisiti del nuovo Bonus Internet.

La nuova agevolazione permette di accedere ad un voucher da utilizzare per coprire i costi di un nuovo abbonamento per la connessione Internet casa in grado di garantire una velocità massima di almeno 30 Mbps. 

Il Bonus Internet per le famiglie italiane si articolerà in due fasi, denominante rispettivamente Fase 1 e Fase 2. Per ogni fase sono previsti requisiti specifici per l’accesso. Ogni fase, inoltre, prevede un importo massimo del voucher (500 Euro per la Fase 1 e 200 Euro per la Fase 2). Le famiglie che rientrano nella Fase 1 potranno utilizzare parte del voucher anche per ottenere un PC o un tablet.

Il voucher previsto dal Bonus Internet può essere utilizzato esclusivamente per attivare offerte specifiche proposte dagli operatori di telefonia che richiederanno l’accredito ad Infratel. Per chiarire tutti gli aspetti legati al funzionamento della nuova agevolazione, SOStariffe.it ha analizzato le caratteristiche del Bonus Internet, i requisiti per l’accesso e la suddivisione dei fondi. 

La seconda parte dell’indagine include una simulazione legata all’utilizzo del Bonus PC con le attuali offerte Internet casa. Il voucher previsto dall’agevolazione, come evidenziato dai risultati, può coprire diversi mesi di abbonamento Internet. Il bonus relativo alla Fase 1 può garantire sino ad un anno di connessione gratuita. 

I requisiti del Bonus Internet

L’accesso al Bonus Internet prevede alcuni requisiti ben precisi. Per quanto riguarda la Fase 1, l’accesso al voucher da 500 Euro è condizionato alla presenza di un ISEE inferiore a 20.000 Euro per il proprio nucleo familiare. Per la Fase 2, invece, la soglia per l’accesso al Bonus sale sino a 50.000 Euro. 

Per poter ottenere l’agevolazione, inoltre, è necessario attivare un nuovo abbonamento Internet casa in grado di garantire una velocità in download di almeno 30 Mbps (banda minima garantita di 15 Mbps) e una velocità in upload di almeno 15 Mbps (banda minima garantita di 7,5 Mbps).

Le famiglie che hanno già una connessione di questo tipo potranno accedere al bonus esclusivamente attivando un nuovo abbonamento che prevede l’accesso ad Internet tramite fibra ottica con velocità di 1 Gbps in download.

Le famiglie che rientrano nella Fase 1 del Bonus Internet, contestualmente alla sottoscrizione di un nuovo abbonamento Internet, potranno acquistare un PC o un tablet direttamente dall’operatore utilizzando parte del voucher ottenuto. 

Non tutti i modelli sono acquistabili con il voucher. PC e tablet devono rispettare precisi requisiti, stabiliti da Infratel, per poter essere inclusi nelle offerte.  Il dispositivo ottenuto diventerà di proprietà dell’utente trascorsi 12 mesi dall’attivazione del contratto. 

La suddivisione dei fondi: al Sud il maggior numero di aventi diritto

I dati diffusi da Infratel in merito alla suddivisione dei fondi per il Bonus Internet confermano che la maggior parte dei voucher verrà indirizzata verso le regioni del Sud Italia. Quasi il 20% delle risorse disponibili su base nazionale è riservata alla Sicilia, con quasi 80 mila famiglie beneficiarie, mentre 18.6% riguarda la Campania, con quasi 75 mila famiglie che potranno richiedere il bonus. Al terzo posto troviamo la Puglia con circa il 14%.

La Lombardia ed il Lazio, le due regioni più popolose del Paese, riceveranno, rispettivamente, il 4.13% ed il 2.64% dei fondi totali previsti per il Bonus PC. In alcune regioni italiane (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Toscana), il Bonus PC sarà richiedibile da utenze ubicate solo in specifici comuni. L’elenco completo dei comuni verrà realizzato dopo specifiche convenzioni tra le singole regioni e Infratel. 

Come si richiede il voucher

Il Bonus PC, sia per la Fase 1 che per la Fase 2, può essere richiesto esclusivamente tramite gli operatori di telefonia accreditati. È compito dei provider presentare offerte specifiche (abbonamento Internet + PC/Tablet per la Fase 1, solo abbonamento Internet per la Fase 2) che gli utenti potranno valutare per utilizzare il voucher. 

La richiesta di utilizzare il voucher va presentata direttamente all’operatore di telefonia. Per l’accesso al bonus è necessario presentare l’apposito modulo di domanda, la certificazione ISEE, un proprio documento di identità e il codice fiscale. Se disponibile, alla richiesta va allegata una copia dell’abbonamento Internet già attivo. 

L’importo del Bonus Internet (500 o 200 Euro) viene erogato come sconto da applicare al canone d’abbonamento ed al costo di attivazione della connessione Internet e al costo del PC/Tablet (per la sola Fase 1). Per quanto riguarda la Fase 1, il voucher da 500 Euro segue una precisa suddivisione. 

Per l’abbonamento Internet (della durata di almeno un anno) è necessario utilizzare da un minimo di 200 Euro ad un massimo di 400 Euro. Per il PC/Tablet, invece, la somma da spendere deve essere compresa tra 100 e 300 Euro. La combinazione dei due importi può raggiungere un massimo di 500 Euro. 

La simulazione di SOStariffe.it: il bonus può coprire il costo di un anno di abbonamento

Il Bonus Internet può coprire buona parte dei costi (canone + attivazione) del primo anno di un abbonamento Internet, almeno considerando le offerte Internet casa disponibili ad ottobre 2020. Andando ad analizzare le attuali tariffe Internet casa proposte dagli operatori di telefonia fissa, infatti, per il primo anno viene richiesto un importo medio di 386 Euro tra canone e attivazione. 

Il voucher della Fase 1, che per la connessione può raggiungere un importo massimo di 400 Euro, può arrivare ad azzerare i costi del primo anno di un nuovo abbonamento Internet con velocità massima in download non inferiore a 30 Mbps. Con il voucher della Fase 2, invece, è possibile coprire poco più del 50% del costo medio del primo anno, azzerando il costo dei primi sei mesi della bolletta. 

Gli utenti che non rientrano nei requisiti previsti dal Bonus Internet hanno la possibilità di ridurre al minimo il costo del proprio abbonamento Internet, massimizzando contestualmente la velocità di connessione, sfruttando una delle migliori tariffe presenti sul mercato di telefonia fissa.




Con tasse Europee, ogni famiglia italiana risparmierebbe 1.500 euro all’anno

Se potessimo contare su una pressione fiscale pari a quella media europea, ogni famiglia italiana risparmierebbe 1.506 euro di tasse all’anno. La CGIA è giunta a questo risultato comparando la pressione fiscale di tutti i 28 paesi dell’UE.

Dopodiché, ha calcolato quanto pagherebbe in più o in meno di tasse una famiglia media italiana1 se subisse la pressione fiscale del paese europeo oggetto del confronto. Avendo registrato una pressione fiscale superiore di 2,2 punti percentuali rispetto al dato medio dell’Unione, nel 2019 ogni famiglia italiana avrebbe risparmiato 1.506 euro.

Nella manovra 2021 è necessario un taglio da 20 miliardi Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi CGIA, Paolo Zabeo: “Con la prossima legge di Bilancio è necessario un intervento choc che nel giro di qualche anno riduca di almeno 3-4 punti percentuali la pressione fiscale.

Chi ritiene che siano sufficienti solo 10 miliardi si sbaglia di grosso: questa cifra è insufficiente. Per il 2021 è necessaria una contrazione di almeno 20 miliardi di euro e questo obbiettivo potrà essere raggiunto solo se si riuscirà ad abbassare, di pari importo, la spesa pubblica improduttiva e una parte delle agevolazioni fiscali. Compiere questa operazione, comunque, non sarà per niente facile. Negli ultimi 10 anni, infatti, la spending review non ha prodotto risultati apprezzabili, mentre il numero delle deduzioni e delle detrazioni fiscali è aumentato a dismisura, soprattutto in questo periodo di Covid”.

Secondo l’Istat, nel 2019 era composta da 2,3 componenti

 Paghiamo tanto per avere pochi servizi

Un peso tributario eccessivo come quello presente nel nostro Paese costituisce un problema sia perché alleggerisce la disponibilità economica di tante famiglie e di altrettante imprese sia perché drena risorse che altrimenti potrebbero essere investite per favorire i consumi, gli investimenti e, quindi, lo sviluppo del sistema economico.

Sottolinea il segretario della CGIA, Renato Mason: “Con un carico fiscale così eccessivo e una platea di servizi erogati dalla nostra Pubblica amministrazione che negli ultimi anni è scesa sia in termini di qualità che di quantità, questa situazione ha contribuito a determinare una contrazione della domanda interna e un crollo degli investimenti pubblici. Ma oltre a tagliare le tasse è altrettanto importante semplificare il nostro sistema fiscale. Pagare le imposte è diventato sempre più difficile: lo dicono gli esperti, come i commercialisti e i tecnici delle associazioni di categoria. Figuriamoci come la pensano i piccoli imprenditori che oltre a occuparsi della propria attività, spesso sono chiamati a misurarsi con una burocrazia fiscale astrusa e scriteriata che non ha eguali nel resto d’Europa”.

Quest’anno il peso fiscale è destinato a salire nuovamente Stando agli ultimi dati disponibili (media anno 2019), la pressione fiscale in Italia si è fermata al 42,4 per cento del Pil, in aumento rispetto al 2018 di 0,7 punti percentuali. Questo incremento è avvenuto dopo 5 anni di costante riduzione del carico fiscale. Dopo il picco massimo di tutti i tempi toccato nel 2013, il peso di tasse e contributi ha cominciato a scendere, in particolar modo con l’esecutivo guidato da Renzi che, tra le altre cose, ha eliminato l’Imu sulla prima casa e ha alleggerito il costo del lavoro dei neo assunti .

Cosa succederà quest’anno ?

Premesso che con la pubblicazione della Nota di aggiornamento al DEF prevista nei prossimi giorni avremo contezza della soglia ragiunta quest’anno, abbiamo l’impressione che la pressione fiscale sia destinata ad aumentare ulteriormente. Non tanto perché sono state ritoccate all’insù le aliquote, cosa che infatti non è avvenuta, ma perché registreremo una caduta verticale del Pil più significativa della contrazione registrata dalle entrate. Ricordiamo, infatti, che la pressione fiscale è data dalla somma delle entrate tributarie e di quelle contributive; il risultato di questa operazione deve poi essere rapportato al Pil e, successivamente, moltiplicato per 100.

Per pressione fiscale siamo al 6° posto in UE
Tra i 28 paesi che nel 2019 costituivano l’Unione europea, l’Italia si è classificata al sesto posto per quanto riguarda il peso della pressione fiscale in percentuale del Pil. La Danimarca presenta il carico fiscale più importante (47,6 per cento), seguono la Francia (47,3 per cento), il Belgio (45,5 per cento), la Svezia (43,5 per cento) e l’Austria (42,9 per cento). Il sesto posto di questa particolare graduatoria è occupato dall’Italia che nel 2019 ha registrato una pressione fiscale del 42,4 per cento. Se tra i nostri principali competitor la Germania presenta un peso fiscale complessivo del 41,6 per cento, il Regno Unito e la Spagna, entrambe con un carico fiscale complessivo del 35,2 per cento, possono addirittura contare su un differenziale di 7,2 punti di tasse in meno rispetto al nostro Paese

 Con le tasse di Spagna o Regno Unito, una famiglia italiana risparmierebbe quasi 5.000 euro all’anno

Se nel confronto con la pressione fiscale media dell’UE riferita all’anno scorso (40,2 per cento) una famiglia italiana avrebbe pagato 1.506 euro in meno di tasse, nella comparazione con il carico fiscale in capo alla Germania, invece, avrebbe risparmiato 548 euro, con quella dei Paesi Bassi il vantaggio sarebbe stato di 2.123 euro, con il Regno Unito e la Spagna avrebbe addirittura potuto beneficiare di una sforbiciata pari a 4.930 euro. Sempre tra i grandi paesi d’Europa, spicca il risultato che emerge dal raffronto con la Francia. Se in Italia avessimo la stessa pressione fiscale di Parigi (47,3 per cento), la famiglia media italiana pagherebbe 3.355 euro di tasse in più e addirittura 3.561 euro se il confronto venisse effettuato con la Danimarca, che è il paese con la pressione fiscale più alta di tutta Europa (47,6 per cento) Col Portogallo abbiamo il record di “oppressione” fiscale




Coronavirus, il contagio continua a correre. Prime spie rosse al centro-sud

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 23-29 settembre, rispetto alla precedente, un ulteriore incremento nel trend dei nuovi casi (12.114 vs 10.907) a fronte di un lieve aumento dei casi testati (394.396 vs 385.324).

Dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (50.630 vs 45.489) e, sul fronte degli ospedali, i pazienti ricoverati con sintomi (3.048 vs 2.604) e in terapia intensiva (271 vs 239). Aumentano anche i decessi (137 vs 105).

In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: +32 (+30,5%)
  • Terapia intensiva: +32 (+13,4%)
  • Ricoverati con sintomi: +444 (+17,1%)
  • Nuovi casi: +12.114 (+11,1%)
  • Casi attualmente positivi: +5.141 (+11,3%)
  • Casi testati +9.072 (+2,4%)
  • Tamponi totali: +20.344 (+3,2%)

«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continua l’ascesa della curva dei nuovi casi, principalmente per l’incremento del rapporto positivi/casi testati, oltre che, in misura minore, dei casi testati. Si conferma inoltre la crescita costante dei pazienti ospedalizzati con sintomi e di quelli in terapia intensiva». Da metà luglio i nuovi casi settimanali sono aumentati da poco più di 1.400 ad oltre 12.000, con incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 3,1% , mentre i casi attualmente positivi sono più che quadruplicati: da 12.482 a 50.630 .

«L’aumento del rapporto positivi/casi testati – continua il Presidente – se da un lato conferma una circolazione più sostenuta del virus, indipendentemente dal numero di tamponi effettuati, dall’altro lascia intravedere le prime criticità in alcune Regioni, rendendo indifferibile un potenziamento della capacità di testing». In particolare, nella settimana 23-29 settembre, a fronte di una media nazionale del 3,1%, svettano i valori di Liguria (6,4%) e Campania (5,4%) .

Sul versante delle ospedalizzazioni, si registra un incremento dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, che in poco più di 2 mesi sono aumentati rispettivamente da 732 a 3.048 e da 49 a 271 . «Se guardando al dato nazionale – puntualizza Cartabellotta – i numeri appaiono ancora bassi e non fanno registrare al momento particolari sovraccarichi dei servizi ospedalieri, iniziano ad emergere differenze regionali rilevanti». In particolare al 29 settembre ben 6 Regioni, quasi tutte del Centro-Sud, registrano tassi di ospedalizzazione per 100.000 abitanti superiori alla media nazionale di 5,5: Lazio (12,2), Liguria (10,6), Campania (7,8), Sardegna (7,4), Sicilia (6,2) e Puglia (5,6).

«Che la situazione nazionale sia sotto controllo – continua il Presidente – è documentato anche dalla composizione percentuale dei casi attualmente positivi che si mantiene costante dai primi di luglio. Mediamente il 93-94% dei contagiati sono in isolamento domiciliare perché asintomatici/oligosintomatici; il 5-6% sono ricoverati con sintomi e quelli in terapia intensiva sono lo 0,5%. Tuttavia, anche per questo indicatore le differenze regionali accendono ulteriori spie rosse». In alcune Regioni, infatti, la percentuale dei casi ospedalizzati è nettamente superiore alla media nazionale del 6,6% (figura 5): Sicilia (11,1%), Lazio (10,2%), Liguria (9,6%) Puglia (9,2%).

«Ormai da oltre 9 settimane consecutive – conclude Cartabellotta – i numeri confermano la crescita costante della curva epidemica e delle ospedalizzazioni: in assenza di variabili che portino ad una flessione della curva, bisogna prendere atto che il progressivo incremento dei casi attualmente positivi inizia a determinare dapprima segni di sofferenza del sistema di tracciamento da parte dei servizi territoriali e poi di sovraccarico ospedaliero, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud.

Solo il potenziamento territoriale della gestione della pandemia permetterà di rallentare la risalita della curva epidemica: da un consistente rafforzamento del sistema di testing & tracing a misure adeguate di isolamento domiciliare per evitare contagi intra-familiari; da un’estensiva copertura della vaccinazione antinfluenzale (non solo delle categorie a rischio), al monitoraggio attivo dei pazienti in isolamento domiciliare».




Coronavirus, giocare d’anticipo sul virus per contenere la seconda ondata

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE registra nella settimana 16-22 settembre, rispetto alla precedente, un ulteriore incremento nel trend dei nuovi casi (10.907 vs 9.837) a fronte di un lieve aumento dei casi testati (385.324 vs 370.012).

Dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (45.489 vs 39.712) e, sul fronte degli ospedali, i pazienti ricoverati con sintomi (2.604 vs 2.222) e in terapia intensiva (239 vs 201). Dopo la sostanziale stabilità registrata nella settimana precedente, tornano a salire anche i decessi (105 vs 70).

In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Decessi: +35 (+50%)
Terapia intensiva: +38 (+18,9%)
Ricoverati con sintomi: +382 (+17,2%)
Nuovi casi: +10.907 (+10,9%)
Casi attualmente positivi: +5.777 (+14,5%)
Casi testati +15.312 (+4,1%)
Tamponi totali: +52.304 (+9%)

«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – risale l’aumento dei nuovi casi, in conseguenza dell’incremento sia dei casi testati sia del rapporto positivi/casi testati. Si conferma inoltre la crescita costante dei pazienti ospedalizzati con sintomi e di quelli in terapia intensiva».

Nell’ambito di una circolazione endemica del virus, l’aumento dei focolai determina la progressiva crescita dei nuovi casi settimanali. Infatti, dai 1.408 nuovi casi della settimana 15-21 luglio siamo passati ai 10.907 di quella 16-22 settembre, con un incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 2,8% , seppure con ampie variabilità regionali: dall’1,1% della Basilicata al 6,5% della Liguria.

Le dinamiche del contagio hanno generato il progressivo aumento dei casi attualmente positivi che da fine luglio sono quasi quadruplicati, da 12.482 a 45.489 , anche se distribuiti in maniera molto diversa tra le Regioni, in relazione a 3 variabili :
“Densità” del contagio: casi attualmente positivi per 100.000 abitanti al 22 settembre.
Velocità di diffusione del contagio: incremento percentuale dei casi nella settimana 16-22 settembre.

Capacità di testing delle Regioni: numero di casi testati per 100.000 abitanti nella settimana 16-22 settembre, che condiziona l’incremento percentuale dei casi e il numero dei casi attualmente positivi.

L’incremento progressivo dei casi attualmente positivi si riflette anche sull’aumento delle ospedalizzazioni: infatti, in 2 mesi i pazienti ricoverati con sintomi sono aumentati da 732 a 2.604 e quelli in terapia intensiva da 49 a 239 . «Fortunatamente – spiega Cartabellotta – la composizione percentuale dei casi attualmente positivi si mantiene costante: mediamente il 93-94% sono asintomatici/oligosintomatici; i pazienti ricoverati con sintomi rappresentano il 5-6% del totale e quelli in terapia intensiva lo 0,5%, anche se con differenze regionali rilevanti».

In particolare, la percentuale dei ricoverati con sintomi sui casi attivi va dal 2,4% della Provincia autonoma di Trento al 9,7% della Liguria; la percentuale di quelli in terapia intensiva dallo 0% della Provincia Autonoma di Trento e della Valle D’Aosta all’1,2% della Sardegna.

Nella settimana 16-22 settembre circa l’85% dei pazienti ricoverati con sintomi si concentrano in Lazio (482), Campania (360), Lombardia (294), Sicilia (224), Puglia (204), Emilia-Romagna (185), Piemonte (164), Liguria (148) e Veneto (141). L’82,8% dei pazienti in terapia intensiva si distribuisce in 9 Regioni: Lombardia (34), Lazio (31), Campania (23), Emilia-Romagna (22), Toscana (21), Sardegna (21), Liguria (17), Sicilia (15) e Veneto (14).

«Se da lato si tratta di numeri che al momento non generano alcun sovraccarico dei servizi ospedalieri – puntualizza il Presidente – dall’altro non bisogna sottovalutare il trend in costante aumento che impone di mantenere la guardia molto alta, soprattutto in alcune Regioni».

In particolare, i tassi di ospedalizzazione per 100.000 abitanti superiori alla media nazionale (4,7) sono in Liguria (10,6), Lazio (8,7), Sardegna (7,1), Campania (6,6), Puglia (5,3) e Sicilia (4,8).

Da 8 settimane consecutive i numeri confermano la crescita costante della curva epidemica e delle ospedalizzazioni, e al momento sono molte le variabili che non lasciano ipotizzare alcuna flessione: dalla riapertura delle scuole all’aumento della circolazione del virus nella stagione invernale; dal continuo incremento dei casi in paesi senza restrizioni di ingresso in Italia, alla convivenza tra coronavirus e influenza stagionale; dalla vita in ambienti chiusi e su mezzi pubblici più affollati, alla ventilata riapertura degli stadi.

«Se è vero che rispetto ad altri paesi europei – conclude Cartabellotta – manteniamo ancora un vantaggio rilevante grazie ad un lockdown più tempestivo, intenso e prolungato e a riaperture più graduali, non è il caso di adagiarsi sugli allori, ma bisogna giocare d’anticipo sul coronavirus per contenere la seconda ondata ed evitare sovraccarichi del sistema sanitario.

Innanzitutto, serve un potenziamento consistente del sistema di testing & tracing oltre che adeguate misure per l’isolamento domiciliare; in secondo luogo devono essere garantite le coperture vaccinali a tutte le categorie a rischio; infine, bisogna assicurarsi che i servizi sanitari delle Regioni del centro-sud, meno avvezzi alla gestione dell’emergenza ospedaliera da COVID-19, siano adeguatamente organizzati e potenziati.

Tutti noi infine, oltre a rispettare rigorosamente tutte le misure raccomandate, siamo chiamati a proteggere al meglio gli anziani e le persone fragili, vista la notevole circolazione in ambito familiare del virus, soprattutto tra giovani asintomatici».




Seconda casa: le bollette della luce delle ferie sono un salasso, fino a 262 euro

Chi dispone di una seconda casa in cui trascorrere le vacanze, quest’estate dovrà fare i conti con fatture della luce molto salate. Un’indagine SOStariffe.it ha stimato l’importo delle utenze di luce, gas e internet per tre utenti tipo (single, coppia e famiglia) per quest’estate. È emerso che i costi per la fornitura di energia elettrica incidono fino al 83% della spesa totale.

Le vacanze estive del 2020 per la maggior parte degli italiani sono state per lo più all’insegna del “turismo di prossimità”. Brevi gite fuori porta e per il resto soggiorni nelle seconde case, per chi può contare su un’altra residenza dove trascorrere giorni di relax e spensieratezza. Ma la permanenza nella villa o nella casa al mare comporta una serie di spese per luce, gas e per la connessione internet.

L’ultimo osservatorio SOStariffe.it ha simulato le fatture della seconda casa di tre utenti tipo del mercato libero: un single, una coppia e una famiglia di quattro persone. Per questi utenti, è stato ipotizzando un soggiorno di un mese nell’appartamento di villeggiatura. Il costo che più incide sui consumi delle vacanze è quello per la luce: un vero salasso se paragonato ai costi di gas e connessione internet.

L’energia elettrica incide dal 70% all’83% sulla spesa totale
La simulazione ha ipotizzato una permanenza di un mese in una seconda casa in Liguria. Una villetta con una superficie di 60 metri quadri in su e un contatore della luce con potenza impegnata pari a 3 kW. I costi registrati tengono conto delle offerte luce e gas del mercato libero nel mese di luglio 2020 per i tre clienti tipo e delle offerte internet mobile per single e coppia e internet a tempo da rete fissa per la famiglia. Nel complesso, i single sono quelli che pagano bollette della luce più salate (fino all’83,17% della spesa totale per le utenze).

Single: la bolletta estiva della luce è proibitiva (circa 224 euro per un mese)
Il primo profilo di consumo simulato è quello di un single. Un individuo in vacanza da solo nella seconda casa pagherà per le utenze una media totale di 270,35 euro. La somma andrà a coprire in prevalenza le bollette della luce.

Per questo profilo, l’indagine ha ipotizzato un consumo medio di 80 kWh di energia elettrica per un soggiorno di quattro settimane. Questo dato si tradurrà in una spesa complessiva di ben 224,84 euro di fattura della luce (pari all’83, 17% del totale per le utenze). Per il gas, invece, con un consumo medio stimato di 107 Smc, si registrerà una spesa di 34,66 euro. Infine, per connettersi dalla località di vacanza, in modalità mobile WiFi e disponendo di un’offerta internet mobile, la spesa registrata sarà di circa 10,85 euro in un mese (solo il 4,01% del totale).

Coppie: luce alle stelle (fino a 249 euro) ma anche il gas si fa sentire (46 euro)
Il secondo profilo di consumo esaminato è quello di una coppia. Nel complesso, la spesa totale per le utenze per due è di 306,75 euro. A conti fatti, poco di più rispetto al single, a fronte dell’utilizzo degli stessi servizi da parte di due individui.

Anche in questo caso è la bolletta della luce a incidere maggiormente (circa 81,35% del totale). La coppia, infatti, pagherà per un mese una bolletta di 249,53 euro, per un consumo di energia elettrica ipotizzato di 200 kWh.

C’è da dire, però, che in questo caso il gas pesa di più sul totale delle utenze (15,12% della spesa complessiva). Per questo profilo, si è ipotizzato un consumo mensile di 128 Smc. Questo dato, nel mercato libero, dà luogo a una bolletta di 46,37 euro.

Per completare i dati di spera di una coppia, bisogna considerare la connessione domestica che risulta una voce di spesa minima se rapportata alle altre. In questo caso, il costo sarà di 10,85 euro (pari al 3,54% del totale) per navigare sempre in modalità WiFi e con offerta Internet mobile.

Famiglia: in quattro si spende di più per navigare (circa 40 euro)
Nel caso della famiglia di quattro persone la spesa complessiva per le utenze durante un mese di villeggiatura è pari a 373,07 euro. In questo caso, i costi sono distribuiti in modo più omogeneo tra i vari servizi di cui si usufruisce.

Quella dell’energia elettrica resta, anche per la famiglia, la bolletta più salata, aggirandosi su 262,55 euro in media per un consumo di 300 kWh. Tuttavia, il costo della luce incide meno sul bilancio delle vacanze rispetto agli altri clienti-tipo esaminati (“solo” per il 70,38%).

In compenso la famiglia risente di più delle bollette del gas, trovandosi a pagare circa 70,62 euro per un fabbisogno di 161 Smc (che incide al 18,93% sul totale utenze). Infine, dobbiamo mettere in conto i costi per non rinunciare a internet neanche in vacanza: un nucleo di quattro componenti per navigare con una connessione casa a tempo potrà arrivare a spendere anche 39,90 euro in un mese.

Rispetto a single e coppie, dunque, i costi di connessione hanno un’incidenza più elevata sulla spesa mensile delle famiglie (10,70% del totale).