“L’Organizzazione mondiale della sanità prevede di eliminare l’epatite C entro il 2030. Ciò significa diagnosticare almeno il 90% dei pazienti eleggibili. In considerazione dell’obiettivo che si è posta l’Oms, in Italia è stato emanato un Decreto-legge che permetterà di far arrivare in Piemonte, nei prossimi due anni, 5,6 milioni di euro. In dettaglio, 2,3 milioni nel primo anno e 3,3 milioni di euro nel secondo“.
Lo ha affermato il Dottor Cosimo Colletta, Referente Epatologia Centro COQ, Ospedale di Omegna, in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie.
Il corso, dal titolo ‘La rete dei servizi nella lotta all’HCV tra i pazienti in carico al Ser.D. – L’esperienza della ASL Verbano Cusio Ossola’, rientra nell’ambito di ‘Hand – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSer.D., SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.
Il Dottor Colletta ha fornito la ricetta per utilizzare al meglio i fondi destinati alla regione Piemonte, spiegando che “l’obiettivo è ridurre l’incidenza.
Il Dottor Colletta ha fornito la ricetta per utilizzare al meglio i fondi destinati alla regione Piemonte, spiegando che “l’obiettivo è ridurre l’incidenza.
Dobbiamo dunque indirizzare le risorse allo screening ma, allo stesso tempo, differenziare i percorsi di diagnosi e cura. Tra l’altro, il Decreto prevede lo stanziamento di questi fondi per lo screening verso tre differenti categorie: i nati tra il 1969 ed il 1989, tra cui anche gli stranieri temporaneamente presenti (Stp), i Ser.D. e la popolazione carceraria”.
Colletta ha poi sottolineato la necessità di differenziare i percorsi di diagnostica e cura. Il medico ha informato che “per la prima coorte, cioè quella ’69-89′, indubbiamente una parte delle risorse andrà riservata alle attività di chiamata attiva. Ogni incontro che poi questi soggetti avranno con la struttura sanitaria, dal Pronto soccorso al Day hospital fino ad una visita ambulatoriale, dovrà diventare un’occasione per eseguire lo screening.
Per i Ser.D. e le carceri, invece, bisognerà privilegiare l’esecuzione di test rapidi, proprio per evitare quello che in questi anni è accaduto: attualmente lo screening in questi centri è infatti limitato al 25% dei soggetti afferenti. In regione Piemonte ci sono infatti 13.000 soggetti afferenti ai Ser.D. ma, purtroppo, solo il 25% è stato testato. Infine, una parte di questi contributi sicuramente dovrà essere concentrata su campagne di informazione, da realizzare attraverso opuscoli e social media, proprio per concentrarsi sull’importanza dello screening e della diagnosi precoce”.
Ha partecipato al corso anche il Dottor Angelo Bove, Dirigente Medico, SOC Ser.D. – ASL VCO, che si è soffermato sui test rapidi, definendoli una vera e propria “carta vincente perché- ha detto- noi li utilizziamo dallo scorso mese di aprile e abbiamo visto praticamente raddoppiare lo screening. Se pensiamo che nel 2020, con il dosaggio degli anti HCV e la conferma HCV RNA ne abbiamo testati il 38%, per un totale di 327 pazienti, quest’anno, dopo quattro mesi di utilizzo dei test rapidi, abbiamo già testato 177 pazienti, una percentuale molto alta che ci indica che stiamo percorrendo la strada vincente”.
Secondo il Dottor Bove “sarebbe importante potenziare i servizi territoriali anche dal punto di vista della diagnosi e del trattamento. Indirizzarsi, cioè, verso lo schema del ‘Test and treat’: testare il paziente all’interno dello stesso sistema e arrivare al trattamento in poche ore. Questo vuol dire che avremo una compliance sicuramente molto più elevata da parte dei pazienti, che non saranno più ‘inviati’ ai vari servizi”.
Secondo il Dottor Bove “questi finanziamenti arrivano al momento giusto ma- ha tenuto a precisare- devono anche essere distribuiti ai vari servizi, perchè questo potrebbe permettere di implementare una serie di funzioni all’interno dei nostri stessi servizi, come quello del dosaggio dell’HCV RNA direttamente, poter contare su personale dedicato e, infine, aumentare il numero dei centri prescrittori”.
Il Dottor Bove ha poi reso noto che “i pazienti che nel 2020 hanno afferito alla nostra struttura sono stati circa 870, di cui 329 positivi per HCV RNA, dunque circa il 38% dei nostri pazienti. Una percentuale che correla con i dati nazionali, dove le percentuali oscillano tra il 40 ed il 60%”.
Il Dirigente Medico, SOC Ser.D. – ASL VCO si è infine soffermato sui trattamenti ed ha sottolineato che “stanno funzionando molto bene, perchè abbiamo quasi il 100% di pazienti guariti, ossia su 80 pazienti trattati solo due sono risultati ‘drop out’, hanno cioè abbandonato il trattamento. Dunque, i farmaci di seconda generazione sono davvero la carta vincente per l’eradicazione dell’epatite C”.
Il Dottor Colletta ha proseguito spiegando che “per quanto riguarda il Piemonte, si stima che almeno il 60/70% dei trattamenti siano stati effettivamente già svolti. Tuttavia, nel 2020, in termini di farmaci antivirali abbiamo avuto una flessione della spesa pro capite del 70% rispetto al 2019. E questo soltanto in parte deve essere ricondotto alla riduzione del costo medio di questi farmaci ma purtroppo gran parte è addebitabile alla riduzione di trattamenti avviati. L’impatto della pandemia da Covid-19 ha determinato da un lato la riconversione dei reparti ospedalieri, dall’altro una maggiore difficoltà di individuare pazienti che, per lo più, sono asintomatici.
Il Dottor Colletta ha infine precisato che “negli ultimi sei anni presso il nostro Centro qui ad Omegna sono stati trattati 1.500 pazienti, con risultati eccellenti, il 98% dei quali ha conseguito l’eradicazione dell’infezione. Negli ultimi tre mesi abbiamo inoltre assistito ad un recupero, ad un aumento dei trattamenti richiesti, grazie soprattutto a questi progetti locali che hanno consentito di implementare, attraverso test rapidi, l’attività di screening. Su questo dato si basa la nostra convinzione di partecipare attivamente al progetto nazionale per l’eliminazione dell’epatite C. La platea degli eleggibili in Piemonte è di 1 milione e centomila soggetti e sarà dunque molto importante stratificare le risorse”, ha concluso.