Focus Coronavirus, verso la fase 2. Rischioso allentare misure prima di fine maggio

Il quadro progressivamente meno funesto offerto dal bollettino giornaliero della Protezione Civile e l’imminente scadenza del decreto “Chiudi Italia” fissata per il 13 aprile hanno acceso il dibattito sull’avvio dell’agognata “Fase 2”, ovvero tempi e modi per allentare il lockdown.

Dal vertice di ieri tra il Governo e il Comitato Tecnico Scientifico è emersa una linea di “gradualità e prudenza”, con l’ipotesi di una “Fase 2” in due step: il primo riguarderebbe piccole aperture per le attività produttive, il secondo la rimodulazione delle misure per spostamenti e uscite.

Ma cosa dicono oggi i dati? L’andamento dell’epidemia in Italia permette di programmare un allentamento delle misure? Con quali rischi?

«La Fondazione GIMBE – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – ha deciso di rendere pubblici i risultati delle proprie analisi indipendenti per offrire alcune risposte, utili ad informare le decisioni politiche ed aumentare la consapevolezza della popolazione in un momento estremamente delicato della gestione dell’epidemia nel nostro Paese».

È POSSIBILE PREVEDERE IL GIORNO DEL “CONTAGIO ZERO”? Nell’impossibilità di prevedere il giorno in cui non ci sarà alcun nuovo caso, la Fondazione GIMBE pubblica il proprio modello predittivo che ha ormai raggiunto un’adeguata stabilità (figura 1). Il modello è stato elaborato con l’analisi della regressione utilizzando 2 variabili: l’incremento percentuale dei nuovi casi e il tempo espresso in giorni.

Il modello prevede che il 16 aprile l’aumento dei casi scenderà al 2%, il 27 aprile all’1%, il 7 maggio allo 0,5% e il 2 giugno allo 0,1%, soglia utilizzata ad Hubei per allentare le misure. «Il modello – spiega Cartabellotta – viene aggiornato quotidianamente e deve sempre essere maneggiato con cautela perché l’andamento dei contagi potrebbe essere influenzato da variabili non considerate, spesso differenti nelle varie Regioni: insorgenza di nuovi focolai, numero di tamponi effettuati, aderenza alle misure di distanziamento sociale, sovraccarico degli ospedali».


QUALI RISULTATI HANNO OTTENUTO LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE?
Nuovi casi: nell’ultima settimana l’incremento medio giornaliero è stato del 3,9%, con trend in progressiva riduzione dal 4,5% al 2,3% (figura 2).
Rispetto alle categorie di casi riportati dalla Protezione Civile (figura 3):
Pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva: il crescente decongestionamento degli ospedali è il dato che infonde maggiore ottimismo (figura 4).
Isolamento domiciliare: il numero è in continuo aumento grazie ad una più efficace identificazione dei contatti e di casi sempre meno gravi.
Guariti: il numero aumenta, ma risulta sovrastimato perché vengono conteggiati in questa categoria i casi della Regione Lombardia dimessi dall’ospedale, senza informazioni sul loro status di guarigione clinica o virologica (ieri 59,4% dei “guariti”).
Deceduti: la curva continua a salire con una minima flessione negli ultimi 2-3 giorni.

I RISULTATI ITALIANI SONO IN LINEA CON QUELLI DELLA CINA? Il confronto è stato effettuato con la provincia di Hubei che conta 58,5 milioni di abitanti ed ha avuto una modalità di espansione iniziale dell’epidemia simile a quella italiana. Le curve di crescita dei contagi (figura 5) dimostrano che i risultati delle misure attuate in Italia sono ben lontani da quelli ottenuti in Cina. «Questa differenza – spiega Cartabellotta – è dovuta almeno a tre motivazioni: da noi misure non tempestive, meno rigorose e più frammentate e minore aderenza della popolazione».

«Il ruolo dei dati nelle decisioni politiche – continua Cartabellotta – dipenderà da quali indicatori sceglierà il Governo per stabilire criteri, tempi e modalità per l’avvio graduale della “Fase 2”, nella consapevolezza che, a differenza della Cina, non siamo in condizioni di applicare una sistematica tracciatura dei contatti tramite tecnologie avanzate e che i test sierologici non permettono ancora di fornire alcun “patentino di immunità”».

In sintesi, le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE suggeriscono che:
La curva del contagio è rallentata, ma l’aumento dei nuovi casi è ancora rilevante.
Le misure di distanziamento sociale hanno alleggerito il carico sugli ospedali, ma il loro effetto sul numero totale dei casi è ancora modesto
L’allentamento delle misure dovrà essere graduale e differenziato per tipologia di intervento e, ove possibile, “personalizzato” nelle varie Regioni monitorando strettamente l’insorgenza di nuovi focolai.

Se nelle prossime settimane sarà confermato il rallentamento dei nuovi casi, con una certa dose di spavalderia la “Fase 2” potrebbe essere avviata tra fine aprile e inizio maggio, accettando il rischio di una nuova impennata dei contagi.

Se al contrario la linea vuole essere quella della gradualità e della prudenza, qualsiasi riapertura prima di fine maggio non si basa sulle dinamiche del contagio in Italia.
«Il Governo – conclude Cartabellotta – è chiamato a prendere una delle decisioni più difficili della storia della Repubblica, con effetti determinanti sulla nostra salute, sulle nostre libertà individuali e sull’economia del Paese.

Guardando ai numeri è fondamentale conoscere quale indicatore guiderà la politica per l’attuazione della “Fase 2”: sarà, auspicabilmente, la riduzione dei contagi al di sotto di una soglia più bassa possibile? Oppure, ci si limiterà a contenere il verosimile aumento dei ricoveri e dei decessi, per il timore che la popolazione e l’economia non sono in grado di reggere un rigoroso prolungamento del lockdown?»




Crolla l’artigianato, in Piemonte 662mln persi in un solo mese

Almeno 7 miliardi di euro. A tanto ammonta la stima della perdita di fatturato che a livello nazionale le imprese artigiane subiranno in questo mese di chiusura a causa del Coronavirus (dal 12 marzo al 13 aprile 2020). A fare i conti è stato l’Ufficio studi della CGIA.

I comparti più colpiti sono anche quelli più rappresentativi di tutto il settore: le costruzioni, ad esempio, vedranno una flessione del fatturato di 3,2 miliardi (edili, dipintori, finitori di edifici, etc.) la manifattura di 2,8 miliardi (metalmeccanici, legno, chimica, plastica, tessile-abbigliamento, calzature, etc.) e i servizi alla persona di 650

1 milioni di euro (acconciatori, estetiste, calzolai, etc.) .

“L’artigianato rischia di estinguersi, o quasi, in particolar modo nelle piccole città e nei paesi di periferia, molte attività – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – a fronte dell’azzeramento degli incassi, degli affitti insostenibili e di una pressione fiscale eccessiva, non reggeranno il colpo e saranno costrette a chiudere. Se la situazione non migliorerà entro la fine del prossimo mese di maggio, è verosimile che entro quest’anno il numero complessivo delle aziende artigiane scenderà di almeno 300 mila unità: vale a dire

1 La stima della perdita di fatturato è stata costruita a partire dal fatturato di ciascun settore ATECO, calcolando la perdita di fatturato sulla base dei giorni di chiusura di ciascuna attività a partire dal 12 marzo fino al 13 aprile 2020 che il 25 per cento delle imprese artigiane presenti in Italia chiuderà i battenti”.

Una situazione, quella che sta vivendo l’artigianato in queste settimane, molto difficile che si sovrappone ad un quadro generale altrettanto pesante che negli ultimi 10 anni ha visto crollare il numero delle imprese presenti in questo settore. Tra il 2009 e il 2019, infatti, le aziende artigiane che hanno chiuso definitivamente sono state poco meno di 180 mila (per la precisione 178.664), pari al -12,2 per cento. Se nel 2009 lo stock era pari a 1.465.949, al 31 dicembre dell’anno scorso il numero è sceso a 1.287.285. La regione che ha subito la flessione più elevata è stata la Sardegna (-19 per cento).

“Quasi il 60 per cento della contrazione delle imprese artigiane registrata in questi ultimi 10 anni – fa notare il segretario Renato Mason – riguarda attività legate al comparto casa. Edili, lattonieri, posatori, dipintori, elettricisti, idraulici, etc. hanno vissuto anni difficili e molti sono stati costretti a gettare la spugna. La crisi del settore e la caduta verticale dei consumi delle famiglie sono stati letali. Certo, molte altre professioni artigiane, soprattutto legate al mondo del design, del web, della comunicazione, si stanno imponendo. Purtroppo, le profonde trasformazioni in atto e la drammatica crisi che vivremo nei prossimi mesi cancelleranno molti mestieri che hanno caratterizzato la storia dell’artigianato e la vita di molti quartieri e città”.

Vecchi mestieri in via di estinzione

A fronte delle difficoltà che certamente si intensificheranno nei prossimi mesi, la CGIA ha elencato 25 vecchi mestieri artigiani che, già in forte agonia, rischiano di scomparire definitivamente dalle nostre città e dai paesi di campagna, o professioni che sono in via di estinzione a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche in atto. Essi sono:

          • Arrotino (molatore o affilatore di lame);
          • Barbiere (addetto al taglio dei capelli su uomo e alla rasatura della barba);
          • Calzolaio (riparatore di suole, tacchi, borse e cinture);
          • Casaro (addetto alla lavorazione, preparazione e conservazione dei latticini);
          • Canestraio (produttore di canestri, ceste, panieri, etc.)
          • Castrino (figura artigianale tipica del mondo mezzadrile con il compito di castrare gli animali;
          • Ceraio (produttore di torce, lumini e candele con l’uso della cera);
          • Cocciaio (produttore di piatti, ciotole e vasi);
          • Cordaio (fabbricante di corde, funi e spaghi);
          • Corniciaio;
          • Fotografo;
          • Guantaio (produttore e riparatore di guanti);
          • Legatore (rilegatore di libri);
          • Norcino (addetto alla macellazione del maiale e alla lavorazione delle carni);
          • Materassaio (colui che confeziona o rinnova materassi, trapunte, cuscini, etc.);
          • Mugnaio (macinatore di grano e granaglie);
          • Maniscalco (addetto alla ferratura dei cavalli, degli asini e dei muli);
          • Ombrellaio (riparatore/rattoppatore di ombrelli rotti);
          • Ricamatrice (decoratrice del tessuto con motivi ornamentali);  Sarto/a (colui o colei che confeziona abiti maschili o femminili);
          • Selciatore (addetto alla posa in opera di cubetti di porfido);
          • Sellaio (produttore di selle per animali);
          • Scopettaio (produttore di spazzole e scope);
          • Scalpellino (colui che sgrossa e lavora la pietra o il marmo con lo scalpello);
          • Seggiolaio (produttore o riparatore di seggiole impagliate).

Il COVID 19 ha costretto alla chiusura 6 artigiani su 10. Tornando alle chiusure imposte dalla legge in queste ultime 2 settimane a causa del COVID 19, sono 752.897 le imprese artigiane che sono state costrette a sospendere l’attività (pari al 58,5 per cento del totale); il conto sale a 799.462 se si considerano anche le attività per le quali è prevista la possibilità di fare solo somministrazione per asporto. A livello regionale si sono registrate punte del 65,6 per cento in Toscana, del 63,9 per cento in Valle d’Aosta e del 61,1 per cento in Umbria. Le realtà meno interessate dalla chiusura sono state la Basilicata (52,9 per cento), la Calabria (52,5 per cento) e infine la Sicilia (48,9 per cento).

Al Sud gli artigiani sono sempre meno

A livello territoriale è il Mezzogiorno la macro area dove la caduta è stata maggiore. Tra il 2009 e il 2019 in Sardegna la diminuzione del numero di imprese artigiane attive è stata del 19 per cento (-8.092). Seguono l’Abruzzo con una contrazione del 18,8 per cento (-6.788),

l’Umbria, che comunque è riconducibile alla ripartizione geografica del Centro, con – 16,2 per cento (-3.945), il Molise con il 16,1 per cento (-1.230) e la Sicilia con il -15,9 per cento, che ha perso 13.486 attività.

La stima della perdita del fatturato è stata costruita a partire dal fatturato di ciascun settore ATECO, calcolando la perdita di fatturato sulla base dei giorni di chiusura di ciascuna attività a partire dal 12 marzo 2020 e sino al 13 aprile 2020.

Si fa presente che:

– nelle stime sono stati utilizzati dei criteri prudenziali applicando, laddove le informazioni non erano disponibili per specifico comparto ATECO, il minimo dei valori tra i codici ATECO simili a quella attività;

– le perdite di fatturato stimate riguardano solamente le attività artigiane chiuse e quindi non tengono conto degli effetti/contrazioni subiti dalle attività aperte fino al 13 aprile 2020 (è palese che anche queste attività aperte subiranno infatti dei cali).

Pertanto le stime di perdita di fatturato artigiano (pari a 7,3 miliardi di euro) sono da intendersi di minima; ad esempio, ipotizzando che le attività aperte abbiano subito un calo del 30% nel mese di riferimento, la perdita di fatturato artigiano in Italia sfiorerebbe i 10 miliardi di euro.

Le imprese più colpite sono state ovviamente le categorie artigiane più rilevanti ovvero le costruzioni (3,2 miliardi di euro), la manifattura (2,8 miliardi di euro) e i servizi alla persona (650 milioni di euro).




De Santis (Confartigianato Torino) : “Non siete soli, ecco le azioni di sostegno, tutela e rilancio contro la crisi”

Acconciatori ed estetisti erano stati tra i primi a chiedere la sospensione delle proprie attività di fronte alla diffusione crescente del Coronavirus, lanciando un preciso segnale di attenzione alla salute delle persone e di tutela dei propri collaboratori. Poi, con il Decreto dello scorso 11 marzo, sono arrivati i provvedimenti che hanno sancito la chiusura delle attività del benessere e dei servizi alla persona.

 

Dagli ultimi dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato, in questi settori in Piemonte si registrano 12.449 imprese artigiane del settore dei Servizi di acconciatura e altri trattamenti estetici, che offrono servizi di acconciatura, manicure, pedicure e trattamenti estetici grazie anche ai circa 30 mila addetti.

Un settore sempre sotto attacco degli irregolari; secondo un recente calcolo sempre di Confartigianato, si stima come in Piemonte “colpiscono” direttamente il 20% delle imprese regolari.

Ed è soprattutto in questo periodo che nel settore del benessere e della cura della persona è allarme per il proliferare abusivi e irregolari che offrono “servizi itineranti e a domicilio” per il taglio dei capelli, manicure e trattamenti estetici.

 

In questo momento in cui le attività devono rimanere chiuse – afferma Giuseppe Falcocchio, referente area benessere di Confartigianato Torino è sconcertante come certe persone si rivolgano clandestinamente ad abusivi e irregolari, che devono essere puntiti severamente insieme a chi li utilizza. Questa emergenza dovrebbe insegnare una volta per tutte che non si rischia con la vita”.

 

Le imprese di acconciatura ed estetica, quelle che non solo oggi, ma sempre, operano nel rispetto delle regole, sia dal punto di vista della formazione obbligatoria, sia per quanto riguarda i requisiti igienico-sanitari dei locali, salvaguardando così la salute e i propri clienti, invitano a declinare e rifiutare eventuali proposte di servizi da parte di chi opera abusivamente, e in questo particolare momento, in deroga alle regole. Qualsiasi operatore che offra i propri servizi, presso il proprio domicilio o presso quello del cliente, è un abusivo e una minaccia alla salute di tutti.

 

Il nostro appello – riprende Falcocchio – è quello di tutelare la propria e l‘altrui salute, rispettando alla lettera quanto disposto per il contenimento dell’epidemia da Covid19 e quindi non uscire e non ricevere in casa operatori abusivi. Presto i vostri acconciatori e i vostri estetisti vi accoglieranno offrendovi tutta la sicurezza e la cura di sempre”.

 

Nel frattempo, Confartigianato Imprese Torino lavora per dare sostegno concreto alle imprese, e ai dipendenti, che hanno dovuto fermare l’attività.

 

Le imprese hanno voluto dimostrare che hanno a cuore la salute dei clienti prima ancora della loro bellezza e del lavoro – afferma Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – contemporaneamente, come sistema Confartigianato, lavoriamo a livello nazionale e locale, affinché garantiscano, con i prossimi provvedimenti, tutte le necessarie misure a compensazione del danno economico che molte attività stanno subendo in questo periodo”.

 

In questo momento parrucchieri, estetisti e tutti gli altri operatori del settore benessere, e i loro dipendenti, possono usufruire degli ammortizzatori sociali dell’Artigianato.

 

Alle imprese artigiane diciamo che non sono sole. infatti – sottolinea De Santisin caso di sospensione o riduzione del lavoro possono contare sul Fondo di Solidarietà Bilaterale dell’Artigianato, un fondo nazionale che garantisce supporto economico alle imprese in difficoltà”.

 

Le realtà del settore benessere, obbligate per decreto a sospendere tutte le attività, possono accedere a questi strumenti di sostegno, creati dalle organizzazioni datoriali e sindacali del settore artigiano.

L’obiettivo, condiviso con i Sindacati dei lavoratori – rimarca De Santis – è oggi più che mai quello di offrire una serie di prestazioni a datori e dipendenti, garantendo a questi ultimi un sostegno al reddito, e quindi riducendo licenziamenti e chiusure aziendali, soluzioni sempre dolorose per i nostri artigiani“.

 

Inoltre, ricordiamo come proprio le imprese artigiane del benessere, cura e salute della persona, spesso hanno donato il proprio materiale, come mascherine, guanti, camici, occhialini e disinfettanti, agli ospedali per supportare il lavoro di medici, infermieri e personale non sanitario in questi giorni così difficili di lotta al Coronavirus.

 

Nel momento in cui sarà finita questa straordinaria emergenza – conclude Falcocchio i nostri operatori potranno accogliere la propria clientela offrendo servizi ancora più mirati e novità importanti con entusiasmo e professionalità”.

 




Coronavirus, altri 70 decessi di persone positive in Piemonte

 I pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, è salito a 265, cosi suddiviso su base provinciale: 15 in provincia di Alessandria, 15 in provincia di Asti, 14 in provincia di Biella, 26 in provincia di Cuneo, 17 in provincia di Novara, 138 in provincia di Torino, 10 in provincia di Vercelli, 24 nel Verbano-Cusio-Ossola, 6 provenienti da altre regioni.

Altri 487 sono “in via di guarigione”, cioè risultati negativi al primo tampone di verifica dopo la malattia e in attesa ora dell’esito del secondo.

I decessi
Sono 70 i decessi di persone positive al test del “Coronavirus Covid-19” registrati oggi in Piemonte e comunicati dall’Unità di Crisi: 14 in provincia di Alessandria, 4 in provincia di Asti, 1 in provincia di Biella, 5 in provincia di Cuneo, 4 in provincia di Novara, 38 in provincia di Torino, 1 in provincia di Vercelli, 2 nel Verbano-Cusio-Ossola, 1 proveniente da altra regione. Il totale complessivo è ora di 1.088 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 202 ad Alessandria, 52 ad Asti, 82 a Biella, 75 a Cuneo, 128 a Novara, 416 a Torino, 59 a Vercelli, 55 nel Verbano-Cusio-Ossola, 19 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

Situazione contagi
Sono 11.082 le persone finora risultate positive al “Coronavirus Covid-19” in Piemonte: 1.525 in provincia di Alessandria, 529 in provincia di Asti, 550 in provincia di Biella, 861 in provincia di Cuneo, 937 in provincia di Novara, 5.389 in provincia di
Torino, 577 in provincia di Vercelli, 517 nel Verbano-Cusio-Ossola, 164 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 33 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale. I ricoverati in terapia intensiva sono 450. I tamponi diagnostici finora eseguiti sono 36.547, di cui 20.642 risultati negativi.



E’ attiva presso l’unità di crisi della Regione Piemonte l’area funzionale: Welfare, sanità e protezione civile

È attiva presso l’Unità di Crisi della Regione Piemonte l’area funzionale formata da Welfare, Sanità e Protezione civile dedicata alla gestione dell’emergenza all’interno delle strutture per anziani, disabili e minori.

È stata inoltre creata la casella e-mail riservata alle segnalazioni di criticità presenti nelle strutture. “Stiamo facendo tutto il possibile – sottolinea l’assessore alle Politiche sociali, Chiara Caucino – per fronteggiare al meglio questa emergenza.

Stiamo lavorando per una prima ricognizione capillare, necessaria per conoscere il quadro attuale e affrontare al meglio le difficoltà dei cittadini piemontesi, soprattutto dei più fragili”.




Sicurezza lavoratori Covid19, un progetto promosso dal Politecnico di Torino

Il tema della ripartenza delle attività produttive nella attuale emergenza COVID19 è sempre più all’ordine del giorno dell’agenda politica e dei media: un aspetto che presenta elementi di grande complessità proprio per l’eccezionalità della situazione che si troveranno a fronteggiare sia gli imprenditori che gli stessi lavoratori.

La riapertura dovrà basarsi infatti su misure condivise tra lavoratori e imprese, che tutelino da una parte la piena sicurezza dei lavoratori nei termini di rischio di contrarre il virus nel loro posto di lavoro e nei necessari spostamenti dalle loro case a fabbriche e uffici, e dall’altra garantiscano agli imprenditori la fattibilità e sostenibilità economica di tali misure.

 

Il Politecnico di Torino ha dato il via, insieme ad esperti tecnico-scientifici delle università piemontesi e di altre università e centri di ricerca, anche indicati dalle parti sociali e dal sistema delle imprese, ad un progetto che possa fornire un quadro di riferimento scientifico e tecnologico volto a minimizzare le probabilità di contagio tra persone che non presentano sintomi, così da consentire un rientro controllato ma pronto sui luoghi di lavoro e di aggregazione sociale, non appena i dati epidemiologici lo consentiranno.

 

“Siamo convinti che la massima protezione delle persone nel loro luogo di lavoro sia tanto imprescindibile quanto una rapida riapertura delle attività economiche del Paese”, spiega il Rettore Guido Saracco: “La riapertura sarà un elemento chiave per la competitività delle aziende italiane, se non per la loro stessa sopravvivenza, specialmente nel caso delle piccole e medie imprese”.

Proprio in quest’ultima prospettiva, le linee guida e prassi definite dovranno abbinare alla garanzia del conseguimento di un efficace controllo dei rischi di contagio, la praticabilità tecnica ed economica in tempi rapidi a qualsiasi stadio delle filiere produttive, dalle piccole alle grandi imprese.

L’obiettivo del progetto è, nel concreto, di delineare le indicazioni contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro – sottoscritto dal Primo Ministro e dai Ministri competenti in materia in data 14 marzo 2020 – in prassi e metodologie applicative che possano favorire una rapida implementazione nei contesti di riferimento. Si parla quindi di luoghi di lavoro non aperti al pubblico (aziende manifatturiere, magazzini), teatri e altri luoghi di aggregazione sociale con biglietto nominativo ed esercizi commerciali, aeroporti, cinematografi e altri luoghi ad accesso libero o comunque non completamente tracciato.

La necessità di impostare rigorosamente tali procedure è data alla prospettiva temporale nella quale sarà necessario applicarle, che dipenderà dalla durata dell’emergenza sanitaria e che oggi alcuni esperti prevedono non sarà inferiore a un anno (cioè il tempo minimo necessario per la disponibilità di un eventuale vaccino).

Sono quindi al lavoro cinque gruppi operativi, composti da docenti e personale del Politecnico e degli altri Atenei piemontesi, insieme a decine di soggetti qualificati pubblici e privati che hanno voluto aderire all’iniziativa, con il compito di predisporre analisi e proporre strumenti e procedure in altrettanti campi di interesse: valutazione e mitigazione del rischio di contagio nei mezzi di trasporto e nei luoghi lavorativi; definizione di politiche di welfare e di gestione della privacy dei lavoratori, che per le caratteristiche del virus COVID19 dovranno con ogni probabilità essere trattati diversamente in base alla loro età e stato di salute; definizione di adeguati protocolli e strumenti di informazione e formazione dei lavoratori, ad ogni livello (operai, quadri, manager, ecc.); definizione di adeguate misure di supporto economico e logistico alle imprese per il loro adeguamento alle prescrizioni per il contenimento del rischio di contagio; convalida della resilienza delle misure, prescrizioni e protocolli definiti dai tavoli di lavoro sopra citati, nella loro applicazione rispetto ad alcune aziende esemplari di diversi settori produttivi, merceologici, commerciali selezionate anche in modo da coprire dimensioni di organico variabili da piccole a grandi imprese.

L’obiettivo è di fornire in tempi molto brevi, entro 10 giorni, un rapporto che possa supportare i decisori politici e l’Istituto Superiore di Sanità, insieme all’analisi del quadro epidemiologico aggiornato, nella definizione di strumenti tecnologici e scientifici per accelerare la ripartenza del nostro sistema economico produttivo nel suo complesso: “In questo momento di grande difficoltà, ci siamo messi, con le altre università del territorio ,a disposizione del sistema produttivo del nostro Paese, che il nostro Ateneo ha contribuito storicamente a far crescere e a innovare, perché siamo convinti che la ripartenza debba essere progettata al più presto e nella piena sicurezza deli lavoratori, mettendo a sistema tutte le conoscenze disponibili”, conclude il Rettore Guido Saracco.

 




Confartigianato Cuneo: “Dal Ministero subito interventi urgenti per la tenuta del settore”

In questo periodo di difficoltà è doveroso il nostro ringraziamento alla categoria degli Autotrasportatori che con la prosecuzione dei servizi di trasporto e logistica essenziali, generi alimentari e farmaceutici, hanno permesso al nostro Paese di evitare un blocco totale».

Così Luca Crosetto, presidente provinciale di Confartigianato Cuneo, e Aldo Caranta, vicepresidente nazionale di Confartigianato Trasporti e presidente provinciale e regionale degli autotrasportatori di Confartigianato, esprimono l’apprezzamento per l’impegno della Categoria in questo difficile frangente.

Alcuni giorni fa anche il Ministro dei Trasporti Paola De Micheli aveva dichiarato grande gratitudine da parte di tutte le Istituzioni per “i trasportatori italiani che sono in prima linea e stanno assicurando al Paese un servizio efficiente e la consegna dei beni utili a continuare la vita di tutte e tutti”.

«Parimenti – proseguono Crosetto e Caranta – ringraziamo il Governo per l’impegno con cui ha risposto alle prime esigenze del settore, ritenendolo essenziale e strategico per il Paese, attraverso le misure contenute nel decreto “Cura Italia”. Ma ora l ’autotrasporto si trova a fare i conti con una situazione di estrema gravità che necessita di interventi ancora più incisivi di quelli finora messi in campo».

«Gli autotrasportatori sono allo stremo delle possibilità economiche per poter continuare a operare. – spiega Caranta – Andando avanti così saremo costretti a fermarci. La categoria deve far fronte alle spese quali gasolio e transiti autostradali senza però, in alcuni casi, ricevere il pagamento dei servizi effettuati dai propri committenti. Andando avanti in queste condizioni si fa presente, sin d’ora, che le imprese di trasporti sono costrette a fermarsi con conseguenze devastanti per le filiere e la popolazione tutta, a meno che non si intervenga in tempo reale con alcuni provvedimenti».

E proprio sulle misure che il Governo potrebbe attuare Confartigianato Trasporti e Unatas hanno avviato un dialogo con il Ministero. Le richieste riguardano in primis l’utilizzazione certa e più ampia possibile del Fondo centrale di garanzia PMI, da assicurare attraverso l’ampliamento dei parametri del merito creditizio in maniera da consentire alle imprese di autotrasporto di accedere effettivamente ai finanziamenti garantiti dal Fondo stesso.

Inoltre, necessario applicare la norma sui termini di pagamento, peraltro prevista per il settore agroalimentare, con sanzione certa ed autorità di controllo ben individuata, per arginare e rimediare al fenomeno dei “ritardi dei pagamenti”, che purtroppo ancora si verifica in taluni casi. Rinnovata anche la richiesta di deroga ai tempi di guida e di riposo, come già fatto da 22 Paesi europei, per agevolare il lavoro ai conducenti dei veicoli delle imprese di trasporto italiane, cui è richiesto un supplemento di sacrificio rispetto a quello che già abitualmente essi sopportano sulle strade del Paese e su quelle europee.

Infine la previsione di corridoi blu (alla stregua di quanto fatto alle frontiere con i corridoi verdi) agli imbarchi per le imprese che viaggiano da e verso le isole maggiori (Sicilia e Sardegna) che dovendo garantire il trasporto dei prodotti, soprattutto quelli freschi legati al settore ortofrutticolo diretto ai mercati del nord, necessitano di priorità immediata: per tali imprese che compiono i viaggi di ritorno a vuoto occorre prevedere l’esonero dal costo del traghettamento e della navigazione.

«Il mondo dell’impresa è pronto a fare la sua parte in questa emergenza. – conclude Crosetto – Auspichiamo che le nostre richieste siano recepite per permettere la prosecuzione dell’operatività degli addetti dell’autotrasporto e della logistica, settori che mai come in questo momento sono fondamentali per l’intero sistema economico e per la Nazione».




Una piattaforma informatica per la gestione dell’emergenza

Si chiama “Piattaforma Covid-19” il nuovo strumento voluto dalla Regione Piemonte con la collaborazione del CSI che consente all’Unità di Crisi di affrontare con maggiore efficacia l’emergenza Coronavirus: permette di monitorare in tempo reale i processi di analisi dei tamponi, la presa in carico dei pazienti in ospedale, le loro dimissioni e i trasferimenti a domicilio o in altre strutture per il post ricovero, le acquisizioni straordinarie di personale, i servizi e presidi medici, lo stato di occupazione dei letti suddivisi per ogni struttura tra terapia intensiva, subintensiva e ordinaria.

Un sistema gestionale completo e flessibile, con soluzioni tecnologiche open source in cui le informazioni sono fruibili facilmente anche in mobilità e con dispositivi diversi.

La battaglia si combatte anche con i dati, fondamentali per fornire all’Unità di Crisi informazioni cliniche ed epidemiologiche condivise e in tempo reale indispensabili per poter analizzare e decidere in tempi stretti, in un contesto in continua e rapidissima evoluzione – ha dichiarato l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, presentando l’iniziativa durante una conferenza stampa telematica – Con il CSI si è riusciti a mettere in piedi in pochi giorni un sistema di dialogo tra tutte le Asl che fino ad un momento prima sembrava molto laborioso, se non impossibile da realizzare. Un modello che sarà certamente di estrema utilità per la sanità piemontese, anche dopo questa emergenza, che siamo la prima Regione in Italia a creare e che metteremo a disposizione gratuitamente delle Regioni che ce lo chiederanno”.

Ad utilizzare questa piattaforma sono tutti gli attori coinvolti dall’emergenza: Unità di Crisi, aziende sanitarie regionali, laboratori di analisi pubblici e privati convenzionati. Distribuite finora le credenziali di accesso a circa 700 operatori sanitari, 1181 sindaci e oltre 90 rappresentanti delle forze dell’ordine.

Un aspetto importante dello strumento è il supporto offerto ai sindaci nella gestione delle quarantene: per ognuno di essi viene messo a disposizione l’elenco delle persone del proprio comune che le aziende sanitarie decidono di mettere in isolamento.

Il protocollo con i sindaci

Sul piano operativo l’accesso alla piattaforma è stato definito con un protocollo che l’Unità di Crisi ha siglato con le rappresentanze degli enti locali (Anci Piemonte in rappresentanza di Anci e Upi, Anpci, Uncem Piemonte e Ali Piemonte),

“Il protocollo – afferma il vicepresidente e assessore regionale agli Enti Locali, Fabio Carosso – offre ai sindaci strumenti importanti per lo svolgimento del loro ruolo di primi referenti della pubblica autorità sul territorio, cui i cittadini mai come ora, si rivolgono per avere informazioni, rassicurazioni, indicazioni, chiarimenti”.

“Grazie alla convergenza di tutti i soggetti interpellati possiamo ora contare su una gestione dell’emergenza più sicura e più fluida da parte dei Comuni nel territorio di loro competenza – commenta l’assessore regionale alla Protezione civile, Marco Gabusi – Un territorio che i sindaci conoscono benissimo e su cui hanno una sensibilità specifica: come Protezione civile stiamo implementando per loro strumenti utili per conoscere l’andamento dell’epidemia a livello locale, stiamo distribuendo le mascherine per chi ne ha necessità e stiamo rafforzando le relazioni e i contatti utili”.




Coronavirus, sono 61 i decessi di persone positive

L’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che il numero dei pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, è salito a 88 (+13 rispetto a ieri), cosi suddiviso su base provinciale: 5 Alessandria, 10 Asti, 2 Biella, 12 Cuneo, 7 Novara, 34 Torino, 10 Vercelli, 3 Verbano-Cusio-Ossola, 5 provenienti da altre regioni. Altri 243 sono “in via di guarigione”, cioè risultati negativi al primo tampone di verifica dopo la malattia e attendono ora l’esito del secondo.

Sono 61 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati questo pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte: 1 in provincia di Alessandria, 3 in provincia di Asti, 1 in provincia di Biella, 3 in provincia di Cuneo, 1 in provincia di Novara, 35 in provincia di Torino, 14 in provincia di Vercelli, 2 nel Verbano-Cusio-Ossola, 1 provenienti da fuori regione.

Il totale è ora di 795 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 156 Alessandria, 35 Asti, 69 Biella, 53 Cuneo, 104 Novara, 271 Torino, 46 Vercelli, 47 Verbano-Cusio-Ossola, 14 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

Sono 8.835 (+374 rispetto a ieri) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte: 1.287 in provincia di Alessandria, 407 in provincia di Asti, 477 in provincia di Biella, 687 in provincia di Cuneo, 741 in provincia di Novara, 4.193 in provincia di Torino, 456 in provincia di Vercelli, 382 nel Verbano-Cusio-Ossola, 83 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 122 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale. I ricoverati in terapia intensiva sono 454. I tamponi diagnostici finora eseguiti sono 26.578, di cui 15.283 risultati negativi.

L’assessore Luigi Icardi ha reso noto che il tasso di raddoppio dei contagi è sceso da 2,4 a 7,2 giorni: “Vuol dire che gradatamente ci stiamo assestando, in quanto la curva cresce con progressione sempre minore. Un progressivo rallentamento della crescita che fa ben sperare”.




Confindustria Piemonte, Ravanelli: “Subito un Commissario straordinario per studiare un progetto di rilancio”

Come sappiamo, il termine “emergenza” che in questo periodo ricorre così frequentemente non si applica solo agli aspetti sanitari.

Le nostre aziende, la nostra economia – locale e nazionale – è stata coinvolta e travolta essa stessa da una condizione di assoluta straordinarietà che ha determinato la sospensione delle attività non essenziali, oltre alla messa in campo di misure ad hoc, quali il Protocollo a contrasto della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro condiviso da istituzioni, imprese e parti sociali.

Se tali provvedimenti stanno iniziando a dimostrare la loro efficacia, anche se non ci è ancora concesso di poter abbassare la guardia – la tutela della salute di cittadini e lavoratori rimane prioritaria – lo stesso approccio emergenziale va posto per salvaguardare il più possibile il nostro tessuto economico dall’insinuarsi degli effetti del virus.

Il rischio che il rallentamento delle attività si traduca per molti in uno stop definitivo è più che concreto, una prospettiva drammatica per imprese, lavoratori e famiglie – commenta il Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli – Per questo riteniamo fortemente condivisibile la proposta della parlamentare Claudia Porchietto di istituire un’Unità di Crisi regionale affidata a un Commissario straordinario all’economia. Una figura che possa operare con la massima agilità decisionale, predisponendo sin d’ora un progetto di rilancio a sostegno della ripresa, che consenta al sistema produttivo di risollevarsi quanto prima. Non attendiamo che l’emergenza sia terminata, prepariamoci ora per ripartire poi il più rapidamente possibile”.