Il 2020 è stato un anno particolare da tutti i punti di vista, caratterizzato da una crisi di profondità e natura assolutamente eccezionali.
Il PIL piemontese diminuirà quest’anno di oltre il 10%: una caduta leggermente superiore a quella stimata a livello nazionale. In forte flessione investimenti e consumi delle famiglie, in crisi l’export data la portata globale della recessione. La prevista ripresa 2021, pur robusta, sarà comunque insufficiente a ritornare sui livelli pre-crisi: ci vorranno ancora almeno due anni.
L’indagine congiunturale trimestrale, realizzata a dicembre da Confindustria Piemonte e dall’Unione Industriale di Torino conferma il clima di grande incertezza e cautela in cui operano le nostre imprese.
Nel complesso gli indicatori non si discostano in misura apprezzabile da quelli di settembre; a fronte di saldi ottimisti-pessimisti praticamente immutati, oltre la metà delle imprese non segnala variazioni rispetto al trimestre in corso. D’altra parte, si registra un sensibile scostamento tra manifattura e servizi: nel primo caso gli indicatori sono allineati o lievemente più favorevoli rispetto a settembre; nei servizi, invece, il clima di fiducia peggiora in modo piuttosto marcato, soprattutto a Torino.
Le oltre 1.200 imprese del campione si attendono, per i prossimi mesi, condizioni di mercato ancora problematiche e incerte. Nel complesso gli indicatori aggregati non si discostano da quelli rilevati a settembre: produzione e ordini restano in calo, mentre qualche miglioramento è riferibile a CIG (in lieve calo) e investimenti (in aumento di 4 punti percentuali).
Nel comparto manifatturiero, il 15,7% delle imprese prevede un aumento della produzione, contro il 26,2% che si attende una diminuzione. La grande maggioranza (58,1%) non si aspetta variazioni. Il saldo (pari a -10,5 punti percentuali) migliora di un punto rispetto a settembre. Sostanzialmente analoghe le previsioni sugli ordinativi: il 16,6% si attende un aumento, il 29,5% una riduzione, mentre il 53,9% non prevede variazioni. Si attenua la caduta dell’export.
Il saldo ottimisti-pessimisti è negativo (-8,3 punti), ma il 64% delle aziende prevede stabilità. Aumenta il tasso di utilizzo degli impianti, che guadagna un punto rispetto a settembre, pur restando al di sotto della media storica. Resta negativo l’andamento della redditività. Migliora sensibilmente la situazione dei pagamenti: la percentuale di imprese che segnalano ritardi diminuisce di oltre 7 punti, dopo il miglioramento di quasi 20 punti osservato a settembre. Cala ulteriormente (oltre 4 punti) il ricorso alla CIG (35%), che rimane comunque decisamente elevato in prospettiva storica.
Nella maggior parte dei settori prevale un clima di attesa, con indicatori ancora recessivi sia pure generalmente migliori di quelli rilevati a settembre. È il caso del tessile-abbigliamento, dei minerali non metalliferi, delle industrie manifatturiere varie e della carta grafica. Nell’alimentare il peggioramento degli indicatori riflette le stagionalità tipiche del comparto, dopo il boom natalizio. Nella metalmeccanica le aspettative restano sfavorevoli, con indicatori in linea con quelli di settembre ma con importanti differenze tra i diversi segmenti.
Nella meccanica strumentale le attese sono recessive: la ripresa degli investimenti è lontana. Sostanziale stabilità nel comparto automotive e in quello dei prodotti in metallo; negative le valutazioni dell’industria elettrica e della metallurgia.
Nel comparto dei servizi gli indicatori peggiorano in misura piuttosto sensibile rispetto a settembre. Come nel manifatturiero, la grande maggioranza delle imprese non prevede variazioni nel livello di attività (59%); il 15,1% si attende un aumento, il 25,7% una riduzione. Il saldo ottimisti-pessimisti peggiora di 8 punti rispetto a settembre (-10,6%). Indicazioni del tutto analoghe riguardano gli ordinativi: anche in questo caso quasi il 60% delle aziende si attende un portafoglio ordini stabile. Sostanzialmente stabili tasso di utilizzo delle risorse aziendali (77%) e ricorso alla CIG (26,7%), ancora elevato per gli standard del settore. In calo di qualche punto la quota di imprese che segnala ritardi nei pagamenti (39,7%).
Il peggioramento osservato a livello regionale nasce da andamenti molto diversi tra Torino e resto del Piemonte. A livello torinese, infatti, le attese delle imprese dei servizi peggiorano in modo molto sensibile: il saldo ottimisti-pessimisti relativo ai livelli di attività arretra di 18 punti rispetto a settembre. Nelle altre province, al contrario, l’indicatore non si discosta molto da livello di equilibrio ed è allineato al valore osservato tre mesi fa.
A livello territoriale nella manifattura gli indicatori non si muovono in modo uniforme. Ad Alessandria, Cuneo e Verbania il clima di fiducia rimane sfavorevole, con un lieve miglioramento delle prospettive. Analogo trend è riferibile a Biella, dove però il quadro è decisamente più negativo, con un elevato ricorso alla CIG. Ad Asti e Vercelli si riscontra un sensibile peggioramento del clima di fiducia. A Torino, Ivrea e Novara gli indicatori sono sostanzialmente allineati a quelli di settembre, ma in un clima complessivo di impronta diversa: più positivo a Novara, più prudente nelle altre aree.
“Ci troviamo – commenta Marco Gay, Presidente di Confindustria Piemonte – in una fase di attesa ed incertezza. È quindi chiaro che il recupero a livello economico avverrà in modo non graduale. L’obiettivo realistico è un ritorno ai livelli di attività pre-crisi nel 2023. Fino ad allora manifattura, automotive, infrastrutture e tecnologia vanno difesi e rafforzati, puntando sui progetti strategici di grande impatto che il nostro territorio sta portando avanti e che potranno essere realizzati anche grazie al programma Next Generation Eu, che confidiamo tenga il Piemonte in grande considerazione.
Si tratta dello strumento perfetto per avviare la transizione, la ripartenza e la ripresa di questo territorio. Un percorso in cui le imprese faranno la loro parte, ed avranno un ruolo centrale. Lavoriamo ogni giorno perché queste risorse possano rafforzare e rendere concreta l’attrattività del Piemonte”.
«Le decisioni che verranno prese nei prossimi mesi saranno cruciali per definire il percorso di ripresa della nostra economia. In questa fase di emergenza – commenta il Presidente dell’Unione Industriale di Torino, Giorgio Marsiaj – la politica economica è stata decisiva per consentire a famiglie e imprese di limitare i danni. Anche nel 2021 sarà necessario il supporto di una politica monetaria accomodante e di interventi fiscali espansivi. La capacità di impegno e di spesa dei fondi europei, a partire naturalmente dal Next Generation EU, sarà fondamentale. Per il nostro Paese può essere questa un’occasione che non è esagerato definire unica e irripetibile, per riattivare i meccanismi dello sviluppo dopo 25 anni in cui abbiamo accumulato un gap di crescita di oltre 20 punti di Pil rispetto ai nostri partner europei».
Riportiamo in dettaglio i principali risultati dell’indagine.
Comparto manifatturiero.
Per le oltre 900 aziende del campione, non si attenua la negatività delle attese. Le previsioni per il quarto trimestre 2020 su produzione, ordini, export e occupazione sono ancora negative, in linea con la rilevazione di settembre. Rallenta il ricorso agli ammortizzatori sociali, che interessa il 35% delle imprese.
In particolare il saldo sulla produzione totale passa da -11,5% a -10,5% e quello sugli ordinativi totali da -13,3% a -12,8%. Le attese sull’export passano da -14,5%a -8,3%. Stabili anche le previsioni sull’occupazione, il cui saldo passa da -4,5% -4,1%.
In questa situazione di incertezza, si accentua la correlazione tra produzione e propensione alle esportazioni: tutte le imprese, di ogni dimensione, subiscono una battuta di arresto, ma quelle che non commerciano con l’estero soffrono in misura decisamente maggiore. Le piccolissime esportatrici, che vendono all’estero meno del 10% del fatturato, registrano un saldo ottimisti pessimisti fortemente negativo (-17,5%), le piccole che esportano dal 10 al 30% del fatturato totalizzano -13,7%. Per le medie esportatrici, che esportano tra il 30 e il 60% del fatturato, il saldo è -2,3%, mentre per le grandi (oltre 60% del fatturato) è -3,4%.
Cresce l’ampiezza del divario tra la performance delle imprese con oltre 50 addetti e quelle più piccole, con saldi rispettivamente pari a +6,5% (era +6,7% a settembre) e -19,2% (era -20,2%).
Si attenua il ricorso alla CIG, per la quale fa richiesta il 35,5% delle aziende (dal 39,2% della scorsa rilevazione, a settembre).
Il 20,7% delle rispondenti ha programmi di investimento di un certo impegno (erano il 16,1% a giugno). Recupera il tasso di utilizzo della capacità produttiva, che passa dal 69,3% al 70,5%.
Varia un poco la composizione del carnet ordini, in particolare calano le aziende con ordini per meno di un mese (26,5%) e aumentano quelle con visibilità 1-3 mesi (49,2%). Restano più o meno stabili quelle che hanno ordinativi per un periodo di 3-6 mesi (14,7%) e oltre i 6 mesi (9,6%).
Si assestano i tempi di pagamento che, dopo un temporaneo aumento, tornano di 83 giorni; per la Pubblica Amministrazione i tempi medi sono di 91 giorni. È fornitore degli enti pubblici circa il 18% delle aziende manifatturiere. Cala significativamente il numero di imprese che segnalano ritardi negli incassi (28,8%).
A livello settoriale la metalmeccanica registra un saldo ancora negativo tra ottimisti e pessimisti (-11,3%); soffrono in particolare metallurgia (-12,1%) e macchinari e apparecchi (-19,0%), industria elettrica (-12,5%). Prosegue il recupero dell’automotive (+3,7%).
Tra gli altri comparti manifatturieri, spicca l’andamento ancora negativo di legno (-26,7%), cartario-grafico (-13,3%), tessile-abbigliamento (-16,4%), manifatture varie (-8,9%), edilizia (-10,8%), impiantisti (-6,1%) e alimentare (-11,0%). Recupera leggermente la chimica (-13,0%), mentre resta positivo l’andamento della gomma-plastica (+6,1%), unico comparto con segno positivo, insieme all’automotive.
A livello territoriale gli indicatori ad Alessandria, Cuneo e Verbania migliorano leggermente, pur rimanendo negativi (con saldi rispettivamente -9,5%, -10,2% e -4,5%). Anche a Biella si registra un saldo meno negativo rispetto a settembre (da -28,2% a -20,3%), ma con una situazione un po’ più critica ed un elevato ricorso agli ammortizzatori sociali. Peggiora il clima di fiducia ad Asti e Vercelli (rispettivamente da -2,9% a -20,6% e da -10,8% a -22,8%), mentre a Torino e Ivrea gli indicatori sono sostanzialmente allineati a quelli di settembre (rispettivamente -5,8%, -3,2%). Unica zona in territorio positivo è Novara, con un saldo ottimisti pessimisti di +2,2%.
Comparto dei servizi
Per le 350 aziende del campione si confermano indicatori negativi, come a marzo e giugno.
In particolare, il saldo ottimisti-pessimisti sui livelli di attività passa da -2,6% a -10,6%. Quello sugli ordini totali passa da -5,2% a -10,9%. Migliora il saldo sull’occupazione da -2,3% a +4,3%. Le imprese con programmi di investimento di un certo rilievo passano da 15,2%, a 17,5%.
Stabili il tasso di utilizzo delle risorse (77%), e il ricorso alla CIG (26,7%).
Anche nel terziario si registra qualche variazione per la composizione del carnet ordini. Salgono al 18,3% le aziende con ordini per meno di un mese, il 33,8% ha ordinativi per un periodo di 1-3 mesi, il 17,4% per 3-6 mesi, mentre salgono a 30,5% quelle con visibilità oltre i 6 mesi. Migliorano i tempi di pagamento. La media è di 68 giorni: il ritardo sale a 93 per la Pubblica Amministrazione, con cui ha rapporti di fornitura circa il 45% delle aziende del campione. In calo le imprese che segnalano ritardi negli incassi (40%).
A livello settoriale, com’era prevedibile, dopo la ripresa di settembre, crollano nuovamente i trasporti, a causa delle limitazioni dovute al Covid-19 (-30,6%). Si conferma il buon andamento di utility (+13,6%) e servizi alle imprese (+9,4%). Negativi altri servizi (-8,8%), ICT (-10,6%) e commercio e turismo (-22,4%).