Focus sugli impatti della brexit per le imprese e per i commercialisti

Il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato il documento “Un focus sugli impatti della Brexit per le imprese e per i commercialisti”.

Il lavoro è una ricognizione dello scenario economico, finanziario e legislativo connesso all’attuazione della Brexit, una guida operativa in relazione alle principali tematiche toccate dal cambiamento in corso.

I cambiamenti che scaturiranno, anche in funzione delle tempistiche e delle modalità definitive di uscita dalla UE, appaiono di enorme rilevanza non solo per i professionisti interessati per attività professionale in loco o perché seguono direttamente clientela UK in Italia o italiana in UK, ma anche per chi affianca imprese italiane, anche di minori dimensioni, che hanno flussi import-export con il Regno Unito.

Non da ultimo per chi svolge compiti di revisione e/o incarichi sindacali in società che – direttamente od indirettamente – subiscano impatti di compliance e/o di mercato dalla Brexit stessa.

Tra le principali problematiche operative, le modifiche alla regolamentazione, alla decorrenza e alle modalità di adempimento degli obblighi ai fini doganali, IVA e Intrastat, la “passaportabilità” delle licenze finanziarie/assicurative e delle certificazioni farmaceutiche, nonché quelle legate alla regolamentazione della sicurezza sui prodotti.

Attenzione anche alle tematiche riguardanti il diritto di stabilimento per ragioni di lavoro e la reciproca tutela dei cittadini all’estero e quelle relative agli impatti della Brexit nelle valutazioni di risk management e di audit per le imprese italiane coinvolte.

Il documento include una significativa raccolta di normativa e link a documentazione istituzionale e/o di commento al processo attuativo delle decisioni bilaterali UK/UE.




Istat: a novembre gli occupati di 41mila unità

A novembre 2019, gli occupati crescono di 41 mila unità rispetto al mese precedente (+0,2%), con un tasso di occupazione che sale al 59,4% (+0,1 punti percentuali).

L’andamento dell’occupazione è sintesi di un aumento della componente femminile (+0,3%, pari a +35 mila) e di una sostanziale stabilità di quella maschile.

Gli occupati crescono tra i 25-34enni e gli ultracinquantenni, mentre calano nelle altre classi d’età; al contempo, aumentano i dipendenti permanenti (+67 mila) a fronte di una diminuzione sia dei dipendenti a termine (-4 mila) sia degli indipendenti (-22 mila).

In crescita risultano anche le persone in cerca di lavoro (+0,5%, pari a +12 mila unità nell’ultimo mese). L’andamento della disoccupazione è sintesi di un aumento per gli uomini (+1,2%, pari a +15 mila unità) e di una lieve diminuzione tra la donne (-0,2%, pari a -3 mila unità); crescono i disoccupati under 35, diminuiscono lievemente i 35-49enni e risultano stabili gli ultracinquantenni. Il tasso di disoccupazione risulta comunque stabile al 9,7%.

La stima complessiva degli inattivi tra i 15 e i 64 anni a novembre è in calo rispetto al mese precedente (-0,6%, pari a -72 mila unità), e la diminuzione riguarda entrambe le componenti di genere. Il tasso di inattività scende al 34,0% (-0,2 punti percentuali).

Anche nel confronto tra il trimestre settembre-novembre e quello precedente, l’occupazione risulta in crescita, seppure lieve (+0,1%, pari a +18 mila unità), con un aumento che si distribuisce tra entrambi i sessi. Nello stesso periodo aumentano sia i dipendenti a termine sia i permanenti (+62 mila nel complesso), mentre risultano in calo gli indipendenti (-0,8%, -43 mila); inoltre, si registrano segnali positivi per i 25-34enni e per gli over 50, negativi nelle altre classi.

Gli andamenti mensili si confermano nel trimestre anche per le persone in cerca di occupazione, che aumentano dello 0,3% (+7 mila), e per gli inattivi tra i 15 e i 64 anni, in diminuzione dello 0,4% (-59 mila).

Su base annua l’occupazione risulta in crescita (+1,2%, pari a +285 mila unità), l’espansione riguarda sia le donne sia gli uomini di tutte le classi d’età, tranne i 35-49enni. Tuttavia, al netto della componente demografica la variazione è positiva per tutte le classi di età. La crescita nell’anno è trainata dai dipendenti (+325 mila unità nel complesso) e in particolare dai permanenti (+283 mila), mentre calano gli indipendenti (-41 mila).

Nell’arco dei dodici mesi, l’aumento degli occupati si accompagna a un calo sia dei disoccupati (-7,1%, pari a -194 mila unità) sia degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,5%, pari a -203 mila).

 




Le imprese presenti nei piccoli comuni generano più PIL

Le fabbriche, gli uffici, i negozi e le botteghe presenti nei piccoli Comuni con meno di 20 mila abitanti producono il 38 per cento del Pil generato da tutto il comparto economico privato presente nel Paese (industria e servizi); un’incidenza superiore a quella ascrivibile alle attività situate nelle grandi città (35 per cento del Pil), ovvero quelle con più di 100 mila abitanti.

E’ questo il principale risultato emerso da una elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della CGIA per conto di ASMEL, l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, che rappresenta oltre 2.800 Comuni in tutt’Italia.

“A differenza delle grandi città – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – i piccoli Comuni hanno pochi mezzi a disposizione e tanti problemi di dimensione sovracomunale da affrontare. La forte concentrazione delle attività produttive nelle realtà territoriali minori impone a questi Sindaci risposte importanti su temi come la tutela dell’ambiente, la sicurezza stradale, la mobilità, l’adeguatezza delle infrastrutture viarie e la necessità di avere un trasporto pubblico locale efficiente. Sono criticità che richiedono un approccio pianificatorio su larga scala che, spesso, non si può attivare a causa delle poche risorse umane e finanziarie a disposizione”.

Dei 750 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto da tutte le aziende private presenti nel Paese (pari a poco meno della metà del Pil nazionale), 286,6 miliardi sono generati nelle piccole Amministrazioni comunali e 261,2 miliardi nelle grandi. Nei medi Comuni (quelli tra i 20 e i 100 mila abitanti), il valore aggiunto ammonta a 202,2 miliardi (il 27 per cento del totale del Pil in capo al settore industriale).

“I Comuni con meno di 20 mila abitanti – segnala il segretario Renato Mason – sono importanti non solo perché ospitano tantissime imprese private e generano tanto Pil, ma anche perché costituiscono il 93 per cento del totale delle amministrazioni comunali presenti nel Paese, ci abita il 46 per cento di tutta la popolazione nazionale e ci lavora il 41 per cento degli addetti italiani presenti nelle aziende private. Assieme ai Comuni di media dimensione sono i principali soggetti economico/ istituzionali che la politica romana dovrebbe guardare con maggiore attenzione”.

Disaggregando il valore aggiunto totale prodotto dalle imprese private nelle due branche che lo compongono, industria e servizi, emerge la grandissima vocazione manifatturiera dei Comuni con meno di 20 mila abitanti. In questi piccoli enti locali risultano insediate il 54 per cento delle unità operanti nel settore dell’industria (pari a 533.410 imprese) il 56 per cento degli addetti (poco più di 2.944.200 lavoratori) e addirittura il 52 per cento del valore aggiunto (163,9 miliardi di euro).

“Come era facilmente prevedibile – dichiara Daniele Nicolai ricercatore dell’Ufficio studi – il settore dei servizi  è concentrato in particolar modo nelle grandi realtà urbane: nelle città con più di 100 mila abitanti, infatti, scorgiamo il 32 per cento delle unità locali di questo settore, il 37 per cento degli addetti e il 45 per cento del valore aggiunto”. I piccoli Comuni con meno di 20 mila abitanti, tuttavia, si ritagliano anche nei servizi un ruolo per nulla marginale, rappresentando il 38 per cento delle imprese (1.370.462 unità), il 33 per cento degli addetti (3.585.139 addetti) e il 28 per cento del valore aggiunto (122,7 miliardi di euro) (vedi Tab. 3).

Nel Triveneto vince l’alleanza piccoli Comuni e piccola impresa
Se non consideriamo la Valle d’Aosta, il Molise e la Basilicata – che sono le uniche regioni italiane che non hanno Amministrazioni comunali con più di 100 mila abitanti – è il Triveneto l’area geografica del Paese dove nei piccoli Comuni si concentra il più alto numero di imprese, di addetti e anche di valore aggiunto.

Nei Comuni con meno di 20 mila abitanti, il Trentino Alto Adige guida la graduatoria con una incidenza pari al 64 per cento del totale delle unità locali dell’industria e dei servizi presenti nella regione. Seguono il Friuli Venezia Giulia con il 62 per cento, la Calabria con il 61 per cento e il Veneto con il 56 per cento.

Per quanto concerne gli addetti, invece, sempre nelle piccole amministrazioni locali con meno di 20 mila abitanti svettano il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige, entrambi con una incidenza del 63 per cento. Seguono il Veneto con il 57 per cento, e la Calabria con il 55 per cento .

In merito al valore aggiunto, infine, è ancora una volta il Friuli Venezia Giulia a registrare l’incidenza più alta nei territori caratterizzati dalla presenza dei piccoli Comuni (64 per cento). Tallonano la regione più nordestina del Paese il Trentino Alto Adige (58 per cento), il Veneto (57 per cento) e l’Abruzzo (51 per cento).

 




Stop al bollo per tre anni e sgravi Irap per le imprese

Ridurre la pressione fiscale verso i cittadini e le aziende piemontesi: è l’obiettivo della Giunta regionale che nella Legge di Stabilità 2020 ha introdotto due misure specifiche   che riguardano il bollo auto e l’Irap per le imprese.
Il documento approvato riguarda le disposizioni per la formazione del bilancio annuale di previsione 2020 e verrà sottoposto all’esame del Consiglio regionale.
«È la prima volta che in Regione viene usato uno strumento come la Legge di Stabilità – spiega il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio –. Unascelta che abbiamo fatto per programmare meglio la gestione delle risorse in un quadro di chiarezza politica, definendo le linee guida per la redazione del bilancio».
Due le novità principali che la Giunta introdurrà a partire dal 2020.
Tutti i possessori di un veicolo Euro 0,1,2 che acquisteranno un’auto Euro 6 (sotto i 100 kW) potranno beneficiare dell’esenzione sul bollo per tre anni. Alla misura potranno accedere oltre 500 mila cittadini piemontesi.
In Piemonte sono circa 223 mila i veicoli in classe Euro 0 (7,6%), 58 mila gli Euro 1 (2%) e 237 mila gli Euro 2 (8,1%): circa il 18% del totale dei veicoli circolanti sul territorio regionale. L’introito fiscale complessivo derivante dal bollo è di circa 450 milioni di euro all’anno. 165 euro è il valore medio pagato dai piemontesi per la tassa.
La seconda misura riguarda la riduzione dell’Irap, per cinque anni, per le imprese di nuova costituzione in Piemonte o che trasferiscono un insediamento produttivo sul territorio regionale, o per quelle che assumono o stabilizzano il personale.
Lo sgravio introdotto è dello 0,92%, che corrisponde fino a 1/3 del valore dell’aliquota (attestata oggi in media al 3,9%).
In particolare per le imprese che trasferiranno in Piemonte la propria attività produttiva l’agevolazione si tradurrà in un risparmio complessivo medio, nei cinque anni, di 6 mila euro per quelle con meno di 50 addetti, oltre 30 mila euro per le aziende da 50 a 250 dipendenti e quasi 100 mila euro per quelle con oltre 250 addetti.
Per le nuove imprese,invece,lo sgravio medio complessivo sarà di 1800 euro per quelle  con meno di 50 dipendenti, oltre 90 mila euro da 50 a 250 e 150 mila euro per quelle sopra i 250 addetti.
Sgravio sull’Irap fino a 40 mila euro anche per le aziende che fanno nuove assunzioni o stabilizzano contratti di lavoro, passando da tempo determinato, apprendistato, garanzia giovani e alternanza scuola-lavoro a un contratto a tempo indeterminato.
Un’altra misura introdotta dalla Legge di Stabilità riguarda i danni provocati dalla fauna selvatica e prevede lo stanziamento di 6 milioni di euro per garantire i risarcimenti alle aziende agricole.
«Questo è uno dei tagli di tasse più impattante realizzato in Piemonte negli ultimi 10 anni – sottolinea il presidente Cirio –. Abbiamo iniziato dal bollo anche per incentivare dal punto di vista ambientale il rinnovo del parco auto circolante che, nel nostro territorio, è più alto della media nazionale. Parliamo di uno sgravio fiscale che potenzialmente raggiunge quasi 520 mila cittadini piemontesi. La seconda misura invece ha un obiettivo duplice: attrarre nuove imprese e dare una ricaduta positiva sull’occupazione, attraverso una agevolazione fiscale sull’Irap per chi sceglierà la nostra regione per insediare un’attività produttiva e per chi assumerà nuovi lavoratori o li stabilizzerà. Abbiamo anche voluto prevedere un intervento specifico per risarcire gli imprenditori agricoli su una delle principali emergenze che riguarda i danni causati della faunaselvatica. Questo è solo l’inizio, il nostro obiettivo è continuare a ridurre la pressione fiscale per tutti i cittadini e le imprese del Piemonte».



Il Ministro Patuanelli autorizza 11 Accordi per l’innovazione

Il Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha firmato i decreti che autorizzano 11 Accordi per l’innovazione tra il MiSE e le Regioni Emilia Romagna, Piemonte, Toscana e Veneto. L’obiettivo è quello di favorire la competitività del territorio attraverso gli investimenti delle imprese in progetti di ricerca e sviluppo.

Per la realizzazione di prodotti e processi produttivi innovativi sono previsti investimenti complessivi pari a circa 90 milioni di euro, a sostegno dei quali il Ministero ha messo a disposizione circa 25 milioni di euro di agevolazioni.

Nello specifico è stato autorizzato il finanziamento dei seguenti progetti:

  • nuovi contenitori per alimenti in polimeri per ridurre lo spreco presentato da Lar Spa – Advanced Polymer Materials Srl, da realizzare nei siti di Campogalliano e Ferrara in Emilia Romagna
  • nuovo prodotto alimentare (piadina) con riduzione del cloruro di sodio e introduzione di nuovi elementi salutari presentato da Gitoma Srl, da realizzare nel sito di Bagnocavallo in Emilia Romagna
  • nuovi prodotti per la colorazione delle ceramiche tramite tecnologie inkjet presentato da Ceramica Artistica Due Spa, da realizzare nel sito di Prignano sulla Secchia in Emilia Romagna
  • nuovi dispositivi per l’infusione endovenosa senza ausili e pompe presentato da Haemotronic Spa, da realizzare nel sito di Mirandola in Emilia Romagna
  • implementazione delle pratiche di industria 4.0 sulla produzione di macchine per il confezionamento presentato da Ima Spa, da realizzare nel sito di Ozzano nell’Emilia in Emilia Romagna
  • sviluppo di tecnologie per la progettazione e la produzione di sistemi di fissaggio altamente performanti presentata da Vimi Fasteners Spa, da realizzare nel sito di Novellara in Emilia Romagna
  • reingegnerizzazione delle produzioni di motori elettrici e inverter presentato da Bonfiglioli Riduttori Spa, da realizzare nei siti di Calderara di Reno, Forlì e Casalecchio di Reno in Emilia Romagna
  • efficientamento della produzione dei pneumatici attraverso la riduzione degli scarti e dei consumi energetici presentato da Michelin Italia – Sami Spa, da realizzare nei siti di Alessandria e Cuneo in Piemonte
  • implementazione di processi per la riduzione dei rifiuti e dell’utilizzo del percolato delle discariche presentato da Sei Toscana Srl insieme ad altre aziende, che gestiscono il servizio in alcune provincie della Toscana
  • nuove macchine per la lavorazione delle plastiche, anche derivanti dal riciclo presentato da Piovan Spa, da realizzare nel sito di Santa Maria di Sala in Veneto
  • introduzione dell’intelligenza artificiale nell’ambito della lavorazione della pietra presentata da Breton Spa, da realizzare nei siti di Castello di Godego e Vedelago in Veneto.



I Comuni piemontesi lenti a saldare fatture

I Comuni del Piemonte saldano le fatture alle imprese e ai professionisti, con una media di 35 giorni, fuori dai termini di legge dei 30 giorni.

Nel IV trimestre del 2018, le Amministrazioni Locali piemontesi hanno pagato parcelle per oltre 475milioni di euro; solo 664 Comuni su 1190 (quelli di cui si può monitorare l’operato), hanno regolato tutto entro i termini di Legge dei 30 giorni, 429 lo hanno fatto entro i 60, e  97sono andati oltre i 2 mesi. 

E’ questo ciò che emerge dal rapporto elaborato dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese, da titolo “Tempi medi di pagamento dei Comuni al quarto trimestre 2018”, sui dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

“E’ necessario impegnarsi affinché ci sia la chiusura dei pagamenti entro i 30 giorni – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Piemonte – come è previsto dalla legge. Le nostre imprese artigiane non possono permettersi il lusso di attendere il saldo delle fatture oltre il dovuto anche perché a loro volta sono tenute a rispettare il calendario dei vari pagamenti e contributi che devono versare allo Stato. Abbiamo tanti esempi virtuosi di Comuni che saldano tutto con largo anticipo: quindi si può fare”.

Dall’analisi regionale emerge come paghino entro il limite di legge, mediamente, solo il Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta (25 giorni), Friuli-Venezia Giulia (26 giorni), Sardegna (28 giorni) e Veneto (30 giorni). All’opposto i maggiori ritardi nei pagamenti si osservano per Calabria con 49 giorni, Umbria con 47 giorni, Molise e Marche, entrambi con 45 giorni, e Sicilia e Campania con 44 giorni.

Tra le province, sempre a livello nazionale, solo in un quarto di queste si registrano tempi medi di pagamento dei Comuni entro il limite di legge: le più virtuose sono la Provincia Autonoma di Bolzano con 19 giorni, Sondrio e Trieste, entrambe con 21 giorni, Sassari (84milioni di euro) con 22 giorni, Bergamo con 24 giorni ed infine Verona e Valle d’Aosta, entrambe con 25 giorni.

Nel IV trimestre del 2018 (ultimo dato disponibile) le province del Piemonte: Cuneo ha pagato 77milioni in 29 giorni, Novara 44milioni in 29 giorni, Vercelli 24milioni in 32 giorni, Torino 220milioni in 34 giorni, Biella 17milioni in 37 giorni, Verbano 27milioni in 37 giorni, Alessandria  41milioni in 46 giorni e infine Asti 21milioni in 51 giorni.

“Purtroppo ancora tante piccole imprese, troppe, rinunciamo a partecipare ai bandi pubblici per paura dei tempi di pagamento e dei contenziosi – precisa Felici – in questo periodo, dove si parla tanto di un più facile accesso delle microimprese agli appalti di opere pubbliche il cui avvio potrebbe servire a immettere nel mercato importanti risorse economiche, a creare lavoro e a salvare imprese e posti ma se poi i pagamenti vengono effettuati in maniera tardiva, le imprese soffrono enormemente”. “Non dimentichiamoci che i ritardi dei pagamenti– sottolinea Felici – costringono le aziende a rivolgersi sempre al mercato del credito”.

“In ogni caso – conclude Felici – lo diciamo da anni: per noi la soluzione migliore all’annosa questione dei pagamenti rimane sempre la compensazione debiti-crediti secca e diretta”.

A livello nazionale, infatti, in un anno, i versamenti allo Stato dalle imprese fornitrici utilizzabili per la compensazione ammontano a 28,4 miliardi di euro, importo che rappresenta oltre la metà (53,5%) dei 53 miliardi di euro di debiti delle amministrazioni e il loro utilizzo consentirebbe di azzerare il gap relativo al rapporto tra debito commerciale e PIL esistente tra Italia e Unione europea.