SOS lavoro, un’indagine conferma il pessimismo degli artigiani
Una recente indagine predisposta da Confartigianato conferma una valutazione pessimista degli artigiani sul futuro delle proprie imprese. Anche se la fase acuta della pandemia da Covid -19 sembra superata, gli effetti negativi sull’economia sono ancora ben presenti.
Il saldo relativo all’andamento occupazionale è decisamente negativo: –31,98%; anche le previsioni di assunzione di apprendisti registrano un saldo negativo del – 46,34%.
In questo contesto, le misure varate dal Governo, per fronteggiare le conseguenze economiche ed occupazionali derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, in materia di proroga forzata dei rapporti a tempo determinato, aggiungono un ulteriore onere sui datori di lavoro già provati dal lockdown.
La legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione del decreto-legge n. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio), ha modificato l’art. 93, aggiungendo il comma 1-bis, che “in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” dispone la proroga “di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa” dei “contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione”.
“Migliaia di posti di lavoro sono prorogati ex lege per un periodo equivalente a quello di sospensione dell’attività lavorativa anche se l’azienda non ha più bisogno di quella figura e senza che vi sia alcun collegamento con gli effettivi fabbisogni aziendali” sostiene Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino.
“Questa norma è decisamente un controsenso che rischia di mettere in difficolta migliaia di imprese già pesantemente penalizzate da una crisi economica senza precedenti – aggiunge De Santis – Una misura controproducente con costi diretti e indiretti elevatissimi che ancora una volta vengono scaricati sull’impresa, che è chiamata a farsi carico delle approssimazioni di una politica miope in materia di lavoro”.
“Sicuramente è opportuno che in una fase critica le aziende facciano la loro parte per aiutare la ripresa – continua De Santis – ma le imprese non possono essere trasformate in ammortizzatori sociali, c’è il serio rischio di rinviare a domani le chiusure di intere filiere di imprese artigiane. Le nostre imprese mandano un messaggio chiaro alla politica: incentivare l’occupazione in questo momento da solo non basta (la maggioranza del campione afferma che non assumerà comunque anche a fronte di incentivi). È necessario sostenere gli investimenti (bloccati o non programmati per i due terzi degli imprenditori) per far ripartire la domanda di beni e servizi, intervenire sulla eccessiva burocrazia che pesa come un macigno sulle imprese facendo lievitare costi e impegni, in termini di tempo e risorse”.
“Condividiamo appieno le recenti parole di Monsignor Nosiglia – continua De Santis – che considera il lavoro il primo dovere della politica e che “non ci si può limitare un pure importante assistenzialismo che dura però poco tempo e lascia le cose come le ha trovate”. Apprezziamo anche la disponibilità della Sindaca che domenica ha accolto l’appello dei rappresentanti dei lavoratori assumendosi l’impegno ad aprire un tavolo condiviso: noi artigiani ci siamo sempre quando si tratta di condividere una visione, una strategia per il rilancio del lavoro e di Torino”.
Promossa, invece, la cassa integrazione allungata di 18 settimane per tenere la forza lavoro legata alla azienda. “Il prolungamento della cassa-prosegue De Santis-risponde all’esigenza specifica delle MPI di continuità dell’impresa che, nella professionalità dei collaboratori fondano la gran parte del loro successo. Si spiega dunque l’importanza assegnata allo strumento, positivo anche a fronte del vincolo del divieto al licenziamento. Anche il rischio che ci siano aziende che chiudono per impossibilità di conciliare il divieto al licenziamento per poi riaprire, pur presente, per i due terzi degli artigiani sarà un fenomeno contenuto”. “Positivi anche il sostegno alla cassa integrazione e la decontribuzione ma gli effetti positivi si vedono dove ci sono prospettive di rilancio del mercato come nel caso delle costruzioni. Su tutto pesa poi l’incertezza di una ripresa dell’emergenza sanitaria per la quale le MPI si attendono una strategia di Governo preventiva che eviti il ricorso a nuovi lockdown”.
In ogni caso, anche in Piemonte, nonostante la crisi epocale che sta attraversando, tante imprese artigiane faticano a trovare figure professionali formate e preparate.
In Piemonte, infatti, nel periodo pre-Covid compreso tra il 2018 e il 2019, le imprese avevano previsto 231.760 assunzioni, di cui 65.440 di difficile reperimento, pari al 28,2% del totale.
Le professioni più difficili da reperire in Piemonte sono analisti e progettisti di software, con una difficoltà di reperimento del 62,8% delle assunzioni. A seguire attrezzisti di macchine utensili e professioni assimilate con il 52,4%, ingegneri energetici e meccanici con il 47,6%, tecnici della vendita e della distribuzione con il 45%, elettricisti nelle costruzioni civili e professioni assimilate con il 44,7%, operai macchine utensili automatiche e semiautomatiche industriali con il 44,7%, meccanici e montatori di macchinari industriali e assimilati con il 44,6%, installatori e riparatori di apparati elettrici ed elettromeccanici con il 43,9%, cuochi in alberghi e ristoranti con il 41,9%, meccanici artigianali, riparatori automobili e professioni assimilate con il 36,5%, professioni sanitarie riabilitative con il 35,8% e tecnici esperti in applicazioni con il 35,2%.
“Ci rattrista sapere che l’artigianato, nonostante stia attraversando una crisi epocale, registra ancora un gap tra offerta e domanda di lavoro – conclude De Santis – Dedicarsi a un’attività artigianale non è facile per un giovane neanche se ha il vantaggio di rilevare l’azienda di famiglia: la tassazione è devastante, l’accesso al credito è puramente teorico. Ma quello che andrebbe ripensato è il concetto stesso di lavoro: l’artigianato è una scuola di vita, un servizio alla comunità che richiede impegno e dedizione quotidiano. È uno strumento educativo e di crescita capace di modellare i giovani, di renderli capaci di migliorarsi e di alzare ogni giorno l’asticella delle proprie prestazioni. Non è un mero luogo fisico da occupare per tutta la vita”.