La Camera di commercio di Torino ha voluto approfondire che cosa potrà avvenire con l’ultima redazione dei bilanci annuali delle società di capitale piemontesi. Lo ha fatto con un’indagine realizzata grazie alla collaborazione del suo Comitato Torino Finanza e il supporto tecnico di InfoCamere.
Proprio sui bilanci dell’esercizio 2020 si scaricheranno, infatti, tutti gli effetti della recessione: in particolare, la caduta dei risultati, nella misura in cui eroderà il patrimonio netto, potrebbe richiedere la ricapitalizzazione delle imprese con precedente capitalizzazione sottile o con perdite molto alte.
“La recessione non ha riguardato tutte le società di capitale nello stesso modo. Non ha quasi toccato il settore agroalimentare, ma ha fortemente interessato i settori della moda, del commercio, del turismo, dei servizi, della cultura e dello sport –commenta Dario Gallina, Presidente dell’ente camerale – Proprio perché è stata una recessione non omogenea e con forti differenze, l’impatto sui patrimoni aziendali del Covid non può essere stimato a livello macro. Con questa indagine, sui singoli bilanci, però, si può simulare l’ordine di grandezza della sotto-patrimonializzazione e quindi del capitale fresco necessario nel 2021. Inoltre lo studio testa l’efficacia di provvedimenti mitigatori, alcuni dei quali già presenti nelle possibilità concesse dalla normativa agli amministratori di società. Ma diciamo anche al Governo – continua il Presidente Gallina – che il vuoto di capitale potenzialmente risultante dagli effetti economici della pandemia si può mitigare con la riduzione dell’ammortamento e la rivalutazione dei cespiti dell’impresa in difficoltà, e soprattutto con fondi mirati e non a pioggia, sulle società che possono risollevarsi. Aldilà di deboli azioni immediate, seppur utili, occorre sicuramente affrontare il problema della dimensione aziendale con politiche a favore delle aggregazioni e per investimenti di “finanza alternativa” al sistema bancario che in Italia trova da sempre moltissime difficoltà”.
“Si tratta di un problema molto serio che il Governo non potrà trascurare – evidenzia Vladimiro Rambaldi, Presidente del Comitato Torino Finanza – infatti i numeri già preoccupanti messi in risalto dalla simulazione riguardano la sola regione Piemonte e le sole società di capitali, obbligate a depositare i bilanci utilizzati per l’effettuazione della stima. Ma il tessuto imprenditoriale piemontese è composto solo al 21,2% di imprese di capitale: ne consegue che il restante 78,8% di imprese, società di persone senza obbligo di deposito del bilancio, non viene conteggiato in questa indagine. La stima del totale generale delle imprese a rischio è da capogiro. Occorre agire subito e con decisione, mettendo in campo nuove misure atte a facilitare la ricostituzione del capitale e la coperture delle perdite al di là di quelle già approvate”.
Lo studio
Per realizzare lo studio sono stati estratti 43.005 bilanci depositati nel 2020 (esercizio 2019) da società di capitale con sede legale in Piemonte e con un patrimonio netto finale positivo, escludendo quindi quelle imprese che già ad inizio del 2020 potevano avere seri problemi di continuità e magari erano già coinvolte in percorsi di gestione della crisi.
Tale campione aveva un valore della produzione pari a 121 miliardi (90% del Pil), aveva prodotto utili netti per 5,65 miliardi di euro, aveva 73 miliardi di patrimonio netto e 82 miliardi di debiti totali. Inoltre, pagando costi di lavoro per 20,4 miliardi aveva un’occupazione implicita (stimata) di 500-550 mila unità di lavoro equivalenti a tempo pieno.
Per stimare l’impatto della recessione nel 2020 si è realizzata una simulazione basata su queste ipotesi:
– – utile netto prima dell’aggiustamento del 2020 supposto pari a quello del 2019
– – aggiustamento Covid: ad ogni società è stato sottratto un valore della produzione pari a una media del 24%, ma con punte fino all’80% sulla base dell’Ateco di appartenenza e delle variazioni subite dal fatturato nei primi sei mesi, secondo le stime ISTAT di perdita di produzione, aggiustate per il secondo semestre 2020 con le proiezioni delle locali associazioni di categoria
– – le spese per la produzione come lavoro sono variate nella stessa direzione del fatturato, con un coefficiente di elasticità di 0,48 (stimato econometricamente sul campione)
– – le spese per la produzione come consumi sono variate nella stessa direzione del fatturato, con un coefficiente di elasticità di 0,67 (stimato econometricamente sul campione).
Lo studio ha quindi realizzato principalmente due simulazioni:
– la prima per valutare il caso dell’impatto pieno (senza mitigazioni) della recessione da COVID sul patrimonio
– la seconda per valutare il caso dell’impatto mitigato, essenzialmente, da una riduzione ammessa degli ammortamenti (almeno del 50%) e da una rivalutazione dei cespiti (almeno del 15%) e, infine, dall’incasso dei “bonus ristori”.
Tutte le simulazioni hanno tenuto conto degli effetti fiscali, ossia della tassazione sostitutiva delle rivalutazioni dei cespiti e dell’impatto fiscale della variazione di reddito operativo nel 2020 post effetti pandemici rispetto al 2019.
I principali risultati
1) Nella simulazione del caso base, il 34% delle società con patrimonio netto positivo (a fine 2019), quindi 14.593, rischia nel 2020 perdite superiori a 1/3 del patrimonio netto per complessivi 5,2 miliardi, con un fabbisogno minimo di nuovo capitale equivalente ad almeno 1,75 miliardi.
Le imprese che potrebbero perdere tutto il patrimonio netto, da ricostituire integralmente, sarebbero 8.003. Questa sarebbe la quota più grave e fragile. Le loro perdite sommerebbero 2,9 miliardi e il fabbisogno minimo di capitale sarebbe di 1,6 miliardi nel 2021.
Nel secondo caso, qualora i cespiti fossero (per ipotesi di simulazione del caso con mitigazione) rivalutati del 15% e gli ammortamenti ridotti del 50%, considerando anche i grant (bonus o ristori) sinteticamente assegnati in via di simulazioni, la situazione migliorerebbe, senza tuttavia risolvere il problema. Residuerebbero infatti 11.427 società (27% del totale) nella categoria di quelle che perderebbero oltre 1/3 del patrimonio netto al 31.12.2019. Tali società perderebbero complessivamente 3,5 miliardi e richiederebbero 1,16 miliardi per essere ricapitalizzate.
Questo sembra essere il fabbisogno minimo di capitale per una normalizzazione della continuità finanziaria delle imprese nel 2021. Sarebbero in gravi condizioni, perdendo il 100% e oltre del netto del 2019, le 6.249 società (pari al 15% del campione), con perdite totali, nonostante gli interventi mitigatori, di 2 miliardi.
Facendo salire al 75% la riduzione dell’ammortamento e al 30% il valore della rivalutazione dei cespiti, in ogni caso, il fabbisogno di nuovo capitale resterebbe intorno a 1 miliardo, e le imprese colpite resterebbero nell’ordine del 23% del totale (9.937).
Per questa ragione, appare importante facilitare nuovi essenziali rapporti di capitale, che dovrebbero interessare fino a un quarto delle imprese del Piemonte, particolarmente nell’ottica di evitare crisi aziendali, che, anche per le conseguenze sull’occupazione, renderebbero più complessa e lenta la ripresa nel 2021. Le possibili soluzioni, avanzate dagli esperti interpellati dal Comitato Torino Finanza sono almeno cinque.
I possibili rimedi tecnici
Come evidenziato nella simulazione, gli strumenti potenzialmente più efficaci nel sostenere gli equilibri economici e patrimoniali delle imprese sono rappresentati dalla possibilità di non iscrivere fino al 100% degli ammortamenti e la rivalutazione dei cespiti dell’impresa.
Inoltre, sarebbe opportuno introdurre delle forme di esclusione delle responsabilità civili e penali di amministratori, nonché sindaci e revisori, nel caso di fallimento dell’impresa a causa della pandemia, nei casi in cui gli amministratori hanno continuato l’attività perseguendo il fine di salvaguardia della continuazione dell’attività.
Oltre a questa raccomandazione, dal tavolo di lavoro che ha sviluppato questa iniziativa sono state proposte, in prima battuta, una serie di misure volte ad aiutare ulteriormente le imprese in difficoltà, quali:
– — sospensione a tutto il 2021 dell’articolo 2447 e 2482-ter del codice civile relativamente agli obblighi di ricostituzione del capitale e sospensione della causa di scioglimento dell’impresa
– – introduzione di forme di incentivazione per le imprese per la ricapitalizzazione delle stesse, ad esempio defiscalizzando gli utili reinvestiti
– – previsione di contributi a fondo perduto non più a pioggia, spettanti indiscriminatamente in base al solo requisito del calo del fatturato ma, in considerazione del costo per la collettività di simili misure, mirati alle sole imprese con possibilità di risollevarsi se aiutate adeguatamente, attraverso l’introduzione di requisiti inerenti lo stato di salute dell’impresa ante pandemia da Covid-19.
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