Confartigianato Torino. DPCM: Serve un “Decreto Ombrello” che esca però dalla logica dei codici ATECO
Purtroppo ancora una volta ci preoccupa la “confusione” e la “nebbia” che avvolge i contenuti del nuovo DPCM (323 le pagine che compongono l’allegato di questo provvedimento)”.
Ad affermarlo Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino di fronte al plico del nuovo DPCM firmato dal Presidente del Consiglio.
“Quello che emerge -prosegue De Santis – è la volontà di legare territorialmente la gravità degli interventi alla gravità della situazione sanitaria. Questo principio rispetto ad un lockdown generalizzato come a primavera, davvero economicamente insostenibile per il Paese, è comprensibile se consideriamo che il debito pubblico è già arrivato al 160%”.
“Per fare questo -propone De Santis- è però fondamentale avere ristori certi, concreti e veloci, per tutte le attività e professioni che sono coinvolti dalle chiusure. Serve, alla luce di questo nuovo DPCM, un “Decreto Ristori BIS” che vada a ristorare le attività coinvolte; ma serve ancor più un decreto ombrello che esca dalla logica dei codici ATECO. Sistema che ha dimostrato nei fatti di escludere intere categorie colpite tanto quanto se non in misura maggiore di quelle coinvolte.
Penso a categorie come i Bus Operator e i Fotografi, solo per fare degli esempi, ma sono coinvolti tutti quei mestieri che ruotano intorno alla produzione e servizi per la ristorazione, per gli eventi ed il turismo che, almeno sino ad oggi, sono risultati essere esclusi da ogni aiuto ma di fatto senza mercato da 7/8 mesi. Il Governo deve pensare ad un provvedimento che vada nella logica di aiutare coloro che possono dimostrare un calo del fatturato di una certa percentuale a prescindere dalla attività che viene svolta. E’ infatti chiaro che la riduzione della socialità indotta dalle chiusure di certe attività come bar, locali, ristoranti e il divieto di tenere cerimonie e feste incidono sui bilanci di tutti”.
“E positivo – conclude Dino De Santis – che le attività produttive siano salvaguardate dalla chiusura anche nelle zone a più alto rischio. E’ il riconoscimento che il lavoro svolto con la stesura dei protocolli nazionali e il rispetto delle regole da parte dei nostri imprenditori, abbiano messo in “sicurezza” i luoghi di lavoro, tutelando la salute dei dipendenti, delle famiglie e degli stessi artigiani che lavorano quotidianamente al servizio della collettività”.